• Non ci sono risultati.

2. Al vaglio della lingua comune: la lingua della saggistica letteraria nel Giardino

2.5. Ornatus

2.5.2 Isocoli

L’attento e meticoloso lavoro sulla dispositio è reso evidente dal ricorso a numerose figure di ripetizione. Le varie forme di parallelismi (due membri, tre membri, o più) servono sia a dare equilibrio al linguaggio piano della prosa sia a intensificare la forza espressiva dei tropi, soprattutto quelli legati alle diverse declinazioni di antitesi e di paradosso, dando vita a vere e proprie figure di pensiero148.

Tali figure investono il testo a tutti i livelli: abbiamo già analizzato alcune figure nella strutturazione delle sequenze testuali. Ora osserveremo la ricorrenza di alcune figure presenti nella frase e nel periodo raggruppandole in base al numero di elementi149. Tale classificazione permette di poter osservare alcune strutture, le quali però, nella concretezza del testo, si presentano spesso utilizzate in combinazione tra loro. L’analisi di tali figure di ripetizione è qui per ora limitata alle strutture non investite di una carica metaforica: si è ritenuto che, per lo stretto

147 «E in un conflitto come quello delle isole Falkland la tragedia non era tanto l’affondamento delle navi [efferatezza dei mezzi], quanto la rassegnazione con cui veniva accettato da tutti [futilità dei fini, segno di stupidità sia di chi ha originato il conflitto sia di chi non vi si oppone]» (722).

148 H. Lausberg, Elementi di retorica, cit., p. 130.

149 Nelle categorizzazioni che seguono non si è tenuto conto se non della distinzione tra parti del discorso, e non delle diverse funzioni dei sintagmi in cui esse sono state utilizzate. Questo è stato fatto per semplificare. È certo che una categorizzazione per funzioni sintattiche permetterebbe forse delle riflessioni più precise, caso per caso, sui diversi valori attribuiti alle diverse figure di dispositio.

legame che si crea, le figure applicate ai tropi, debbano essere analizzate insieme ai tropi stessi, per cui si rimanda al successivo capitolo.

La funzione di tali strutture di dispositio risponde, oltre ad un gusto estetico per l’equilibrio e la misura, anche a ragioni di ordine semantico: come spiega Lausberg, le figure basate sulla coppia rimandano implicitamente a una opposizione, mentre quelle sulla divisione ternaria a una sintesi. Tale indicazione ovviamente non può essere esaustiva di tutti casi: la coppia infatti (ad esempio molte dittologie sinonimiche o coppie di aggettivi) può infatti indicare un insieme chiuso, che non ammette alternative150. Questi sono infatti molti dei casi amati da Pontiggia: le alternative binarie possono rivelarsi ottimi strumenti per costruire aforismi, definizioni paradossali, giudizi sarcastici o ironici, clausole ad effetto. Se non ci stupiamo quindi della presenza delle coppie nella prosa di Pontiggia, invece meno attese, ma non meno presenti, sono le enumerazioni ternarie. La loro presenza è significativa di uno stile vario, equilibrato, capace di sfruttare tutte le misure della dispositio.

- Strutture binarie.

La coppia può manifestarsi come doppia attribuzione di un unico sostantivo («rapporto delicato e ansioso», 633)151 o può essere usata per definire il sostantivo attraverso categorie antitetiche, dando un valore di completezza alle affermazioni:

così la «sempre violata e sempre rinnovata solitudine» (643) del testo indica la natura dell’oggetto letterario, resistente nella sua “oggettività” ad ogni interpretazione, ma, al contempo, bisognoso di essa. In questo caso l’aggettivazione risulta particolarmente forte sia per la natura de-verbale dei lemmi scelti, sia per la ripetizione enfatica dell’avverbio “sempre”. Anche il «viaggio di

