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Le ipotesi di rimodulazione o riformulazione del piano di riequilibrio Il legislatore è intervenuto in più occasioni al fine di permettere agli

Nel documento Capitolo 4 I controlli sugli enti locali (pagine 159-168)

4.7. Il controllo sui piani di riequilibrio finanziario pluriennale

4.7.7. Le ipotesi di rimodulazione o riformulazione del piano di riequilibrio Il legislatore è intervenuto in più occasioni al fine di permettere agli

en-ti locali la rimodulazione o riformulazione di un piano di riequilibrio. Prima di esaminare le ridette fattispecie, che hanno generato un cospicuo intervento della giurisprudenza, non solo contabile ma anche costituzionale (537), occorre ricordare come, alla luce dell’evoluzione legislativa, si sia posto anche il pro-blema delle modalità di coordinamento tra gli originari contenuti di un piano di riequilibrio finanziario (istituto introdotto con il citato d.l. n. 174/2012) e gli effetti, migliorativi o peggiorativi, derivanti dal passaggio, ex lege, dal 2015, al sistema di contabilità c.d. armonizzata (d.lgs. n. 118/2011). In proposito, la sezione delle autonomie, nella deliberazione n. 4/2015/INPR, ha sottolineato l’esigenza di conciliare l’attuazione di un piano di riequilibrio finanziario plu-riennale, approvato anteriormente al 2015, con gli effetti derivanti dall’even-tuale maggior disavanzo di amministrazione da ripianare determinato dal ri-accertamento straordinario dei residui e dal primo accantonamento al FCDE, nonché dall’avvento del nuovo istituto contabile del fondo pluriennale vinco-lato (cfr. art. 3, commi 7 e seguenti, d.lgs. n. 118/2011), ammettendo la possi-bilità di un aggiornamento del percorso di riequilibrio. Sul piano procedura-le è stato precisato, altresì, che “la proposta di rimodulazione del piano, simme-tricamente a quanto previsto dall’art. 243-bis, comma 7-bis del TUEL, deve es-sere corredata dal parere positivo dell’organo di revisione economico finanziaria dell’ente e deve essere presentata direttamente alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti” (sostanzialmente conformi le indicazioni rese con la successiva deliberazione 16 dicembre 2015, n. 32/INPR).

(537) Cfr. Corte Cost., 14 febbraio 2019, n. 18, e 2 maggio 2019, n. 105.

Tuttavia, i maggiori problemi interpretativi sono sorti a seguito di inter-venti del legislatore che, in più occasioni, ha permesso agli enti locali la ri-modulazione di un piano di riequilibrio in pendenza di esame istruttorio o la sua riformulazione dopo il diniego di approvazione da parte della sezione regionale di controllo o, addirittura, in alcuni casi, del respingimento del ri-corso da parte delle sezioni riunite in speciale composizione (538).

Fra questi l’art. 1, comma 714, della legge 208/2015, come novellato dall’art. 1, comma 434, della legge 232/2016, dichiarato incostituzionale dal-la sentenza deldal-la Corte Costituzionale 14 febbraio 2019, n. 18, aveva espres-samente consentito agli enti locali che avevano presentato un piano di rie-quilibrio o ne avevano conseguito l’approvazione prima della redazione del rendiconto per l’esercizio 2014, una facoltà di rimodulazione o riformulazio-ne. In particolare, concedendo di scorporare la quota di disavanzo risultan-te dalla revisione dei residui anrisultan-teriori al 1° gennaio 2015, effettuata ai sen-si dell’articolo 243-bis, comma 8, lettera e), TUEL (definita da quest’ultima norma “straordinaria” e prodromica all’approvazione di ogni piano di riequi-librio), e di ripianare l’eventuale disavanzo generato con le modalità di cui al d.m. 2 aprile 2015 (fino a trent’anni e facendo ricorso alle risorse eccezio-nali ivi previste), qualora, alla data di presentazione o approvazione del pia-no originario, pia-non fosse stato ancora effettuato il riaccertamento straordi-nario dei residui prescritto dall’art. 3, comma 7, del d.lgs. 118/2011 (che, in caso di generazione di disavanzo d’amministrazione, ha consentito agli en-ti territoriali un ripiano anche trentennale). Il comma 714 in esame permet-teva, altresì, anche la restituzione delle eventuali anticipazioni di liquidità erogate dal Ministero dell’Interno agli enti locali, ai sensi degli artt. 243-ter e 243-quinquies del d.lgs. n. 267/2000, anche in trenta anni (e non in soli die-ci, come prescritto dall’art. 243-ter del TUEL) (539).

