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La scalata cinese verso lo standard internazionale di protezione degli IPR

Nel documento La Cina nel mercato globale (pagine 130-141)

Jacopo Cricchio

3. La scalata cinese verso lo standard internazionale di protezione degli IPR

Per secoli la Cina è rimasta fedele alla visione secondo cui la conoscenza e le idee abbiano le caratteristiche di un bene pubblico. Secondo un antico detto cinese, “rubare un libro è un crimine elegante”61

e infatti nella Cina imperiale la diffusione o meno di un manoscritto, per esempio, era valutata solo in base alla sua utilità per la società. Più era considerato innovativo, più la sua distribuzione era caldeggiata (Alford, 1995). Secondo la tradizione cinese non era quindi opportuno attribuire diritti di proprietà sulle creazioni intellettuali. Tuttavia, come abbiamo visto, l’accordo TRIPS si è sviluppato seguendo tutt’altra teoria.

Questa contraddizione fu ancora più chiara all’alba della RPC. Costruire un’infrastruttura di IPR in linea con l’ideologia comunista non è affar semplice. Agli

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inizi della RPC nemmeno i semplici diritti di proprietà erano stati chiaramente definiti. Quando si tratta di IPR, la questione diventa ancora più complicata: non solo c’è il problema di identificare chi possiede cosa, ma è difficile trovare un equilibrio adeguato tra gli incentivi (privati) all’innovazione e il benessere sociale (pubblico) che l’innovazione dovrebbe produrre. Dato che questa instabilità e volatilità segnano il punto di partenza, sviluppare un sistema di IPR in linea con quello che è diventato lo standard concordato a livello internazionale è un’operazione estremamente complicata. Non sorprende che i tentativi iniziali di creare un apparato stabile non abbiano avuto successo (Yang, 2003a).

Le cose cominciarono a cambiare quando Deng Xiaoping prese il potere alla fine degli anni 1970. Con l’apertura del Paese, molte aziende estere iniziarono ad entrare nel mercato cinese. Il commercio internazionale divenne molto importante per lo sviluppo economico. Infatti, è stato durante la negoziazione di alcuni trattati commerciali ed energetici con gli Stati Uniti nel 1979 che è iniziata una nuova fase per la protezione degli IPR in Cina (Yang 2003a). La richiesta statunitense di rafforzare la protezione dei diritti di proprietà intellettuale scatenò forti discussioni tra i funzionari cinesi. Da un lato, alcuni erano favorevoli all’adozione di nuove norme più stringenti per stimolare l’innovazione industriale e gli investimenti esteri. D’altra parte, i loro oppositori sostenevano che premiare gli inventori va contro i principi socialisti più fondamentali e che un sistema del genere “[...] would allow foreign enterprises to control and dominate Chinese technology” (Thomas, 2017, p. 15). Ciononostante, la prima linea prevalse. Nel giro di pochi anni, a partire dagli anni 1980, è stato a poco a poco costruito un sistema completo di protezione degli IPR. In primo luogo, è nato il Patent Office - PO. In seguito, è stato rinominato State Intellectual Property Office- SIPO e poi Chinese National Intellectual Property Administration - CNIPA. Successivamente sono stati istituiti anche la State Copyright Administration - SCA e il Trademark Office - TO. Nel 1983 è stata approvata la legge sui marchi, seguita dalla legge sui brevetti nel 1984 e dalla legge sul diritto d’autore nel 1990 (Yang 2003b).

La legge sui brevetti in particolare è stata modificata quattro volte: nel 1992, 2000, 2008 e 2018 (National People’s Congress Standing Committee, 2018). Il quadro di base della legge è rimasto tuttavia lo stesso. Le sue caratteristiche principali possono essere riassunte come segue (Gao, Zhang, Qi & Jiang, 2011):

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(1) Ha creato un sistema di protezione dei brevetti uniforme in tutto il Paese; (2) Tre tipi di brevetti possono essere protetti (invenzioni, utility models e disegni industriali);

(3) Definisce le regole per l’analisi delle domande di brevetto; (4) Permette una licenza obbligatoria62;

(5) Istituisce un sistema per la risoluzione delle controversie in materia di brevetti attraverso i canali sia giudiziari che amministrativi.

