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L’eventuale certificazione del modello: commento alla proposta

Sulla questione della certezza della valutazione giurisdizionale della idoneità del modello e dell’omogeneità dei criteri utilizzati si deve segnalare un progetto di legge proposto dall’Agenzia di Ricerche e Legislazione (AREL) e supportato dal Ministero della giustizia. Tale progetto550, mediante l’introduzione di un nuovo articolo (il 7-bis),

prevedeva lo strumento della certificazione o attestazione preventiva551,

come metodo volto a concretizzare l’aspettativa dell’ente ad un esito favorevole del procedimento a suo carico552.

La proposta ha ricevuto molte critiche, condivisibili a parere di chi scrive; ma prima di andare ad analizzarle, si ritiene opportuno fare un breve approfondimento sulla disciplina prevista nel progetto e, in particolare, sulla procedura di certificazione.

Il comma 1 dell’art. 7-bis introduceva, expressis verbis, l’esclusione della responsabilità della società, il cui modello fosse stato ritenuto idoneo sulla base di una «regolare certificazione […] sempre che il modello concretamente attuato corrisponda al modello certificato e non siano sopravvenute significative violazioni delle prescrizioni che abbiano reso manifesta la lacuna organizzativa causa del reato per cui si procede553».

550 Oltre a prevedere una modifica dell’art. 6, in materia di onere della prova. V. supra, cap. II, par. 3.

551 S. MANACORDA, op. cit., p. 100, definisce la certificazione come «l’asseverazione anticipata della sua idoneità preventiva ad opera di soggetti privati investiti di funzioni di attestazione della regolare conformità dei contenuti» e rileva come, nel nostro ordinamento, vi sia un precedente settoriale dell’attestazione preventiva: l’asserevazione dell’idoneità e dell’efficace attuazione dei modelli di organizzazione e gestione della sicurezza, ai sensi del comma 3-bis dell’art. 51 del d.lgs. 81/2008.

552 S. BARTOLOMUCCI, Lo strumento della certificazione e il d.lgs. 231/2001: polisemia ed interessi sottesi nelle diverse prescrizioni normative, in Riv. resp. amministrativa soc. ed enti, 2011, n. 2, p. 52.

553 G.M. FLICK, Le prospettive di modifica del d.lgs. 231/2001, in materia di responsabilità amministrativa degli enti: un rimedio peggiore del male?, in

L’ente, in presenza di queste tre condizioni (l’avvenuta certificazione, la congruenza fra il modello attuato e quello certificato e l’assenza di significative violazioni), avrebbe avuto la sostanziale certezza di non incorrere in sanzioni554 . A ciò, si aggiungeva

l’esclusione dell’applicabilità delle sanzioni interdittive a titolo cautelare «salvo che non (ricorressero) esigenze cautelari di eccezionale rilevanza».

Alla possibilità di richiedere la certificazione del modello nella sua interezza si affiancavano le ipotesi di attestazione parziale (riguardante, cioè, singole procedure) e di attestazione in itinere555 (id est, delle procedure in corso per l’impianto di modelli preventivi; «in tal caso la certificazione, in attesa di quella finale, (avrebbe avuto) efficacia provvisoria, escludendo la responsabilità dell’ente solo per il tempo necessario all’impianto dei modelli e nei limiti in cui (fosse risultata) espressione certa della volontà dell’ente medesimo di prevenire il fatto di reato rilevante»), disciplinate dal comma 2 dell’art. in esame.

Il progetto di legge affidava la funzione di rilascio dell’attestazione a soggetti privati, professionisti abilitati e iscritti in un apposito albo556,

assoggettati al controllo pubblico557, che venivano, dunque, a rivestire

una posizione paragonabile a quella di un pubblico ufficiale o di un

Cassazione Penale, 2010, n. 11, p. 4036 afferma che il regime delle eccezioni non sembrerebbe pienamente coordinato con la lista dei presupposti fondanti la responsabilità stessa.

