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La libertà di stabilimento delle persone giuridiche nella

Nel processo di attuazione della libertà di stabilimento il ruolo principale è detenuto dalla giurisprudenza europea, la quale ha garantito la concreta attuazione della libertà di stabilimento mediante un’opera di interpretazione in senso evolutivo delle norme del Trattato di cui prima.

L’inizio della giurisprudenza rilevante in materia di libertà di stabilimento viene fatto risalire a due sentenze pronunciate su casi simili, entrambe adottate nel 1986 a distanza di mesi. Il caso

Commissione c. Francia53 riguardava i benefici fiscali che l’ordinamento francese riconosceva alle società costituite in Francia (comprese le società figlie di società straniere) che il governo francese si rifiutava di estendere alle succursali ed agenzie di società straniere. La Corte alla quale era stata demandata la verifica della compatibilità della legge francese con il diritto di stabilimento secondario dei previgenti artt. 43 e 48 del TCE, ritenne la normativa fiscale francese contrastante con detti articoli, a favore della mobilità sociale. Come precisato dai punti 19-20 della sentenza, il trattamento previsto dalla legge francese si rilevava discriminatorio in quanto le imprese succursali di società aventi sede legale fuori dal territorio francese e le imprese aventi sede in Francia erano trattate in maniera analoga per la tassazione dei profitti ma in modo difforme per il conseguimento del vantaggio costituito dal credito di imposta. La legge fiscale francese produceva di fatto il risultato di disincentivare la costituzione di sedi secondarie sul territorio

53 Corte di Giustizia, causa 270/83, del 28 gennaio 1986 Commissione delle Comunità europee contro Repubblica francese.

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francese, costituendo una restrizione indiretta della libertà di stabilimento contraria ai principi fissati dal Trattato.

Interessante è anche il punto 18 della sentenza, in cui la Corte, inaugurando una fortunata giurisprudenza, crea un parallelismo tra diritto di stabilimento della persona fisica e libertà di stabilimento della persona giuridica considerando l’aspetto della personalità giuridica come equivalente alla cittadinanza. Tale parallelismo tiene conto delle differenze tra persone giuridiche e persone fisiche: si equipara, ai fini dell’esercizio del diritto di stabilimento, la sede statutaria delle persone giuridiche alla residenza per le persone fisiche54. Così si determina il

collegamento di tali diversi soggetti con l’ordinamento giuridico. Occorre inoltre sottolineare, in merito, che il punto citato della sentenza non rappresenta una presa di posizione della Corte a favore di uno dei criteri di collegamento internazional- privatistici, di cui prima: non viene infatti accordata alcuna preferenza né al criterio della sede reale né al criterio dell’incorporazione. Ci si limita a considerare le persone giuridiche equivalenti alle persone fisiche ai fini della previsione in materia di libertà di stabilimento, considerando cittadinanza e personalità giuridica come criteri per definire l’appartenenza o la non appartenenza ad uno degli Stati membri, delle persone fisiche e giuridiche, rispettivamente.

Il secondo caso a cui si fa riferimento sempre in materia di diritto

54 «Per le società, è importante rilevare in questo contesto che la loro sede (…) serve per determinare, al pari della cittadinanza delle persone fisiche, il loro collegamento all'ordinamento giuridico di uno Stato. Ammettere che lo Stato membro di stabilimento possa liberamente riservare un trattamento diverso per il solo fatto che la sede di una società si trova in un altro Stato membro svuoterebbe quindi di contenuto questa disposizione»: Commissione contro Francia al punto 18.

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di stabilimento secondario, è la decisione Segers55. Questa

fattispecie coinvolgeva un cittadino olandese, amministratore di una S.r.l., validamente costituita in UK, ed era al tempo stesso titolare della totalità delle quote di una società figlia costituita in Olanda che fungeva quale unica società operativa attiva (la società inglese era un mera società contenitore: mail boxes

companies). Egli ricorre in tribunale a seguito del rifiuto da parte

delle autorità danesi dell’accesso al regime di assicurazione- malattia previsto, argomentando che questo doveva essere garantito ai soli amministratori di società olandesi. Ancora una volta, la Corte, chiamata a decidere sulla compatibilità di una disciplina interna con gli artt. 43 e 48 del Trattato di Roma, ribadisce l’esercizio del diritto di stabilimento secondario per le società che sono in grado di integrare i tre criteri di collegamento richiesti dall’art. 48 TCE. In più la Corte richiama il caso precedente nella misura in cui rievoca il parallelismo tra la residenza delle persone fisiche e la sede statutaria delle persone giuridiche.

