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La scelta del modello di armonizzazione delle norme d

La necessità di un’armonizzazione delle normi di conflitto in materia di legge applicabile alle società commerciali ai fini della tutela delle parti coinvolte nei trasferimenti societari224, nonché

ai fini della definizione certa della portata della lex societatis, così da ridurre notevolmente il contenzioso e garantire certezza del diritto, è testimoniata dalle “relativamente” numerose proposte che sono state avanzate da soggetti differenti circa il possibile contenuto di uno strumento normativo europeo in materia di legge applicabile.

Se sull’an dell’armonizzazione c’è piena concordanza in

224 In particolare P.Kindler si è speso molto circa la necessità dell’armonizzazione proprio per un fine di protezione dei creditori e di altri terzi soggetti, che ritiene il vero compito del diritto societario: v. Both-Kindler, The spirit of corporate law, 2013; monografia recensita da Bianchini, in Banca, borsa e titoli di credito.

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Europa225, si è invece discusso e si discute ancora sul quomodo,

ovvero su quale sia il modello di armonizzazione da seguire in tale materia internazional–privatistica. I dati statistici che abbiamo cercato di riassumere nel secondo capitolo, hanno dimostrato che la giurisprudenza della Corte di giustizia, sebbene abbia avuto un impatto su alcune questioni fondamentali circa la legge applicabile alle società, nella pratica ha solo in parte incentivato l’esercizio del diritto di stabilimento. Non è, di certo, opportuno lasciare alla Corte il compito di elaborare norme europee comuni in questo settore: anzi essa stessa, con le sentenze Centros e Inspire Art sembra aver incentivato il ricorso all’armonizzazione. La Corte non si è adoperata per la creazione di un corpo di leggi armonizzato di diritto internazionale privato e per la propria stessa funzione, essa non può garantire una certezza giuridica sufficiente in questo complesso campo. A riguardo è stata avanzata anche la proposta che, invece, suggerisce di fornire norme comuni non vincolanti che i legislatori dei singoli Stati membri possono ma non necessariamente sono tenuti a rispettare. Questo approccio è stato già sperimentato in altri ambiti, potremmo fare l’esempio delle raccomandazioni che l’Unione Europea ha adottato in materia di amministrazione delle imprese226. Tuttavia nel caso di

specie, eventuali standard non vincolanti che verrebbero fissati al livello sovranazionale non sarebbero sufficienti a risolvere le incertezze giuridiche, anzi, a causa del loro carattere facoltativo

225 Si possono citare vari autori tra cui Siems che dimostra come il principio di sussidiarietà sancito nel trattato in questa materia risulta inoperante e insoddisfacente, in modo più generale TS Ulen, ‘Economic and Public-Choice Forces in Federalism’ (1997/98) 6 George Mason Law Review 921, 928. 226 Disponibile al sito: http://law.au.dk/en/research/projects/european-

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potrebbero semplicemente condurre ad una parziale armonizzazione. Tale tecnica legittimando delle deviazioni ed eccezioni da parte di ciascun Stato membro sugli aspetti fondamentali di questa area del diritto, esclude a-priori che vi possano essere condizioni sufficienti alla realizzazione dei fini perseguiti. Uno dei quali e forse il più importante consiste nell’assicurare certezza giuridica alle società protagoniste della mobilità transfrontaliera, infatti tali incertezze sulla legge applicabile rappresentano in termini di analisi economica del diritto, un costo di transazione di non poco momento. Dunque, per comprendere quale sia lo strumento del diritto normativo dell’UE che risulti più idoneo, bisogna interrogarsi circa le finalità che si intende perseguire. Sulla base dell’art. 81 del TFUE, il regolamento è lo strumento che garantisce uniformità del diritto in tutta l’area europea dal momento che gli Stati membri e le loro corti devono interpretare ed applicare le stesse definizioni giuridiche e le stesse leggi. Seppur sarebbe opportuno che in alcuni settori della materia venisse lasciata discrezionalità agli Stati membri, ciò non esclude che sia il regolamento lo strumento più adatto. Piuttosto, come in altri regolamenti, è possibile che siano previste espressamente le questioni sulle quali è lasciata la discrezionalità ai singoli Stati membri, per esempio, per la protezione di interessi locali. Gli studiosi che sono stati incaricati dalla Commissione europea di presentare un report su una possibile futura armonizzazione in materia di norme di conflitto che determinino la legge applicabile alle società commerciali, hanno individuato nel regolamento lo strumento più adeguato alla risoluzione della questione internazional-privatistica e hanno parlato di un possibile regolamento Roma V. Questa soluzione sarebbe in linea con gli esistenti regolamenti “Roma I- “ Roma II”

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e “Roma III” che sono stati adottati con riferimento ad altre questioni di diritto internazionale privato in materia di legge applicabile.

