• Non ci sono risultati.

Uso espressivo della coppia nome aggettivo

2. Al vaglio della lingua comune: la lingua della saggistica letteraria nel Giardino

2.5. Ornatus

2.5.1 Uso espressivo della coppia nome aggettivo

Il primo livello di espressività della saggistica di Pontiggia si misura sulla attenzione con cui lo scrittore combina nomi e aggettivi146. Più che sulla complessità del lessico, che, come abbiamo visto raramente si allontana dal registro medio e punta alla chiarezza, la complessità dei significati è raggiunta dalla virtù combinatoria della scrittura di Pontiggia: la forza espressiva della sua saggistica si misura innanzitutto nella misura breve, brevissima della coppia nome aggettivo. Ancor prima che per sua capacità di generare figure retoriche tradizionali (metafora, ossimoro, sinestesia, ecc), la coppia nome aggettivo serve a Pontiggia per ottenere dei sintagmi piani, ma sempre ricchi di suggestioni e aperture. Il lettore non è colpito dalla difficoltà dei lemmi, ma dal loro non comune accostamento: è un esercizio di quel wit che troverà nelle forme dell’aforisma il suo compimento più riconoscibile.

Ma non sembra da sottovalutare il fatto che la stessa capacità di sintesi e straniamento che si manifesta apertamente nell’aforisma, sia ben visibile anche in molti sintagmi.

Alcune coppie nome aggettivo attingono al lessico della teoria letteraria, e servono a Pontiggia per categorizzare opere, autori, stili ecc. Alla capacità definitoria del

144 Per la distinzione tra figure e tropi, e la classificazione dei diversi fenomeni dell’ornatus, si fa qui riferimento all’autorevole lavoro di H. Lausberg, Elementi di retorica, Il Mulino, Bologna, 1967. Oltre all’imprescindibile Ch. Perelman, L. Olbrechts-Tyteca, Trattato dell'argomentazione: la nuova retorica; prefazione di Norberto Bobbio, Einaudi, Torino, 2013, importanti lavori sulla retorica sono O. Reboul, Introduzione alla retorica, Il Mulino, Bologna, 2007, e B. Mortara Garavelli, Manuale di retorica, Bompiani, Milano, 1995.

145 H. Lausberg, Elementi di retorica, cit., p. 95.

sostantivo (“termine” direbbe Leopardi), si accosta la forza centrifuga dell’aggettivo, capace di dare una connotazione di volta in volta diversa al lemma tecnico, rinnovandone il significato. In tal caso Pontiggia prende le distanze da quegli «amanti delle classificazioni cliniche, fatte per soddisfare la loro sete di non sapere, cioè di ridurre tutto al proprio livello» (614). Così le definizioni di Pontiggia tentano di sfuggire ad ogni teoria preconcetta, e si fanno mobili, impressionistiche, ma mai soggettive:

«Siamo lontani dalla “metafisica sperimentale” di Daumal o dalle allucinazioni visionarie di Michaux, dalle elaborazioni di universi formali e fantastici di Benjamin come dagli sfaceli creativi di Benn o dalle mutazioni esistenziali di Burroughs»

(599); «elude ogni lirismo consolatorio» (627); «il modernismo caleidoscopico di Rubén Darío, il paesaggio interiorizzato di Antonio Machedo, l’ascetismo solare di Juan Ramon Jiménez, la purezza cristallina di Jorge Guillén […]» (644);

«superamento di un dandismo evasivo» (656); «Questo non era idealismo ingenuo né ipocrisia di retore, ma nasceva da un sentimento che oggi sta scomparendo, quello della grandezza» (688); «la grazia visiva dei Calligrammes, quella distillazione curvilinea delle parole sillabate» (735); «Basta pensare alla secchezza allusivamente militare di Contro-passato prossimo o alla euforica effiorescenza di Dramma borghese» 743-4; «che non ad esempio i rapimenti neoclassici di Thomas Mann, nella grande Montagna incantata, con il finto sublime delle fanciulle danzanti e degli arcieri giovinetti» (648); «I Racconti crudeli, del 1883, fondono in una addizione alchemica le allucinazioni di Poe e il satanismo di Barbey d’Aurevilly, le voluttà efferate di Pètrus Borel e dei suoi Racconti immorali e l’epicureismo cattolico di Chateaubriand» (651); «Suggello tragico del suo precipitare verso un annientamento indecifrabile» (698); [Commento a una delle lettere dell’epistolario di Gadda con Lucia Rodocanchi] «”Cara e gentile Signora” ha una disinvoltura affabile, una discorsività quasi mondana. “Cara, gentile Signora Lucia” incalza con un pathos dimesso, gli aggettivi conservano ciascuno la propria intensità, senza essere indeboliti da una congiunzione che ne faccia una coppia riuscita: ossia una coppia fatalmente euforica e incline a una rettorica prevedibile». (759)

