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La spinta prodotta dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia

Dall’evoluzione giurisprudenziale, di cui abbiamo finora dato conto, emerge come la Corte abbia compiuto un deciso passo in avanti verso il riconoscimento della libertà di movimento delle società e quindi verso la realizzazione del mercato unico. Ancora una volta la Corte di Giustizia ha giocato un ruolo decisivo nella costruzione dell’integrazione europea e ha realizzato ciò che il processo di armonizzazione non era stato in grado di fare, probabilmente a causa della lentezza della attività normativa dell’Unione Europea e della difficoltà di trovare compromessi accettabili fra le posizioni dei singoli Stati membri101,

specialmente dei c.d. Stati forti (soprattutto Francia e Germania). La Corte di Giustizia, invece, grazie alla sua snellezza operativa, agli ampi poteri giurisdizionali e soprattutto alla sua indipendenza rispetto agli interessi dei singoli Stati membri, risulta, in concreto, essere il vero motore dell’integrazione europea102.

101 Ormai da più parti si registra una crisi dell’armonizzazione. Crf S.Nocella in Giur. comm., fasc.1, 2005, pag. 5:“è evidente, infatti, l'esigenza di superare l'impasse in cui versa il processo di armonizzazione, arrivato ormai ad un bivio fondamentale, spinge i giudici comunitari a trovare - - e sperimentare - - soluzioni nuove, utili anche per i legislatori interni e per quello comunitario. L'armonizzazione del diritto societario, in particolare (ma il fenomeno riguarda anche altri settori), ha vissuto recentemente un periodo d'arresto, da un lato per le difficoltà, crescenti col progredire dell'integrazione giuridica, a raggiungere punti d'incontro tra i vari Stati membri, dall'altro per una vera e propria crisi di "legittimità" del metodo stesso con cui si è tentato sinora di costruire il mercato unitario”.

102 La Corte di Giustizia svolge un ruolo “maieutico” e una funzione innovatrice: espressione di Chiti, I signori del diritto comunitario: la Corte di Giustizia e lo sviluppo del diritto amministrativo europeo, in Riv. trim. dir.

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La «dottrina Centros» nonché le recenti decisioni Cartesio, Vale e

Kornhaas hanno generato un enorme interesse nella dottrina

europea e hanno dato vita a quello che può probabilmente, definirsi come il più ampio dibattito tra gli studiosi del diritto societario europeo. Un così rilevante interessamento è dovuto a più ragioni. Innanzitutto la dottrina Centros ha dato rilievo europeo al diritto internazionale privato societario e dunque ha di conseguenza messo in discussione il potere sovrano degli Stati membri in una materia fondamentale per l’economia di un Paese come quella del governo delle società. Era opinione diffusa che il fatto che il legislatore europeo non avesse alcuna competenza istituzionale nel campo del diritto internazionale privato dovesse significare che gli Stati avrebbero conservato piena autonomia nella soluzione dei conflitti di legge in materia societaria e fossero quindi liberi di introdurre norme di conflitto al fine di impedire o limitare l’ingresso di società pseudo-straniere nei propri ordinamenti, e dirette quindi in ultima istanza ad imporre l’applicazione del proprio diritto societario a tutte le società che operassero nell’ambito del loro ordinamento. In altre parole, le costruzioni internazional-privatistiche erano da considerarsi tutte compatibili con l’ordinamento comunitario. La Corte ha, invece, compiuto grossi passi in avanti verso la realizzazione del Mercato unico e ha reso chiaro che la sovranità degli Stati membri

pubb., 1991, 814. È convinzione comune che si è consolidato ormai un filone giurisprudenziale, che è destinato proprio come è già accaduto negli anni 1960 con le sentenze Dassonville e Cassis de Dijon in materia di circolazione delle merci, a dare origine ad un’importante fonte di diritto pretorio, integrativo e limitativo del diritto nazionale. In proposito, v. Benedettelli: Mercato comunitario delle regole e riforma del diritto societario italiano, Riv. Soc, fasc.4, 2003, pag. 699.

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nel campo del diritto internazionale privato trova un limite nel rispetto delle libertà europee. Questo principio ha messo in crisi la compatibilità con il diritto europeo di alcune costruzioni internazional-privatistiche diffuse in numerosi Stati membri (soprattutto, la teoria della sede reale) o delle legislazioni contro le società pseudo-straniere anch’esse piuttosto diffuse103.

