• Non ci sono risultati.

A prescindere da considerazioni di merito in ordine all'alternativa tradizionalmente prospettata dalla dottrina europea circa gli effetti benefici o perversi della competizione fra Stati in materia societaria, nonché dal dibattito sull'efficienza complessiva della competizione in materia societaria, si può anzitutto osservare come il modello americano non sia tout court replicabile in Europa. Più precisamente: diversamente dagli Stati Uniti (dove il sistema societario dei vari Stati è sostanzialmente omogeneo nella concezione), il panorama europeo presenta radicati modelli alternativi di corporate governance: l'uno, di tradizione continentale, organizzato intorno al concetto di inside control, orientato alla protezione sia dei soci che degli altri stakeholders (in particolare: creditori e lavoratori); l'altro, di tradizione anglosassone, affidato all' outside control del mercato e diretto a garantire, in modo quasi esclusivo, gli interessi degli azionisti, come in USA. Di qui, una maggiore difficoltà nel configurare quella "comparabilità fra prodotti" che di ogni competizione costituisce il presupposto, e, correlativamente, non pochi ostacoli ad una concreta praticabilità di un mercato europeo delle legislazioni societarie. Tenendo conto del profilo pratico, invece, è stato evidenziato la mancanza in Europa di molte delle condizioni

83

- ad es.: forti incentivi, sub specie di gettito fiscale- volte a modellare la disciplina in base alle esigenze di società e manager; mancano inoltre adeguate norme di diritto internazionale privato che consentano il trasferimento della sede sociale; un ceto di giudici e avvocati altamente specializzato e sofisticato - che hanno consentito al Delaware di uscire vincitore dalla competizione con gli altri Stati americani119. Nello sfondo del percorso seguito dalla

Corte (ed anzi espressamente richiamato in Sevic), invece, si profila la tematica complementare alla competizione delle regole, tematica che connota in termini del tutto peculiari l’ordinamento europeo rispetto a quello statunitense: l’armonizzazione minimale. Quest’ultima non deve essere considerata una metodologia di costruzione normativa che, pur mitigata con il passare degli anni, sia ora superata dalla competizione tra ordinamenti, ma piuttosto rappresenta il supporto per lo stesso svolgersi del procedimento competitivo, su basi comuni che provvedano alle garanzie minime di posizioni giuridiche meritevoli di tutela, si tratti di quelle endosocietarie o di stakeholder quali creditori e lavoratori. L’obiettivo dell’armonizzazione minimale caratterizza nettamente il contesto normativo europeo costituendo la cornice entro cui si svolge la competizione regolatoria tra Stati membri.

Sotto questo profilo, le sentenze della Corte120 appaiono assumere

119 L'approccio statunitense sconta come obiettivo finale la massimizzazione del profitto per gli azionisti. Per contro, se da un lato la situazione europea si presenta caratterizzata - come detto - dalla persistente presenza di modelli di corporate governance orientati anche alla protezione di altri stakeholders e fortemente radicati nella tradizione giuridica, d'altro canto a livello di normativa comunitaria sono espressamente previsti vincoli a favore di stakeholders diversi dagli azionisti: il riferimento è, evidentemente, al più volte richiamato art. 44, co. 2, lett.g.

84

molto più i tratti di una sollecitazione a uscire dalle secche del processo di armonizzazione, che quelli di un'effettiva adesione al modello della competizione fra gli ordinamenti. L’attuale dottrina è d’accordo nel ritenere che si compirebbe un imperdonabile errore di schematismo e di semplificazione a considerare l’armonizzazione e la competizione regolamentare come opzioni alternative e incompatibili. Piuttosto nella linea di sviluppo dell’armonizzazione europea si rinviene il presupposto della competizione, almeno nel contesto di un ordinato sviluppo del diritto societario che tenga conto dei valori perseguiti con la costruzione europea. L’armonizzazione garantisce il rispetto di principi uniformi minimi, costituisce la cornice121 entro la quale

“domanda e l’offerta di modelli societari alternativi vengono ad incontrarsi nello spazio giuridico comunitario”: come tutti i mercati che si rispettano, infatti, anche il “mercato” dei diritti societari impone ai suoi attori di rispettare alcune regole basilari di comportamento, regole necessarie affinché la concorrenza si svolga nei termini di “workable competition” e affinché gli obiettivi di efficienza si combinino con altri interessi pubblici, pur meritevoli di protezione.

I giudici Lussemburghesi sono perfettamente consapevoli che una concorrenza fra diritti senza armonizzazione in un sistema politico, quale quello europeo, che come elemento della propria identità culturale mantiene ampie competenze normative in capo

trascurare i toni più sfumati rispetto alle conclusioni dell'Avvocato generale. 121 E, del resto, il più recente tentativo di sistemazione teorica in senso modernizzatore del diritto societario europeo, condotto dal gruppo di esperti presieduto dal prof. Winter, indica chiaramente nell’approdo della regulatory competition e nella conseguente creazione di un “mercato delle regole” comunitario l’orizzonte non solo più probabile ma anche più auspicabile.

