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La sostenibilità dell’indebitamento

Nel documento Capitolo 4 I controlli sugli enti locali (pagine 71-74)

4.3.4. La finalizzazione dell’indebitamento a spesa di investimento e la so- La finalizzazione dell’indebitamento a spesa di investimento e la so-stenibilità dell’indebitamento

4.3.4.1. La sostenibilità dell’indebitamento

I presupposti necessari affinché si possa ricorrere a indebitamento sono stabiliti all’art. 203 del TUEL (233). Inoltre, gli enti locali devono rispettare il limite massimo della capacità di debito stabilito al successivo art. 204 (im-porto annuale degli interessi e degli oneri per mutui e altri finanziamenti, ol-tre che per eventuali garanzie prestate a terzi, al netto di eventuali contribu-ti statali e regionali, non superiore ad una determinata percentuale delle en-trate correnti (234)).

Ulteriori vincoli sono stati introdotti dalla citata legge “rinforzata” n.

243/2012 (come modificata dalla legge 12 agosto 2016, n. 164), il cui art. 10 dispone che, a decorrere dal 2016, le operazioni di indebitamento sono con-sentite solo contestualmente all’adozione di piani di ammortamento di

dura-(229) Cfr. artt. 243-bis, comma 8, e 255, comma 9, d.lgs. 267/2000. Cfr., sul punto, C. conti, sezione delle autonomie, deliberazione 20 maggio 2013, n. 13/QMIG.

(230) Cfr. articolo 3, comma 15, d.lgs. 118/2011 e d.m. 2 aprile 2015.

(231) Per esempio, art. 1, comma 866, legge di bilancio per il 2018, n. 205/2017.

(232) Le sezioni riunite in sede di controllo, nella deliberazione 28 aprile 2011, n. 25/CONTR, hanno chiarito che l’elencazione prevista dall’art. 3, comma 18, della legge n. 350/2003, ha ca-rattere tassativo e “considera tutti i casi in cui dalla spesa assunta dall’ente deriva un aumento di valore del patrimonio immobiliare o mobiliare; un aumento della ricchezza dell’ente stesso, che si ripercuote non solo sull’esercizio corrente, ma anche su quelli futuri, proprio per giustificare il perdurare, nel tempo, degli effetti dell’indebitamento”. La Corte Costituzionale, con la sentenza 29 dicembre 2004, n. 425, ha precisato che la nozione di spesa di investimento non può essere determinata a priori in modo univoco, ma va desunta dai principi della scienza economica e dalle regole di contabilità. In tale ottica le definizioni di “spese di investimento” e di “indebita-mento”, contenute nel citato art. 3, commi 17 e 18, sono state considerate congrue, derivando anche “da scelte di politica economica e finanziaria effettuate in stretta correlazione con i vincoli di carattere sovranazionale cui anche l’Italia è assoggettata in forza dei Trattati europei, e dei cri-teri politico-economici e tecnici adottati dagli organi dell’Unione europea”. La Consulta ha rite-nuto, peraltro, che la nozione di “investimento” risulta estensiva rispetto a quella strettamente contabile, improntata solo ad erogazioni di denaro cui faccia riscontro l’acquisizione di un nuovo bene al patrimonio dell’ente che effettua la spesa.

(233) Avvenuta approvazione del rendiconto dell’esercizio del penultimo anno precedente e del bilancio di previsione nel quale sono iscritti i relativi stanziamenti.

(234) A decorrere dal 2015, pari al 10%.

ta non superiore alla vita utile dell’investimento, nei quali devono essere evi-denziate l’incidenza delle obbligazioni assunte sui singoli esercizi finanziari futuri, nonché le modalità di copertura degli oneri corrispondenti.

Il medesimo articolo 10, al comma 3, prescrive, inoltre, che le operazio-ni di indebitamento (oltre a quelle di investimento realizzate attraverso l’uti-lizzo dei risultati di amministrazione degli esercizi precedenti) vanno effet-tuate sulla base di apposite intese concluse in ambito regionale, che garanti-scano, per l’anno di riferimento, il rispetto dell’equilibrio di bilancio, richie-sto dal precedente art. 9 (che considera solo le entrate e le spese rilevanti ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica posti dall’ordina-mento comunitario) del complesso degli enti territoriali della regione inte-ressata. Il successivo comma 4 puntualizza che le operazioni non soddisfat-te dalle insoddisfat-tese regionali possono essere effettuasoddisfat-te sulla base di patti di soli-darietà nazionale (235).