150 L’analisi dello stile dilemmatico di Machiavelli ne è un esempio. Pontiggia vi fa riferimento in Dentro la sera, quando per descrivere il «linguaggio costruito con tanta sapienza, con tanta forza, e con tanta percussiva capacità di colpire il lettore» analizza la ricorrenza della struttura binaria, che

«suggerisce l’idea di un dominio totale sull’esperienza storica, sull’esperienza politica. Il lettore non ha scampo perché gli si pongono sempre due soluzioni», G. Pontiggia, Dentro la sera, cit., p. 147.

ritorno dell’eroe alla sua terra natale» viene descritto con una coppia di aggettivi de-verbali afferenti alle categorie di spazio e tempo: «Dilatato nello spazio e prolungato nei secoli, sarà il motivo conduttore dell’Eneide» (697).

Più frequentemente la coppia è formata da due sintagmi composti da nome + aggettivo:

«sommesso lirismo e precisione delicata» (605); «posizioni di concettualismo opprimente o personalismo fuorviante» (626); «analisi sedentaria e ruminazione ipocondriaca» (576); «pace illusoria in appagamenti momentanei». (635);

«fulminei nessi e splendide diversioni» (648); «la stessa storia della cultura è fatta di approssimazioni inevitabili e di fraintendimenti fecondi» (710-711); «curiosità vigile e partecipazione intensa» (716); «Essa è tipica, ad esempio, dei collerici repressi e degli ipocondriaci cupi» (761);

La struttura delle coppie può anche essere a chiasmo (nome+aggettivo - aggettivo+nome):

«vittime patetiche e inesauribili equivoci, 574-5?; «Il suo successo non potrebbe essere più pieno, né più tagliente la polemica di Stout conto l'FBI» (579); «altre volte invece amplificazione fantastica impone la sua diversa verità» (668); «Le tenebre avvolgono di una terrificante caligine anche l’origine mitica» (713); «in una versione di rara finezza e aderenza espressiva» (750).

Le coppie possono tramare interi periodi, come risulta da questo esempio:

«Tutto questo naturalmente non viene detto, viene soltanto suggerito tra lacrime, sospiri, frasi soffocate, sguardi sfuggenti. Linguaggio di sapiente ipocrisia e incomparabile chiarezza, rispetto al quale il dialogo, verbale ed esplicito, oggi prediletto, appare piuttosto fonte di monumentali equivoci e di continui fraintendimenti» (655).

- Strutture ternarie.

Le strutture ternarie intervengono a dare ordine alla materia linguistica non solo, come abbiamo visto, a livello macro-testuale. In saggi dal forte tono espressionistico, come quello dedicato al romanzo di D’Arrigo, esse possono coinvolgere, in un unico periodo, diverse parti del discorso: aggettivi, verbi, nomi.

In questo caso la loro funzione è particolarmente evidente: le figure di dispositio

mimano il concetto di unità di un mondo in continua metamorfosi che sta alla base del saggio:

«E anche in quel lucido, quieto, estatico delirio che è il soliloquio di ‘Ndrja durante il colloquio con don Luigi Orioles, il continuo sovrapporsi e mescolarsi e fondersi delle parole “barca”, “bara”, “arca”, adombra la catastrofe tragica attraverso il misterioso travaglio di una trasmutazione linguistica» (699).

Serie ternarie riguardano nomi e pronomi, e aggettivi:

«l’ignoto e il noto producono, sovrapponendosi, trasalimenti, lievi angosce, allucinazioni» (696); «una sterminata rete di nessi, rinvii e relazioni esplicite o dissimulate testimonia l’immensa articolazione e insieme l’unità del suo mondo fantastico» (702); «i due leggendari legislatori di Sparta e di Roma vengono accostati come uomini di saggezza, di pietà, di capacità politica» (687); «quella confusione di lingue, di informazioni e di chiacchere, che è ciò che si intende per attualità?» (675); «Viviamo in un’epoca di commemorazioni, di riletture, di ritorni»

