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L’ambito di applicazione soggettivo dell’eventuale regolamento

Sia lo studio presentato di recente alla Commissione Europea, sia le precedenti proposte in materia ovviamente si riferiscono alla società ma sarebbe errato ritenere che solo per esse sia utile una codificazione unitaria. Vale la pena ricordare, infatti, che le norme di conflitto dei singoli Stati membri non si riferiscono solo alle società ma anche ad altre entità. Per esempio le norme di conflitto codificate in Belgio, Estonia, Lituania, Polonia si applicano a tutti i soggetti ai quali è riconosciuta la personalità giuridica e tra questi alcuni ordinamenti estendono tale norme di conflitto anche agli enti collettivi che non sono incorporati nello Stato in questione. In Italia, come abbiamo visto, e Repubblica Ceca una qualsiasi entità legale rientra nell’ambito soggettivo di suddette norme. La proposta Sonnenberger fa rientrare nel campo di applicazione delle norme di conflitto uniformi tutte le “società commerciali

nonché le società cooperative, le fondazioni nonché quelle entità che sono disciplinate dal diritto civile e commerciale”, mentre il

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GEDIP adotta una soluzione più ampia. Apparentemente entrambi queste proposte sono influenzate dal contenuto dell’art. 54 del TFUE e dal modo con cui tale articolo formula l’ambito di operatività della libertà di stabilimento. Esso prevede l’applicazione di tale libertà a tutte le persone giuridiche disciplinate secondo il diritto pubblico e il diritto privato, ad eccezione di quelle senza scopo di lucro231. La formulazione di

tale norma è stata molto discussa alla luce di un’analisi comparativa, dal momento che è stata tradotta in modo diverso dagli Stati membri e questo ha generato inevitabilmente delle ambiguità circa l’esercizio o meno della libertà di stabilimento da parte di enti no-profit nonché delle partnership. In particolate la clausola di chiusura “qualsiasi altra persona giuridica” può destare difficoltà dal momento che in molti ordinamenti i partenariati non sono sempre considerati quali persone giuridiche, per esempio in Inghilterra le partnership non sono qualificate come persone giuridiche. In Germania invece ai partenariati non viene mai riconosciuta la personalità giuridica ma molte partnership, ad eccezione di quelle silenti, vengono considerate quali dotate di autonoma personalità giuridica. Dunque queste problematiche che emergono in punto di qualificazione della nozione di persona giuridica, fanno ragionevolmente credere che un’eventuale proposta di regolamento non debba includere affatto tale espressione, infatti i redattori dell’ultima proposta in materia, ritengono che il regolamento futuro debba piuttosto riferirsi a tutti le “entità

231 Vedi S.Lombardo, Some Reflections on Freedom of Establishment of Non- profit Entities in the European Union, European Business Organization Law Review 14, 2013, Pag. 225 e ss. Disponibile anche su

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commerciali con capacità giuridica distinta regolati dalla legge civile o commerciale”. Per quanto possibile il Regolamento Roma

V persegue l’armonizzazione in materia di cooperazione civile e non è volta all’armonizzazione della sola libertà di stabilimento in UE: è per questo motivo che sarebbe accettata e anzi necessaria una più ampia definizione rispetto a quella contenuta nell’art. 54 (2 comma). La futura disposizione dovrebbe anche comprendere tutte le forme di società tra cui quella europea232 e tutte le altre

persone giuridiche ai quali è attribuita la capacità giuridica e che sono state costituite secondo il diritto civile e commerciale. Saranno ricomprese nel campo di applicazione di tali norme anche le partnership escluse quelle “dissimulate” o altre forme di ripartizioni degli utili per le quali sarebbe opportuno l’applicazione della lex contractus.

Inoltre come in tutti i regolamenti volti ad armonizzare le questioni concernenti la determinazione della legge applicabile, anche le proposte di un futuro Regolamento Roma V prevedono l’introduzione di una disposizione che regoli la disciplina per quelli Stati che presentano più sistemi giuridici sul loro territorio. Ovvero ci sono Stati al cui interno rilevano più entità territoriali, ognuna delle quali ha le proprie norme di leggi in materia: la proposta del GEDIP all’art. 12 consiste nel considerare queste entità territoriali con una propria autonoma giurisdizione quali fossero singoli Stati. Dunque il GEDIP presenta una formula che risulta essere del tutto simile a quella contenuta anche nei regolamenti Roma I e II, anche se si può ragionevolmente ritenere

232 Quali la Società Europea, la Società cooperative Europea, e la SUP ovvero società unius personae, il Consiglio il 28 maggio ha approvato un testo di compromesso relativo ad un progetto di direttiva volta a creare un nuovo status per le società a responsabilità limitata con un unico socio.

