Un islām ascoltato
2. L’ascolto passivo: il sottofondo.
Innanzitutto, la presenza principale del testo coranico nella medina è simile a un sottofondo, a un’atmosfera, che si manifesta in due modi contemporaneamente simili e opposti. Ci sono, infatti, sparsi per la città- e chi la frequenti per qualche tempo lentamente li individuerà- alcuni uomini che praticano l’arte antica del taǧwīd, pubblicamente. C’è un cieco, molto anziano, che va in giro con il suo bastone chiedendo l’elemosina: l’ho incontrato un po’ dappertutto per la città. Egli, per tutto il giorno- perlomeno quando ha gente intorno- salmodia il Corano, alcune sure piuttosto ripetitive, probabilmente le uniche che conosce a memoria, inframezzando i brani con delle invocazioni di pietà e di compassione. Ma non è l’unico. La maggior parte dei negozi della medina sono come quelli descritti per il sūq el-Ḥenna: piccoli magazzini scavati nei muri, spesso minuscoli, con lo spazio per una sola persona che sporge appoggiata sul bancone di legno, riempito di cesti carichi di mercanzia. Fra alcuni dei venditori più anziani dei sūq più affollati ho potuto notare l’usanza di passare la giornata- raramente alleviata dalla visita di un cliente- salmodiando il Corano. Non sono i soli: mi è capitato di vederne anche di molto giovani, che leggevano direttamente dallo
smartphone e provavano a praticare le regole del taǧwīd ad alta voce. In particolare, un
Karīm, terzo colloquio (p. 274). L’ultima è una frase che ritorna nel Corano, si veda per 17
uomo sulla sessantina, vicino alla porta del sūq el-Ḥenna, passava gran parte della sua giornata rintanato nel suo minuscolo negozietto di cosmetici, curvo sul suo grosso Corano tenuto con una mano, mentre con l’altra teneva il segno. La sua voce nasale e anche un po’ stonata rimane inevitabilmente nelle orecchie di chi passa, per quanto il frastuono e il calpestìo della folla riescano a coprirla. Io pensavo, ingenuamente, che egli lo facesse per sé, per imparare a memoria il testo, per pregare. Ovviamente questa dimensione è presente, ma ce n’è anche un’altra, che mi ha fatto notare Karīm quando gli ho chiesto di lui: «Eh, legge forte. Cosicché la gente lo sente: per ciascuno che lo ascolta lui si guadagna la ricompensa. Sono intelligenti i musulmani amico mio! Parlo sul serio, ci sono certi che sono veramente svegli!» . In effetti, è logico: leggere il Corano è una 18
buona azione, e se si legge perché qualcuno lo ascolti si moltiplica la ricompensa, perché diventa un servizio alla comunità. Le voci rauche, spesso stonate, di questi uomini in giro per la medina, dunque, non sono solo altri suoni che si aggiungono al frastuono. Sono ḥasanāt messe in circolo, con il loro potere positivo. Ovviamente però, esso è limitato dalla loro entità: queste voci sfuggono facilmente all’attenzione, perché sono ancora “all’antica”, per così dire, non si sono attrezzate nella lotta dei suoni moderni- e probabilmente va loro benissimo così.
Ma c’è anche una voce coranica ampliGicata per le vie della medina, ed essa ha un ruolo di gran lunga più incisivo nel paesaggio sonoro cittadino. Abbiamo già detto della poca diffusione del taǧwīd, cioè che sono pochi coloro che saprebbero recitare correttamente il testo coranico producendo quella rinna che crea preghiera. Forse a causa di questo (o forse questo ne è una conseguenza) le persone in medina preferiscono ascoltare qualcuno che di quella rinna sia un professionista, perché ne ha fatto la sua vita. Il ruolo del moqri’, cioè del “recitatore”, c’è sempre stato nella storia islamica, in varissimi contesti (dalle occasioni di rito, legate alle feste per la circoncisione o ai funerali, Gino a contesti più quotidiani legati alla vita della moschea) , 19
Karīm, terzo colloquio (p. 273). 18
Si veda, ancora una volta, lo studio di Kristina Nelson (1985). 19
ma sicuramente oggi chi ha una bella voce in questo ambito ha una prospettiva diversa davanti. Se, quindi, certamente il taǧwīd attraversa una fase di decadenza rispetto alla diffusione del suo insegnamento, d’altra parte questa è una grande epoca per i recitatori, adulti o bambini. La “voce angelica” di cui parlava Yūnes nello scorso paragrafo si riferiva a quegli innumerevoli bambini (è facilissimo trovarli su You Tube, per esempio) che già a sei anni salmodiano il Corano in maniera commovente . Si tratta di una 20
diffusione capillare a livello mediatico: i canali religiosi non si limitano alla televisione e alla radio, ovviamente, ma si trovano in rete, fra piattaforme come You Tube e siti dedicati, con l’opzione di download di tutte le sure recitate da un solo moqri’. C’è un’intera carriera davanti a un buon recitatore, e alcuni hanno addirittura il proprio canale televisivo, con la loro recitazione e delle composizioni poetiche cantate da loro (našīd). Karīm, in una nostra conversazione , ha paragonato Mišārī el-‛Affāsī- uno dei 21
più famosi di questi recitatori- a Gianluigi Buffon: oltre alla professionalità , questo è il grado di fama che riescono a raggiungere.