Il trade-off tra la prospettiva dell’interesse pubblico e quella privata è una questione che può stimolare un’analisi interessante. Leggendo il primo articolo della legge, si ha l’impressione che il sistema sia ben equilibrato:

“Questa legge è promulgata allo scopo di proteggere i diritti e gli interessi legittimi dei titolari di brevetto, incoraggiare la creazione di invenzioni, promuovere l’applicazione della creazione di invenzioni, migliorare la capacità di innovazione, promuovere il progresso della scienza e della tecnologia e lo sviluppo economico e sociale” (Patent Law, 2008, articolo 1, nostra traduzione)

Infatti, analizzando gli articoli della Patent Law e confrontandoli con le disposizioni previste dal TRIPS, si può facilmente concludere che la legislazione cinese sia totalmente in linea con lo standard internazionale. Alcuni autori (Guan, 2014) tuttavia sostengono che il sistema cinese sia molto più sbilanciato verso i vantaggi sociali che gli IPR producono. Questa affermazione, basandosi esclusivamente sull’analisi della legislazione, non è veritiera. L’interesse pubblico non è, infatti, predominante all’interno della legge. Gli interessi privati sono rappresentati con altrettanta forza, soprattutto se si considera il settimo capitolo della legge. Questa sezione ha subito importanti modifiche, come quella del 2008, che ha reso più forte la tutela dei diritti privati obbligando il presunto contraffattore a dimostrare di non aver violato un brevetto, mentre precedentemente l’onere di provare la violazione era a carico del difensore. Inoltre, è stato potenziato il potere delle autorità amministrative

62Il termine “licenza obbligatoria”, come spiegato nell’articolo 31 del TRIPS, si riferisce alla possibilità di

sfruttare gli IPR di qualcuno “senza l’autorizzazione formale del titolare del diritto”, dove il titolare del diritto “deve ricevere un adeguato compenso a seconda delle circostanze di ciascun caso”. Ci sono tre motivi principali per adottare questo provvedimento: 1) consentire la produzione e la distribuzione su larga scala di un prodotto farmaceutico; 2) bloccare la concorrenza sleale; 3) consentire l’uso non commerciale di un prodotto protetto da IPR - di solito da parte del governo - per motivi di interesse nazionale (Yang, 2012).

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che possono aumentare i danni punitivi e i risarcimenti concessi al titolare del brevetto, danni che sono stati ulteriormente rafforzati con il quarto emendamento di modifica della legge del 2018.

L’evoluzione della legislazione nel corso degli anni è stata accompagnata dal progressivo aumento nel numero di domande di brevetti. Un picco nei dati è stato raggiunto intorno al 2000, subito dopo l’approvazione del secondo emendamento della legge sui brevetti. In precedenza, il numero totale di domande era cresciuto in media del 15% all’anno (Yang e Clarke, 2005). Nella Fig. 3.2 si può notare che, a partire dal 2003, l’incremento annuo è di circa il 20% all’anno e raggiunge picchi di oltre il 30% nella transizione dal 2004 al 2005 e dal 2010 al 2011. Un altro dato interessante è l’inversione di tendenza per quanto concerne il Paese di origine delle richieste. Prima della modifica del 2000, i richiedenti erano principalmente società di origine estera (Ibidem); tuttavia, dal 2000 in poi, le società cinesi hanno presentato un numero molto più significativo di richieste. Ciononostante, il numero di richieste estere ha continuato a crescere di circa il 10% all’anno.

La Fig. 3.3 prende in considerazione lo stesso periodo di tempo, ma si concentra sull’accettazione delle richieste pervenute. Dal 2003 in poi si registra un notevole incremento e una costante crescita del numero delle richieste approvate. In totale, circa il 56% delle domande ricevute è stato approvato dal SIPO.

Quando si osservano le approvazioni di brevetti è importante analizzare questo dato in base alla loro sotto-categorizzazione, come mostrato nella Fig. 3.4. Dal 2000, gli utility models hanno ricevuto il maggior numero di approvazioni staccando notevolmente gli altri due tipi di brevetti. Sono inoltre rimasti l’unica categoria che ha sempre visto un progressivo aumento del numero di approvazioni nel corso degli anni, anche quando le altre due sono diminuite - ad esempio nel 2013, quando le approvazioni per le invenzioni sono diminuite del 4,3%, e nel 2014 quando le approvazioni per i disegni industriali sono diminuite del 12,3%. Al contrario, si può notare come solo il 30% delle domande di brevetto per invenzioni tende a ricevere l’approvazione.