(538) Si rinvia, solo per alcuni esempi, all’art. 1, comma 573-bis, della legge 147/2013, inse-rito dall’art. 3, comma 2, del d.l. 16/2014, convertito dalla legge 68/2014, o all’art. 2, comma 5, del d.l. n. 78/2015, convertito dalla legge 125/2015.

(539) La sezione delle autonomie, nella deliberazione 3 maggio 2016, n. 13/QMIG, oltre ad estendere l’applicazione della facoltà concessa dal citato comma 714 agli enti che aveva-no adottato il piaaveva-no di riequilibrio pluriennale allorché aveva-non fosse ancora attuale, in ragione della vigente normativa regionale, l’obbligo di recepimento del nuovo sistema di contabilità armonizzata (e che, pertanto, avevano proceduto al riaccertamento straordinario dei residui in epoca postuma a quella ordinariamente prevista per la generalità degli altri enti locali), aveva precisato che la proposta di rimodulazione/riformulazione del piano, già approvato o solo adottato, corredata del parere dell’organo di revisione, dovesse essere presentata, rispet-tivamente, alla pertinente sezione regionale di controllo della Corte dei conti (in caso di piano già approvato) o alla competente Commissione ministeriale (in caso di piano solo adottato).

Inoltre, aveva sottolineato che la funzione dell’intervento normativo attuato con il comma 714 in esame era solo quella di riformulare o rimodulare un piano già approvato o presentato, per consentire il ripiano del disavanzo scaturito dal riaccertamento straordinario dei residui (concedendo i tempi e le modalità stabilite dall’art. 3 del d.lgs. 118/2011 e dal d.m. attuativo 2 aprile 2015), profilo quest’ultimo su cui, invece, è stata incentrata la censura di

incostituziona-La facoltà concessa dal legislatore ha riproposto la problematica dei li-miti entro cui era effettuabile il riaccertamento straordinario dei residui at-tivi in occasione dell’introduzione del nuovo sistema contabile normato dal d.lgs. n. 118/2011. Come precisato, infatti, in molteplici pronunciamenti del-la magistratura contabile (540), il riaccertamento dei residui effettuato al 1°

gennaio 2015 è stato definito dal legislatore “straordinario”, in quanto effet-tuato per recepire un nuovo parametro normativo (il principio della compe-tenza finanziaria c.d. potenziata), funzionale all’introduzione del rinnovato sistema contabile (quello c.d. armonizzato, di cui sono componenti caratte-rizzanti il fondo crediti di dubbia esigibilità ed il fondo pluriennale vinco-lato, le cui prime costituzioni sono scaturite proprio a seguito della ridetta operazione) (541). Il ridetto riaccertamento “straordinario” non era, invece, fi-nalizzato ad eliminare/ridurre i residui attivi non esigibili o di dubbia esigi-bilità, attività che si sarebbe dovuta effettuare in occasione del periodico ri-accertamento “ordinario”, prodromico all’approvazione dei precedenti ren-diconti (in ultimo, quello al 31 dicembre 2014) (542). Di conseguenza, l’uni-co disavanzo d’amministrazione che il riaccertamento straordinario dei re-sidui, prescritto dall’art. 3, commi 7 e seguenti, d.lgs. 118/2011, poteva pro-durre è derivato dalla necessità di accantonare, nel risultato d’amministra-zione al 1° gennaio 2015, il primo fondo crediti di dubbia esigibilità (osser-vando i nuovi, stringenti, criteri dettati dal paragrafo 3.3 e dell’esempio n. 5 dell’allegato 4/2 al d.lgs. 118/2011). Di contro, operando secondo le disposi-zioni dettate dall’art. 3, commi 7 e seguenti, del d.lgs. 118/2011 (e dal Princi-pio contabile applicato, allegato 4/2 al medesimo decreto), il riaccertamento di residui attivi e passivi (con eliminazione e successiva reimputazione all’e-sercizio di esigibilità dell’obbligazione sottostante) avrebbe dovuto incidere solo sulla costituzione del (primo) fondo pluriennale vincolato. Unica ecce-zione riguardava la necessità di eliminaecce-zione di residui attivi (o passivi) per assenza della sottostante obbligazione giuridica, operazione che, effettiva-mente, poteva far emergere un disavanzo d’amministrazione (mentre, si ri-pete, in sede di riaccertamento straordinario dei residui, funzionale all’avvio del nuovo sistema contabile, il legislatore non ha consentito, in alcuna nor-ma, di eliminare o ridurre residui attivi perché inesigibili o difficilmente

