2. Al vaglio della lingua comune: la lingua della saggistica letteraria nel Giardino
2.3. Sintassi
2.3.1 Ordine marcato delle parole
2.3.1 Ordine marcato delle parole124.
La tendenza a mutare l’ordine delle parole nella frase rispetto alla successione non marcata, risponde, nelle Esperidi, a due diverse finalità. La prima è quella di creare dei lievi ma significativi innalzamenti di tono: per raggiungerla Pontiggia usa lo strumento della topicalizzazione. La seconda è quella di ottenere un tono colloquiale: diverse sono in questo caso le costruzioni adottate.
- Innalzamento del registro.
Le topicalizzazioni sono frequenti quando interessano l’aggettivo predicativo (anche quando il predicativo è un sintagma composto, ultimo caso):
«tristo è il discepolo che […]» (607); «Smisurato è invece […]» (582); «Insuperata rimane comunque la storia di Cappuccetto Rosso [...]» (590); «Mito è diventata […]» (644); «Greco dunque Plutarco continuò a sentirsi […]. E greca fu la forma delle
124 Per le definizioni dei diversi fenomeni si fa qui riferimento alla categorizzazione offerta in Dizionario di linguistica e di filologia, metrica, retorica, diretto da Gian luigi Beccaria, Einaudi, Torino, 2004, p. 552-554: «si distinguono tre costruzioni in cui l’ordine delle parole si discosta da quello
“neutro”: la dislocazione a sinistra, il tema sospeso e la topicalizzazione». La dislocazione a sinistra si distingue dalla topicalizzazione per la ripresa tramite pronome clitico dell’elemento in prima posizione. Per quanto riguarda la frase segmentata il riferimento imprescindibile è C. Bally, Linguistica generale e linguistica francese, introduzione e appendice di C. Segre, Il saggiatore, Milano, 1963 (1971), pp. 91-102 (§§ 79-99). Per una sintetica presentazione dei principali fenomeni legati all’ordine marcato delle parole cfr. P. D’Achille, L’italiano contemporaneo, il Mulino, Bologna, 2010 pp.174-181 e M. Dardano, Profilo dell’italiano contemporaneo, in A. Asor Rosa (a cura di), Storia della lingua italiana. II. Scritto e parlato, Einaudi, Torino, 1994 pp. 399-401.
sue Vite parallele» (686); «Straordinaria è la frequenza, quasi a ogni periodo, della congiunzione “come”» (700); «Grande è stata in Italia […]» (680); «Un metaforico, allusivo e ironico congedo dalla giovinezza mi sembra la Fanfarlo, la novella, prima e unica della sua vita, che Baudelaire pubblicò nel 1847» (654).
Possono riguardare anche l’avverbio («Sempre gli uomini hanno sentito la relazione sotterranea tra maschera e identità» 611; «significa meglio individuarne l’originalità» 599) o un sintagma nominale con funzione di complemento oggetto («Ma riserve non minori aveva nei confronti dei…» p. 551; «Certe sentenze inappellabili sulle nostre caratteristiche, pronunciate da perenti ed educatori vorremmo invano ritorcerle, almeno mentalmente, contro di loro». 723)
Ricorrenti sono le topicalizzazioni di complementi indiretti, anche strutturati:
«Al fantastico non era riuscito a sottrarsi neanche il più realistico precursore di Polo» (568); «Sul futuro lontano è difficile pronunciarsi» (639); «Quanto alla moglie consolata, e ripristinata nelle sue funzioni, Cramer non avrà neanche il tempo di rimpiangerla, travolto dal ménage con la Fanfarlo: lei partorirà due gemelli, lui quatto libri di scienza, l’una e l’altro irrimediabilmente lontani dalle rispettive ambizioni» (655); «A un poema sulle farfalle Gozzano, “l’amico delle crisalidi”, come si definisce in un verso, lavorerà negli anni successivi» (667); «Quesito tipico è infatti se il classico è attuale». (674); «Alla biografia Plutarco approdò tardi..»
(685). «Delle formule tradizionali Gadda si veste come i sacerdoti fanno con i loro paramenti: aiutandosi, disinvoltamente, con un colpo lieve dell’omero» (761).
Tali costruzioni possono intensificare una struttura anaforica: «Con ali di farfalla l’anima sale ai Campi Elisi, costellati di rose. E ali di farfalla ornano anche le spalle di Eros, il dio che rivela Psiche a se stessa…» (669).