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che le differenze in materia di diritto commerciale sono davvero minime tra i sistemi giuridici di un medesimo ordinamento. Basti pensare alla Scozia che con riferimento ad altre aree del diritto presenta un sistema giuridico profondamente diverso rispetto a quello inglese, invece in materia societaria, è dotata di una disciplina che è in molti casi simile a quella inglese e quindi solo raramente sorgono dei conflitti positivi e negativi sulla legge applicabile alle società. Nonostante la quasi identità delle regole, l’esistenza di sistemi giuridici distinti può comunque avere conseguenze pratiche, basti pensare che una società registrata in Scozia non può poi farlo anche in Inghilterra e viceversa. Dunque per ragioni di coerenza, tutte e tre le proposte formulate prevedono di adottare una disciplina che equivale a quella presente nei regolamenti Roma I e Roma II rispetto agli Stati che presentano più sistemi giuridici233.

Anche per il regolamento Roma V si pone l’esigenza di individuare le giurisdizioni che sono vincolate da tale regolamento. In particolare sulla base del protocollo n. 21 e n. 22 del TFUE, Danimarca, Regno Unito e Irlanda non partecipano alle misure che sono adottate ai sensi del titolo V della terza parte del TFUE volte alla realizzazione di uno Spazio Unico europeo di cooperazione e giustizia. Dal momento che una qualsiasi misura legislativa uniforme adottata in materia di legge applicabile troverebbe il suo fondamento giuridico nell’art. 81 del TFUE (area questa interessata dai protocolli suddetti), neanche tale futuro

233 Es. art. 22 del regolamento Roma I: “Ove uno Stato si componga di più unità territoriali, ciascuna con una normativa propria in materia di obbligazioni contrattuali, ogni unità territoriale è considerata come un paese ai fini della determinazione della legge applicabile ai sensi del presente regolamento” o art. 25 del Regolamento Roma II.

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regolamento Roma V vincolerà i suddetti ordinamenti giuridici. Il funzionamento dei protocolli n. 21 e n. 22 differisce in qualche misura per l'Irlanda e per il Regno Unito, da una parte e per la Danimarca dall'altro: Irlanda e Regno Unito hanno la facoltà di "opt-in" rispetto ad una qualsiasi misura adottata ai sensi dell’art. 81 TFUE. Tale facoltà consiste nel fatto che sia l'Irlanda sia il Regno Unito possono liberamente scegliere di vincolarsi a tali regolamenti rispettando le misure previste nel protocollo n. 21 ovvero notificando al presidente del Consiglio per iscritto, entro tre mesi dalla data in cui la relativa proposta di legislazione sia stata presentata al Consiglio. Tuttavia, anche se il Regno Unito e/o l'Irlanda decidono di partecipare ad una misura legislativa coperta dal protocollo 21, il Consiglio può adottare all’unanimità decisioni senza la partecipazione di Regno Unito e/o Irlanda prevedendo che quella disposizione ad essi non si applica234. Dal

momento che il Regno Unito rappresenta la meta preferita per soci e manager di tutta Europa ai fini della costituzione di nuove società è estremamente importante che tale regolamento vincoli anche il Regno Unito. Prospettiva questa che sembra ancora più difficile da realizzarsi a seguito dei risultati del referendum del giugno del 2016 a favore dell’uscita del Regno Unito dall’UE. Nonostante ancora non ci siano dati ufficiali, si ritiene che i regolamenti in materia di legge applicabile ai quali il Regno Unito aveva aderito, debbano considerarsi disapplicati, tale per cui, eventualmente l’UK vorrà vincolarsi alle disposizioni di tali

234 “Per le decisioni del Consiglio che devono essere adottate all'unanimità si richiede l'unanimità dei membri del Consiglio, ad eccezione del membro che non ha proceduto a tale notifica. Una misura adottata a norma del presente paragrafo è vincolante per tutti gli Stati membri che hanno preso parte alla sua adozione”: art. 3 paragrafo 2 del protocollo 21.