esi-lità della sezione regionale di controllo per la Campania (ordinanza 28 febbraio 2018), accolta dalla citata sentenza della Consulta n. 18/2019.

(540) Solo per fare alcuni esempi, C. conti, sez. reg. contr. Campania, 21 giugno 2017, n. 219/

PRSP; C. conti, sez. reg. contr. Lombardia, 19 aprile 2016, n. 120/PRSP; id., 21 dicembre 2016, n. 415/PRSP; C. conti, sez. reg. contr. Liguria, 7 marzo 2016, n. 21/PRSP; id., 29 dicembre 2016, n. 107/PRSE e id., 18 aprile 2017, n. 43/PRSE.

(541) Può farsi rinvio al contenuto normativo dell’operazione di riaccertamento straordina-rio dei residui disciplinata dai commi 7 e seguenti dell’art. 3 del d.lgs. n. 118/2011, nonché dal paragrafo 9.3 del Principio contabile applicato, allegato 4/2 al medesimo decreto.

(542) Come prescritto dall’art. 228 del TUEL, anche nella formulazione previgente ai d.lgs.

n. 118/2011 e n. 126/20134.

gibili). Più di recente, le sezioni riunite in speciale composizione (sent. 24 aprile 2020, n. 4/EL) hanno, invero, ampliato il contenuto dell’operazione di riaccertamento straordinario dei residui attivi, ritenendola estesa (superan-do l’orientamento quasi unico delle sezioni regionali di controllo) anche alla cancellazione dei residui inesigibili o di dubbia esigibilità (che, invero, come detto, avrebbe dovuto essere effettuata in occasione del prodromico riaccer-tamento ordinario al 31 dicembre 2014 o alimentare il fondo crediti di dub-bia esigibilità al 1° gennaio 2015, costituente anch’esso, peraltro, uno degli esiti dell’operazione di riaccertamento straordinario).

Il legislatore, invece, con il comma 714 della legge 208/2015, consenten-do di scorporare “la quota di disavanzo risultante dalla revisione straordinaria dei residui di cui all’articolo 243-bis, comma 8, lettera e), limitatamente ai resi-dui antecedenti al 1º gennaio 2015”, senza ulteriori distinzioni o limitazioni, ha permesso il ripiano trentennale (e non solo al massimo ventennale) anche del disavanzo generato dalla cancellazione, totale o parziale, dei descritti re-sidui attivi inesigibili o di dubbia esigibilità.

L’esposto ampliamento temporale di ripiano del disavanzo d’amministra-zione in parola risultava associato, altresì, alla previsione della restituzio-ne anche dell’anticipaziorestituzio-ne del fondo di rotaziorestituzio-ne concessa dal Ministero dell’interno in trent’anni (invece che nel periodo massimo di dieci anni pre-visto dall’art. 243-ter TUEL). Il predetto fondo, infatti, è stato prepre-visto pro-prio al fine di permettere agli enti locali prossimi al dissesto di reperire ri-sorse finanziarie atte a pagare i debiti (residui passivi) presenti nel rendicon-to, a cui gli accertamenti (tramutatisi, a fine di ogni esercizio, in residui at-tivi) avevano fornito copertura (fittizia) solo in termini di competenza e non di cassa, in quanto, appunto, di dubbia o difficile esazione (cfr. C. conti, sez.

contr. autonomie, 18 luglio 2014, n. 19/QMIG e id., 18 dicembre 2015, n. 33/

QMIG).

La norma in parola è stata dichiarata incostituzionale dalla sentenza del-la Consulta 14 febbraio 2019, n. 18, in ragione dell’eccessivo del-lasso tempora-le concesso per il ripiano di un disavanzo d’amministrazione generato da ge-stioni finanziarie patologiche. Infatti, a differenza della fattispecie in esame, la dilazione trentennale dell’eventuale maggiore disavanzo emergente dal ri-accertamento straordinario dei residui (art. 3, commi 7 e seguenti, d.lgs. n.

