Le cellule muscolari sono di tre tipi: scheletriche, cardiache e lisce. I muscoli scheletrici sono formati da cellule allungate, multinucleate, dette
fibre muscolari. Ogni fibra è avvolta da una fascia sottile di tessuto
connettivo (endomisio); le fibre sono disposte in parallelo; un gruppo di circa 150 fibre costituisce un fascicolo, avvolto da una fascia più spessa (perimisio); l’insieme dei fascicoli forma il ventre muscolare, che è circondato da una fascia connettivale (epimisio), che si continua ai due capi del muscolo con i tendini, che si inseriscono sull’osso: l’insieme del ventre muscolare e dei capi tendinei forma l’unità muscolotendinea. Le fibre sviluppano forza nel senso della loro lunghezza; la forza esercitata
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144estensione), recenti studi sembrano indicare che anche un potenziamento muscolare può avere una indicazione specifica, comportando addirittura un maggior impatto sulla densità ossea. E' stato dimostrato che gli effetti positivi dell'attività fisica si mantengono solo se questa si mantiene costante nel tempo: per questo il miglior programma di esercizi non è efficace nel tempo se non si associa alla rieducazione funzionale globale e ad una modifica permanente dello stile di vita del soggetto.
In caso di frattura, l'attività fisica previene le complicanze legate alla immobilzzazione. Nelle fratture vertebrali è importante fornire rapidamente un busto adeguato per permettere al paziente di evitare il riposo a letto; una volta consolidata la frattura il paziente verrà guidato nello svezzamento dal busto e negli esercizi di tonificazione muscolare e di postura che consentano il massimo recupero funzionale.
La frattura dell' estremo prossimale del femore costituisce una patologia potenzialmente devastante sul singolo individuo e di notevole importanza sociale, in relazione agli alti costi che questa comporta a carico del Sistema Sanitario Nazionale. Specialmente nel soggetto osteoporotico, la prevenzione di questa complicanza, attribuisce un ruolo determinante alla riduzione del rischio di cadute, mentre l'utilità di programmi di esercizio mirati è ancora molto discussa, sebbene se ne sostenga l’efficacia, purchè inseriti in un programma globale, comprendente anche la valutazione delle possibili cause di ipotensione posturale, la revisione dell’uso di farmaci che influiscono sulla pressione, sulla vigilanza o sull'equilibrio e delle modificazioni ambientali. Un training specifico dell'equilibrio tramite il Tai Chi ha dimostrato un'efficacia nella prevenzione delle cadute e delle fratture nei pazienti osteoporotici.
Richiami di anatomia e fisiologia
Generalità
Le cellule muscolari sono di tre tipi: scheletriche, cardiache e lisce. I muscoli scheletrici sono formati da cellule allungate, multinucleate, dette
fibre muscolari. Ogni fibra è avvolta da una fascia sottile di tessuto
connettivo (endomisio); le fibre sono disposte in parallelo; un gruppo di circa 150 fibre costituisce un fascicolo, avvolto da una fascia più spessa (perimisio); l’insieme dei fascicoli forma il ventre muscolare, che è circondato da una fascia connettivale (epimisio), che si continua ai due capi del muscolo con i tendini, che si inseriscono sull’osso: l’insieme del ventre muscolare e dei capi tendinei forma l’unità muscolotendinea. Le fibre sviluppano forza nel senso della loro lunghezza; la forza esercitata
dal muscolo si trasmette all’osso attraverso i tendini. Ogni fibra è costituita da una sola cellula plurinucleata, allungata e di forma cilindrica; a loro volta le fibre muscolari sono costituite da fibrille, divisibili in singoli filamenti, formati da proteine contrattili (miosina, actina, troponina I, troponina T , troponina C, tropomiosina). La striatura trasversale dei muscoli scheletrici è dovuta alle differenze nell’indice di rifrazione osservabile al microscopio delle varie parti della fibra: queste si indicano come banda A, banda I, banda H, linea M, linea Z. L’area compresa tra le due linee Z corrisponde al sarcomero. Le fibrille muscolari sono circondate da strutture costituite da membrana che appaiono al microscopio elettronico come vescicole e tubuli che formano il sistema sarcotubulare composto da un sistema a T e dal reticolo sarcoplasmatico. I muscoli sono il “motore” che produce la forza che muove lo scheletro o che lo mantiene in equilibrio rispetto alla forza di gravità o a perturbazioni esterne. Per comprendere meglio le proprietà funzionali del tessuto muscolare e la loro applicazione nell’ambito dello studio della fisiologia dell’esercizio, riteniamo utile sintetizzare alcuni richiami ai concetti di base. Le proprietà del muscolo sono riassunte di seguito:
1. eccitabilità: capacità di rispondere ad uno stimolo 2. conduttività: capacità di propagare una corrente elettrica
3. contrattilità: capacità di generare forza in seguito a stimolo adeguato
4. estensibilità: capacità di allungarsi passivamente se sottoposto ad una forza di trazione
5. elasticità: capacità di tornare alla lunghezza iniziale in seguito alla rimozione della forza di trazione.