Un’ulteriore ragione del forte interesse per tale ricostruzione giurisprudenziale è data dal fatto che la Corte ha effettivamente legittimato il c.d. arbitraggio normativo104 soprattutto di diritto

societario e/o fallimentare, ossia la possibilità per gli imprenditori che vogliono costituire una società commerciale di scegliere fra le legislazioni degli ordinamenti europei quella che ritengono più vantaggiosa, senza che al riguardo sia necessario

103Le questioni internazional-privatistiche connesse alla «dottrina Centros» hanno appassionato specialmente ricercatori tedeschi essendo la Sitztheorie tedesca uno dei maggiori bersagli della decisione Centros. In realtà in Uberseering, considerata il punto d'arrivo della giurisprudenza comunitaria, è stata confermato l’orientamento intermedio della Corte sul rapporto tra diritto comunitario e Sitztheorie: V. a tal proposito, le lucide e convincenti riflessioni di Ballarino, Sulla mobilità delle società nella Comunità Europea. Da Daily Mail a Überseering: norme imperative, norme di conflitto e libertà comunitarie, in Riv. Soc., 2003, 684 ss. e di Wymeersch, The Transfer of the Company's Seat in European Company Law, March 2003, working paper reperibile in www.ssrn.com, che sottolinea giustamente come, alla luce della sentenza Überseering, "European company law would have taken an important step forward: the incorporation theory as such would not prevail.... For purposes of freedom of establishment, a new concept would have been introduced, which one could provisionally refer to as the Community formation theory".

104 Per la distinzione tra arbitraggio normativo e competizione tra ordinamenti giuridici v., Enriques Capitale, azioni e finanziamento della società europea: quando meno è meglio, in Riv. soc., 2003, p. 376.l’arbitraggio normativo è solo la possibilità di selezionare la disciplina applicabile al momento della costituzione (altro problema è infatti quello del cambiamento di legge applicabile durante l’esercizio dell’attività d’impresa mediante la mobilità transfrontaliera per ragioni meramente opportunistiche). La concorrenza tra ordinamenti, invece, consiste nel diverso fenomeno dell’atteggiamento degli Stati membri dinanzi alla possibilità che gli altri Stati scelgano la legge applicabile.

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che la società abbia con l’ordinamento prescelto un collegamento effettivo diverso rispetto alla mera costituzione. In questo modo si è evidentemente aperto il mercato unico al fenomeno che negli Stati Uniti viene tradizionalmente definito come “competizione fra ordinamenti societari” e che stimola l’interesse dei giuristi americani ormai da più di un secolo105. Stando a questa visione,

da un lato, gli Stati membri più “libertari” realizzerebbero un incremento delle proprie entrate fiscali a seguito del trasferimento delle nuove società presso di sé; dall’altro lato, le società a seguito del trasferimento sarebbero beneficiarie di regimi societari più flessibili e favorevoli rispetto a quelli previsti negli ordinamenti di provenienza106. Il Trattato, come abbiamo

esaminato sopra, non prevede esplicitamente una concorrenza fra ordinamenti per il diritto societario107 ma è stato interpretato

nel senso che l'esercizio del diritto di stabilimento, in esso garantito, ha la conseguenza pratica di dar luogo ad una possibile "domanda" per tipi societari esteri e quindi, in presenza di offerta da parte degli Stati membri che applicano la teoria dell'incorporazione, ad una corrispondente "offerta" di tali tipi

105 V. Romano; Id., The Genius of American Corporate Law, Washington DC, 1993: In questo contesto, rilevano gli sviluppi teorici della Law and Economics provenienti dagli Stati Uniti, tendenti ad evidenziare una race to the top dell'American market for corporate charters.

106 Basti pensare all’esperienza Fiat (FCA), la quale ha deliberato il trasferimento della sede legale in Olanda e fiscale in Gran Bretagna in quanto gli ordinamenti di destinazione prevedono dei modelli societari più favorevoli rispetto a quello italiano.

107 In senso contrario sembra potersi affermare che la competizione fra gli ordinamenti degli Stati membri si configura come portato del principio di sussidiarietà ex art. 5, co. 2, Trattato CE. La preclusione all'intervento comunitario (e, quindi, in ipotesi, la possibilità di un libera concorrenza fra ordinamenti) ricorre infatti qualora "gli obiettivi dell'azione prevista... possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri", mentre nel caso di specie è proprio tale presupposto che occorre dimostrare.