554 A. SERENI, op. cit., p. 129.

555 S. BARTOLOMUCCI, op. cit., p. 55 ritiene che la certificazione parziale «possa configurarsi esclusivamente rispetto a procedure e sistemi precauzionali autonomi ed indipendenti, la cui operatività non resti condizionata da altri componenti del Modello.»; con riguardo all’attestazione in corso d’opera, invece, afferma: «a parte la “psicologica” verifica richiesta circa la veridica volontà dell’ente a prevenire i reati, osserviamo che la Giurisprudenza non ha mai valorizzato ai fini della concessione della scriminante la mera intenzione, o l’iniziale attivazione (ante reato) di un adeguamento al d.lgs. 231, richiedendo invece (correttamente) non solo l’avvenuta predisposizione del Modello, ma finanche la formale deliberazione dell’organo amministrativo di adozione ed implementazione di esso».

556 S. MANACORDA, op. cit., p. 103.

557 A. IANNINI, L’impresa e la crisi economica: analisi e prospettive alla luce delle proposte di modifica della 231/2001, cit., p. 190.

incaricato di pubblico servizio, «ossia di un soggetto che fornisce un contributo concreto alla realizzazione di finalità inerenti al servizio pubblico, quale sarebbe (stato) in questo caso»558.

A garanzia dell’attendibilità della certificazione e come contrasto a possibili abusi da parte dei certificatori, il progetto prevedeva particolari ipotesi di falsa attestazione559. Si trattava però di ipotesi di difficile

accertamento, in quanto un siffatto «giudizio prognostico su un evento incerto»560 non si sarebbe potuto prestare ad una valutazione “secca” di

falsità/verità561.

Le critiche maggiormente mosse al progetto riguardavano due particolari questioni: l’opportunità di un siffatto strumento in relazione al carattere dinamico che, inevitabilmente, connota un modello organizzativo e l’asserita vincolatività dello stesso nei confronti dell’autorità giudiziaria562.

Con riguardo al primo profilo, alcuni interpreti563 hanno sottolineato

come il sistema proposto avrebbe presentato un carattere di eccessiva staticità, a meno che non si fosse proceduto, con un cospicuo costo per la persona giuridica, ad un continuo monitoraggio della concreta realtà

558 M. BORTOLOTTO, D.lgs. 231/2001: quale ruolo per i modelli organizzativi certificati?, in Riv. resp. amministrativa soc. ed enti, 2011, n. 1, p. 181.

559 « 2. Il certificatore che, con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alle sue funzioni, dichiarando falsamente la idoneità del modello preventivo dei reati da cui dipende la responsabilità dell’ente, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto profitto o arreca ad altri un danno ingiusto è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. 3. Fuori dei casi previsti dal comma 2, il certificatore che, con attestazione non conforme al vero, dichiari consapevolmente o con colpa grave che sussistono i presupposti dell’idoneità del modello è sanzionato con la sospensione fino a due anni dall’attività di certificazione e, nei casi più gravi, con l’interdizione definitiva.»

560 A. SERENI, op. cit., p. 128.

561 V. MONGILLO, op. cit., p. 95, secondo il quale sarebbe stato più opportuno prevedere una valutazione «in termini di correttezza-verosimiglianza/non correttezza- inattendibilità».

562 M. COLACURCI, op. cit., p. 78, riconosce come un tale sistema rischierebbe di dar origine ad un «mercato delle certificazioni».

563 M. COLACURCI, op. cit., p. 79; G.M. FLICK, op. cit., p. 4036; V. MANES - A. TRIPODI, op. cit., p. 165; V. MONGILLO, op. cit., 95.

societaria, con un susseguirsi di modifiche e adattamenti che seguissero le novelle legislative, l’introduzione di nuove tecnologie, l’emersione di profili critici nella struttura organizzativa interna, nuovi filoni giurisprudenziali, etc.