118/2011) è stata giustificata con l’eccezionalità della situazione finanziaria degli enti territoriali che, da un lato, transitavano in un diverso sistema di contabilità e, dall’altro, scontavano l’esistenza di deficit sommersi, origina-ti, in particolare, dall’assenza, nel previgente sistema contabile, dell’apposta-zione di un congruo fondo crediti di dubbia esigibilità. La lunghissima dila-zione temporale concessa dal comma 714 in esame finisce, invece, per con-fliggere anche con principi di equità intergenerazionale. Questo a differen-za della disciplina prevista per il piano di riequilibrio finanziario pluriennale (art. 243-bis TUEL), che, anche se consente arco temporale superiore a quel-lo ordinario (un triennio, ex artt. 188 e 193 TUEL), risulta comunque

sensi-bilmente inferiore rispetto alla previsione censurata, oltre a basarsi sulla ne-cessità di specifica approvazione da parte della Corte dei conti (543).

A seguito della ridetta pronuncia di incostituzionalità, il legislatore, con l’art. 38, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater del d.l. 30 aprile 2019, n. 34, convertito con modificazioni dalla legge 28 giugno 2019, n. 58, ha introdotto un’ulterio-re facoltà di riformulazione del piano di riequilibrio, limitata ai soli enti loca-li che avevano fatto ricorso alle possibiloca-lità offerte dal comma 714 in esame. In particolare, la disposizione ha concesso di ripianare i disavanzi o i debiti fuori bilancio oggetto della procedura nel più ampio arco ventennale contenuto nel novellato art. 243-bis, comma 5-bis, del TUEL (544) (545). La sezione regionale di controllo per la Calabria, con ordinanza 26 agosto 2019, n. 108, ha sollevato questione di legittimità costituzionale delle norme in parola (546).

(543) La sezione delle autonomie, con delibera 7 maggio 2019, n. 8/QMIG, nel cercare di offrire un orientamento univoco alle sezioni regionali di controllo a seguito della descritta pronuncia della Corte Costituzionale, ha affermato che i piani di riequilibrio finanziario plu-riennali di cui all’art. 243-bis TUEL, riformulati ai sensi dell’art. 1, comma 714, della legge n. 208/2015, se già approvati da una sezione regionale di controllo, sono intangibili relativa-mente alle quote di disavanzo riferite alle annualità il cui ciclo di bilancio si sia chiuso con l’approvazione del rendiconto. Invece, gli enti locali che avevano proposto la rimodulazione/

riformulazione del ridetto piano, ma non hanno ancora ottenuto l’approvazione entro la data di deposito della sentenza n. 18/2019 della Corte Costituzionale, hanno dovuto adeguare il piano di riequilibrio alla legislazione vigente, provvedendo alla rideterminazione del disavanzo da ripianare. Quest’ultimo risulta dalla somma di due valori: il primo, corrispondente al disa-vanzo da revisione straordinaria dei residui, ex art. 243-bis, comma 8, lett. e) (che, unitamente al restante disavanzo complessivo dell’ente locale, costituente causa di ricorso al piano, va ri-pianato nell’arco temporale massimo ventennale, in ragione del novellato art. 243-bis, comma 5-bis, del TUEL); il secondo (eventuale), al maggior disavanzo da riaccertamento straordina-rio, ex art. 3, comma 7, d.lgs. n. 118/2011 e primo accantonamento a FCDE (ripianabile anche in trent’anni, ex art. 3, commi 15 e 16, d.lgs. n. 118/2011).

(544) A seguito della riformulazione operata dall’art. 1, commi 888 e 889, della legge n.

205/2017, nonché dal comma 1-terdecies dell’art. 38 del d.l. n. 34/2019 in parola.

(545) Il legislatore, inoltre, con l’art. 38 del d.l. 30 dicembre 2019, n. 162, ha previsto l’eroga-zione di apposite anticipazioni agli enti i cui piani di riequilibrio sono stati incisi dal pronun-ciamento in parola.

(546) La censura è stata sollevata in relazione alla parte in cui le disposizioni impugnate consentono ad un ente locale di prolungare fino a venti anni la durata del proprio PRFP, pre-cedentemente approvato per una durata decennale, in contrasto con la declinazione interge-nerazionale del precetto dell’equilibrio affermata dalla sentenza della Corte Costituzionale n.