L’uso insistito della coppia nome aggettivo è particolarmente utile a Pontiggia per rivitalizzare, attraverso il procedimento sintattico della chiarificazione tramite antitesi, espressioni la cui forza semantica è indebolita dal luogo comune. Un caso particolarmente significativo lo troviamo nel saggio dedicato a Solmi, quando Pontiggia disambigua, tramite coppie e parallelismi, il significato del sintagma

“esperienza personale”, intensificando il valore dell’aggettivo anche attraverso il corsivo:

«L’esercizio della critica ha sempre avuto per Solmi il significato di una esperienza personale, lontana sia da un professionalismo neutrale, che poi tale non è mai, sia da una immediatezza arbitraria, che scambia gli umori per valutazioni». (719) Questa misura critica identificata dalla coppia nome-aggettivo, che nella definizione del sostantivo sembra evidenziare l’indefinibile attraverso l’aggettivo, è particolarmente evidente quando Pontiggia riflette sulla categoria estetica del bello, definito, quasi ossimoricamente, «enigmatico»:

«C’è però un aspetto della bellezza che ancora ci coinvolge: ed è il suo carattere enigmatico. […] Questa luce pacificata, questa quiete insieme naturale e irreale splende nelle gare istmiche di Pindaro, dove la bellezza enigmatica è ancora più vicina alla sua radice arcaica». (757)

Questa ricorrenza dell’uso espressivo della coppia nome + aggettivo si riscontra anche in molte altre espressioni definitorie, che non riguardano solo il campo letterario, ma atteggiamenti di tipo psicologico o morale:

«disperazione sommessa che aiuta a vivere» (574); «lucidità repressiva» (601);

«mesta ragionevolezza» (602); «brama malinconica del piacere» (606); «epicità sconfitta» (614); «ossessione sterile dell’innamorato» (636-7); «innocuità apparente» (639); «amplificazione surreale» (644); «impressione vivificante»

(647); «amabile sarcasmo» (656); «linearità enigmatica» (662); damnatio memoriae di Gozzano: «il gioco di rinchiuderlo in una provincia del Piemonte, nell’innocua nostalgia di interni risorgimentali, è parso più agevole». 673;

«reviviscenza misteriosa» (675); «Nell’esile spazio di quel “quasi” è racchiusa anche la poesia di Fargue» (684) «i suoi imitatori, sempre più numerosi, che, non avendo il talento di determinare una moda, coltivano però l’inquieto piacere di accodarvisi». (695)

Attraverso la variatio per antitesi di sintagmi cristallizzati in luoghi comuni, Pontiggia può ottenere ironici effetti stranianti: così, nel saggio sulla stupidità, quando si tratta di descrivere atteggiamenti pericolosi per l’intera società, la malavita organizzata diventa la malavita improvvisata:

«quello che oggi preoccupa, nella malavita improvvisata, non è l’efferatezza dei mezzi, ma la futilità dei fini». (722)

Qui, come in molti altri aforismi, la costruzione del senso è affidata a un parallelismo, di cui un membro è omesso, costruito sul sintagma «malavita

*«organizzata», si lega a «efferatezza dei mezzi», mentre «improvvisata» a «futilità dei fini», costruendo così una alternativa che, implicitamente, serve a interpretare il fatto di cronaca che Pontiggia riporta subito dopo147.

In alcuni casi Pontiggia costruisce coppie nome-aggettivo sfruttando la forza poetica delle figure di suono:

«aver portato alle estreme e rivelatrici conseguenze la convergenza confusa che ognuno sente tra seduzione e travestimento» (603); «gusto del “vissuto” che oggi accomuna – patetico connubio –psicologi e pazienti, sociologi e masse in una confessione corale». (661)