Come è possibile desumere dalla denominazione di “Responsabilità
amministrativa per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato”, il
momento genetico per l’affermazione della responsabilità dell’ente è la commissione di un reato. Non un reato qualsiasi, però, ma soltanto uno di quelli previsti dal d.lgs. 231 agli artt. 24 e ss., in ossequio al principio di tassatività e determinatezza (v. supra par. 5). A tal riguardo, nel corso degli anni, abbiamo assistito ad una proliferazione del numero dei c.d. reati-presupposto.
L’opzione originaria era quella di punire i fatti ascrivibili all’area della criminalità d’impresa e non anche a quella della criminalità organizzata; inoltre, in un primo momento, si presero in considerazioni solo forme delittuose dolose. In particolare dalle sole due ipotesi di reato previste dalla versione originaria del d.lgs. 231 (il riferimento è all’art. 24, «Indebita percezione di erogazioni, truffa in danno dello Stato o di un ente pubblico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Stato o di un ente pubblico» e all’art. 25, «Concussione e corruzione»), si è passati, anche per effetto di novelle attuative di obblighi internazionali, alle diciotto disposizioni odierne.
Ad oggi, il catalogo dei reati-presupposto si presenta come un elenco di reati eterogenei, talvolta poco coerenti con l’esercizio dell’attività
d’impresa107, e tale da includere anche reati di criminalità organizzata108,
in contrasto con l’impostazione originaria109.
Un accenno merita la legge 3 agosto 2007, n. 123, rubricata «Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e delega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia», il cui articolo 9 ha comportato l’introduzione dell’art 25-septies: «Omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime, commessi con violazione delle norme antinfortunistiche e sulla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro», cioè la prima fattispecie colposa ad entrare a far parte del novero dei reati-presupposto del d.lgs. 231.
L’introduzione dei reati colposi ha comportato non poche problematiche interpretative e di applicazione della normativa predisposta dal d.lgs. 231, inizialmente pensata per le sole fattispecie dolose110.
107 A. ALESSANDRI, Diritto penale e attività economiche, cit., p. 208; G. TARTAGLIA POLCINI, Il catalogo dei reati presupposto e il suo ampliamento, in Riv. resp. amministrativa soc. ed enti, 2018, n. 4, pp. 17- 23 afferma che alcune delle modifiche introdotte al novero dei reati-presupposto risultano essere «il frutto di scelte di «moda» o di «stile»; quasi a voler prevedere la responsabilità dell’Ente derivante da reato come elemento di qualificazione di modernità e di tecnicismo delle disposizioni di volta in volta adottate per nuove o aggiornate fattispecie di reato delle persone fisiche». Inoltre, l’autore, in ultima analisi, denuncia la persistente mancanza di tre fattispecie di reato-presupposto: «l’usura, i resti tributi ed i fatti reato colposi, in ipotesi di difetto di organizzazione delle attività sanitarie».
108 Per un approfondimento in materia si rimanda a F. D’ARCANGELO, La responsabilità da reato degli enti per i delitti di criminalità organizzata, in Riv. resp. amministrativa soc. ed enti, 2010, n. 2, pp. 35-39. L’autore riconosce nell’introduzione di tale reato-presupposto un’alterazione della «fisionomia originaria del sistema», nonché l’insensatezza della richiesta di adozione di un modello organizzativo ad un ente strutturalmente finalizzato e dedito alla realizzazione di condotte criminose. 109 A. BERNASCONI, I reati-presupposto della responsabilità dell’ente, in Manuale della responsabilità degli enti, cit., p. 53, definisce l’ampliamento del catalogo dei reati-presupposto «un’inutile e dannosa ipertrofia».
110 Si cercherà, nel seguito della trattazione, di evidenziare i necessari adattamenti della normativa richiesti dalla natura colposa dei reati-presupposto. Per uno sguardo di insieme, si rimanda a M. CARDIA, La disciplina sulla sicurezza nel luogo di lavoro nella prospettiva del d.lgs. 231/2001, in Riv. resp. amministrativa soc. ed enti, 2008, n. 2, pp. 117-128 ed a F. D’ARCANGELO, La responsabilità da reato degli enti per gli infortuni sul lavoro, in Riv. resp. amministrativa soc. ed enti, 2008, n. 2, pp. 77-96.
In ultimo, la legge 20 novembre 2017, n. 167 (Legge Europea 2017) — attuando la Decisione Quadro 2008/913/GAI del Consiglio del 28 novembre 2008111 — ha ampliato il novero dei reati-presupposto,
introducendo il nuovo articolo 25-terdecies, rubricato «Razzismo e xenofobia»112.
In questa sede, si ritiene opportuno sottolineare come la nuova disposizione costituisca uno di quei casi in cui possono essere applicate all’ente le sanzioni interdittive — di cui all’art. 9, comma 2 — non solo in via temporanea113, ma anche in via definitiva114 ai sensi dell’art. 16,
comma 3, del d.lgs. 231 — in particolare si fa riferimento alla sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività — ove «l'ente o una sua unità organizzativa (sia) stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei delitti indicati nel comma 1» (comma 3, art. 25-terdecies).
111 «Sulla lotta contro talune forme ed espressioni di razzismo e xenofobia mediante il diritto penale».
112 Per un approfondimento sulla nuova disposizione si veda T.E. ROMOLOTTI, L’odio razziale entra nel d.lgs. 231/2001: una lettura dell’art. 25 terdecies nell’ottica dei diritti umani, in Riv. resp. amministrativa soc. ed enti, 2018, n. 1, pp. 75-81 e M.A. PASCULLI, Diritti umani e responsabilità da reato: l’art. 25 terdecies d.lgs. 231/2001, in Riv. resp. amministrativa soc. ed enti, 2018, n. 1, pp. 83-91.
113 Il comma 2 dell’art. 25-terdecies stabilisce che «Nei casi di condanna per i delitti di cui al comma 1 si applicano all'ente le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno».
CAPITOLO II
I CRITERI DI IMPUTAZIONE. LA
RESPONSABILITÀ DELL’ENTE PER I REATI
DEGLI APICALI E DEI SOTTOPOSTI.
SOMMARIO: 2.1 I criteri di imputazione oggettivi. Interesse o vantaggio e cause di esclusione della responsabilità. - 2.2 I soggetti in posizione apicale e i sottoposti. - 2.3 I criteri di imputazione soggettivi.
L’art. 6: natura del modello di organizzazione e controllo e l’onere probatorio in caso di reati degli apicali. - 2.4 L’art. 7: i reati dei c.d.
sottoposti. Il rapporto con l’art. 6.
2.1 I criteri oggettivi di imputazione. Interesse o vantaggio e cause