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Investimenti cinesi in R&D all’estero

Nel documento La Cina nel mercato globale (pagine 166-172)

Dania Mancin

2.2 Investimenti cinesi in R&D all’estero

Il governo cinese ha lavorato intensamente per attrarre investimenti diretti in R&D al fine di migliorare la capacità tecnologica delle imprese cinesi sfruttando knowledge spillovers, trasferimento di tecnologia e utilizzando personale qualificato (von Zedtwitz et al., 2016). Tuttavia, negli ultimi anni abbiamo assistito all’emergere di un trend inverso, ovvero l’internazionalizzazione di R&D da parte di aziende cinesi.

Nel 2000 il governo cinese ha introdotto la Going-Out policy (走出去 Zouchuqu), che ha spinto le imprese a intraprendere un processo di internazionalizzazione, specialmente verso paesi sviluppati, per avere accesso a mercati

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esteri e sfruttare l’expertise locale. (Di Minin et al., 2012; Chen J., 2011)

Con l’ascesa come potenza politica ed economica sul piano globale, la Cina è passata in pochi anni da host country a home country di investimenti in R&D. Infatti, le MNC cinesi hanno iniziato ad espandersi all’estero diventando player sul piano globale, incluso quello dell’internazionalizzazione della R&D.

Secondo Di Minin et al. (2012), possiamo distinguere due generazioni di imprese cinesi: le prime sono grandi aziende statali che operano in settori come quelli delle risorse naturali, dei trasporti e dei servizi finanziari. Queste hanno iniziato il processo di internazionalizzazione negli anni 1970, in seguito all’adozione della Open- Door policy da parte del governo. La seconda generazione di multinazionali cinesi è invece emersa all’inizio degli anni 1990, e si tratta di aziende che operano in settori altamente competitivi come quello ICT. Infatti, molte delle aziende cinesi che investono all’estero operano nel settore high-tech, come ad esempio Huawei, ZTE, Lenovo e Haier (Di Minin et al., 2008).

Il fenomeno dell’internazionalizzazione della R&D da parte di imprese cinesi ha subito una forte espansione a partire dal 1999, quando gli OFDI hanno iniziato a crescere esponenzialmente. In particolare, dei 26 centri di ricerca cinesi localizzati all’estero nel 2004, 11 erano localizzati negli Stati Uniti e 11 in Europa, agendo come centri ricettivi di innovazione.

Fig. 3 – Distribuzione internazionale di centri di R&D di MNCs cinesi, 2004.

Fonte: UNCTAD, 2005, p.128.

Globalization of R&D and Developing Countries

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Figure 3. I nternational spread of leading Chinese R& D- intensive TNCs, 2004

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Source: information collected by the author.

Figure 4. I nternational R& D of Chinese TNCs in developed and other developing countries, 2004

Home Country Host Country Type 4: Expansionary 51 / 11 All / Intl Type 2: Modern 0 / 0 All / Intl Type 3: Catch-Up 26 / 26 All / Intl Type Developing Developing Advanced 1: Traditional 0 / 0 All / Intl Advanced

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Con l’inasprirsi della competizione a livello globale, la crescente importanza attribuita all’internazionalizzazione della R&D è dovuta alla necessità di usufruire di fonti di conoscenza esterna, cruciali per il processo innovativo dell’azienda, e alla necessità di ridurre i tempi di acquisizione di tale conoscenza. Infatti, i Paesi BRIC67 investono in Paesi industrializzati principalmente per acquisire risorse strategiche e conoscenza (Di Minin et al., 2008). Numerosi studiosi ritengono che questa sia proprio la motivazione principale che spinge le imprese cinesi a intraprendere processi di internazionalizzazione della R&D. Istituendo laboratori di ricerca e listening post e stringendo alleanze con multinazionali locali, le imprese cinesi hanno possibilità di accedere a tecnologie avanzate e acquisire competenze. Essendo un Paese in via di sviluppo, la Cina sfrutta la possibilità di colmare in breve tempo il gap che la separa dai Paesi più sviluppati, in particolare sfruttando fonti di conoscenza e innovazione già sviluppate in questi Paesi.