La Corte afferma inoltre che, ai fini dell’esercizio del diritto di stabilimento di una società figlia, alla società madre validamente costituita in un altro Stato membro non sia richiesto l’esercizio di alcuna attività operativa: facendo quindi saltare il presupposto ulteriore che il trattato richiede per il solo stabilimento secondario all’art. 43, ossia che vi sia il concreto svolgimento di un’attività economica primaria ed operativa in un altro Stato membro56. Per questo la Corte rilevando la violazione dell’art. 43

55 CGUE, Sentenza del 10 luglio 1986, Causa C 79/85, D.H. M. Segers vs. Bestuur van de Bedrijfsvereniging voor Banken Verzekeringswezen, Groothandel en Vrije Beroepen.

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TCE, dichiara che «La discriminazione del personale sotto il profilo

della tutela previdenziale restringe (…) indirettamente la libertà di uno Stato membro di stabilirsi tramite un’agenzia, una succursale o una filiale, nello Stato membro di cui trattasi».

La terza parte della sentenza si occupa della prevenzione di abusi e della tutela della corretta applicazione della disciplina nazionale di assicurazione di malattia invocate dalle autorità olandesi a giustificazione della differenza di trattamento riservata ad amministratori di società straniere in materia di assicurazione di malattia, la Corte di Giustizia risponde osservando che le limitazioni alla libertà di stabilimento di una persona giuridica idonee a giustificare l’applicazione di un regime diverso alle società costituite secondo il diritto un diverso Stato membro, debbano essere giustificate «da motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di pubblica sanità», conformemente stabilito dall’allora articolo 56 del TCE, oggi articolo 52 del TFUE. Il che vuol dire che la Corte comunque ancora non esclude che siano legittime alcune misure restrittive della libertà di stabilimento qualora queste siano però giustificate dal diritto europeo. Ciononostante negare le prestazioni di malattia ad un amministratore di società straniera non è considerata dalla Corte di Giustizia una misura adeguata ai fini della tutela da frodi, quanto piuttosto un atteggiamento discriminatorio ingiustificato. In generale, possiamo dunque sostenere che all’interno delle pronunce analizzate, la Corte di Giustizia mostra un particolare favor nei confronti dei soggetti che intendono avvalersi della libertà di stabilimento, soprattutto in ragione dell’interpretazione restrittiva delle previsioni del Trattato che legittimano l’applicazione di restrizioni alla libertà di stabilimento delle persone giuridiche, in particolare considerando come illegittime

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restrizioni indirette quelle costituite rispettivamente dalla mancata concessione di contributi di imposta a succursali di società straniere (Commissione contro Francia) e dalla mancata applicazione del regime di malattia previsto per i cittadini olandesi ad amministratori di società straniere (Segers).

In tema di libertà di stabilimento primario, la Corte si è pronunciata invece con la sentenza Daily Mail57 nel 1988. La Daily Mail era una società a responsabilità limitata di diritto inglese che intendeva trasferire la sede amministrativa ovvero la sede della direzione nei Paesi Bassi al fine di poter realizzare dei vantaggi fiscali su plusvalenze di titoli tramite l’acquisto di una nuova residenza fiscale in Olanda. Tale fattispecie presenta delle peculiarità: secondo il diritto internazionale-privato dello Stato di costituzione (UK), anche a seguito del trasferimento, il regime giuridico applicabile alla società in questione era quello inglese58,

con il trasferimento dunque tale società non intendeva affrancarsi completamente dall’applicazione del diritto inglese quanto piuttosto mirava ad eludere il solo regime fiscale con quello applicabile in Olanda. Ai sensi della normativa inglese allora vigente, la soggezione della società al regime fiscale era determinato in base al luogo in cui la società ha la propria residenza fiscale. La legislazione olandese che segue anche essa il principio dell’incorporazione, le avrebbe consentito di tenere le

57 Corte di giustizia, sentenza del 27 Settembre 1988, Causa 81/87, The Queen contro H. M. Treasury e commissioners of Inland Revenue ex parte Daily Mail e General Trust PLC.