133 Fig. 3.2 - Domande di brevetti in Cina (2003-2016)

Fonte: Creata dall’autore in base alle statistiche di SIPO (2016b)

Fig. 3.3 - Approvazione di brevetti in Cina (2003-2016)

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Fig. 3.4: Approvazioni di brevetti per tipo in Cina (2000-2016)

Fonte: Creata dall’autore in base alle statistiche di SIPO (2016b)

Questi numeri così elevati hanno reso la Cina un attore internazionale fondamentale nel panorama degli IPR. La Cina da sola rappresenta oggi il 46,4% del totale delle applicazioni di brevetti in tutto il mondo (Fig. 3.5).

Fig. 3.5: Domande di brevetti totali nel Mondo nel 2018

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Un punto chiave necessario da rimarcare è che le invenzioni, i brevetti veri e propri, pesano generalmente per circa il 35% su base annua e di questo 35%, solo il 30% viene poi approvato. Il problema della qualità dei brevetti cinesi contrapposto alla loro quantità emerge dunque in maniera inequivocabile.

D’altro canto, valutare l’efficacia di un sistema di IPR non è un’operazione semplice. Nel caso cinese, per quanto riguarda la forma, ovvero la struttura legislativa, non vi sono discrepanze con quanto richiesto dal TRIPS. Tuttavia, alcuni membri del WTO hanno espresso diverse volte la loro preoccupazione riguardo al sistema cinese. In particolare, sono state segnalate problematiche riguardanti l’efficacia dell’applicazione delle leggi. Ad esempio, il trattamento riservato ai titolari di brevetti cinesi rispetto a quelli esteri è stato spesso ritenuto impari; oppure è stata sottolineata la generale mancanza di effetti deterrenti per evitare il furto di proprietà intellettuale.

Tra il 2002 e il 2011 gli Stati Uniti, l’UE e il Giappone sono stati i più attivi nel sollevare dispute e questioni relative al sistema di IPR cinese all’interno del WTO. Gli Stati Uniti sono stati senza dubbio i più critici. Il dibattito ha raggiunto il suo apice nel 2007 quando gli Stati Uniti hanno chiesto una soluzione formale ad alcune questioni relative ai diritti di proprietà intellettuale con la Cina nell’ambito del meccanismo di risoluzione delle controversie - DSU63 del WTO. Questo caso (DSU, 2007) è stato il primo in assoluto a riguardare l’applicazione delle leggi e non la loro struttura formale. In sostanza, gli Stati Uniti hanno ritenuto che le loro imprese fossero soggette a una maggiore discriminazione rispetto alle loro controparti cinesi, soprattutto nel campo del diritto d’autore, con particolare riferimento agli articoli 41 e 61 del TRIPS (DSU, 2007, p.2). Tuttavia, come nella maggioranza degli altri casi, non è stato possibile imporre alla Cina sostanziali cambiamenti al suo approccio (DSU, 2010). Infatti, il TRIPS rimane sia molto generico sul concetto di applicazione “equa ed efficace” delle misure (Articolo 41), sia poco dettagliato quando si fa riferimento al tipo di deterrenza da utilizzare in riferimento all’entità della violazione di IPR (Articolo 61).

Quando quindi si parla di un sistema di protezione di IPR efficace, il TRIPS non ha dimostrato di poter fare da punto di riferimento. Come è possibile d’altronde valutare se l’applicazione delle leggi di protezione della proprietà intellettuale funzionino o

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meno? Spesso nella letteratura il valore delle merci contraffatte viene preso come un possibile indicatore dell’efficacia del sistema di IPR di un Paese. Tuttavia, stimare con precisione il valore delle merci contraffatte originarie della Cina è tutt’altro che facile.