Tuttavia, numerosi ricercatori ritengono che nel loro processo di internazionalizzazione le imprese cinesi incontrano tre principali ostacoli: la loro ridotta dimensione, che le svantaggia nella competizione con grandi MNC, l’eccessiva focalizzazione sul mercato domestico, e la mancanza di capacità innovative e manageriali rende il processo di internazionalizzazione più complesso (Chen J., 2011).

Di Minin et al. (2008) indicano tre strategie con cui la Cina può attuare il processo di catch-up.

- La prima strategia è l’acquisizione: questa permette alle aziende cinesi di accedere facilmente alle risorse naturali e alla catena di fornitori dell’azienda acquisita, così come l’accesso a tecnologie, competenze e brand. La strategia di l’internazionalizzazione tramite Mergers and Acquisitions - M&A è molto diffusa tra le aziende cinesi. Questo tipo di investimento internazionale è anche definito brownfield FDI, ed è volto all’acquisizione di partecipazioni in un’impresa estera già esistente.

- La seconda strategia è costituita da greenfield FDI, investimenti internazionali destinati alla costituzione ex novo di una filiale all’estero. Questa strategia costituisce una vera e propria espansione internazionale, che mira non solo allo

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sfruttamento della tecnologia per rispondere alle esigenze del mercato, ma permette anche di incrementare le competenze manageriali. Tra le principali motivazioni che spingono le aziende ad adottare questo modello di internazionalizzazione vi sono, ad esempio, bassi costi di manodopera nel Paese di arrivo, migliori condizioni logistiche e pressione fiscale inferiore. Inoltre, come nel caso delle aziende cinesi, il vantaggio dell’internazionalizzazione ricorrendo a questa strategia consiste nella possibilità di potenziare il proprio know-how, grazie all’acquisizione di risorse disponibili nel mercato di arrivo. Tuttavia, i costi di questa strategia sono molto elevati, considerando la costruzione di impianti, le barriere all’entrata dovute alla concorrenza e i costi di avvio del business.

- La più utilizzata sembra essere la terza strategia, definita Reverse Value Chain, che consiste nella cooperazione con multinazionali estere nella realizzazione di joint-venture per accedere alle tecnologie del partner. In questo modo l’azienda cinese è in grado di aumentare la propria competitività acquisendo competenze, conoscenze e tecnologie, e quindi di salire di posizione nella Global Value Chain - GVC. Partendo dagli anelli a bassa intensità di tecnologia, questa strategia permette alle imprese cinesi di scalare la GVC, spostandosi quindi da posizioni di manifattura esecutiva a quelle in cui si svolge R&D. Tuttavia, in questo caso, la dipendenza dal partner estero è forte. Negli ultimi anni, tuttavia, un crescente numero di imprese cinesi ha acquisito competenze tali da abbandonare questa strategia e intraprendere le altre due, per poter direttamente attingere alla conoscenza e alle tecnologie di Paesi esteri e guadagnare così un vantaggio competitivo (Di Minin et al., 2012).

Se le motivazioni principali che spingono le aziende cinesi all’internazionalizzazione della R&D sono l’accesso a nuove tecnologie, al know-how e a nuovi mercati, anche l’acquisizione di esperienza sul piano internazionale è un fattore determinante nel processo di internazionalizzazione che, insieme alla possibilità di cooperare con determinati soggetti esteri, permette ai centri di ricerca cinesi di interagire anche con bacini di conoscenza locali e globali. La prossimità geografica permette alle aziende cinesi di avere interazioni con i leader del settore, ma anche con i competitor e con i fornitori di tecnologie.

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Infine, come illustra von Zedtwitz (2004), per raggiungere un ampio ventaglio di fonti alternative di innovazione, negli ultimi anni le imprese cinesi non solo hanno internazionalizzato in Paesi sviluppati, ma anche in Paesi in via di sviluppo.