- Registro colloquiale.
Molti dei fenomeni dell’ordine marcato delle parole sono invece legati all’intensificazione dell’elemento colloquiale: «[Gadda] Arriva anche al “mi creda”, dove l’appello alla fede non si capisce se voglia vincere le resistenze di chi legge o di chi scrive» (760).
Uno dei tratti più tipici del parlato, il cambio di progettazione, è reso, come abbiamo visto, prevalentemente attraverso strutture testuali come l’uso di parentesi, trattini e “a capo”; l’anacoluto è una soluzione rara:
«L’altro Foscolo invece, quello che calza i coturni, quello che “tronca fe’ la trionfata nave”, ecc., si capisce si sia attirato il sarcasmo del Manzoni…» (733).
Più praticata, invece, la dislocazione a sinistra con ripresa pronominale:
«E l’autore, che cerca la verità, senza cercare guai, la preferisce anche lui …» (579);
«Una certa esitazione Perrault doveva però averla, se attribuì al figlio minore…»
(586); «E quello che oggi si chiama, con connotazioni vagamente autoritarie, editing, la revisione redazionale di un testo, fu lui stesso a sollecitarla al suo editore» (595) «La medesima libertà Savinio la introduce nei due generi…» 648;
«Un indizio lo troviamo» (670); «Semmai un classico quale Virgilio, come ha detto Borges, è qualcosa di più che attuale, è eterno (anche se il termine non possiamo prenderlo alla lettera)» (679); «Invece Erasmo, quando era lui nella condizione di discepolo alla Sorbona, trovava un modo diverso, ma altrettanto efficace, per difendersi dagli ultimi maestri di Scolastica: si addormentava sui banchi» (724); «I suoi temi amorosi più segreti e più veri Pascoli li simulò e dissimulò in latino» (735).
Per quanto riguarda la frase pseudoscissa125, è da segnalare l’uso ricorrente del “c’è presentativo”, anche in apertura del saggio:
«C’è però un terzo triangolo che, salendo dalla base chiara della forma, arriva al vertice chiaro dell’essere» (537); «C’è, nella vita di Lucano, un atto che ha sempre suscitato nel lettore… […] C’è dunque, nella vita di Lucano, il modo in cui non seppe affrontare…» (545); «C’è invece qualcosa di decisivo ed è quella verità..» (550);
«C’è qualcosa, nel sapere di Palazzeschi, che è diverso dal sapere che la nostra cultura ci propone» (558); «Ma non c’è come la scarsità delle informazioni per moltiplicarle» (565); «Ce n’è uno comunque che quanto a popolarità non ha rivali»
(601); «C’è un punto che alla critica, per quanto mi risulta, è sfuggito e che riguarda..» (658); «Per individuare, al di là delle variazioni, l’unicità del tema, c’è una sequenza, nell’epistola VI, che è rivelatrice» (668); «C’era, nella prosa critica di Solmi, una sorta di arrendevolezza, delicata e inimitabile, alla trasparenza delle proprie reazioni e alle scelte del proprio gusto, che era indifferente alle mode»
(720); «Ma c’è un aspetto, ancora più singolare, di questa parola, a cui pensavo»
(728); «C’è qualcosa in queste affermazioni, a parte la debita, dissimulata ironia, che merita di essere approfondito» (751); (in esordio) «C’è in greco antico una parola fatta di due vocali, eu, che significava “bene”» (754); «C’è però un aspetto
125 Più sporadici i casi di frase scissa: «Fu il padre gesuita Matteo Ricci che, alla fine del Cinquecento, propose per la prima volta la loro identità» (569); «Fu a Pechino, nel 1601, che Matteo Ricci si convinse, con nobile persuasione, di esserci arrivato» (570); «ed è quest’ultima, con la sua potenza visionaria, che ha fatto di Verne un creatore di personaggi…» (630).
della bellezza che ancora ci coinvolge» (757); (in esordio) «C’è una paura che segue il letterato come la sua ombra: quella di non esistete» (774).
Un caso interessante è tratto da Appunti su Solmi: «C’è in Solmi un nitore misterioso, una evidenza sfuggente, una mobilità inafferrabile, che ne fanno una delle figure più originali di cui ci si possa ricordare» (721). È evidente che la costruzione sintattica avviene per un calco del modulo orale, dato che, pur di fronte alla presenza di tre soggetti, solo il secondo predicato è al plurale (fanno), mentre il primo rifiuta la concordanza.