È, invece, suggerita l’adozione di una direttiva in materia di diritto societario sostanziale in particolare con riferimento alla materia delle re-incorporazioni transfrontaliere. La combinazione di un regolamento e di una direttiva ciascuna per i rispettivi ambiti (l’uno diritto internazionale privato e l’altro diritto societario sostanziale) non è inusuale. L’uso della direttiva per armonizzare il diritto societario sostanziale consente finalmente di poter usufruire di una disciplina unitaria in materia di trasferimenti societari che tenterà anche di dare soluzioni a tutte le problematiche relative alla tutela dei creditori e dei terzi soggetti (in particolare quelli più deboli) e che indebolirà del tutto le preoccupazioni di quella parte della dottrina che aveva visto nella concorrenza tra ordinamenti giuridici un race to bottom. L’effetto positivo ulteriore che discenderà dall’adozione di una direttiva di armonizzazione del diritto societario sostanziale al fine di garantire la realizzazione della libertà di stabilimento è che queste regole vincolano anche i tre Stati membri (Regno unito, Irlanda, Danimarca) che non aderiscono pienamente ai regolamenti adottati in materia di cooperazione giurisdizionale227. Si ritiene necessario, d’altro canto, che il futuro

regolamento venga coordinato con i regolamenti già esistenti in materia di diritto internazional-privato in modo tale da poter definire le linee di confine, per esempio, che intercorrono tra il diritto societario e il diritto fallimentare nonché la linea di confine che intercorre tra diritto societario e l’area giuridica delle

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obbligazioni non contrattuali. Dunque si auspica che nel medio o lungo termine venga adottato un nuovo regolamento che disciplini i conflitti di legge applicabili alle società e che tutti i già esistenti regolamenti di Roma sulla legge applicabile siano fusi in un unico regolamento consolidato, il quale potrebbe essere chiamato Codice europeo di diritto internazionale privato228:

questo potrà meglio chiarire ambiguità circa il rapporto che intercorre tra la lex societatis, la lex contattus, la lex delicti ed ecc. e potrebbe questo favorire l’unità dell’ordinamento giuridico europeo. Ovviamente tale regolamento dovrà affrontare anche altre questioni quali per esempio la disciplina dell’ordine pubblico e del rinvio.

Sicuramente un qualsiasi strumento di armonizzazione in materia, dovrà tener conto dello sviluppo della giurisprudenza della Corte e di come questa abbia inteso il diritto di stabilimento, in più devono essere individuati i contenuti nonché le scelte di politica del diritto che emergono dalle direttive e dai regolamenti che sono già stati emanati e che hanno già armonizzato altre aree del diritto in modo tale da fornire un quadro giuridico coerente. Inoltre per individuare il possibile contenuto del regolamento

228Kramer, ‘Current Gaps and Future Perspectives in European Private International Law: Towards a Code on Private International Law?’, Briefing

Note European Parliament (2012), disponibile

http://ssrn.com/abstract=2200977; in particolare a pag. 18: “In civil law

countries, the prevailing idea of a code is that it will help the systematisation of law. However, in the EU context it must be pointed out that this idea is not in all instances shared by common law jurisdictions. An advantage of a code could be that recurring general provisions on inter alia public policy, overriding mandatory provisions, and renvoi would be avoided. However, for example the rules on overriding mandatory rules, known from Rome I and Rome II, do not occur in all regulations, and are not even the same in the two regulations mentioned”. M Czepelak, ‘Would we like to have a European Code of Private International Law?’ (2010) European Review of Private Law, pag. 705.

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bisogna prendere le mosse dalle norme di conflitto in parte codificate dagli Stati membri in materia di legge applicabile alle società. Tali riferimenti sono, appunto, alla base delle proposte di codificazioni avanzate che forniscono suggerimenti circa l’eventuale contenuto di tale nuovo regolamento. Tali proposte sono state elaborate nel 2015 dal gruppo di diritto internazionale privato (GEDIP)229 dopo numerosi incontri tenutisi spesso anche

in Italia e più indietro nel tempo, nel 2007 da un gruppo di studiosi di diritto internazionale privato tedesco, il “Sonnenberger”230. L’ultima è invece contenuta nello studio

presentato alla Commissione europea nel 2016 da un pool di studiosi provenienti da Stati membri differenti che hanno ora criticato ora accolto i precedenti suggerimenti per ciascun aspetto di tale materia. La rilevanza delle leggi degli Stati membri ai fini dell’armonizzazione richiede maggiori spiegazioni dal momento che tra i teorici del diritto comparato, l’uso delle informazioni circa i differenti sistemi legali per scopi di codificazione è controverso. Per esempio il mero fatto che più Stati adottano una certa soluzione in una data materia, non comporta che necessariamente quella risulti migliore delle altre. Il comparatista non dà giudizi sui diversi sistemi di legge che vengono adottati dai vari Stati, ovvero non reputa la legge dell’uno come miglior e/o peggiore dell’altra. Piuttosto la maggior parte dei comparatisti sostiene l’idea di un “diritto comparato applicato” secondo la quale la comparazione non si risolve in

229 GEDIP, ‘Regulation x on the Law Applicable to Companies and Other Bodies’, 3rd draft 2015, available at www.gedip-

egpil.eu/reunionstravail/gedip-reunions-25.htm#. Il GEDIP si è riunito a

Firenze a Madrid e a Milano.

230 HJ Sonnenberger, proposta del gruppo di esperti di diritto internazionale privato presentata nel febbraio del 2007.

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un’attività schematica ed astratta per questo un regolamento che tenga conto delle esperienza legislative dei singoli Stati membri non deve limitarsi ad adottare soluzioni che siano condivise dai più o che rappresentino il minimo comune denominatore o la soluzione che risulti politicamente meno controversa. L’analisi comparatistica, infatti, richiede una valutazione critica degli ordinamenti, inevitabilmente deve tener conto di come operano i sistemi giuridici nella pratica e dell’incidenza dei fattori economici, politici e sociali che caratterizzano (storicamente e non) un dato Stato, sull’assetto normativo.

4.2 L’ambito di applicazione soggettivo dell’eventuale