È già stata anticipata la possibilità che la persona giuridica adotti un modello solo successivamente alla commissione del reato ed è stato già affrontato il tema della valutazione dell’adeguatezza del MOG postumo. I vantaggi che l’ente trae dall’adozione ex post si esplicano sul piano punitivo-sanzionatorio; per cui, prima di andare ad analizzare le conseguenze previste ex lege, si ritiene opportuno effettuare un breve
excursus sulle sanzioni previste dal d.lgs. 231.
A queste sono dedicati gli articoli 9 e ss.; il legislatore ha predisposto un sistema sanzionatorio di tipo binario600, fondato sulla previsione di
sanzioni che vadano a colpire in via diretta e in via indiretta il profitto e/o l’utile economico tratto dalla commissione del fatto illecito601.
L’apparato sanzionatorio è informato al principio di legalità, di proporzionalità e di efficacia e rispetta il divieto di retroattività e il principio di tassatività.
599 E. AMODIO, Prevenzione del rischio penale di impresa e modelli integrati di responsabilità degli enti, in Cassazione penale, 2005, n. 2, p. 329.
600 M.E. OGGERO, op. cit., p. 4.
601 A. BERNASCONI, L’apparato sanzionatorio, in Manuale della responsabilità degli enti, cit., p. 180.
Il legislatore delegato ha previsto quattro tipi tassativi di sanzione, elencati all’art. 9, secondo il quale «Le sanzioni per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato sono: a) la sanzione pecuniaria; b) le sanzioni interdittive; c) la confisca; d) la pubblicazione della sentenza»602.
Le finalità sottese alle sanzioni sono duplici, in primo luogo, come è già stato evidenziato, queste tendono ad aggredire il patrimonio della società, colpendone anche l’immagine sul mercato; inoltre, la finalità ulteriore è quella di comportare una modifica agli assetti organizzativi dell’ente603.
Le sanzioni principali sono quella pecuniaria e quella interdittiva. La sanzione pecuniaria si caratterizza per l’indefettibilità; infatti, l’art. 10 dispone che «per l'illecito amministrativo dipendente da reato si applica sempre la sanzione pecuniaria»; in altre parole, ogni qual volta vi sia la dichiarazione di responsabilità dell’ente, va sempre comminata la sanzione pecuniaria604.
La valutazione giudiziale sulla commisurazione della pena si compone di due momenti, il primo riguardante il numero di quote (art. 10, comma 2: «La sanzione pecuniaria viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento né superiore a mille»); il secondo inerente al valore della singola quota (che deve essere compresa fra 258 e 1549 €).
I criteri della valutazione differiscono a seconda del momento; mentre nello stabilire il numero di quote, il giudice deve attenersi ai criteri “canonici” della valutazione giudiziale ex art. 133 c.p., naturalmente adatti alle peculiarità del destinatario della sanzione (l’art. 11, comma 1, dispone che «Nella commisurazione della sanzione pecuniaria il giudice determina il numero delle quote tenendo conto della gravità del fatto, del grado della responsabilità dell'ente nonché
602 In questa analisi terremo conto solo delle sanzioni pecuniarie e di quelle interdittive. 603 Ibidem.
dell'attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti»); nello stabilire il valore monetario della singola quota il giudice deve tenere conto delle «condizioni economiche e patrimoniali 605 dell'ente allo scopo di
assicurare l'efficacia della sanzione». Il secondo momento valutativo è finalizzato ad evitare che la sanzione risulti inesorabilmente inefficace nel caso di persone giuridiche di grandi dimensioni o, viceversa, sia letale nei confronti delle imprese di ridotte dimensioni606.
La seconda tipologia di sanzione regina del sistema 231 è quella delle sanzioni interdittive; queste sono l’elemento caratterizzante il sistema sanzionatorio della responsabilità “penale” degli enti e rivestono una funzione rilevante con riguardo alla prevenzione speciale607.
Le sanzioni interdittive sono elencate dal comma 2 dell’art 9 e sono a) l’interdizione dall'esercizio dell’attività; b) la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; c) il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; d) l'esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l'eventuale revoca di quelli già concessi; e) il divieto di pubblicizzare beni o servizi608.