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regolamenti, sarà necessario che essa concluderà appositi accordi con l’UE. In vero, le soluzioni legislative raccomandate dalle tre proposte elaborate in materia, in particolare le proposte suggerite dall’ultimo studio presentato nel 2016 al livello europeo, manifestano profonde affinità rispetto al contenuto della normativa inglese e statunitense. Di conseguenza, una partecipazione alle misure legislative di armonizzazione da parte del Regno Unito e dell'Irlanda non è giudicata quale indispensabile, anche se tale partecipazione è senza dubbio altamente auspicabile.

Anche la Danimarca, attualmente non partecipa alla legislazione dell'Unione Europea, coperta dal titolo V della terza parte della TFUE. Qualsiasi misura legislativa relativa alla legge applicabile alle imprese non avrebbe efficacia immediata in relazione alla Danimarca. Tuttavia, quest’ultima potrebbe, come è accaduto in settori collegati235, negoziare accordi che estendano la

applicabilità delle misure legislative europee di armonizzazione anche nel territorio danese. Le disposizioni del trattato in materia di libertà di stabilimento così come la corrispondente giurisprudenza della Corte di Giustizia, vincolano anche la Danimarca, per quanto riguarda, invece, l'armonizzazione delle norme sul conflitto di leggi: la situazione danese sarebbe praticamente identica alla situazione dei paesi SEE (Islanda, Liechtenstein e Norvegia). L'accordo SEE236 include disposizioni

235 Possiamo fare riferimento all’accordo concluso dall’UE e Danimarca nell’aprile del 2006 concernente la competenza giurisdizionale, il riconoscimento delle decisione e l’esecuzione delle stesse in materia civile e commerciale, disponibile http://eur-lex.europa.eu/legal-

content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:22015A0710(01)&from=IT.

236 La finalità dello Spazio economico europeo (SEE/EEA) è estendere il mercato interno dell’UE ai paesi dell’Associazione europea di libero scambio

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sulla libertà di stabilimento (artt. 31-35) che rispecchiano quelli del TFUE e, sebbene i paesi del SEE non partecipano a questioni di cooperazione civile, gli accordi bilaterali possono fornire regole analoghe. Nel Regolamento Roma I e II, ci sono solo brevi chiarimenti per la non inclusione della Danimarca. Una dichiarazione simile può essere fatta in un futuro regolamento di Roma V sulle questioni di conflitto di leggi societarie. Ovviamente nel caso in cui non sia possibile raggiungere un accordo politico, dovrà essere ripresa in considerazione la procedura europea volta ad una migliore cooperazione dal momento che, in mancanza di norme uniformi, i rapporti saranno regolati alla luce del principio di reciprocità.

L’UE ha competenza ad adottare norme uniformi in materia di diritto sostanziale societario ai fini della promozione della libertà di stabilimento, ma tali direttive sicuramente non si applicheranno alle società incorporate in paesi extra-UE. Per quanto riguarda invece la vocazione universale o meno del futuro regolamento: non c’è univocità di vedute a riguardo. Il regolamento Roma I e II, sono entrambi forniti di una specifica disposizione che ne sancisce il carattere universale ovvero apre l’operatività di questi anche a leggi di Stati terzi, a differenza invece della precedente convenzione di Bruxelles, stipulata sulla base dell’art. 293 del TCE, che invece si applicava alle sole società

(EFTA) che non intendono aderire all’UE o che non l’hanno ancora fatto. Sono oggi membri del SEE l’Islanda, la Norvegia e il Liechtenstein. La decisione del Parlamento europeo rappresenta un tassello importante verso la coesione con i paesi EFTA, che contribuiscono a ridurre le disparità economiche e sociali all’interno del SEE mediante un apposito meccanismo finanziario. Questi meccanismi finanziari sono scaduti nel 2014, e pertanto sono stati aperti i negoziati per rinnovarli e parallelamente, sono stati riesaminati i protocolli tra UE e Islanda e Norvegia riguardanti il commercio del pesce. I negoziati fra l’Unione Europea e i paesi EFTA, conclusi nel luglio 2015, hanno portato alla conclusione di due ulteriori accordi e protocolli.