1) Eccitabilità
Le cellule muscolari possono essere eccitate chimicamente, elettricamente o meccanicamente: il muscolo stimolato al raggiungimento di una soglia elettrica risponde generando un potenziale d’azione che si propaga lungo la membrana cellulare. In vivo la depolarizzazione della membrana della fibra muscolare inizia dalla placca motrice, che rappresenta il collegamento tre il tessuto nervoso (motoneurone alfa, assone, placca) ed il muscolo.
2) Conduttività
Il potenziale d’azione si propaga lungo la fibra muscolare e dà luogo alla risposta contrattile. Un singolo potenziale d’azione provoca una breve contrazione, seguita da rilasciamento (scossa muscolare). La funzione del sistema a T consiste nella rapida trasmissione del potenziale d’azione dalla membrana a tutte le fibrille della cellula muscolare, mentre il reticolo sarcoplasmatico regola la movimentazione del calcio ed il metabolismo muscolare.
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1453) Contrattilità
Il potenziale d’azione si propaga lungo il sistema a T a tutte le fibrille muscolari e determina la liberazione di calcio dalle cisterne terminali (sacchi laterali del reticolo sarcoplasmatico) all’interno della fibra. Il calcio si lega alla troponina C mentre la troponina I è legata all’actina e la tropomiosina è legata alla troponina T e copre i siti leganti dell’actina per la miosina; il calcio indebolisce il legame tra troponina I e actina, la troponina ruota, permettendo uno spostamento laterale della tropomiosina, e la “scopertura” dei siti leganti dell’actina per la miosina; questo permette la scissione di ATP e la contrazione. Per ogni molecola di troponina che lega uno ione calcio, si scoprono 7 siti di legame per la miosina. Il processo mediante il quale si effettua l’accorciamento degli elementi contrattili del muscolo consiste nello scorrimento dei filamenti di actina sui filamenti di miosina con le linee Z che si avvicinano fra loro. Lo scorrimento è dovuto al rompersi ed al riformarsi dei legami (detti ponti trasversali o cross bridges) tra l’actina e la miosina (le teste di miosina si legano all’actina con un angolo di 90° causando il movimento della miosina sull’actina tramite una flessione, quindi si staccano per legarsi ad un sito successivo. Ogni ciclo accorcia il muscolo di circa 1 punto percentuale; ogni filamento spesso possiede circa 500 teste di miosina: ognuna compie circa 5 cicli al secondo durante una contrazione rapida. La fonte di energia per la contrazione muscolare è fornita dall’idrolisi dell’ATP catalizzata dalla miosina (localizzata nelle teste di quest’ultima nel punto in cui entrano in contatto con l’actina). Poco dopo aver liberato il calcio il reticolo sarcoplasmatico inizia nuovamente a riaccumularlo mediante trasporto attivo (l’energia è sempre fornita dall’ATP) entro le porzioni longitudinali del reticolo da dove lo ione diffonde alle cisterne fino ad un nuovo potenziale d’azione. All’esterno del reticolo, non appena la concentrazione di calcio si abbassa sufficientemente, l’interazione tra actina e miosina cessa, permettendo il rilasciamento muscolare. Qualora il trasporto del calcio nel reticolo venga inibito, il rilasciamento non avviene, anche in assenza di nuovi potenziali d’azione: si ha così una contrazione sostenuta (contrattura).
45) Estensibilità ed elasticità
I muscoli in vivo sono associati ad altre strutture che formano l’unità
muscolotendinea: la componente contrattile (proteine contrattili) è
associata ad un elemento viscoelastico disposto in parallelo rispetto quest’ultima, rappresentato dal connettivo interstiziale e dal sarcolemma (anche i cross bridges possono mostrare una certa elasticità), e ad elementi viscoelestici disposti in serie, rappresentati dai capi tendinei del ventre muscolare. La distensione delle componenti in serie genera una tensione passiva che si oppone all’accorciamento muscolare.