Si tratta di sanzioni altamente invalidanti che possono essere, in ossequio al principio di legalità, comminate solo in occasione dei reati che espressamente le prevedono e solo ove ricorrano determinate condizioni.
605 A tal riguardo, la Relazione ministeriale detta i criteri per la valutazione delle condizioni economiche e patrimoniali, riconoscendo che il «il giudice potrà avvalersi dei bilanci o delle altre scritture comunque idonee a fotografare tali condizioni. In taluni casi, la prova potrà essere conseguita anche tenendo in considerazioni le dimensioni dell'ente e la sua posizione sul mercato.»
606 M.E. OGGERO, op. cit., p. 5.
607 La Relazione ministeriale riconosce che «sul piano sistematico e politico-criminale, la disciplina predisposta per le sanzioni interdittive (v. artt. 13-16) si connota in termini spiccatamente specialpreventivi».
608 Per una breve spiegazione delle singole misure si rimanda a A. BERNASCONI, L’apparato sanzionatorio, cit., p. 187 e 188 e M.E. OGGERO, op. cit., p. 6.
I presupposti applicativi sono posti dal comma 1 dell’art. 13 e riguardano sia il piano oggettivo («l’ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all'altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi carenze organizzative) che quello soggettivo («in caso di reiterazione degli illeciti»609).
Le sanzioni interdittive sono, in via generale, temporanee, essendo la durata normativamente fissata in un periodo compreso fra i tre mesi e i due anni. L’art. 16, però, prevede tre casi in cui l’interdizione dall’esercizio dell’attività, o il divieto di contrattare con la p.a., ovvero il divieto di pubblicizzare beni o servizi possono essere applicate in via definitiva610.
Nell’applicazione delle sanzioni interdittive la discrezionalità del giudice si riduce alla scelta del tipo di sanzione611, essendo obbligatoria
l’applicazione in presenza delle condizioni suddette («Le sanzioni interdittive si applicano […]»); in questa scelta il giudice deve attenersi ai criteri delineati, riguardo alle sanzioni pecuniarie, dall’art. 11 e, inoltre, deve tener conto «dell'idoneità delle singole sanzioni a prevenire illeciti del tipo di quello commesso»612 (comma 1 dell’art. 14).
609 L’art. 20 precisa che «Si ha reiterazione quando l'ente, già condannato in via definitiva almeno una volta per un illecito dipendente da reato, ne commette un altro nei cinque anni successivi alla condanna definitiva».
610 «1. Può essere disposta l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività se l'ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità ed è già stato condannato, almeno tre volte negli ultimi sette anni, alla interdizione temporanea dall'esercizio dell’attività. // 2. Il giudice può applicare all'ente, in via definitiva, la sanzione del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione ovvero del divieto di pubblicizzare beni o servizi quando è già stato condannato alla stessa sanzione almeno tre volte negli ultimi sette anni. 3. Se l'ente o una sua unità organizzativa viene stabilmente utilizzato allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione di reati in relazione ai quali è prevista la sua responsabilità è sempre disposta l'interdizione definitiva dall'esercizio dell'attività e non si applicano le disposizioni previste dall'articolo 17». 611 A. BERNASCONI, L’apparato sanzionatorio, cit., p. 189.
612 Il comma 4 dell’art. 14 afferma l’applicabilità dell’interdizione dall'esercizio dell'attività solo nel caso in cui «l'irrogazione di altre sanzioni interdittive risulta inadeguata».
Si ritiene opportuno effettuare altre due considerazioni a riguardo delle sanzioni interdittive; la prima concerne la possibilità di disporre la nomina di un commissario giudiziale che prosegua l’attività della società ove vi siano i presupposti per l’applicazione dell’interdizione dall’esercizio dell’attività nel caso in cui vi sia una delle condizioni disciplinate613.
La seconda precisazione attiene alla possibilità di disporre le sanzioni interdittive in via cautelare; l’art. 45, infatti, afferma che «quando sussistono gravi indizi per ritenere la sussistenza della responsabilità dell'ente […] e vi sono fondati e specifici elementi che fanno ritenere concreto il pericolo che vengano commessi illeciti della stessa indole di quello per cui si procede, il pubblico ministero può richiedere l'applicazione quale misura cautelare di una delle sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, presentando al giudice gli elementi su cui la richiesta si fonda, compresi quelli a favore dell'ente e le eventuali deduzioni e memorie difensive già depositate».