Ebbene, questo tipo di recitazione, molto più bella e coinvolgente della voce stonata e nasale di un venditore di cosmetici, è una dei protagonisti della vita sonora nella medina. In ogni momento della giornata la recitazione registrata di un moqri’ dalla voce d’oro è accessibile all’orecchio del passante, da ogni fonte sonora possibile. La radio, la televisione- immancabile in ogni negozio, per poter passare il tempo inGinito di una giornata- gli smartphone: il Corano compete a testa alta, a livello sonoro, con tutte le altre “voci” mediatiche. Pur non avendo condotto uno studio quantitativo su questo, posso affermare che per grosso modo la metà della giornata qualunque ascoltatore della medina ha nelle orecchie una recitazione di questo tipo, con dei picchi elevati soprattutto la mattina e la sera, dove il concerto coranico si fa predominante rispetto ad altri momenti della giornata. Si capisce allora, in virtù di questo ruolo di atmosfera che Esistono delle prestigiose competizioni internazionali, diffuse soprattutto nei paesi del Golfo, 20 in cui i marocchini peraltro si distinguono. Si veda per esempio il “Bahrain International Qur’an Competition”, sul sito el-Qārī el-‛Ālī. International Qur’an Competition, consultato il 24 novembre 2017. Si veda Karīm, terzo colloquio (p. 276). 21
crea la voce dei recitatori, come io abbia da subito comparato l’ascolto del Corano e l’ascolto della musica, insieme ai miei interlocutori. Esso, infatti, non è assolutamente la sola presenza sonora: come si è detto, deve competere con la musica di tutti i tipi, innanzitutto, con la televisione e con vari programmi della radio. Il ventaglio è ampio, e per questo la scelta diventa signiGicativa. Per esempio, molti caffè, appena aperti la mattina non sintonizzano la radio sul Corano, bensì sulla musica araba orientale degli anni sessanta-settanta (Umm Kultūm, Fayrūz etc.). Al sūq el-Ḥenna, però, è il Corano ad accompagnare il lavoro della mattina presto. Ne ho parlato con Yūnes:
Allora tiro fuori il Corano: “molti lo mettono la mattina”, gli dico. E lui: “Certo, anch’io lo metto ogni mattina, appena arrivo qui. Ti dà quella hudna, quella calma. La parola di Dio è piacevole, ti fa cominciare la giornata byaḍ (bianco, puro)” . 22
Credo che queste parole siano interpretabili alla luce di quanto detto nello scorso paragrafo sulle ḥasanāt: cominciare la giornata- già inaugurata dalla rinna dell’adān e dalla preghiera Gin dalle prime luci dell’alba- con la parola di Dio aiuta a creare un’atmosfera nella quale si tende alle opere di bene; il foglio in cui scrivono gli angeli, sulle spalle, è ancora bianco. La mattina- mentre si rassetta il negozio e si scopa per terra- non si cerca ancora la tranquillità che ben conosciamo, quella dell’incontro vero e proprio, ma una semplice calma, un’atmosfera che indirizzi la giornata per il verso giusto. Si tratta di quello che chiamerei un “ascolto passivo”. Non sono tanto le parole particolari del testo che si ascoltano, in questo caso, bensì una voce “angelica”, che rimanda la mente del fedele alla grandezza di Dio e all’umiltà, operante nel clima della giornata che si vive. Inevitabilmente, dopo qualche minuto che la radio o la televisione sono accese, sintonizzate da più parti sul Corano, esso cade in un secondo piano di ascolto, involontario, passivo. È qui che esso diventa sottofondo, atmosfera, che non si nota più, Gin quasi a diventare scontato, indifferente, forse anche poco curato.
Dalla conversazione trascritta sul diario di campo del 17 dicembre 2016. 22
Ho già parlato negli scorsi capitoli di una certa noncuranza che sembra regnare nella medina. In questo contesto ritorna un tratto di tale atteggiamento: è completamente irrilevante, per esempio, il mezzo che ampliGica la voce del moqri’, o che le casse gracchino o lo trasmettano male. E quando provavo a chiedere maggiori dettagli riguardo a questa pratica, la risposta era sempre vaga, e subito rimandata ad altro. Un buon esempio è una conversazione con Karīm:
Federico: Ma quand’è che ascolti il Corano?
Karīm: In ogni momento! Quando vado a dormire di notte, oppure la mattina, a pranzo mentre mangio, oppure quando sto da solo, può succedere che io sia nervoso…
F: Cioè non c’è un tempo stabilito.
K: No non c’è... Qualcuno lo legge al mattino… Ma quando cominci a leggere il Corano la vita migliora un po’… Ti tranquillizzi, migliori. Non è come i libri: leggi una bella storia, certo, nutri il cervello… Cappuccetto rosso e il lupo, la conosci? [Ride]. Sono storie belle, certo, ma la leggi oggi, la leggi domani, alla Gine la storia la conosci. Il Corano ogni volta che lo leggi, aggiungi sempre qualcosa, continui a capire una cosa in più, ad approfondire… 23
Questo tipo di risposta pare dirci, con chiarezza, che non è importante quando o come si ascolta il Corano: esso è una presenza costante e continua, in quasi tutti i momenti della giornata, e non se ne discute. Il punto più importante è tuttavia quello che ho lasciato tra parentesi nello scorso paragrafo: cosa sia, cioè, questo libro, che cosa rappresenti, il suo statuto teologico.