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Rapporto tra diritto sostanziale societario, diritto

Prima di soffermarci sulle questioni meramente internazional- privatistiche è necessario fare due ordini di precisazioni. Innanzitutto dobbiamo chiederci quando, dal punto di vista temporale e logico, vengono in rilievo le norme del diritto internazional-privato in materia di trasferimenti societari nonché comprendere il ruolo assunto dalle norme del diritto societario sostanziale interno nelle quali i conflitti sulla legge applicabile sono evidentemente incorporati. Con riferimento all’analisi del primo problema, non dobbiamo dimenticare che operazioni transfrontaliere di trasferimento delle società sono in primo luogo, oggetto di atti di autonomia privata, vale a dire di decisioni degli organi dell'ente con le quali si manifesta, appunto, la volontà di modificare tale elemento del suo modello organizzativo: è così per il trasferimento della sede statutaria, e per il trasferimento della sede amministrativa "formale"135, che nelle società di

capitali di solito presuppongono delibere assembleari di modifica dell'atto costitutivo o dello statuto. Si è visto, peraltro, che il diritto contemporaneo attribuisce alla sede sociale funzioni assai

135 Vale a dire della sede amministrativa la cui localizzazione sia disciplinata dalla competente lex societatis, direttamente o attraverso rinvio.

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diverse, il che implica che per individuare la disciplina applicabile ad ogni data fattispecie concreta di trasferimento sarà necessario, da un lato, stabilire ciò che i privati intendano realmente conseguire con la nuova localizzazione della sede, dall'altro, verificare se tali effetti siano compatibili con quanto disposto dai vari ordinamenti potenzialmente competenti, e dunque dall'ordinamento dello Stato di incorporazione (ai sensi della cui legge l'autonomia viene esercitata), dall'ordinamento dello Stato di "partenza" (che potrebbe anche non coincidere con il primo), dall'ordinamento dello Stato di "arrivo", o dagli ordinamenti di altri Stati ancora con i quali l'ente sia in ipotesi in contatto (per avervi localizzato la sede amministrativa, il centro principale degli affari, e così via). La prassi136, invece, indica che le delibere

assembleari spesso non danno chiara indicazione quanto ai motivi che giustificano la nuova localizzazione della sede, in particolare non dicono, per lo meno espressamente, se con il trasferimento si persegue il fine di modificare la legge regolatrice dell'ente nella continuità della sua base sociale e dei suoi rapporti giuridici ovvero se si vuole lasciare l'ente soggetto alla sua originaria lex societatis ma beneficiare di altre conseguenze che la localizzazione della sede in uno Stato straniero può comportare (come si è detto, in punto di competenza giurisdizionale, di domiciliazione per fini privatistici, di applicabilità del diritto europeo, di presunzione relativa sul "centro degli interessi principali del debitore", ecc.). Quanto ai giudici ed ai

136 È singolare che questo dato sia spesso sfuggito alla dottrina ed alla giurisprudenza, ma anche agli operatori economici, che frequentemente impostano complesse operazioni incentrate sul trasferimento della sede sociale senza interrogarsi preliminarmente sul se queste siano in grado di produrre tutti, e solamente, gli effetti giuridici voluti.

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commentatori, è frequente che essi valutino gli effetti della delibera di trasferimento della sede ai sensi della sola lex societatis, oppure, ai sensi delle norme di conflitto dell'ordinamento dello Stato "di partenza" e dell'ordinamento dello Stato "di arrivo", come se la volontà sociale fosse a tal fine irrilevante e si fosse di fronte ad un atto giuridico in senso stretto137. Invece, l'analisi deve essere più complessa, svolgendosi

necessariamente a livelli diversi e da tenere distinti. In primo luogo, ed in via del tutto preliminare, va accertato quali siano gli effetti (tra i tanti, come si è visto, possibili) che con la propria decisione l'organo sociale intende conseguire trasferendo la sede all'estero. In secondo luogo, ed altrettanto preliminarmente, va verificato se la lex societatis, vale a dire la legge dell'ordinamento nell'ambito del quale i poteri di autonomia vengono esercitati, consente (e, se sì, a quali condizioni) che la sede venga spostata fuori dal territorio dello Stato di incorporazione o comunque in uno Stato diverso da quello in cui essa era originariamente localizzata138. In terzo luogo, e cioè solo dopo aver verificato

l'idoneità della delibera a produrre gli effetti voluti dal corpo sociale, andrà accertato come essa interagisca con il diritto di altri ordinamenti diversi da quello dello Stato di incorporazione,

137 Cfr. p.e., F.M. Mucciarelli Company "Emigration" and EC Freedom of Establishment: Daily Mail Revisited, in Eur. Bus. Org. Law Rev., 2008, 281 ss. 138 In caso di divieto - espresso, o risultante indirettamente da altre disposizioni (p.e., una norma di diritto societario materiale che imponga la coincidenza tra sede statutaria e sede amministrativa, o comunque la loro localizzazione sul territorio nazionale) - la lex societatis reagirà all'atto di autonomia, verosimilmente sanzionando la delibera di nullità per impossibilità o per illiceità dell'oggetto (piuttosto che derivandone la radicale conseguenza dello scioglimento dell'ente), e ciò chiuderà, per così dire, la vicenda, non avendo senso interrogarsi sulla valutazione data alla fattispecie da altri ordinamenti quando il suo stesso presupposto (la delibera assembleare, o addirittura la società interessata al trasferimento) ha cessato di esistere.