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societari. Questa interpretazione ha portato molti studiosi di diritto societario ad interrogarsi se sia preferibile intensificare il processo di armonizzazione del diritto europeo in modo da rendere il principio della libertà di mobilità delle società in ambito europeo meno problematico da accettare per tutti gli Stati membri o se sia piuttosto meglio favorire l’autonomia degli Stati membri nella creazione del diritto societario e aprire in tal modo ad una vera e propria concorrenza tra ordinamenti giuridici. Innanzitutto in Europa non vi sono uniformità di vedute su quest’ultima. Esistono infatti, due diversi orientamenti in dottrina sulla desiderabilità o meno del meccanismo della competizione regolamentare e dunque del processo di armonizzazione negativa108 della deregulation. Una parte della dottrina109, ritiene

inevitabile prestare attenzione ai rilievi teorici elaborati negli Usa110 e seguendo la teoria della business corporation, propria

dell'analisi economica del diritto e la derivante concezione del diritto (societario) come elemento regolatore, essenzialmente contrattuale: il diritto (societario) non è altro che uno strumento

108 Essa consiste nell’enunciare principi funzionali alla piana attuazione del principio del mutuo riconoscimento e al forte ridimensionamento di una serie di regole nazionali che, mirando ad impedire la scelta del diritto societario applicabile da parte delle società e dei soci, sono state ritenute ingiustificatamente limitative della libertà di stabilimento sancita dai trattati: definizione di Enriques, Zorzi, armonizzazione e arbitraggio normativo nel diritto societario europeo, Rivista delle società, fasc.5, 2016, pag. 775. Anche, Colangelo, Verso un nuovo mercato delle regole?, in Rivista di diritto civile, sezione massime commentate, 2011.

109 Cfr. Lombardo in La libertà comunitaria di stabilimento delle società dopo il ‘‘caso Uberseering’’: tra armonizzazione e concorrenza fra gli ordinamenti, in Banca, Borsa, 2003, 456 e segg.

110 Il dibattitto ha origine negli Usa, alimentato dal caso Deleware, Stato nel quale ancora oggi – anche se si registra una lieve discesa, vedi Subramanian, the disappearing Deleware effect, Harvard Law School, Discussion Paper n.391 (2002) in http://www.law.harvard.edu/programs/olin_center/

risultano incorporate oltre il 40 % delle società quotate a Wall Street, grazie ad una regolamentazione societaria business-friendly.

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per la regolazione di agency problems e, più precisamente, di regolazione in termini di minimizzazione di agency costs, e di transaction costs che ha come scopo ultimo quello di minimizzare i costi del capitale. Quindi è solo da un confronto fra sistemi di diritto (societario) diversi, volto alla comparazione della relativa efficacia di ognuno di essi a minimizzare tali agency costs e in ultima analisi il costo del capitale, che si potranno avere benefici in termini di efficienza sociale complessiva. Sulla base di tali studi, anche in Europa, la concorrenza tra ordinamenti è stata interpretata nel senso di una gara al miglioramento (race to the top theory) del diritto societario europeo. In altre parole gli Stati membri grazie al lex shopping non sarebbero propensi a ridurre le tutele a favore degli investitori, ma al contrario sarebbero inclini al miglioramento del livello qualitativo del diritto societario, eliminando ogni possibile ostacolo allo stabilimento. Stando così le cose la concorrenza fra ordinamenti ha il solo scopo di migliorare il livello di efficienza e di integrazione dei singoli diritti societari.

L’attuale dottrina europea si oppone a tale concezione, in quanto preoccupata che tale concorrenza tra gli ordinamenti provochi una “gara a ribasso o race to bottom”, nel senso di un peggioramento del livello qualitativo del diritto societario europeo, a fronte delle minori garanzie e tutele in favore dei terzi e dei soci di minoranza. L’estremizzazione della “gara al ribasso” determinerebbe l’effetto Deleware111 il quale, come accaduto

111 Il fenomeno dell’incorporation nel Delaware è strettamente legato allo sviluppo del diritto e della società americana della seconda metà dell’Ottocento. Fra il 1800 ed il 1870 le società per azioni ebbero un fortissimo sviluppo, richiedendo un notevole e continuo intervento ed adattamento normativo, teso, fra l’altro ad evitare fenomeni di investimento azzardato, che potevano avere rilevanti conseguenze sia sugli investitori, sia sulla collettività,