(674); «… costituisce la parte di rilievo maggiore: per la sua qualità, per la sua suggestione nell’ambito della ricerca poetica, e per la luce retrospettiva che getta sul mondo interiore di Gozzano» (668);

«oggi i titoli tendono generalmente a svelare molto, a volte tutto, e a volte anche di più» (662)

«Non si trattava quasi mai di sinonimi, ma sempre di modi nuovi e diversi e sfumati di evocare la gioia inesauribile del guardare» (618); «si comincia a intuire che l’universo dei Greci, con i suoi innumerevoli, inesauribili e metaforici dèi, potrebbe essere abitabile anche per noi». (639); «Questo occhio lucido, impavido, aperto su un presente che sta per scomparire» (692); «Parole e gesti lo esprimevano in modo indiretto, allusivo, metaforico» (716); [con gradatio] «L’errore va affrontato nel suo aspetto ricorrente, ciclico, permanente» (741); «i suoi elenchi formulari, oracolari, ipnotici». (752); «Gadda trova gli accenti più diretti, drammatici e sommessi per parlare di se stesso e del proprio destino». (760)

In alcuni casi le strutture ternarie e binarie sono combinate o accostate. Nel caso che segue due gruppi di aggettivi, uno formato da una coppia e uno da un tricola, sono legati a un unico sostantivo: «Il Carducci più vicino a noi è quello più lontano dal classicismo: quello sommesso e disperato, oppure quello visionario, grandioso, barbarico» (734). Nel caso che segue, più complesso, un sintagma composto da un sostantivo e un aggettivo («dialoghi lirici»), viene a sua volta arricchito da tre aggettivi con funzione predicativa («lunghi, teneri, indimenticabili»). A sua volta il sintagma regge un’altra coppia di sintagmi preposizionali formati da due toponimi

(«tra Aci e Galatea» e «tra Granvisire e Masignora», i quali a loro volta reggono due subordinate relative costruite su infallibili parallelismi:

«i bisbigli d’amore tra Caitanello e Acitania […] diventano lunghi, teneri, indimenticabili dialoghi lirici tra Aci e Galatea, dove riaffiorano tessere di mosaici classici, e tra Granvisire e Masignora, dove balenano scaglie di metalli medievali».

(704)

In quest’altro caso la struttura ternaria è scandita dal parallelismo dei sintagmi preposizionali («di Tommaseo, di Nievo, di d’Annunzio), mentre la funzione attributiva è svolta dal polisindeto di un aggettivo (il neologismo agrolirica), un sintagma preposizionale (di lungo respiro) e una coppia di aggettivi (araldica e dispendiosa):

«E la prosa agrolirica di Tommaseo e di lungo (a volte troppo) respiro di Nievo e araldica e dispendiosa di d’Annunzio riaffiorano a tratti nel romanzo realistico-borghese, che però trae il suo corso da fonti d’oltralpe» (743).

Il tricolon può coinvolgere, oltre a sequenze di aggettivi, anche coppie (nome + aggettivo; nome e nome). Nel primo dei casi qui riportati risulta evidente la volontà di alludere alla totalità cosmica dell’universo dantesco appena evocato, attraverso il ricorso a due sequenze ternarie diverse:

«Questa interpretazione […] spiega come Pound […]ne conservasse, in modi trasposti, alcuni fondamenti: la totalità etica, la prospettiva universalistica, che poneva al centro la condanna dell’usura quale premessa di rinnovamento dei rapporti umani, e la coesione gravitazionale di mondi poetici, stilistici e linguistici, apparentemente estranei, come galassie centrifughe in continua espansione, ma all’interno di un solo universo» (679); «è anche vero che attraverso la intuizione analogica, la ricostruzione concettuale e la immedesimazione emotiva noi possiamo ogni volta gettare un ponte che valica l’abisso tra i due universi» (675);

«la sua poesia muove nel senso di una progressiva spoliazione, di un impoverimento lucido, di una rarefazione ascetica» (690); «in un gioco iridescente di apporti reciproci, scambi volenterosi, ma sterili e di fraintendimenti proficui»