Un rapporto del Consiglio di Stato cinese del 1998 affermava che il valore della produzione contraffatta era di 16 miliardi di dollari. Uno studio successivo del 2001 della stessa agenzia ha stimato il valore tra i 19 e i 24 miliardi di dollari. Altri studi nel 2002 lo hanno stimato tra i 40 e gli 80 miliardi di dollari, mentre nel 2005 altri ancora hanno affermato che si trattava di circa 150 miliardi di dollari (Zimmerman & Chaundhry, 2009, p. 312). Indipendentemente dal valore, è un dato di fatto che in Cina esistono prodotti contraffatti. Seguendo la teoria tradizionale degli IPR, la pirateria non porta a risultati positivi per l’economia di un Paese, ed è proprio per questo che sono stati creati gli IPR. Tuttavia, questo approccio non è del tutto corretto. Nel caso specifico della Cina, una maggiore protezione della proprietà intellettuale dovuta all’ingresso nel WTO avrebbe danneggiato sia i consumatori sia le imprese interne. I primi perché avrebbero dovuto pagare prezzi più alti a causa del potere monopolistico detenuto dai possessori di IPR (prevalentemente stranieri), i secondi perché l’utilizzo di merci contraffatte nella catena produttiva era spesso la norma (Evans, 2003). Inoltre, mantenere una protezione degli IPR debole ha permesso alla Cina di diffondere la tecnologia avanzata dall’Occidente a prezzi bassi, ciò che un’applicazione stringente delle norme avrebbe ostacolato (Zimmerman & Chaundhry, 2009). Infine, non bisogna tralasciare il fatto che l’economia di intere zone era ed è tutt’oggi dipendente dal mercato del falso e quindi i governatori locali non potevano non venire incontro alle esigenze della loro popolazione, da un alto, e a quella di mantenere alte le entrate fiscali, dall’altro (Evans, 2003).

Negli ultimi anni, tuttavia, il governo cinese sembra volersi allineare sempre di più alla filosofia di IPR di matrice occidentale. Secondo, ad esempio, il whitepaper del SIPO pubblicato nel 2016, le istituzioni hanno dimostrato come la situazione sia in miglioramento. Le autorità di polizia amministrativa di tutto il Paese hanno indagato e trattato 189.000 casi di violazione e contraffazione, gli organi di pubblica sicurezza hanno indagato e risolto più di 17.000 casi, i procuratori hanno perseguito 7.059 persone in 3.863 casi e gli organi giudiziari hanno portato a termine circa 172.000 casi. Tra questi, 131.814 cause civili in prima istanza, con un incremento del 30,09% rispetto

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al 2015. In particolare, 12.537 casi di violazione di brevetti (+6,46% rispetto al 2015), 27.185 di marchi (+12,48% rispetto al 2015), 86.989 di diritti d’autore (+30,44% rispetto al 2015), 2.286 di concorrenza sleale (+4,81% rispetto al 2015) e 5.316 di altri casi (+7,18% rispetto al 2015). Le cause penali concluse in prima istanza sono state 8.601 - un calo del 20,43% rispetto al 2015 (SIPO, 2016a, p. 8-10).

Questo sottoutilizzo delle sanzioni penali rispetto a quelle civili, insieme alle punizioni generalmente percepite come inadeguate, sono considerati, come d’altronde è stato ribadito in sede WTO diverse volte, i motivi principali collegati alla scarsa efficacia del sistema di protezione della proprietà intellettuale in Cina. Inoltre, il sistema di applicazione della legge in Cina può creare confusione (cfr. Fig. 3.5).

Fig.3.5: Il sistema di applicazione delle leggi sugli IPR in Cina

Fonte: Zimmerman and Chaundhry, 2009, p. 319

Sia a livello centrale che locale diverse agenzie si occupano dell’applicazione delle norme relative agli IPR. Alcune operano attraverso canali amministrativi, altre attraverso canali legali. Ad esempio, anche se il SIPO è l’ufficio burocratico che dovrebbe gestire e coordinare le attività relative a brevetti, diritti d’autore e marchi, altre agenzie collaterali gestiscono marchi e diritti d’autore. I marchi sono gestiti

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dall’Amministrazione statale dell’industria del commercio - SAIC a livello centrale, che opera anche a livello regionale attraverso uffici locali. I diritti d’autore sono invece gestiti principalmente dagli uffici regionali, anche se esiste un ufficio nazionale. Inoltre, le procedure penali sono applicate sia dal Ministero della Pubblica Sicurezza che dalla Procura della Repubblica - sia a livello nazionale sia regionale (Zimmerman e Chaundhry, 2009).

Il Partito-Stato sembra sempre più intenzionato a risolvere questi problemi e ha infatti attuato numerose riforme nel tentativo di risolverli. Ad esempio, le procedure amministrative sono state sempre più centralizzate in agenzie burocratiche professionali, come il SIPO, e la Cina ha anche investito molto in programmi di formazione e istruzione per avvocati e giudici (Maskus, 2016). Inoltre, nel 2011 la Cina ha iniziato a redigere il quarto emendamento della legge sui brevetti, che è stato reso pubblico nel 2015 e da allora è stato più volte modificato in seguito ai suggerimenti della società civile (Zhan, 2014). La nuova bozza, che è stata presentata al Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo nel giugno 2018 e approvata nei mesi successivi, tra le altre cose, comprende delle modifiche relative alle sanzioni in caso di comprovata violazione. Nello specifico, i possibili danni civili sono aumentati da 100.000 a 5.000.000.000 RMB e sono stati introdotti anche i danni penali, che possono raggiungere anche il triplo del danno subito dal detentore di brevetto (Huang, 2017, p. 41).