Sicuramente la critica più solida e diffusa era quella che riguardava la valenza processuale della certificazione, in particolare si discuteva la possibilità di privatizzare, oltre alle regole cautelari, anche il giudizio sulla loro efficacia564.

L’art. 7-bis avrebbe introdotto una particolare presunzione quasi- assoluta di idoneità565 del modello organizzativo, potendo il giudice, al

massimo, riscontrare una difformità tra il modello concretamente adottato e quello certificato 566 , oppure riscontrare le già citate

«significative violazioni delle prescrizioni» ovvero sindacare la regolarità567 dell’attestazione.

La certificazione avrebbe, in ogni caso, attestato la mera idoneità preventiva del modello, residuando nella piena discrezionalità dell’autorità giudiziaria l’esame circa l’efficace attuazione dello stesso568.

564 G.M. FLICK, op. cit., p. 4036.

565 Con possibile esposizione dell’intera disciplina a censure di incostituzionalità per contrasto con il principio di legalità. Si vedano M. BORTOLOTTO - V. CORINO, op. cit., p. 115; D. CIMADOMO, op. cit., p. 256; V. MANES - A. TRIPODI, op. cit., pp. 164-165.

566 S. MANACORDA, op. cit., p. 105; V. MANES - A. TRIPODI, op. cit., p. 164; V. MONGILLO, op. cit., p. 91.

567 A riguardo, G.M. FLICK, op. cit., p. 4037 propone due diverse qualificazioni della regolarità: in termini formali o sostanziali. Perché sussista la prima, basterebbe che la certificazione venisse rilasciata da un soggetto autorizzato e nelle forme prescritte dalla legge. Nel caso in cui si adottasse una definizione della regolarità come sostanziale l’attestazione non avrebbe effetto ove fosse inattendibile.

568 G. FIDELBO, op. cit., p. 192; V. MONGILLO, op. cit., p. 94; C. PIERGALLINI, op. cit., p. 862; A. SERENI, op. cit., p. 128. In senso contrario si veda S. BARTOLOMUCCI, op. cit., p. 53, che definisce «riduttiva la lettura proposta dai primi commentatori, secondo i quali la certificazione attesterebbe esclusivamente l’idoneità astratta del Modello, non anche la sua attuazione».

A parere di chi scrive, sono fondate le ragioni di quella dottrina569

che qualifica come unica possibilità di introduzione di un sistema di certificazione570 nel nostro ordinamento quella di riconoscere alla stessa

una validità solo sul piano probatorio-motivazionale, simile a quella che deriva dalla conformità di un modello ai codici di comportamento571; in

altri termini, di fronte ad un modello certificato, il giudice si troverebbe investito di un onere motivazionale rafforzato, nel caso in cui ritenga di censurare l’avvenuta certificazione.

569 In particolare, G. FIDELBO, op. cit., p. 193, che parla di «sistema di validazione flessibile».

570 M. ZALIN, È opportuno introdurre un sistema di certificazione dei modelli 231?, in Riv. resp. amministrativa soc. ed enti, 2018, n. 4, p. 93, ritiene che «permanga spazio per l’esigenza di introdurre un sistema di certificazione del Modello organizzativo, che sia però limitato e accuratamente mirato nei contenuti».

CAPITOLO V

L’INDISPENSABILITÀ DI FATTO DEL MOG: IL

MODELLO EX ANTE, QUELLO POSTUMO E IL

NECESSARIO AGGIORNAMENTO. L’ESPERIENZA

DELLE PMI.

SOMMARIO: 5.1 L'adozione del modello organizzativo: onere o obbligo? La posizione degli organi societari. - 5.2 Il modello post

factum e le sanzioni. - 5.3 La messa alla prova nel processo de societate. - 5.4 Il necessario aggiornamento del modello. - 5.5 Il

modello di organizzazione e gestione nelle piccole-medie imprese. - 5.6 Conclusioni.

5.1 L'adozione del modello organizzativo: onere o obbligo? La