58 «risulta dagli atti che, secondo la legislazione britannica in materia di diritto delle società, una società come l’attrice, costituita secondo detta legislazione e con sede legale (registered office) nel Regno Unito, può stabilire la direzione e l’amministrazione anche fuori dal Regno Unito, conservando personalità giuridica e qualità di società di diritto britannico»: punto 3.

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sedute del consiglio d'amministrazione nei Paesi Bassi e di locarvi immobili per l'amministrazione (ciò che Daily Mail chiedeva) senza la pretesa di "nazionalizzare" la società. Tuttavia la disciplina tributaria del Regno Unito vietava il trasferimento di sede alle società domiciliate fiscalmente nel Regno Unito in mancanza di apposita autorizzazione rilasciata dal Ministero del Tesoro.

Una volta richiesta l’autorizzazione, la società in questione decideva di non attendere il responso del Ministero del Tesoro britannico e di aprire «un ufficio di gestione d’investimenti nei Paesi Bassi per la prestazione di servizi in conto terzi», con la precipua finalità di vendere gran parte delle proprie azioni evitando la tassazione di tale operazione ai sensi della legge britannica. Tale autorità fiscale inglese non rilasciava il nulla-osta richiesto, così la società del noto tabloid si rivolse all’High Court che a sua volta propose rinvio pregiudiziale alla Corte. La fattispecie in questione toccava però la più importante questione dei limiti che il diritto comunitario può imporre all’esercizio della potestà impositiva statale59: la Corte infatti era chiamata a

decidere la compatibilità della normativa fiscale inglese con le norme europee in materia di diritto di stabilimento. La Corte ha deciso qui di sacrificare la libertà di stabilimento in favore di interessi fiscali puramente nazionali, i quali provocano una limitazione dello stabilimento in uscita delle proprie società,

59 Cfr. M.V. Benedettelli, Libertà comunitarie di circolazione e diritto internazionale privato delle società, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 2001, pp. 569-620: “ la Corte ha per lungo tempo esitato a far valere la libertà di circolazione fondamentalmente a causa dei condizionamenti della sovranità normativa degli Stati, ed è proprio questo self restraint eccessivo (la Corte infatti avrebbe potuto seguire quanto detto dall’avvocato generale), peraltro sollecitato dallo Stato membro interessato, che è all’origine della decisione in esame.

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introducendo autorizzazioni amministrative.

Il punto centrale ma anche controverso della sentenza verte sulla netta distinzione nel trattamento che viene riservato alle società rispetto a quello previsto per le persone fisiche nell’attribuzione del diritto di stabilimento. Questo discrimine risulta chiaro in un passaggio della sentenza: «occorre ricordare che, diversamente dalle persone fisiche, le società sono enti creati da un ordinamento giuridico e, allo stato attuale del diritto comunitario, da un ordinamento giuridico nazionale, le legislazioni degli Stati membri presentano notevoli differenze relative sia al criterio di collegamento al territorio nazionale richiesto per la costituzione di una società, sia alla facoltà di una società costituita secondo tale legislazione di modificare in seguito detto criterio di collegamento»60.

Dalla sentenza si può inoltre ricavare che la diversità delle legislazioni nazionali ai fini della valida costituzione prevista per le società, nonché sulla facoltà e le modalità, di un trasferimento della sede reale o legale, di una società di diritto nazionale da uno Stato membro all’altro, è un problema la cui soluzione non si trova nella libertà di stabilimento ma deve essere affidata a iniziative pattizie e legislative61 non ancora realizzatesi62.

In conclusione, dunque, la Corte argomenta che proprio perché le

60 Punto 16 della sentenza. Come richiama in più saggi il prof. Benedettelli, la personificazione degli enti collettivi è proprio quella di “facilitare” il discorso giuridico facendone un centro autonomo di imputazioni di situazioni soggettive. Ma dobbiamo tener conto delle peculiarità del fenomeno dell’esercizio dell’attività d’impresa in forma collettiva e la differenza di trattamento con le persone fisiche.