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nell’esperienza americana degli anni sessanta, spingerebbe un numero elevato di società a lasciare il proprio ordinamento di provenienza per emigrare verso ordinamenti più flessibili. Tale dottrina ritiene le differenze fra i sistemi di diritto societario come fonte di una Wettbewerbsverzerrung, ossia come alterazione delle regole del gioco e delle condizioni di concorrenza nelle quali le imprese dovrebbero operare. Le società, strutturate sulla base di un diritto armonizzato, sarebbero invece liberate da svantaggi comparati e opererebbero sullo stesso piano regolamentativo: ciò al fine di non falsificare il gioco della concorrenza fra tipi societari e quindi fra ordinamenti societari nel mercato interno. Dunque i sostenitori di tale tesi sono accusati dai teorici della business company di proporre, sul piano europeo, almeno inconsapevolmente, una "cartelizzazione", considerata come funzionale alla realizzazione del mercato interno, da attuarsi mediante armonizzazione, al fine di evitare, appunto, concorrenza fra tipi (o regolazioni dei singoli tipi e, perciò, fra ordinamenti)112.

Se questi sono gli effetti delle sentenze della Corte sui quali la dottrina discute, nella pratica tra gli Stati membri dell’Unione Europea, si sono registrate solo in parte le precondizioni per lo

come avvenne con il «saccheggio» della ferrovia dell’Erie alla fine degli anni Sessanta del Diciannovesimo secolo. In origine, non venne però riconosciuta alle società la «cittadinanza», per evitare che ad esse si applicassero tutte le situazioni soggettive di cui godevano i cittadini In seguito, grazie ad una progressiva evoluzione della normativa, e, soprattutto, della giurisprudenza della Corte suprema, venne riconosciuta alle società, con una finzione, la cittadinanza dello Stato in cui erano state costituite.

112 Da rilevare qui, dunque, come la dottrina della Law and Economics negli Stati Uniti, non solo rifiuta l'approccio paradigmatico tradizionale, sia in termini di analisi che di risultati, ma, considerando appunto la business corporation come una nexus of contracts, teorizza una possibile decomposizione di essa in sub-nexus, potenzialmente regolabili da diversi ordinamenti, a seconda dei vantaggi comparati che ognuno di essi presenta nel regolare i diversi agency problems: Lombardo, ibidem.

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sviluppo di un mercato europeo attivo volto ad attirare la costituzione di società.

Grazie ad alcuni dati empirici che sono stati raccolti113 dal gruppo

di giuristi europei, incaricato dalla Commissione europea di realizzare uno studio sulla legge applicabile alle società, la Gran Bretagna è il Paese di destinazione di gran lunga più gettonato per numerose imprese che decidono di trasferirsi: si registra qui la presenza del più alto numero di società caratterizzate da manager stranieri che nella maggior parte dei casi sono anche titolari delle azioni della stessa. Il 60% delle società registrate in Gran Bretagna sono costituite da soggetti stranieri che però nella quasi totalità dei casi sono anche residenti in UK114. Il Regno

Unito è l’unico Stato membro che può assumere il ruolo di Deleware europeo ma almeno fin ora si è guardato bene dal farlo. Nel 2004, infatti, si registra che numerosi imprenditori continentali, specie tedeschi, vi costituirono nuove società115 per

113 I dati qui riportati sono stati raccolti da un pool di studiosi incaricati dalla Commissione europea di realizzare uno studio sulla legge applicabile in materia societaria. Nello studio viene sottolineata la difficoltà nell’entrare in possesso di tali dati, difficoltà che è stata già più volte sollevata a causa della non completezza dei registri commerciali di molti Stati membri. Per questo si è ritenuto opportuno utilizzare metodi che solo indirettamente ci permettono di fare una stima della mobilità aziendale in Europa. Dunque si è tenuto conto dei recapiti dei direttori delle società per esempio ed altri espedienti di tal genere. Anche questi metodi seppur utili comunque richiedevano un ampio e certosino lavoro di ricerca, per questo tali studiosi si sono serviti del database Orbis, il quale sembra essere al momento il più completo.