Il governo cinese, inoltre, tiene spesso a rimarcare orgogliosamente il numero totale di domande di brevetto che riceve ogni anno, affermando su molti documenti ufficiali e dichiarazioni che questi numeri sono la prova che la Cina sta entrando nell’era dell’innovazione (Cheng e Huang, 2016). È vero che il numero delle domande sul territorio cinese è cresciuto ad un ritmo incredibilmente veloce, e la Cina è ora al primo posto a livello mondiale su quasi tutti questi indicatori, come abbiamo visto. Per mantenere questa crescita, il governo ha adottato diverse misure, la più importante delle quali è stato un programma di sovvenzioni per i brevetti che è stato lanciato per la prima volta a Shanghai nel 1999 e successivamente adottato da diverse altre province (Li 2012). Inoltre, sono stati recentemente istituiti altri programmi, come quello che premia i migliori inventori che presentano i brevetti industriali più competitivi a livello internazionale oppure quello che riserva un trattamento fiscale preferenziale alle

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imprese high-tech che lavorano allo sviluppo di brevetti nazionali (Cheng e Huang, 2016).

Tuttavia, anche se queste politiche hanno sicuramente contribuito ad aumentare la quantità complessiva di brevetti e degli altri tipi di IPR, non v’è dubbio, come d’altronde mostrano anche i dati, che la qualità sia stata trascurata. La costante pressione del governo per “innovare” potrebbe aver gonfiato le statistiche. Non sorprende che il numero più alto di applicazioni sia quello degli utility models, ovvero il tipo di brevetto con il più basso step innovativo. Inoltre, è stata dimostrata la mancanza di rigore durante il processo di accettazione di richiesta per l’ottenimento di un brevetto di utility model. Il risultato di questo approccio è la proliferazione di quelli che sono stati definiti “brevetti falsi” o “brevetti spazzatura”. Questo genere di brevetti non solo innalzano le barriere all’ingresso per coloro che vorrebbero operare e innovare nello stesso settore, che spesso si imbattano in un brevetto che copre in parte la loro idea e che è stato strategicamente sviluppato dai competior, ma comportano anche uno spreco di investimenti pubblici (Ibidem). Tuttavia, poiché il numero di brevetti per 10.000 abitanti è stato inserito a partire dal Dodicesimo Piano quinquennale del 2011 come indicatore per misurare lo sviluppo economico e sociale della Cina, l’entusiasmo dei governi provinciali a sovvenzionare l’aumento del numero di brevetti non è diminuito (Huang, 2017). Una valutazione precisa sulla qualità dei brevetti è molto difficile. Tuttavia, secondo ad esempio alcune stime del 2005 i “brevetti spazzatura” rappresentavano tra il 50% e l’80% del numero totale di brevetti concessi (Cheng e Huang, 2016, p.157).

Il governo sembra essere ben consapevole di tutti questi problemi e ha dichiarato nella Strategia nazionale per la proprietà intellettuale del 2008 che:

“[...] China’s intellectual property regime still needs improvement. The quality and quantity of the self-relied intellectual property still cannot meet the demands of economic and social development; the public awareness of the importance of intellectual property is comparatively weak; the capacity of market entities to utilize intellectual property is not very strong; infringement of intellectual property is still a relatively serious problem; there are still some cases of abuse of intellectual property; the intellectual property service and support system and training for all types of intellectual property personnel lag behind its development; and the role of intellectual property in promoting economic and social development needs to be strengthened” (SIPO, 2008, paragrafo 1.3).

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L’impegno sembra essere abbastanza forte poiché il governo ha anche dichiarato che “by 2020, China will become a country with a comparatively high level in terms of the creation, utilization, protection and administration of IPR” (Ivi, paragrafo 2.6).

La questione assai più interessante su cui si può fare una piccola riflessione prima di concludere questo capitolo, riguarda lo standard internazionale 5G. La prossima sezione è proprio dedicata a questo e ci permetterà successivamente di trarre le conclusioni.

4. Da inseguitrice a nuovo leader mondiale? Lo standard internazionale

Nel documento La Cina nel mercato globale (pagine 130-141)