L’art. 10 della legge n. 243/2012 è, infatti, complementare al “pareggio”

(parziale) di bilancio dettato dal precedente art. 9 (strutturato, come detto, considerando le sole “entrate” e “spese”, c.d. finali, che maggiormente somi-gliano ai “ricavi” e “costi” considerati dal Sistema europeo dei conti (236)), fa-cendosi carico di conciliare gli oneri per investimenti finanziati da mutui (ol-tre che con il risultato d’amministrazione) con gli equilibri annuali di com-petenza prescritti, in ragione di obiettivi di finanza pubblica allargata, tra-enti fonte dall’ordinamento europeo (237). In tale contesto, infatti, non rileva-no né le entrate da indebitamento (in quanto meramente finanziarie) né le quote del risultato d’amministrazione e, fra queste, l’avanzo libero (in quan-to frutquan-to di ricavi di competenza di precedenti esercizi), mentre incidono gli impegni relativi alle spese di investimento finanziate. Dopo che la sentenza

(235) Il d.P.C.M. 21 febbraio 2017, n. 21, aveva dettato le regole attuative per le intese re-gionali ed i patti nazionali previsti dal descritto art. 10 della legge n. 243/2012. La disciplina in parola, tuttavia, risulta al momento di fatto venuta meno a seguito dell’art. 1, commi 819 e seguenti, della legge n. 145/2018 (cfr. circolare MEF-RGS 14 febbraio 2019, n. 3), emanato a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 101/2018.

(236) Regolamento CE del Consiglio 21 maggio 2013, n. 549, c.d. SEC 2010.

(237) Si ricorda che l’art. 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) dispone che “gli Stati membri devono evitare disavanzi pubblici eccessivi”, adempimento mi-surato dai due parametri del rapporto tra “disavanzo pubblico” (altresì denominato “indebita-mento netto”) e “debito pubblico”, in entrambi i casi con il “prodotto interno lordo”. I valori di riferimento dei ridetti parametri sono specificati nel “Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi”, allegato al TFUE, in cui vengono qualificati “pubblici” tutti gli enti e organismi aventi le caratteristiche delineate dal sistema europeo di conti (c.d. SEC 2010, approvato con Regolamento CE del Consiglio 21 maggio 2013, n. 549). In tale ottica, il Regolamento (CE) n. 479/2009 del 25 maggio 2009, che disciplina l’applicazione del citato Protocollo allegato al TFUE, ribadisce che il settore “pubblico” va definito in conformità alla normativa sul Sistema europeo di conti (SEC). Ne discende che il “disavanzo pubblico” misura il saldo negativo del

“conto economico consolidato” e il “debito pubblico” il valore nominale di tutte le passività del settore delle “amministrazioni pubbliche” (S.13).

della Corte Costituzionale n. 101/2018 ha dichiarato illegittima la preclusio-ne all’utilizzo dell’avanzo d’amministraziopreclusio-ne al fipreclusio-ne di conseguire il pareggio di bilancio, il legislatore ha ritenuto di richiedere agli enti territoriali il ri-spetto, anche a consuntivo, di un equilibrio finanziario complessivo di com-petenza (cfr. art. 1, commi 819 e seguenti, legge n. 145/2018), misurato se-condo le regole ordinarie dettate dai d.lgs. n. 267/2000 e 118/2011 (238).

