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La messa alla prova nel processo de societate

620 E. GALLUCCI, L’esecuzione, in Reati e responsabilità degli enti. Guida al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, cit., p. 642.

Nonostante la delineata inevitabilità di fatto della dotazione di un modello di organizzazione idoneo ed efficace, la realtà pratica, dopo più di tre lustri di vigore del decreto 231, ha evidenziato come la spinta a dotarsi di modelli, fondata sulla promessa di benefici sul piano della responsabilità e su quello sanzionatorio, abbia prodotto effetti di gran lunga minori rispetto a quelli sperati dal legislatore delegato, ridimensionando l’aspirazione preventiva dell’intero sistema621.

In dottrina si è auspicata, in particolare dopo l’entrata in vigore della legge 28 aprile 2014 n. 67 che ha introdotto la sospensione con messa alla prova anche per i soggetti maggiorenni, l’estensione di tale strumento anche con riferimento alle persone giuridiche, riconoscendo in questo una particolare forma di impulso verso forme di appropriata e seria organizzazione622.

A riguardo si deve registrare la presenza di una ordinanza del tribunale di Milano del 27 marzo 2017 623 che ha decretato

l’inammissibilità dell’estensione dell’istituto della messa alla prova agli enti.

In sostanza, il giudice milanese, pur accennando alla riconosciuta natura mista dell’istituto (circostanza che si ricava anche dalla duplice disciplina contenuta sia nel codice penale che nel codice di rito), afferma che vada soprattutto riconosciuta preponderante la parte sostanziale della messa alla prova come «trattamento sanzionatorio non detentivo».

621 Si veda G. FIDELBO - R.A. RUGGIERO, Procedimento a carico degli enti e messa alla prova: un possibile itinerario, in Riv. resp. amministrativa soc. ed enti, 2016, n. 4, p. 9 e ss.; M. RICCARDI - M. CHILOSI, La messa alla prova nel processo “231”: quali prospettive per la diversione dell’ente?, in Diritto Penale Contemporaneo, 2017, n. 10, p. 47 e ss.

622 Al riguardo si rimanda a G. FLORA, relazione: “Misure punitive, misure probatorie e riparatorio-conciliative nel sistema della responsabilità degli enti”, al convegno “Responsabilità da reato degli enti e principi costituzionali”, tenutosi a Napoli il 19 maggio 2018, reperibile al seguente indirizzo internet: https://www.radioradicale.it/scheda/541801/responsabilita-da-reato-degli-enti-e- principi-costituzionali.

623 Trib. Milano, Sezione IX penale, ordinanza del 27 marzo 2017, in www.rivista231.it.

Ed è da questa qualifica in termini prettamente sostanziali che deve rilevarsi, secondo quanto disposto da tale ordinanza, la contrarietà al principio di riserva di legalità (come fissato dall’art 25, comma 2, della nostra Costituzione 624 ), principio dal «carattere assoluto quanto

all’individuazione della pena». Di conseguenza, il giudice milanese esclude l’applicabilità in via analogica dell’istituto in esame.

Viceversa, la dottrina aperta alla estensione dell’applicazione della messa alla prova anche alle persone giuridiche sottolinea la non recessività, all’interno della natura bifronte dell’istituto, della parte processuale che connota l’istituto nei termini di modalità di definizione alternativa della vicenda processuale625.

Così, evidenziata l’importanza processuale della messa alla prova, si tratta di passare al vaglio di compatibilità, richiesto dagli articoli 34 e 35 del decreto per l’estensione della disciplina del codice di rito, gli articoli del Titolo V bis (« sospensione del procedimento con messa alla prova») del libro VI del codice di procedura penale e gli articoli 168 bis, ter e

quater del codice penale.

Innanzitutto, andando ad analizzare le finalità dell’istituto così come disciplinato dal codice di rito, vengono in rilievo gli scopi riparatori ed eliminatori delle conseguenze dannose del fatto illecite; ma tali finalità sono proprie anche di “procedimenti” propri del decreto 231: parliamo, con tutta evidenza, delle risultanze degli articoli 12, 17 e 49 cioè della possibilità che l’ente tragga benefici sul piano sanzionatorio dalla riparazione delle conseguenze dannose, derivanti dall’illecito amministrativo dipendente da reato, e dall’adozione postuma di un modello organizzativo.