61 Si riferisce alle direttive di coordinamento del diritto societario tra gli Stati membri ex art.44 paragrafo 2 lettera g: ma nessuna di quelle adottate concerne tale differenza.

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persone giuridiche non sono titolari di un diritto di trasferimento della propria sede in un diverso Stato membro, per quanto riguarda la libertà di stabilimento primario, la normativa del Regno Unito non osta agli scopi prefissati dagli articoli del trattato relativi alla libertà di stabilimento, e dunque viene sancita la prevalenza della normativa fiscale inglese, di carattere imperativo, sulle libertà previste dal diritto europeo.

La Corte invece non ha dato rilievo alle implicazioni internazional-privatistiche e al fatto che la legge inglese segue il principio della law of incorporation. L’art. 48 del TCE viene interpretato secondo l’orientamento allora predominante in dottrina ossia nel senso che non contenesse principi relativi alla soluzione del problema dei criteri di collegamento al fine del reciproco riconoscimento delle società, funzionale all’esercizio del diritto di stabilimento dell’art. 43, ma che li desse per risolti preventivamente.

Solo una parte minoritaria della dottrina ha fortemente criticato la Corte per non aver strutturato bene, separandoli, gli aspetti fiscali e quelli di diritto internazionale privato, garantendo il trasferimento primario di sede effettiva.

Il quarto caso rilevante in tema di stabilimento è la nota sentenza

Centros63: la Corte trovandosi nuovamente di fronte ad un contrasto tra norme imperative di uno Stato membro e libertà riconosciute dalle norme primarie comunitarie, ha scelto la soluzione opposta a quella del Daily Mail dando la prevalenza alle libertà comunitarie e inaugurando un’interpretazione liberale

63 Sentenza 9 marzo 1999 in causa C-212/97 Centros Ltd, la decisione ha riaperto il dibattito sulla legittimità della teoria della Sitztheorie, soprattutto nella letteratura tedesca.

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degli artt. 43-48 TCE, attuali artt. 49-54 TFUE.

Nel caso specifico, una società di diritto inglese a responsabilità limitata, costituita e regolarmente iscritta dai coniugi Bryde, cittadini danesi, in Inghilterra e in Galles voleva registrare una succursale in Danimarca. La controversia nasceva dal rifiuto opposto da una amministrazione pubblica danese di procedere alla registrazione di una succursale64 di diritto inglese in

Danimarca per il motivo che questa era stata in realtà costituita al solo scopo di consentire a due cittadini danesi di svolgere attività d’impresa sul mercato nazionale avvalendosi del regime di limitazione della responsabilità proprio dello strumento societario ma evitando l’applicazione delle norme interne che, ai fini della costituzione di società di quel tipo, avrebbero imposto la liberazione dall’ammontare minimo di capitale richiesto: risulta dagli atti della causa che la Centros Ltd non aveva condotto alcuna attività commerciale del Regno Unito, che i suoi soci e l’amministratore unico risiedevano in Danimarca e che, conformemente a quanto consentito dalle norme di diritto societario inglese ad essa applicabili, il suo capitale non era stato neanche in parte versato o messo a disposizione dei soci.

La Corte si pronuncia con una serie di motivazioni interessanti in materia anche se non sempre lineari e per questo criticate.

Innanzitutto la Corte nega fondamento alla tesi, avanzata dal governo danese interveniente in giudizio, secondo la quale la fattispecie in esame avrebbe configurato una situazione

64 Succursale intesa quale “centro operativo che si manifesti in modo duraturo verso l’esterno, come un’estensione della casa –madre”: così la Corte di Giustizia si è espressa nella sentenza 22 novembre del 1978, in causa 33/78, ove sottolinea la necessità che la succursale sia provvista di una propria direzione e sia materialmente attrezzata in modo tale da poter intrattenere affari con terzi.