(729); «una forma che è diventata sì contenuto, ma che appaga soltanto se la si modifica: una totalità illusoria, una felicità retrospettiva, una sofferenza intermittente» (750); «Collocata ai margini di trasmissioni silenziose, elusa dal linguaggio dei gesti, conteggiata come si usa per i telegrammi ed addebitata a chi la spreca, è probabile che la parola riacquisterebbe i suoi poteri invisibili, la sua forza originaria, la sua virtualità umiliata» (713); «Solmi tesseva una rete fittissima di relazioni tra romanzo poliziesco e Roussel, tra feuilleton e mito della scienza, tra utopia e surrealismo» (717); «E non solo finisce per conoscere palazzi e ponti, stazioni affollate e piccoli caffè, botteghe e pergolati, ma ritorna negli stessi luoghi

in ore e stagioni diverse» (682); «Fatta di frasi brevi e di rinunce, di allusioni e di silenzi, di reticenza e di precisione, la poetica di Fargue mi ricorda…» (684);

«sommerso dalla stupidità dei suoi contemporanei, anche quest’ultimo [Flaubert]

cercherà di recidere le sue radici sociali attraverso la satira inesausta, l’ascetismo del linguaggio e il sacerdozio dello stile: e si trasformerà in un “martire delle lettere”» (656); «ma l’architettura del futuro, semplice, monumentale, pedagogica, non fa che proseguire quel viaggio di ritorno nel passato che il neoclassicismo aveva iniziato nei decenni precedenti. La lotta contro la superstizione, la tirannide e l’impostura si combatte negli anfiteatri ideali della Roma repubblicana» (730);

«ricostruzione precisa del contesto storico, di uno sfondo ambientale, del colore di un’epoca» (743); «Morselli dissemina perciò la narrazione di notazioni ambientali, di dettagli pittoreschi, di segnali orientativi» (744); «Il successo di un atleta […] è sempre il frutto di una preparazione accurata, di una tradizione nobile, di una benevolenza divina» (755).

Addirittura, le strutture ternarie possono essere subordinate l’una all’altra:

«Mentre si legge questi squilibri sono denunciati da cali di attenzione, da diminuzioni di interesse, da perdita di credibilità, di identificazione, di coinvolgimento» (652).

- Enumerazioni.

Anche le misure superiori al tre sono praticate. Quella della coppia di quattro elementi: «mi è sempre sembrato un segno della capacità che i Greci avevano acquisito di attribuire significati estetici all’esistenza: scoprendoli nei paesaggi, nelle rocce, negli animali, nelle piante, oppure cercandoli con il linguaggio dei suoni, del corpo, delle parole, delle forme» (754). Oppure enumerazioni più lunghe, per asindeto:

«ci si immerge in un mondo di immagini, di apparizioni, di riflessi, di splendori sensoriali, di emozioni, di visioni interiori» (618); «incontro […] che produsse una mitologia di trasformazioni incessanti, degli dèi, degli uomini, degli animali, delle piante, degli elementi» (705); «Ci sono poi i censimenti periodici della sua esistenza. Appuntamenti drammatici: editori, antologie, dizionari, recensioni, citazioni, bilanci, consuntivi, premi». (775)

Il ricorso alle enumerazioni può arrivare fino a soluzioni estreme in cui si susseguono sequenze ternarie, quaternarie e parallelismi di coppie di aggettivi, come in questo caso in cui Pontiggia sfrutta anche un tricolon presente in una

«Ma [il libro] non conosce conclusione, essendo “una cosa concepita, propugnata e vissuta come eterna”, né conosce equilibrio, distacco, giusta distanza, che ne contraddicono l’essenza, fatta di incontenibilità, dismisura, possessività, gelosia:

radicali e insanabili conflitti, che trovano una pace illusoria in appagamenti momentanei». (635)