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Investimenti esteri in R&D in Cina

Nel documento La Cina nel mercato globale (pagine 162-166)

Dania Mancin

2.1 Investimenti esteri in R&D in Cina

Con le riforme per migliorare il sistema economico cinese intraprese negli anni 1990, furono attuate politiche volte a posizionare le imprese cinesi al centro di un sistema innovativo sempre più market-oriented. Perciò, il governo iniziò ad attirare gli investitori stranieri incoraggiandoli ad effettuare FDI in Cina. In questo modo, il Paese poteva beneficiare di technology transfer e spillover da imprese e centri di R&D insediati nel Paese da parte di imprese estere, in particolare sfruttando i processi di learning by interacting e learning by inter-industry spillover (Boeing et al., 2013).

Inizialmente le riforme erano indirizzate a garantire alle imprese estere l’accesso al mercato cinese in cambio di conoscenza. Poiché le fonti esterne di conoscenza rivestono un ruolo fondamentale per la creazione di technological capabilities, dal momento che forniscono alle imprese asset strategici e permettono di colmare gap in termini di competenze, il processo di apprendimento da fonti esterne di conoscenza è stato promosso a lungo in Cina come strumento primario per ridurre il deficit tecnologico a livello nazionale.

Fino all’inizio del XXI secolo si riteneva che la Cina avesse un ruolo marginale nei processi di ricerca e innovazione. Tuttavia, i recenti investimenti da parte del governo cinese in R&D hanno contribuito a spostare la Cina all’avanguardia sul piano tecnologico. In definitiva, ciò che ha determinato un rapido aumento della competitività della Cina sul piano globale è stata la possibilità di attingere a numerosi fonti esterne di innovazione, da una parte, e la creazione di una base tecnologica indigena avanzata, dall’altra. Ma anche dopo la recente inversione di rotta nelle politiche del governo, che

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ora ruotano attorno all’obiettivo di rendere la Cina sempre meno dipendente dall’importazione di tecnologie estere, le tecnologie importate dall’estero continuano ad essere una fonte di conoscenza e di innovazione essenziale per l’economia cinese.

Come sostengono Di Minin et al. (2012) e Mototashi (2012), la Cina è diventata nel tempo una delle destinazioni privilegiate per gli investimenti da parte dei paesi esteri, non solo per dislocare attività manifatturiere, ma anche per istituire centri di ricerca. Dall’inizio degli anni 1990, infatti, il numero di MNC che hanno investito per localizzare R&D in Cina e il numero di centri di ricerca di imprese estere in Cina è aumentato vertiginosamente. Secondo un articolo del People’s Daily del 2000, citato in Li et al. (2003) in Cina dal 1996 erano stati istituiti oltre 100 centri di R&D esteri. Tra gli altri, Microsoft nel 1998 aveva istituito un laboratorio di ricerca che era il secondo più grande fuori dagli Stati Uniti dopo quello di Cambridge (UK). La Fig. 4.3 mostra che il numero di centri di ricerca in Cina dal 2001 al 2011 è cresciuto di quasi 13 volte.

Fig. 4.3 Numero di centri di ricerca di MNC localizzati in Cina (2001-2011).

Fonte: Jian et al., 2014, p.5.

Secondo Li (2017) e Jian et al. (2014), alla fine del 2011 in Cina erano presenti più di 1.600 centri di ricerca istituiti da imprese estere. Parallelamente, dal 1997 al 2011

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la spesa in R&D da parte di multinazionali americane nel territorio cinese è cresciuto da 35 milioni a 1,17 miliardi di dollari (Li, 2017). La maggior parte delle imprese estere che localizza centri di R&D in Cina è infatti costituita da aziende americane, seguite da quelle europee e giapponesi (UNCTAD, 2005). Le destinazioni privilegiate sono principalmente le grandi città come Pechino, Shanghai, Guangzhou, Shenzhen e Chengdu. Inoltre, la maggior parte dei centri di ricerca istituiti in Cina da parte di aziende estere opera in settori high-tech come ad esempio “information technologies, software and computers (58 laboratories), the chemical industry (9), pharmaceuticals (7) and the automotive industry” (UNCTAD, 2005, p. 110).

Le motivazioni che spingono le imprese a stabilire centri di R&D in China sono molteplici. Due dei motivi principali che hanno inizialmente spinto molte imprese a localizzare centri di ricerca in Cina sono l’ampio bacino di talenti di cui il Paese dispone e la possibilità di essere presenti in un mercato in continua espansione e con un enorme potenziale.