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costituite conformemente alla legislazione di uno Stato contraente, o per quelle società che presentano un collegamento diretto con il territorio di uno degli Stati contraenti. L’UE sembra non voler adottare un approccio universale anche leggendo l’art. 54 (1) del TFUE, che per la sua formulazione potrebbe persino, in qualche modo limitare l’operatività della libertà di stabilimento. La proposta Sonnenberger, nel 1^ art., è interessante soprattutto per quanto non vi viene detto: questa disposizione non limita l’ambito di applicazione della normativa alle sole società che godono della libertà di stabilimento sulla base dell’art. 54 TFUE. Ciò comporta che anche le società iscritte in un pubblico registro tenuto in uno Stato terzo, pur avendo la sede reale nel territorio europeo, sono disciplinate dalla legge di questo Stato terzo (art. 2 comma 2 della proposta). Neppure in sede di consultazione c’era unanimità circa la questione se includere o meno nell’ambito di tale regolamento, le società di paesi extra-UE, ma è implicita la riserva che l’inclusione di società di provenienza extra-europea non possa essere condivisa. Le ragioni di tale riserva sono sostanzialmente tre. Innanzitutto gli Stati terzi non sono soggetti al processo di armonizzazione del diritto societario dell’UE, ma proprio l’applicabilità delle direttive, soprattutto in tema di pubblicità legale, giustificherebbe, secondo la Corte di giustizia, l’assoggettamento della società alla legge di costituzione237.

Inoltre nel caso Ingmar238, la Corte ha sostanzialmente

riconosciuto il principio secondo cui i soggetti privati, in casi radicati all’interno dell’UE, non possono eludere le norme

237 Così con riferimento alla 4^ e alla 11^ direttiva, la sentenza Centros al punto 36, nonché Inspire Art a punto 135.

238 Corte di Giustizia, sentenza del 9 novembre del 2000, in causa C-381/98, in Raccolta, rivista di diritto internazionale privato, 2000 pag.9325 e ss.

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imperative emanate dall’UE medesima attraverso una semplice clausola sulla legge applicabile e questo espediente è in sostanza identico a quello della registrazione delle società al di fuori del territorio europeo per ottenere l’applicabilità della legge di uno Stato terzo in casi intracomunitari. C’è, ovviamente, da tener presente che la libertà di stabilimento mira a promuovere lo sviluppo del Mercato interno, cioè tra soggetti economici appartenenti ai diversi Stati membri dell’UE: obiettivo questo estraneo a società estere che svolgono stabilmente la loro attività principale in Europa. Infine dal momento che il riconoscimento delle società appartenenti agli Stati terzi -laddove si volesse definire l’ambito di applicazione di un futuro regolamento in modo tale da includere le società di Stati terzi- sarebbe già garantita da un regolamento europeo a prescindere dall’ubicazione della sede reale di tali società, verrebbe meno per questi Stati un importante incentivo a concludere dei trattati di amicizia con i singoli Stati membri dell’UE.

La posizione invece universale che emerge dalla proposta del GEDIP è influenzata da una visione Savignana239 del diritto

internazionale privato secondo cui è sempre possibile stabilire la legge che da applicare in modo astratto. Altra parte della dottrina240 in Europa sostiene la necessità di un nuovo

regolamento proprio ai fini di individuare criteri uniformi che

239 per un approfondimento, v. nella dottrina italiana Folcarelli in Lezioni di diritto internazionale privato e per la dottrina estera G.Van Calster, European international private law 4.

240 E-M Kieninger, ‘The Law Applicable to Corporations in the EC’ (2009) 73 RabelsZ 607 at 618-9, Ella prevede dunque che qualsiasi mancanza di uniformità internazionale si estenderà anche a livello europeo in quanto un'impresa incorporata in un paese terzo che ha il suo principale luogo di attività nell'UE potrebbe essere classificato in modo diverso diversi Stati membri.