85

agli Stati membri significa tuttavia far emergere immediatamente una problematica di conflitto di leggi (positiva e negativa): problematica già sottesa all’attribuzione ad enti-persone giuridiche-, quali le società commerciali, di diritti di circolazione in seno al mercato comune, ma che si accentua quando fra questi diritti viene ad includersi anche quello assai peculiare ad una sorta di optio legis societatis, e la cui soluzione, a favore dell’applicazione della legge dell’uno o dell’altro Stato membro, finisce inevitabilmente per incidere sulla stessa effettività dei diritti societari nazionali. Il dato pratico ci permette di comprendere come i conflitti di legge e la situazione di incertezza che da questi deriva, uniti ad un diritto sostanziale societario solo parzialmente armonizzato rappresenta uno dei problemi centrali ai fini del perseguimento della libertà di stabilimento nel territorio europeo. Gli operatori del diritto122 rilevano che la

grande varietà del diritto sostanziale societario dei diversi Stati membri influisce in modo determinante nella scelta del luogo di incorporazione della società: l’armonizzazione positiva viene vista quale unico strumento per la creazione di un mercato comune dal momento che questo rimuoverebbe gli ostacoli e

122 Gli studiosi incaricati dalla commissione europea di realizzare lo studio sulla legge applicabile, hanno ritenuto necessario speculare su una questione preliminare: è necessaria (nonché opportuna) l’adozione di un regolamento che definisca un criterio uniforme ai fini della legge applicabile alle società? Per questo hanno ritenuto necessario proporre un questionario a numerosi avvocati, notai e altri operatori del diritto di ciascun Stato membro al fine di fotografare la situazione che effettivamente vige in Europa in materia di trasferimento d’azienda. Il questionario prevede ben 12 domande: alcune sono a risposta multipla ed altre invece consentivano agli intervistati di rispondere liberamente. Questa duplice tipologia di domanda ha consentito agli studiosi di avere dati facilmente confrontabili dal punto di vista statistico e allo stesso tempo di ottenere risposte aperte in cui si riflettessero le peculiarità dei singoli ordinamenti e le singolari problematiche di ciascun Stato.

86

garantirebbe certezza giuridica, eliminando così il più importante tra i costi di transazione123. Le sentenze della Corte, infatti, non

sono in grado di sopperire alla mancanza di una disciplina uniforme internazional-privatistica dal momento che i giurisperiti dei diversi Stati membri non hanno sufficiente familiarità con tale sviluppo giurisprudenziale: questo solo parzialmente ha incoraggiato la mobilità delle società tra gli Stati dell’UE.

È interessante anche notare una difformità di opinione dei giuristi dell’Europa del sud e quelli del nord Europa. Gli operatori degli Stati dell’Europa occidentale e degli Stati più forti e stabili economicamente, pur rilevando le differenze tra i diversi ordinamenti giuridici, non ritengono queste essere un ostacolo alla libertà di stabilimento. Le decisioni della Corte sono maggiormente conosciute dagli operatori del diritto di tali Stati membri e dunque non urge l’armonizzazione del diritto sostanziale e delle norme di conflitto, cosa che, invece, chiedono avvocati e notai dell’est Europa. L’armonizzazione infatti per tali Paesi viene vista anche come possibile rimedio alle deficienze del diritto interno: le regole uniformi potrebbero innalzare il livello di tutela previsto dalle legislazioni nazionali ed evitare un ricorso eccessivo alla localizzazione delle imprese in tali territori il cui diritto interno è sostanzialmente meno attento. I dati raccolti riportano che proprio nell’ordinamento degli Stati membri ammessi nell’UE solo di recente, si riscontrano molte difficoltà

123 Più del 60 % dei giurisperiti che hanno risposto al questionario ritengono necessario definire norme uniformi di diritto societario europeo ma l’80 % richiede l’esistenza di un criterio unico per la determinazione della legge applicabile: dunque l’ armonizzazione del diritto societario sostanziale e l’armonizzazione in materia dei criteri di collegamento di diritto international privatistici devono essere sviluppate in modo correlato.

87

pratiche sia nell’ipotesi in cui si voglia incorporare una nuova società in tali Paesi, nonostante l’attività amministrativa continua ad essere svolta in un altro Stato membro dell’UE, sia nell’ipotesi di esercizio di diritto di stabilimento secondario.

Problemi sono dovuti per lo più al rigetto della domanda di iscrizione di nuova società nel registro commerciale in più è possibile che le autorità di tale Stato di destinazione richieda numerosi documenti attinenti all’attività amministrativa della società. Inoltre, una minoranza, comunque rilevante (quasi il 40 %), di operatori del diritto intervistati indica che alcuni problemi potrebbero anche sorgere a causa dell’incertezza circa quale legge di diritto societario sostanziale sarà applicata dalle corti del Paese di arrivo e a causa del fatto che molti avvocati e notai di tali Stati non riescono a gestire queste situazioni e sono riluttanti a favorire il trasferimento. Possiamo in definitiva affermare che in molti Stati membri del sud Europa, soprattutto quelli che hanno codificato la teoria della sede reale si concretizzano maggiori problemi alla realizzazione della mobilità aziendale a causa della bassa efficienza delle istituzioni interne.

2.3 Nuove forme di armonizzazione per definire standard