Sul punto, come già sottolineato nel precedente pertinente paragrafo del presente capitolo, dedicato agli equilibri di bilancio, le sezioni riunite in se-de di controllo, con la se-deliberazione 17 dicembre 2019, n. 20/QMIG, han-no chiarito che alle disposizioni introdotte dalla legge rinforzata n. 243 del 2012, tese a garantire, fra l’altro, che gli enti territoriali concorrano al conse-guimento degli obiettivi di finanza pubblica posti in ambito europeo, strut-turati secondo le regole valevoli in quella sede, si affiancano le norme aven-ti fonte nell’ordinamento giuridico-contabile degli enaven-ti territoriali, tese a ga-rantire il complessivo equilibrio, di tipo finanziario, di questi ultimi. Pertan-to, per gli enti territoriali permane l’obbligo di rispettare l’equilibrio di bi-lancio sancito dall’art. 9, commi 1 e 1-bis, della legge n. 243 del 2012, anche quale presupposto per la legittima contrazione di indebitamento finalizzato a investimenti (art. 10, comma 3, legge n. 243 del 2012). I medesimi enti ter-ritoriali devono osservare, altresì, gli equilibri complessivi finanziari di bi-lancio prescritti dall’ordinamento contabile di riferimento (aventi fonte nei d.lgs. n. 118 del 2011 e n. 267 del 2000, nonché, da ultimo, dall’art. 1, comma 821, della legge n. 145 del 2018) e le altre norme di finanza pubblica che pon-gono limiti, qualitativi o quantitativi, all’accensione di mutui o al ricorso ad altre forme di indebitamento. In seguito, la circolare MEF-RGS n. 5/2020 (i cui contenuti sono stati ribaditi dalla successiva circolare n. 8/2021) ha pun-tualizzato, sulla base di quanto prescritto dall’art. 119, sesto comma, della Costituzione (in virtù del quale gli enti territoriali possono ricorrere all’inde-bitamento “a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio”), la portata precettiva dell’art. 10 della legge n. 243/2012, nella parte in cui dispone, tra l’altro, che le operazioni di inde-bitamento (effettuate sulla base di apposite intese concluse in ambito regio-nale o dei patti di solidarietà nazioregio-nale) devono garantire, per l’anno di rife-rimento, il rispetto del pareggio fra entrate e spese finali di cui all’articolo 9, comma 1, della medesima legge n. 243/2012, per il complesso degli enti ter-ritoriali della regione interessata, compresa la medesima regione.

In aderenza a tale quadro normativo, la Ragioneria generale dello Stato, al fine di verificare ex ante, a livello di comparto (quale presupposto per la legittima contrazione di debito ex art. 10 legge n. 243/2012), il rispetto de-gli equilibri di cui all’articolo 9 della medesima legge, provvede, dal 2018, a

(238) Ponendo a carico del bilancio dello Stato (cfr. art. 1, commi 822 e 826, legge n.

145/2018) un eventuale scostamento rispetto agli obiettivi di finanza pubblica imposti in sede europea, misurati, invece, secondo regole similari alla contabilità economica.

consolidare i dati dei bilanci di previsione degli enti territoriali, per regione e a livello nazionale, trasmessi alla BDAP. L’obiettivo è quello di monitorare ex ante il rispetto degli equilibri di cui all’articolo 9 della legge n. 243/2012, che, in ragione del successivo art. 10, vanno osservati nell’esercizio di con-trazione del debito, e, di conseguenza, della sostenibilità a livello di ciascun comparto regionale. Tale sostenibilità, peraltro, può essere assicurata non solo attraverso il rispetto a livello di singolo territorio regionale, ma anche, in aderenza all’articolo 10, comma 4, legge n. 243/2012 (e dell’art. 119, com-ma sesto, Cost.), a livello nazionale.

Il legislatore della legge rinforzata ha instaurato, infatti, un collegamento qualificato fra la legittima contrazione di debito ed il saldo fra entrate e spe-se finali, sia nell’art. 10 (che richiede, quale presupposto per la legittima con-trazione di debito, il rispetto del ridetto saldo da parte del complesso degli enti della regione interessata) che nell’art. 9 (che impone l’osservanza del sal-do indicato, “come eventualmente modificato ai sensi dell’articolo 10”). I due articoli esposti, in aderenza alla formulazione dell’art. 119, comma sesto, Cost. palesano la necessità dell’osservanza del saldo fra entrate finali e spese finali, in caso di contrazione di debito, a livello di comparto, regionale o sta-tale, in aderenza alla ratio normativa, tesa a garantire, con le norme in paro-la, gli obiettivi annuali posti, in sede europea, al “conto economico consolida-to delle amministrazioni pubbliche”.

In caso di mancato rispetto dei richiamati equilibri, da verificare a con-suntivo, gli enti responsabili devono adottare adeguate misure di rientro, ai fini del rispetto dei vincoli di finanza pubblica.

Nel documento Capitolo 4 I controlli sugli enti locali (pagine 71-74)

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