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1463) Contrattilità
Il potenziale d’azione si propaga lungo il sistema a T a tutte le fibrille muscolari e determina la liberazione di calcio dalle cisterne terminali (sacchi laterali del reticolo sarcoplasmatico) all’interno della fibra. Il calcio si lega alla troponina C mentre la troponina I è legata all’actina e la tropomiosina è legata alla troponina T e copre i siti leganti dell’actina per la miosina; il calcio indebolisce il legame tra troponina I e actina, la troponina ruota, permettendo uno spostamento laterale della tropomiosina, e la “scopertura” dei siti leganti dell’actina per la miosina; questo permette la scissione di ATP e la contrazione. Per ogni molecola di troponina che lega uno ione calcio, si scoprono 7 siti di legame per la miosina. Il processo mediante il quale si effettua l’accorciamento degli elementi contrattili del muscolo consiste nello scorrimento dei filamenti di actina sui filamenti di miosina con le linee Z che si avvicinano fra loro. Lo scorrimento è dovuto al rompersi ed al riformarsi dei legami (detti ponti trasversali o cross bridges) tra l’actina e la miosina (le teste di miosina si legano all’actina con un angolo di 90° causando il movimento della miosina sull’actina tramite una flessione, quindi si staccano per legarsi ad un sito successivo. Ogni ciclo accorcia il muscolo di circa 1 punto percentuale; ogni filamento spesso possiede circa 500 teste di miosina: ognuna compie circa 5 cicli al secondo durante una contrazione rapida. La fonte di energia per la contrazione muscolare è fornita dall’idrolisi dell’ATP catalizzata dalla miosina (localizzata nelle teste di quest’ultima nel punto in cui entrano in contatto con l’actina). Poco dopo aver liberato il calcio il reticolo sarcoplasmatico inizia nuovamente a riaccumularlo mediante trasporto attivo (l’energia è sempre fornita dall’ATP) entro le porzioni longitudinali del reticolo da dove lo ione diffonde alle cisterne fino ad un nuovo potenziale d’azione. All’esterno del reticolo, non appena la concentrazione di calcio si abbassa sufficientemente, l’interazione tra actina e miosina cessa, permettendo il rilasciamento muscolare. Qualora il trasporto del calcio nel reticolo venga inibito, il rilasciamento non avviene, anche in assenza di nuovi potenziali d’azione: si ha così una contrazione sostenuta (contrattura).
45) Estensibilità ed elasticità
I muscoli in vivo sono associati ad altre strutture che formano l’unità
muscolotendinea: la componente contrattile (proteine contrattili) è
associata ad un elemento viscoelastico disposto in parallelo rispetto quest’ultima, rappresentato dal connettivo interstiziale e dal sarcolemma (anche i cross bridges possono mostrare una certa elasticità), e ad elementi viscoelestici disposti in serie, rappresentati dai capi tendinei del ventre muscolare. La distensione delle componenti in serie genera una tensione passiva che si oppone all’accorciamento muscolare.
Forza muscolare
La forza muscolare è fondamentale per il mantenimento della postura e per il movimento. La forza si può definire come un’entità che produce una spinta o una trazione su di un corpo. Durante il movimento, la forza è il fattore che determina una accelerazione (metri sec2) della massa (kg).
Secondo la IIa legge di Newton, la velocità di un corpo varia in valore
assoluto e/o in direzione quando al corpo viene applicata una forza esterna (F). La variazione di velocità (a = accelerazione = metri sec2) dipende
dalla massa (m) del corpo e dall’entità della forza applicata: F = ma. L’unità di misura della forza è il Newton (N = kg metri sec2). L’entità
della forza muscolare dipende quindi da: massa muscolare
variazione della velocità di contrazione muscolare.
A livello della singola fibra, il volume e il numero di mitocondri a livello del sarcoplasma, le concentrazioni e la funzionalità degli enzimi ossidativi, la presenza di riserve energetiche (glicogeno, ATP) e l’ossigenazione tissutale incidono sulla rapidità dei processi contrattili e sulla forza prodotta. Anche la composizione delle isoforme di miosina, le concentrazioni elettrolitiche di Na+, K+, e soprattutto di Ca++, la rapidità
dello scambio del Ca++ a livello del reticolo sarcoplasmatico ed il
funzionamento della pompa Na+/K+ incidono sulla capacità di generare
forza. La temperatura ed il pH locale influiscono sulla velocità dei processi enzimatici. La capacità contrattile è governata dalle relazioni tensione/lunghezza e forza/velocità ed è modulata dall’attivazione neuromuscolare. La capacità contrattile del muscolo permette la trasformazione dell’energia chimica proveniente dall’ATP in energia meccanica. La contrazione è legata alla relazione tra tensione sviluppata e lunghezza del muscolo e tra forza impiegata e velocità di accorciamento.