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nonché se in base alle valutazioni dei vari ordinamenti coinvolti la delibera non produca effetti ulteriori rispetto a quelli direttamente perseguiti (p.e., modificando i criteri di giurisdizione o di domiciliazione privatistica applicabili alla società).

È solo a quest'ultimo livello che ha senso porre il problema internazional-privatistico, e cioè stabilire come l'ordinamento del foro si coordini con gli ordinamenti stranieri potenzialmente interessati alla disciplina della fattispecie. Problema, questo, che non può risolversi, come si tende talora a fare in dottrina, verificando meccanicisticamente le diverse combinazioni che si danno a seconda che Stato "di partenza" e Stato "di arrivo" della sede seguano la "teoria dell'incorporazione" e/o la "teoria della sede reale", giacché la soluzione potrà variare, e anche notevolmente, a seconda che gli ordinamenti in rilievo (che potrebbero, in ipotesi, anche essere concordi quanto alla teoria da seguire per determinare l'ambito di applicazione della lex societatis) qualifichino poi la questione come attinente al diritto societario o ad altre materie, adottino un approccio "unilateralistico" o "bilateralistico" nella soluzione dei conflitti di legge, utilizzino (e in che modo) il "rinvio", applichino un particolare metodo di coordinamento tra i diritti privati statali. Per quanto riguarda l’ulteriore questione preliminare è necessario ricostruire il ruolo assunto dalle norme di diritto sostanziale societario alla luce delle peculiarità della “nuova” libertà fondamentale che la Corte di Giustizia con la "dottrina

Centros", ha derivato dalle norme primarie sullo stabilimento. La

"mobilità societaria", intesa appunto nel senso di generare una “concorrenza tra modelli normativi” esprime la tutela di due distinte situazioni di vantaggio: quella dei privati, azionabile di

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fronte ai giudici degli Stati membri in quanto derivata da norma dotata di efficacia diretta, alla predetta optio legis societatis; ma ancora prima quella degli Stati membri a poter liberamente definire il contenuto del proprio diritto societario (ivi incluso per quanto riguarda il suo ambito di applicazione nello spazio), salvo quanto imposto da strumenti di armonizzazione o da principi superiori di diritto europeo. Per dirla altrimenti, anche nel "mercato delle regole", come in qualsiasi altro mercato, la domanda dovrà confrontarsi con l'offerta per come questa è: il che significa che se è vero che i privati potranno condurre "arbitraggi normativi" tra i diversi modelli di organizzazione societaria, è anche vero che, una volta fatta tale scelta, essi dovranno far propri tali modelli per come essi sono secondo le valutazioni dell'ordinamento di origine, dunque con tutti quegli elementi che lo Stato membro d'incorporazione considera non derogabili nell'esercizio della autonomia statutaria.

Ciò vale in particolare con riguardo alla disciplina della sede, ed in particolare della possibilità e degli effetti del suo trasferimento da uno Stato membro all'altro. Allo stadio attuale di sviluppo del processo integrativo, ed in ossequio ai principi "costituzionali" di sussidiarietà e di proporzionalità, rientra nelle competenze di ciascuno Stato membro sia stabilire, con riguardo a ciascuno dei tipi di società previsti dalla propria legislazione, se questi debbano o meno avere una sede statutaria e/o una sede amministrativa formale e/o un altro collegamento "necessario" dell'ente alla comunità nazionale, sia determinare quali funzioni tali elementi di localizzazione dell'ente sono chiamati a svolgere. In particolare, ciascuno Stato membro sarà libero di imporre (in generale, oppure solo rispetto a certi tipi societari) che società rette dalla propria lex societatis abbiano una sede statutaria, che

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la sede statutaria coincida con la sede amministrativa (o, comunque, che questa debba essere localizzata sul territorio nazionale), che la sede statutaria (e/o la sede amministrativa) non possano essere trasferite all'estero: e i privati, nel decidere di organizzare la propria attività di impresa in base alla lex societatis di tale Stato, si assoggetteranno a tale disciplina. D'altro canto, ogni Stato membro sarà tenuto a riconoscere enti validamente costituiti ai sensi della lex societatis di un altro Stato membro, e tale riconoscimento, in linea di principio, si estenderà a tutta la disciplina di cui tali enti sono portatori secondo le valutazioni dello Stato di incorporazione: quindi anche a quella parte di tale disciplina che consentisse all'ente di localizzare all'estero la propria sede amministrativa (o anche la propria sede statutaria) senza con ciò estinguersi o modificare la propria originaria lex societatis.