114 Basti pensare che più del 90% delle società straniere incorporate in UK sono gestite da manager che hanno la residenza in UK. Non a caso nella Sentenza Commissione c/Belgio, del 9 marzo 2000, causa n. 355/98 la Corte ha ritenuto uno ostacolo alla libertà di stabilimento la necessaria residenza dei soci della società.

115 Propriamente si trattava di mail box companies: questo è un fenomeno significativo, anche in termini statistici, ed è tanto più accentuato quanto più rilevante è la differenza tra le norme imperative di diritto societario dei rispettivi ordinamenti.

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sfuggire ai costi di costituzione e all’obbligo interno di capitale minimo. Molti Stati europei “reagirono” prevedendo tipi speciali di società con costi di costituzione ridotti116 e la bolla delle società

pseudo-straniere si è presto sgonfiata, probabilmente più per effetto del constatato costo di mantenimento di una società inglese che per l’effetto della concorrenza difensiva che gli Stati hanno adottato117e che conduce verso una tendenziale

armonizzazione dei diritti dei singoli Stati membri.

Il Regno Unito continua ad essere la meta preferita per le incorporazioni di nuove società nonostante i dati tra il 2012-2015 riportano quali mete gettonate per la localizzazione di nuove società anche la Slovacchia, la Romania, la Repubblica Ceca e l’Ungheria. A seguire ovviamente ci sono i paesi dell’Europa continentale quali la Francia e la Germania, il cui trend di incorporazioni risulta essere per lo più standard. La popolarità che stanno assumendo i paesi dell’est Europa in materia di trasferimento delle società non deve sorprenderci in quanto a seguito della caduta del comunismo, gli organi politici europei hanno inaugurato una serie di riforme nell’ambito del diritto societario che hanno incrementato il potenziale economico di questi Paesi, favorendo la costituzione o il trasferimento di

116 In Europa si è assistito per lo più ad una competizione difensiva, infatti la Germania per prima ha previsto un speciale modello societario, le c.d “German Limited” con costi di costituzione e capitale ridotto. Hanno proceduto all’abolizione del capitale minimo anche lo Stato francese a seguito della Loi pour l’initiative èconomique, Lie n.2003-721 del 1 agosto del 2003 e l’Italia, con la riduzione del capitale minimo ad 1euro per la s.r.l. semplificata e per la s.r.l. a capitale ridotto disciplinate dal d.l. del 24 gennaio del 2012, n.1 e dal d.l. 22 giugno 2012, n.83.

117 Ringe, corporate mobility in the European Union- a flash in the pan? An empirical study of the success of lawmaking and regulatory competition in ECFR, 2/2013, pag. 262.

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società straniere in tali territori118. Per verificare l’effettiva

incidenza delle decisioni della Corte è opportuno rilevare delle variazioni sullo stabilimento delle società intra-europee nel corso delle ultime due decadi e mezzo. Non si registrano ipotesi di trasferimento o di localizzazione all’estero di una società se non dopo il 2000, anno in cui tali fenomeni hanno iniziato a incrementarsi a favore della Gran Bretagna in particolare, ma anche della Germania, Francia o Danimarca. Solo dopo il 2010 e sicuramente a seguito della giurisprudenza europea, è stato coinvolto un numero più ampio di Stati. Per quanto riguarda la progressione nel tempo del fenomeno della mobilità europea nei Paesi dell’Europa orientale, è stato preso come campione la Slovacchia di cui si ha maggiore disponibilità di dati. Si registra che dal 2010 al 2014 il numero di nuove società incorporate è cresciuto notevolmente. In più si ravvisano trasferimenti di società per lo più tra Paesi confinanti: in Slovacchia sono localizzate soprattutto filiali o nuove società ungheresi, austriache, ceche. Questo riscontro ci permette di studiare le relazioni che in generale, intercorrono tra il Paese di origine e quello di destinazione della società che presenta elementi di estraneità, nonché i fattori che incidono circa l’effettivo sviluppo della mobilità transfrontaliera. I trasferimenti di società all’estero avvengono in particolare tra Paesi che presentano profonde similitudini economiche, linguistiche e sociali: dobbiamo così ammettere che nonostante le decisioni della Corte, l’esercizio

118 Basti fare una ricerca su internet per analizzare come più siti web favoriscono l’esercizio del diritto di stabilimento primario e secondario proprio a favore di tali Paesi con economie emergenti. Nei Paesi dell’Europa occidentale, gli avvocati e i notai stanno iniziando a conoscere sempre più