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siano applicabili anche nei rapporti con le società extra-UE, dal momento che Corte di giustizia, interpretando la libertà di stabilimento prevista nel trattato può solo affrontare casi intra- comunitari. Tuttavia, l'accettazione di una società stabilita dalla legge di un paese non europeo può avere implicazioni di vasta portata per la tutela degli azionisti, degli altri soggetti interessati società in generale241. Le soluzioni che potrebbero essere adottate

tenendo conto di tale problema sono molte, si potrebbe escludere l’operatività del regolamento a norme di conflitto di Stati terzi, nonché è possibile attribuire a ciascun singolo Stato la facoltà di opt-in ovvero di decidere l’ambito di applicazione di tale regolamento. Una terza soluzione potrebbe essere quella di applicare il regolamento a tutte le società straniere che vengono però riconosciute come tali dallo Stato membro in questione, ognuna di queste soluzioni presenta vantaggi e svantaggi ma in definitiva i teorici dell’ultima proposta in materia sono scettici circa la capacità di tale regolamento di incidere sul diritto dei Paesi extra-europei.

Per quanto riguarda, invece, le convenzioni internazionali concluse dagli Stati membri in materia: le rispettive disposizioni identiche di Roma I e II prevedono che tali regolamenti prevalgono sulle convenzioni concluse tra gli Stati membri che presentano un identico oggetto o comunque prevalgono sulla parti delle convenzioni che si occupano di tale materia242. Se un

241 U Bernitz and WG Ringe (eds.) Company Law and Economic Protectionism: New Challenges to European Integration (Oxford: Oxford University Press

2010), 105. See

http://ec.europa.eu/finance/accounting/third_countries/index_en.htm.

242 L’Italia ha stipulato diverse convenzioni che assumono le denominazione più varie (Trattati di commercio, Trattati o Convenzioni di commercio e navigazione, Trattati di amicizia, commercio e navigazione, Convenzioni di

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futuro regolamento di Roma V dovesse applicarsi anche agli Stati terzi, si raccomanda di formulare la disposizione su questo argomento allo stesso modo dei Regolamenti Roma I e II. È interessante anche studiare l’incidenza della giurisprudenza della Corte sull’applicazione degli accordi che erano stati stipulati in precedenza dai singoli Stati membri con Stati terzi. Deve premettersi che non sembrerebbe ragionevole estendere tout court l’applicazione dei principi della «dottrina Centros» alle società extracomunitarie. Infatti, come si è più volte ripetuto, la ratio sottesa all’interpretazione estensiva della libertà comunitaria di stabilimento fornita dalla Corte di giustizia è da rinvenirsi da un lato nella limitazione di sovranità che gli Stati hanno accettato nell’aderire al processo di costruzione comunitaria al fine della creazione di un Mercato unico e nel conseguente obbligo degli Stati membri di rimuovere le barriere che ostacolano la libertà di stabilimento, e dall’altro nel processo

stabilimento) presentano la caratteristica comune di contenere clausole per il reciproco riconoscimento e il trattamento degli enti collettivi che attribuiscono alle società che presentano particolari collegamenti con uno Stato contraente il diritto di stabilimento, un trattamento particolarmente favorevole (ad es. trattamento nazionale) o altri privilegi simili nell’altro Stato contraente. Essi riguardano, quindi, non soltanto il riconoscimento e il trattamento degli enti collettivi stranieri in Italia ma anche la posizione giuridica degli enti collettivi italiani all’estero. L’Italia ha stipulato numerosi accordi del genere che si collocano tutti a partire dalla prima metà dell’ottocento fino agli anni sessanta. Si possono ricordare in particolare: il Trattato di commercio e navigazione con il Belgio del 29 dicembre 1882, il Trattato di commercio e navigazione con il Cile del 12 luglio 1898, il Trattato di amicizia commercio e navigazione con Cuba del 29 dicembre 1903, il Trattato italo-danese di commercio e navigazione dell’1 maggio 1864, il Trattato di commercio e navigazione con El Salvador del 19 marzo 1934, il Trattato di amicizia, commercio e navigazione con gli Stati Uniti d’America del 2 febbraio 1948, modificato dall’Accordo integrativo firmato a Washington il 26 settembre 1951, il Trattato di commercio e navigazione con la Spezie del 22 luglio 1878, il Trattato di amicizia, commercio e navigazione con la Thailandia del 3 dicembre 1937, il Trattato di commercio e di navigazione con l’Ungheria del 4 luglio 1928.

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di armonizzazione comunitaria del diritto societario che ha lo scopo di facilitare il mutuo riconoscimento delle società. Sotto questo profilo, risulta evidente come questi obiettivi e queste garanzie siano estranee agli accordi in esame.