18/2019. Inoltre, viene censurato il profilo della violazione del principio della separazione dei poteri, nonché del principio di ragionevolezza e di certezza del diritto, in particolare verso quella parte della norma che consente di ricorrervi anche ad un ente “inciso da provvedimenti conformativi alla predetta sentenza della sezione regionale competente”. Inoltre, viene ritenuto leso il diritto alla certezza del diritto, mediante la stabilità del giudicato e delle leggi, diritto che spetterebbe non solo ai creditori, ma anche ai cittadini, anche per l’esercizio delle loro pre-rogative democratiche. Ammettere, invece, la possibilità di un continuo ed illimitato procra-stinarsi di tentativi di riequilibrio, lasciando una evidente incertezza sui tempi e sull’idoneità delle misure di volta in volta ideate per il risanamento, finisce per compromettere irreversibil-mente la trasparenza di un bene di rango costituzionale, quale il bilancio.

La sentenza della Corte Costituzionale 23 giugno 2020, n. 115, ha di-chiarato l’illegittimità costituzionale del solo comma 2-ter della disposizio-ne, che stabiliva che la riproposizione del piano di riequilibrio dovesse con-tenere il ricalcolo pluriennale, fino a un massimo di venti anni, del disavan-zo oggetto del piano modificato, “ferma restando la disciplina prevista per gli altri disavanzi”. La Consulta ha ritenuto che non sia in contrasto con gli artt. 81, 97 e 119 della Costituzione la durata astrattamente fissata in ven-ti anni del percorso di ripiano, mentre lo ha affermato per il meccanismo di manipolazione del deficit che la norma avrebbe introdotto, che consente di sottostimare, attraverso la strumentale tenuta di più disavanzi, l’accan-tonamento annuale finalizzato al risanamento, ritardando nel tempo il ri-equilibrio del bilancio.

La Corte Costituzionale, invece, ha mantenuto in vita il comma 2-bis del ridetto art. 38 (che ha consentito di rimodulare o riformulare il piano di ri-equilibrio al fine di adeguarlo alla normativa vigente, quale risultante a se-guito della precedente sentenza n. 18/2019) ed il comma 2-quater (in virtù del quale le rimodulazioni/riformulazione in parola non sospendono even-tuali azioni esecutive e sono istruite e approvate con un procedimento acce-lerato).

Appare opportuno precisare, in proposito, che il d.m. MEF 7 settembre 2020, di aggiornamento dei principi contabili allegati al d.lgs. n. 118/2011, ha riscritto i paragrafi 9.2.20 e seguenti dell’allegato 4/2 (Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria), chiarendo che, pur essen-do unico il disavanzo di amministrazione, il percorso di recupero deve osser-vare le regole normative specificatamente dettate in ragione della sua genesi (disavanzo derivante dalla gestione, da riaccertamento straordinario dei re-sidui, da fondo anticipazione liquidità, ecc.) e delle possibilità offerte dal le-gislatore in ordine ai tempi di ripiano ed alle risorse utilizzabili a tal fine (si rinvia, per i dettagli, ai paragrafi 9.2.25 e seguenti e all’esempio n. 13 dell’al-legato 4/2 al d.lgs. n. 118/2011).

L’art. 53 del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modifica-zioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, al fine di attenuare gli effetti finan-ziari derivanti, sugli enti locali in piano di riequilibrio, dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 115/2020, ha concesso un’anticipazione (da contabi-lizzare in aderenza alle modalità previste dal paragrafo 3.20-bis dell’allega-to 4/2 al d.lgs. n. 118/2011, che, attualmente, richiama le disposizioni del, in precedenza esposto, art. 52, comma 1-ter, del decreto legge n. 73/2021, con-vertito con modificazioni dalla legge n. 106/2021) a favore dei comuni in pia-no di riequilibrio il cui deficit strutturale è imputabile alle caratteristiche so-cio-economiche della collettività e del territorio e non a patologie organiz-zative (facendo propri i paletti posti dalle motivazioni della stessa sentenza della Consulta n. 115/2020).