Relazione tensionelunghezza
Quando la forza sviluppata dal muscolo e la resistenza che vi si oppone si equivalgono, il muscolo esercita forza senza allungarsi né accorciarsi (contrazione isometrica).
La relazione tra forza isometrica e lunghezza della fibra muscolare isolata è stata ottenuta stimolando elettricamente una fibra muscolare mantenuta bloccata a varie lunghezze. La forza massima si ottiene per una lunghezza di partenza vicina (leggermente superiore) a quella di riposo, che corrisponde alla sovrapposizione dei filamenti di actina e di miosina all'interno del sarcomero che permette la migliore interazione possibile tra i due tipi di filamenti con la massima formazione di cross bridges. Nel muscolo intero possiamo misurare la forza isometrica. Questa viene misurata come tensione applicata ad un misuratore di forza
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147collegato ad uno dei capi muscolari. Il muscolo a riposo quando subisce uno stiramento si comporta elasticamente, producendo una tensione che dipende dalla distensione della sua componente viscoelastica, costituita dal connettivo interstiziale e dal sarcolemma (componente in parallelo dell'unità muscolotendinea). Se la relazione tensionelunghezza viene studiata su di un muscolo “prestirato”, la tensione misurata durante la contrazione è data dalla somma della tensione attiva, sviluppata dagli elementi contrattili e la tensione passiva, sviluppata dalla distensione della componente elastica dell'unità muscolotendinea. Per questo motivo, nonostante la forza sviluppata si riduca per lunghezze superiori a quelle di riposo, la tensione misurata sul muscolo “prestirato” non tende a zero, ma, dopo una deflessione, torna ad aumentare, in relazione all'aumento della tensione passiva, fino ad arrivare al massimo stiramento possibile.
Relazione forzavelocità (relazione di Hill)
Il muscolo è mantenuto ad una lunghezza fissa e stimolato tramite il proprio nervo; quando raggiunge la massima tensione isometrica, viene permesso improvvisamente il suo accorciamento contro un dato carico. Minore è il carico, maggiore è la velocità di accorciamento; se il carico è maggiore della massima tensione isometrica, il muscolo si allunga (contrazione eccentrica). Oltre al numero di fibre contrattili coinvolte nella contrazione e nella generazione della forza, è importante valutare la composizione muscolare ovvero la tipologia delle fibre dei muscoli striati. La proporzione delle fibre muscolari striate è variabile nei diversi muscoli e nei diversi individui, come espresso nella tabella seguente.
Tipo I Tipo IIa Tipo IIb
S (slow): lente FR (fastresistant):
intermedie FF (fastfatiguable): rapide
Rosse: alta densità
capillare Pallidorosse Pallide: bassa densità capillare
Diametro piccolo Diametro intermedio Diametro elevato
Legame col calcio
lento Legame col calcio intermedio Legame col calcio rapido Conc. MiosinATPasi
bassa Conc. MiosinATPasi alta Conc. MiosinATPasi alta Volume mitocondriale
piccolo Volume mitocondriale intermedio Volume mitocondri elevato Metabolismo lento,
ossidativo glicolitico e ossidativo Metabolismo rapido, Metabolismo rapido, glicolitico Velocità di contrazione
e rilasciamento bassa Velocità di contrazione e rilasciamento intermedia Velocità di contraz. e rilasciamento alta Affaticabilità bassa Affaticabilità intermedia Affaticabilità rapida Forza sviluppata bassa Forza sviluppata intermedia Forza sviluppata elevata
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148collegato ad uno dei capi muscolari. Il muscolo a riposo quando subisce uno stiramento si comporta elasticamente, producendo una tensione che dipende dalla distensione della sua componente viscoelastica, costituita dal connettivo interstiziale e dal sarcolemma (componente in parallelo dell'unità muscolotendinea). Se la relazione tensionelunghezza viene studiata su di un muscolo “prestirato”, la tensione misurata durante la contrazione è data dalla somma della tensione attiva, sviluppata dagli elementi contrattili e la tensione passiva, sviluppata dalla distensione della componente elastica dell'unità muscolotendinea. Per questo motivo, nonostante la forza sviluppata si riduca per lunghezze superiori a quelle di riposo, la tensione misurata sul muscolo “prestirato” non tende a zero, ma, dopo una deflessione, torna ad aumentare, in relazione all'aumento della tensione passiva, fino ad arrivare al massimo stiramento possibile.