Il diritto dell’Unione europea in generale ammette, che ciascun Stato sancisca criteri più o meno forti di collegamento in capo alle società in esso costituite: la Corte di Giustizia, in particolare, fa riferimento al concetto di “area riservata” a ciascuno dei singoli Stati membri139. Tali elementi di localizzazione dell’ente si

collocano tra i “problemi preliminari”140 volti a risolvere

l’alternativa se una società sia legittimata o meno a godere delle libertà fondamentali sancite nel Trattato: siamo in un’area precedente a quella che interessa il diritto dell’Unione, in cui

139 I confini di questa area riservata agli Stati membri certo non sono chiari e definiti: la Corte sembra attribuire rilievo al fatto che l’art 54 pone la sede sociale, il luogo dell’amministrazione centrale e la sede principale degli affari della società sullo stesso piano. Questo ci suggerisce, dunque, che solo i criteri di collegamento che sono connessi a quelli richiamati nell’art 54 effettivamente rientrano nell’ambito del diritto di stabilimento.

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ciascun Stato membro è libero di adottare leggi che non saranno sottoposte allo scrutinio della Corte di Giustizia. Pertanto, dal momento che il diritto dell’Unione non ha fornito un’uniforme definizione delle società autorizzate a beneficiare del diritto di stabilimento in funzione di un unico criterio di collegamento idoneo a determinare il diritto nazionale applicabile a una società, la questione se l’art. 49 TFUE si applichi a una società che invoca la libertà fondamentale sancita da tale norma – analogamente, d’altronde, a quella se una persona fisica sia un cittadino di uno Stato membro che, a tale titolo, può beneficiare di tale libertà - risulta logicamente preliminare e, rebus sic stantibus, può trovare risposta solo nel diritto nazionale applicabile.

Nella sentenza Daily Mail nonché in Cartesio, la Corte demanda “agli Stati membri la facoltà di definire sia il criterio di collegamento richiesto a una società affinché essa possa ritenersi costituita ai sensi del suo diritto nazionale e, a tale titolo, possa beneficiare del diritto di stabilimento, sia quello necessario per continuare a mantenere detto status”141. Tale facoltà include la

possibilità, per lo Stato membro in parola, di non consentire a una società soggetta al suo diritto nazionale di conservare tale status qualora intenda riorganizzarsi in un altro Stato membro trasferendo la sede nel territorio di quest’ultimo, sopprimendo in questo modo il collegamento previsto dal diritto nazionale dello Stato membro di costituzione142. Dall’analisi comparativa emerge

che tutti gli Stati membri richiedono alle società in esso

141141 Vedi punto 107 della sentenza Cartesio.

142 Dunque ciascun Stato membro ha la possibilità di imporre ad una società costituita in forza del suo ordinamento giuridico restrizioni al trasferimento della sede effettiva di quest’ultima al di fuori del suo territorio affinché tale società possa conservare la personalità giuridica di cui beneficia in base al diritto di questo stesso Stato membro

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incorporate di mantenere come minimo la sede sociale nello Stato di costituzione, ma le differenze si riscontrano sulla diversa interpretazione che gli Stati forniscono del concetto di “registered office”. Ben 14 Stati membri richiedono alle società domestiche semplicemente che queste detengano un indirizzo mail, il cd “registered address” sul quale ricevere le comunicazioni dalle autorità dello Stato di incorporazione: un collegamento solo formale. Negli altri Stati, invece, viene richiesto un grado di collegamento più intenso tra la società e lo Stato di costituzione. Non sempre è facile comprendere se tali fattori di collegamento che ciascun Stato può richiedere alle società ivi costituite siano di diritto sostanziale o di diritto internazionale privato: ciò dipende, infatti, dall’interpretazione che viene data a tali norme dalle corti nazionali.

Una legge infatti potrebbe riguardare meramente i profili di diritto societario sostanziale oppure anche quelli internazionalprivatistici. Dunque tenuto conto delle precedenti considerazioni e anche sulla base del linguaggio utilizzato sembra che le regole che postulano tali fattori di connessione non siano di diritto internazionale privato ma che piuttosto rientrano nel diritto sostanziale societario. Leggendo, d’altro canto, le sentenze

Centros e Inspire Art rileviamo una certa tensione tra la

compatibilità di tali criteri di collegamento stabiliti dalle norme di diritto nazionale e la libertà di trasferimento delle società all’estero riconosciuta agli imprenditori143: non sembra però

questo essere un problema oggi rilevante dal momento che i

143 Nella sentenza Inspire Art al punto 102 emerge come anche il diritto sostanziale e non solo le leggi di conflitto possa rappresentare una restrizione della libertà fondamentale ex artt 49-52 TFUE.

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legislatori nazionali si stanno orientando verso una progressiva eliminazione di tali restrittivi fattori di localizzazione dell’ente.

3.2 Una valutazione in chiave critica dei criteri di