Il comma 714-bis della legge 208/2015 aveva, inoltre, consentito agli enti locali che avevano presentato un piano di riequilibrio finanziario o ne

aveva-no conseguito l’approvazione, di rimodularlo o riformularlo, ferma restando la durata massima decennale, al fine di tener conto dell’eventuale disavan-zo risultante dai rendiconti successi o dai debiti fuori bilancio emersi anche dopo l’approvazione, e pure se relativi a obbligazioni sorte antecedentemen-te alla dichiarazione di c.d. predissesto. In relazione a tale norma, la delibe-razione 12 aprile 2017, n. 9/QMIG della sezione delle autonomie, oltre ad af-fermare la perentorietà del termine di presentazione dell’istanza di rimodu-lazione/riformulazione (547), aveva ritenuto che la facoltà concessa dal com-ma in esame dovesse essere limitata all’ipotesi in cui il disavanzo o i debi-ti fuori bilancio da riconoscere fossero successivi alla deliberazione o all’ap-provazione del piano di riequilibrio. Infatti, l’inclusione, nel piano origina-rio, di quote di disavanzo o di debiti fuori bilancio già esistenti e conoscibi-li dall’ente locale alla data di presentazione o approvazione, avrebbe costitu-ito una palese violazione dei principi di veridicità, trasparenza ed attendibi-lità del percorso di riequilibrio. Tuttavia, l’art. 36 del d.l. 50/2017, convertito con modificazioni dalla legge n. 96/2017, ha integrato il ridetto comma 714-bis permettendo espressamente la rimodulazione/riformulazione dei piani di riequilibrio anche se aventi fonte in disavanzi d’amministrazione o rico-noscimento di debiti fuori bilancio emersi o assunti dopo l’originaria appro-vazione (548).

Anche l’art. 1, comma 435, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, aveva in-trodotto un’ipotesi di rimodulazione, prevedendo che, fermi restando i tem-pi di pagamento ai creditori, gli enti locali che hanno proceduto alla revisio-ne dei residui, per effetto di un’espressa pronuncia della Corte dei conti, revisio-nel corso degli esercizi 2012, 2013 o 2014, antecedentemente al riaccertamento straordinario da effettuare ai sensi dell’art. 3, commi 7 e seguenti, del d.lgs.

(547) In termini, C. conti, SS.RR. spec. comp., 7 dicembre 2016, n. 25/EL; id., 17 gennaio 2017, n. 1/EL; id., 3 luglio 2017, n. 19/EL.

(548) Nella medesima deliberazione n. 9/2017/QMIG, la sezione delle autonomie ha precisa-to, inoltre, che l’inclusione di ulteriori poste passive comporta una nuova quantificazione del disavanzo e dell’intera situazione debitoria, destinata a ripercuotersi sulle misure di risana-mento previste dal piano originario e, quindi, sostanziali variazioni di quest’ultimo. Pertanto, sia nell’ipotesi della rimodulazione (piano redatto e già presentato alla sezione regionale di controllo) che della riformulazione (piano non ancora giunto all’esame della sezione), oltre al parere dell’organo di revisione contabile, è stato ritenuto necessario rinnovare l’istruttoria da parte della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali. La necessità di istruttoria ministeriale, in presenza di modifiche di carattere sostanziale al piano di riequilibrio origina-rio consentite dal legislatore, era già stata affermata dalla Sezione delle autonomie in occa-sione della normativa (art. 1, comma 15, del d.l. 35/2013 convertito con modificazioni dalla l.

64/2013) che aveva permesso la modifica del piano per adeguarlo alla riscossione di eventuali anticipazioni di liquidità ed alla conseguente contabilizzazione degli oneri relativi alla loro restituzione (cfr. C. Conti, sezione autonomie, 3 ottobre 2014, n. 22/QMIG). Sulle ipotesi in cui è necessario effettuare una, nuova, autonoma istruttoria ministeriale in caso di rimodulazione/

riformulazione dei piani di riequilibrio si è soffermata, sottolineandone i presupposti, anche C.

conti, SS.RR. spec. comp., 3 luglio 2017, n. 19/EL.

118/2011, con emersione di un disavanzo da ripianare in un triennio ai sen-si dell’art. 193 del TUEL, potevano riformulare (entro il 31 marzo 2017) tale

118/2011, con emersione di un disavanzo da ripianare in un triennio ai sen-si dell’art. 193 del TUEL, potevano riformulare (entro il 31 marzo 2017) tale

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