Relazione forzavelocità (relazione di Hill)
Il muscolo è mantenuto ad una lunghezza fissa e stimolato tramite il proprio nervo; quando raggiunge la massima tensione isometrica, viene permesso improvvisamente il suo accorciamento contro un dato carico. Minore è il carico, maggiore è la velocità di accorciamento; se il carico è maggiore della massima tensione isometrica, il muscolo si allunga (contrazione eccentrica). Oltre al numero di fibre contrattili coinvolte nella contrazione e nella generazione della forza, è importante valutare la composizione muscolare ovvero la tipologia delle fibre dei muscoli striati. La proporzione delle fibre muscolari striate è variabile nei diversi muscoli e nei diversi individui, come espresso nella tabella seguente.
Tipo I Tipo IIa Tipo IIb
S (slow): lente FR (fastresistant):
intermedie FF (fastfatiguable): rapide
Rosse: alta densità
capillare Pallidorosse Pallide: bassa densità capillare
Diametro piccolo Diametro intermedio Diametro elevato
Legame col calcio
lento Legame col calcio intermedio Legame col calcio rapido Conc. MiosinATPasi
bassa Conc. MiosinATPasi alta Conc. MiosinATPasi alta Volume mitocondriale
piccolo Volume mitocondriale intermedio Volume mitocondri elevato Metabolismo lento,
ossidativo glicolitico e ossidativo Metabolismo rapido, Metabolismo rapido, glicolitico Velocità di contrazione
e rilasciamento bassa Velocità di contrazione e rilasciamento intermedia Velocità di contraz. e rilasciamento alta Affaticabilità bassa Affaticabilità intermedia Affaticabilità rapida Forza sviluppata bassa Forza sviluppata intermedia Forza sviluppata elevata
Per le attività di potenza le fibre pallide (tipo II) sono fondamentali, mentre le fibre rosse (tipo I) sono essenziali per le attività di resistenza. Il muscolo vasto laterale di un corridore scattista presenta un’alta densità di fibre di tipo II (pallide), rispetto a quelle di tipo I; viceversa accade nello stesso muscolo di un ciclista passista. La differenza è in gran parte legata a fattori genetici mentre è molto discusso se con l’allenamento sia possibile mutare le caratteristiche delle fibre (passaggio da un tipo all’altro). Considerando un esercizio con un progressivo e continuo aumento di intensità, è stato dimostrato che per esercizi di intensità leggera vengono coinvolte le fibre lente; aumentando l’intensità dell’esercizio vengono progressivamente coinvolte le fibre intermedie e poi le rapide. La capacità di un singolo muscolo di esercitare forza dipende non tanto dalla sua massa in senso generale, quanto dal numero di fibre che si contraggono e quindi dalla sua sezione trasversale
fisiologica (CSA). La CSA è indicativa del numero di fibre che si
contraggono in un determinato muscolo, e quindi del numero di filamenti di actina e miosina che interagiscono; maggiore è la CSA maggiore è la capacità muscolare di sviluppare forza. Nei muscoli fusiformi, in cui le fibre sono disposte longitudinalmente rispetto all'asse centrale del muscolo, la CSA e la sezione trasversale geometrica del muscolo coincidono; nei muscoli pennati, in cui le fibre muscolari sono disposte diagonalmente rispetto all'asse centrale del muscolo, il calcolo della reale CSA dipende dall'angolo di penna, cioè dalla inclinazione delle fibre rispetto all'asse centrale del muscolo, dalla lunghezza e dallo spessore del muscolo e dalla lunghezza delle fibre muscolari (di solito inferiore rispetto a quella dei muscoli fusiformi), ed è sempre maggiore della sezione trasversale fisiologica. Infatti una stima di quante fibre compongono l'intero ventre muscolare non può essere data dalla semplice sezione trasversale in un dato punto, poiché le fibre che si inseriscono al di sopra del punto di sezione o che originano al di sotto di esse verrebbero escluse. In conclusione i muscoli fusiformi a fibre lunghe, con bassa CSA (es. sartorio) raggiungono una velocità massima di contrazione superiore ed hanno maggiore capacità di accorciamento, ma sviluppano minor forza