Si può, ora, passare ad enucleare quelli che potrebbero essere le condizioni di applicazione dell’istituto della messa alla prova ad un ente. L’art 168-bis del codice penale richiede, come condizione di accesso alla probation, che si tratti di «reati puniti con la sola pena edittale

624 «Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso».

pecuniaria o con la pena edittale detentiva non superiore nel massimo a quattro anni, sola, congiunta o alternativa alla pena pecuniaria, nonché per i delitti indicati dal comma 2 dell'articolo 550 del codice di procedura penale, l'imputato può chiedere la sospensione del processo con messa alla prova». La dottrina richiamata riconduce tale limite edittale al reato-presupposto, non comportando, in tal senso, particolari problemi di adattabilità.

Perché il risultato della prognosi giudiziale sulla «pericolosità organizzativa»626 (come richiesto dall’art. 464-quater c.p.p.) abbia esito

negativo e quindi possa essere disposta la messa alla prova, è necessario che l’ente, che effettua la richiesta, abbia già adottato un modello di organizzazione e gestione che sia, però, risultato inidoneo.

In altri termini, si ritiene condizione imprescindibile che la persona giuridica abbia preventivamente manifestato la propria intenzione di darsi una struttura organizzativa volta a prevenire la commissione dei reati, cosicché l’istituto non si configuri come modalità di fuga dal processo per l’ente radicalmente negligente (risulta, quindi, differente il campo di applicazione, nonostante le comuni finalità, rispetto a quello degli articoli 12, 17 e 49 del d.lgs. 231).

L’articolo 168-bis afferma che «1. La messa alla prova comporta la prestazione di condotte volte all'eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose derivanti dal reato, nonché, ove possibile, il risarcimento del danno dallo stesso cagionato. Comporta altresì l'affidamento dell'imputato al servizio sociale[…]. // 2. La concessione della messa alla prova è inoltre subordinata alla prestazione di lavoro di pubblica utilità».

Delle tre condizioni627 poste per la concessione della sospensione,

quella che pone meno problemi di adattabilità alla persona giudica è la prima, cioè la componente compensativo-reintegrativa: l’ente dovrà porre in essere quelle condotte (compresa la devoluzione dell’eventuale

626 G. FIDELBO - R.A. RUGGIERO, op. cit., p. 19.

profitto del reato) necessarie per elidere o attenuare le conseguenze dannose.

Per quanto riguarda l’affidamento al servizio sociale, condizione che rappresenta il «vero “cuore pulsante” dell’inedita prova cui si propone di sottoporre l’ente628», il programma, concordato con l’U.E.P.E.

(ufficio per l'esecuzione penale esterna), avrà ad oggetto, in particolare modo, l’adozione e l’implementazione di tutti quegli strumenti e misure necessarie in vista di una riorganizzazione efficace dell’ente, nell’ottica di un suo ravvedimento e di una sua rieducazione.

In altre parole, il modello organizzativo prenderebbe nuovamente la sua posizione al centro della scena, costituendo parte fondamentale ed integrante del programma e della messa alla prova.

In ultimo, la condizione della «prestazione di lavoro di pubblica utilità» potrà dirsi soddisfatta da parte dell’ente, se questo procedesse a porre in essere un impegno sociale volto alla riparazione dei costi sopportati dalla collettività a causa della realizzazione del fatto illecito, mediante anche l’organizzazione di corsi di formazione attinenti presso gli istituti scolastici.

Al procedimento avverso l’ente si estenderebbe il divieto, previsto dall’art. 168-bis, comma 4, di concessione dell’istituto per più di una volta, quindi questo resterebbe precluso all’ente che ne avrebbe già usufruito in precedenza.

Per quanto riguarda il procedimento di richiesta e di valutazione si rinvia, salvo i necessari adattamenti richiesti dalla natura di persona giuridica, alle disposizioni del codice di rito629.

In conclusione, a detta di chi scrive l’eventuale (ed opportuna630)

estensione, nei confronti dei soggetti destinatari della disciplina del

628 M. RICCARDI - M. CHILOSI, op. cit., p. 64.

629 Si veda inoltre, G. FIDELBO - R.A. RUGGIERO, op. cit., pp. 23-24

630 P. DI GERONIMO, L’estensione all’ente della disciplina in tema di tenuità del fatto, messa alla prova ed estinzione del reato per condotte riparatorie, in Riv. resp. amministrativa soc. ed enti, 2018, n. 4, p. 57, esclude la compatibilità della sospensione del procedimento con messa alla prova con la responsabilità degli enti, in quanto

d.lgs. del 2001, della normativa in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova, oltre a garantire a quegli enti che si dimostrerebbero potenzialmente virtuosi631 una via di fuga dal processo

con la garanzia di ottenere la dichiarazione di estinzione dell’illecito amministrativo, darebbe nuova linfa allo strumento principe del sistema 231, che vedrebbe ulteriori risvolti applicativi, oltre a quelli previsti dalla disciplina delegata al modello adottato ante factum e a quello postumo.