Con l’obiettivo di diventare leader nella produzione di tecnologie all’avanguardia e di rendere le imprese cinesi più competitive sul piano globale, il governo cinese ha deciso negli ultimi anni di attuare riforme volte a migliorare il sistema tecnologico e scientifico nazionale, favorendo al contempo l’internazionalizzazione delle aziende cinesi per favorire l’acquisizione di conoscenza da fonti esterne. Secondo von Zedtwitz et al. (2016), tra il 2000 e il 2015 il numero di MNC cinesi che hanno adottato una strategia di internazionalizzazione di R&D è cresciuto vertiginosamente, da 29 a 156. Complessivamente, 178 centri di ricerca in tutto il mondo sono gestiti da imprese cinesi, che si classificano al settimo posto in una graduatoria mondiale di internazionalizzazione di R&D. Tra queste, Huawei ha stabilito il suo primo centro di ricerca a Mosca nel 1997 e nel 2015 possedeva complessivamente 23 centri di ricerca in tutto il mondo, di cui 16 fuori dal territorio cinese.

La strategia di internazionalizzazione delle R&D si intreccia con la strategia degli OFDI cinesi. Come vediamo dalla Fig. 4.5, l’intensità di OFDI cinesi è crescita rapidamente fino a raggiungere la cifra di 177,2 miliardi di euro nel 2016. Tuttavia, il canale di OFDI cinesi sembra aver ricevuto una battuta d’arresto dopo il 2016. In particolare, se consideriamo gli OFDI cinesi in base alla destinazione, vediamo che, nel 2017, gli investimenti cinesi destinati al Nord America si sono dimezzati, da 55 miliardi nel 2016 a 27,2 miliardi nel 2017. Di questi, gli investimenti destinati agli USA erano pari al 75% nel 2016 e al 54,7% nel 2016 (Hanemann et al., 2018). Da una parte, l’inasprirsi delle politiche protezionistiche degli Stati Uniti ha determinato limitazioni agli investimenti da parte del governo americano, dall’altra parte, la guerra commerciale sino-americana ha indubbiamente avuto ripercussioni sulle relazioni dei due Paesi.

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Fig. 4.5 Volume di OFDI cinesi dal 1999 al 2017, in miliardi di euro.

Fonte: Hanemann et al., 2018, p.29

Al contrario, gli investimenti destinati a Europa e Asia sono aumentati vertiginosamente. L’Europa rimane la destinazione privilegiata degli investimenti cinesi nel biennio 2016-2017, l’Asia si colloca al secondo posto, in termini di FDI cinesi in entrata, totalizzando 31,9 miliardi di euro nel 2017 (Hanemann et al., 2018). Un fattore chiave che spinge le imprese cinesi a istituire unità di ricerca in Europa è anche la presenza di personale altamente qualificato, seppure a costo elevato (Di Minin et al., 2012). Infine, incanalati dalla BRI, sono incrementati i flussi di OFDI cinesi verso alcuni Paesi asiatici che sono nodi chiave della BRI, in particolare Tailandia, Malesia, Iran e Pakistan.

171 Fig. 4.6a Distribuzione di OFDI cinesi nel 2016

Fig. 4.6b Distribuzione di OFDI cinesi nel 2017

Fonte: Huang and Le, 2018.

Il caso Huawei

Per comprendere meglio il processo di internazionalizzazione di imprese cinesi, si è deciso di riportare il caso studio Huawei, poiché ne rappresenta un caso emblematico. Fondata nel 1988, Huawei Technologies Ltd è una azienda cinese che opera nel settore high-tech e delle telecomunicazioni. Huawei ha stabilito numerosi

China Economic Watch / February 2018 5

Figure 5a Distribution of Chinese ODI flows and stocks based on CGIT data (2016)

Source: China Global Investment Tracker and BBVA Research; Note: The bubbles are indicative and do not exactly represent the size of ODI flows and stocks

Figure 5b Distribution of Chinese ODI flows and stocks based on CGIT data (2017)

Source: China Global Investment Tracker and BBVA Research; Note: The bubbles are indicative and do not exactly represent the size of ODI flows and stocks

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Nel documento La Cina nel mercato globale (pagine 166-172)