Negli ultimi 10 anni il settore della ricerca in Cina ha subito un enorme cambiamento. Sebbene in passato un fattore che spingeva le MNC a localizzare basi di R&D in Cina fosse proprio la possibilità di attingere a un largo bacino di personale qualificato a basso costo (Li e Zhong, 2003; Jian et al., 2014) altrimenti scarso nell’home country, progressivamente i salari dei ricercatori sono aumentati al punto da equivalere a quelli della controparte europea (UNCTAD, 2005). Se in un primo momento i costi ridotti erano un fattore di attrazione per le imprese, successivamente la presenza sul mercato cinese è diventata fattore imprescindibile per servire il mercato locale e per rispondere prontamente alle necessità dei consumatori, per adattare i propri beni e servizi e per condurre R&D sul campo. L’accesso ad un mercato ampio ed eterogeneo come quello cinese è quindi una delle motivazioni che influenzano la localizzazione di centri R&D nel Paese (von Zedwitz et al., 2018) e che è venuta acquisendo sempre maggiore importanza.

Tuttavia, con l’ascesa di imprese cinesi sul mercato globale, la competizione per acquisire talenti sembra essersi inasprita, poiché i ricercatori cinesi sono sempre più interessati a entrare nelle emergenti multinazionali locali, come Huawei e Alibaba (Zedtwitz et al., 2018). Inoltre, un’altra fonte di attrazione per i ricercatori cinesi è costituita dalle numerose startup cinesi (cap. 7, infra) all’avanguardia nella ricerca e

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nella produzione di innovazioni e che collaborano con grandi imprese cinesi per lo sviluppo di tecnologie.

Possiamo distinguere tre principali modelli con cui le multinazionali stabiliscono centri R&D sul territorio cinese: laboratorio indipendente di ricerca, ovvero centro di ricerca interamente posseduto dalla parte estera; dipartimento o attività di ricerca come parte di un progetto di JV con un partner cinese; infine, unità di ricerca istituite per condurre attività di cooperazione con istituti di ricerca e università cinesi (Von Zedtwitz, 2004; UNCTAD, 2005). I modelli di dipartimento sotto forma di JV e di unità in collaborazione con istituti cinesi permettono alla Cina di avere accesso alle capacità manageriali della controparte, oltre alle conoscenze e al personale qualificato impiegati dal partner estero.

Dal punto di vista del Paese ospitante, la presenza di centri di ricerca di MNC estere in Cina rappresenta un elemento chiave nello sviluppo della base tecnologica indigena: infatti, oltre ad offrire opportunità di impiego, i centri di ricerca di imprese estere localizzati in Cina contribuiscono allo sviluppo delle risorse umane presenti nel Paese, all’innalzamento del livello tecnologico-industriale, e favoriscono lo sviluppo di R&D management. Grazie al training fornito dalle imprese estere, alle risorse umane locali vengono offerte opportunità di apprendimento, incrementando così la preparazione generale e le competenze dei ricercatori. Per giunta, localizzare centri di ricerca in Cina ha permesso di introdurre pratiche di management di R&D di elevato livello: le imprese multinazionali estere dispongono infatti di sistemi e di network di innovazione globali avanzati, ma anche di raffinati modelli di gestione delle reti dei centri R&D. Infine, i laboratori di R&D gestiti da imprese estere in Cina contribuiscono ad innalzare il livello tecnologico complessivo, tramite lo svolgimento della R&D e la brevettazione.

Come abbiamo visto, molti autori ritengono che si generi un trasferimento di conoscenze verso le imprese locali anche sotto forma di spillover (von Zedtwitz, 2004). Inoltre, la presenza di centri di ricerca di MNC estere permette alle imprese cinesi di sfruttare i vantaggi dell’imitazione di tecnologie dovuti alla prossimità geografica e alla circolazione di conoscenza. Infine, gli investimenti in R&D da parte di imprese estere rappresentano una fonte aggiuntiva di finanziamento alla ricerca, non sostenuta da fondi

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governativi o dalle imprese cinesi.

Tuttavia, altri studiosi dimostrano che gli effetti positivi di tali investimenti sono in realtà limitati. Ad esempio, UNCTAD (2005) sostiene che l’attività dei centri esteri di ricerca esercita un impatto negativo sui centri di ricerca cinesi: in particolare, la caccia ai talenti dei centri di ricerca esteri rende difficile ai centri locali attrarre ricercatori qualificati, con il potenziale rischio chiusura dei centri di ricerca locali meno competitivi a causa dell’intensa competizione.

Per concludere, la Cina può beneficiare dall’internazionalizzazione di R&D sia acquisendo competenze nell’ambito della ricerca che sviluppando risorse umane autonomamente. Per incentivare le collaborazioni di imprese estere, il governo cinese ha adottato una serie di politiche preferenziali per promuovere la formazione di alleanze e di centri di ricerca con partner esteri in Cina, con l’aspettativa che questo generi spillover ed effetti positivi sull’ambiente del Paese. Tra gli incentivi va inclusa la possibilità di importare macchinari senza pagare tasse doganali. Tuttavia, l’attività di ricerca condotta dalle multinazionali in Cina non può da sola supportare lo sviluppo di ricerca indigena, che necessita invece del supporto del governo e di sforzi da parte delle imprese cinesi per rafforzare il sistema tecnologico e favorire lo sviluppo di un ambiente fertile e innovativo.

Nel documento La Cina nel mercato globale (pagine 162-166)