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puramente interna alla Danimarca e come tale fuori dalla competenza della Corte di Lussemburgo. La Corte spiega, infatti, che una situazione quale quella in cui una società costituita secondo il diritto dello Stato membro in cui essa ha la propria sede sociale desidera creare una succursale in un altro Stato membro rientra nell’ambito di applicazione del diritto comunitario. Per tale ragione è irrilevante che la società sia costituita nel primo Stato membro al solo scopo di stabilirsi nel secondo, nel quale essa svolgerebbe la maggior parte delle sue attività economiche: la Corte argomenta sulla base della sentenza

Segers65. Se ne deduce che gli artt. 43 e 48 del trattato accordano

il diritto di aprire sedi secondarie in un altro Stato membro a società che presentano gli elementi di collegamento richiesti con il sistema giuridico di uno Stato membro. La Corte è rivoluzionaria in merito: ogni società è libera di esercitare la propria attività principale in un determinato Stato membro mediante l’apertura di una sede secondaria, anche se la sede principale è situata in uno Stato diverso. La decisione della prima questione pregiudiziale verte sulla legittimazione delle pseudo- foreign companies: la Corte ribaltando l’orientamento precedente si legge al punto 27 “il fatto che un cittadino di uno Stato membro

che desideri creare una società scelga di costituirla nello Stato membro le cui norme di diritto societario gli sembrino meno severe e crei succursali in altri Stati membri non può costituire di per sé un abuso del diritto di stabilimento. Infatti, il diritto di costituire una società in conformità alla normativa di uno Stato membro e di creare succursali in altri Stati membri è inerente all'esercizio,

65 Tuttavia questa non coinvolgeva una succursale ma piuttosto una filiale (società figlia) quale manifestazione del diritto di stabilimento secondario.

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nell'ambito di un mercato unico, della libertà di stabilimento garantita dal Trattato”66.

La fattispecie Centros è complessa e coinvolge il diritto di stabilimento di più soggetti67 o meglio riguarda non solo lo

stabilimento secondario ma anche quello primario. Parte della dottrina ha intravisto un caso di stabilimento primario erroneamente qualificato e trattato dalla Corte quale stabilimento secondario68.

È da notare poi che il caso Centros coinvolgeva ancora due Stati membri che applicano la teoria della incorporazione: la Corte ha per la prima volta attribuito un significato internazional- privatistico a quanto disposto nell’art. 48 del TCE, in modo tale da dare alla norma un significato qualificabile come principio della norma di conflitto del Paese di origine: la Corte dunque estende il principio dello Stato d’origine anche in ambito internazional- privatistico con riferimento a società già costituite. Diversamente da quanto lasciava intendere la decisione del Daily Mail, ai fini del riconoscimento e del relativo esercizio del diritto di stabilimento vale l’applicazione della norma di conflitto e del criterio di

66 Vedere sentenza, punto 27.

67 Innanzitutto, la fattispecie coinvolge un diritto di stabilimento primario che i coniugi Bryde, in quanto persone fisiche, utilizzano nel costituire una società a responsabilità limitata in Gran Bretagna sulla base dell’art. 43 TCE, comma 2, ossia quello della costituzione di una società alle stesse condizioni che l’ordinamento inglese prevede per i suoi cittadini. Essi utilizzano poi la società così costituita per svolgere attività di impresa esclusivamente in Danimarca attraverso la costituzione di una succursale.

68 Benedettelli, Libertà comunitarie di circolazione e diritto internazionale privato delle società, in Riv. Dir. Int. Priv. Proc., 2001, pag. 586.;ritiene che tale errore di caratterizzazione della fattispecie offusca uno degli aspetti più rilevanti della decisione: ovvero anche per le società commerciali (al pari delle persone fisiche), l’esercizio delle libertà intercomunitarie può tradursi nella localizzazione originaria della sede amministrativa o centro principale al di fuori del territorio dello Stato membro cui appartiene la lex societatis.

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collegamento originari dello Stato membro di origine- costituzione e non dello Stato membro di arrivo-costituzione. Da qui allora la scelta di costituire la società in uno Stato membro la cui legislazione viene considerata meno onerosa per poi svolgere attività d’impresa in un altro Stato membro non comporta un abuso ma è da intendersi, invece, come concreta possibilità offerta dal trattato FUE. A chiarire la reale portata della Centros