Ipotizzando che vi sia stata commissione di uno dei reati-presupposto e ipotizzando che la società adotti un modello organizzativo solo successivamente a tale commissione, ecco che si può andare ad analizzare quali siano le conseguenze di questa condotta della persona giuridica sulle sanzioni. A tal riguardo vengono in considerazione gli articoli 12, 17, 49, 65 e 78 del decreto.
Questi articoli sono l’esempio di come la funzione di special- prevenzione614 e di ritorno alla legalità dell’ente, con riparazione delle
conseguenze dannose del reato, venga perseguita mediante la previsione di comportamenti ripristinatori e riparatori a carico dell’ente che non
613 In particolare, se «a) l'ente svolge un pubblico servizio o un servizio di pubblica necessità la cui interruzione può provocare un grave pregiudizio alla collettività; b) l'interruzione dell'attività dell'ente può provocare, tenuto conto delle sue dimensioni e delle condizioni economiche del territorio in cui è situato, rilevanti ripercussioni sull’occupazione».
614 H. BELLUTA, op. cit., p. 107: «il momento commisurato, in particolare, diventa la sede nella quale meglio si dipanano le finalità special-preventive che animano l’intero d.lgs. n. 231 del 2001».
vede venir meno la propria responsabilità615; in dottrina si è affermato
che è il processo e non la sanzione in sé ad esercitare la funzione “rieducativa” dell’ente616.
L’adozione ex post del modello permette all’ente, in concomitanza con altre condizioni e se effettuata prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, di vedersi ridurre la sanzione pecuniaria o di evitare l’applicazione delle sanzioni interdittive.
L’art. 12 dispone la riduzione della sanzione pecuniaria da un terzo alla metà se l’ente «ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso (ed) è stato adottato e reso operativo un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello verificatosi».
Tale previsione si applica anche al caso in cui il modello fosse stato adottato prima della realizzazione del fatto illecito ma si fosse rilevato insufficiente o mancante in alcune sue parti e l’ente proceda ad una sua rivisitazione entro lo stesso termine617.
L’art. 17 è, dal canto suo, dedicato alle sanzioni interdittive, che abbiamo visto essere particolarmente invalidanti e per questo l’ente ha tutto l’interesse ad evitare una loro applicazione.
Perché il giudice non applichi le suddette sanzioni, l’ente, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, deve a) aver risarcito integralmente il danno ed eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero deve comunque essersi efficacemente adoperato in tal senso; b) aver eliminato le carenze organizzative che hanno determinato il reato mediante l'adozione e l'attuazione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi ed aver messo a disposizione il profitto conseguito ai fini della confisca.
615 G. FIDELBO, Le misure cautelari, in Reati e responsabilità degli enti. Guida al d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, cit., p. 500.
616 M. CERESA-GASTALDO, op. cit., p. 40.
617 G. AMATO, Il modello di organizzazione nel sistema di esonero dalla responsabilità: le ragioni di una scelta prudenziale, cit., p. 58.
È importante sottolineare come in questo caso rimanga ferma, comunque, la sanzione pecuniaria (che, come si è detto, è indefettibile).
L’adozione di un modello postumo è in grado, anche, di far dichiarare la sospensione delle misure cautelari, ai sensi dell’art. 49.
In tal caso, l’ente può chiedere «di poter realizzare gli adempimenti cui la legge condiziona l'esclusione di sanzioni interdittive a norma dell'articolo 17. In tal caso, il giudice, sentito il pubblico ministero, se ritiene di accogliere la richiesta, determina una somma di denaro a titolo di cauzione, dispone la sospensione della misura e indica il termine per la realizzazione delle condotte riparatorie di cui al medesimo articolo 17».
La logica premiale dell’istituto è ben chiara, ma in dottrina si è discusso della compatibilità di tale previsione con l’art. 27, comma 2 della costituzione, in quanto l’ente, sottoposto a misura cautelare, è incentivato a rimediare alle carenze organizzative supposte alla base dell’illecito, prima che venga accertata, anche non in via definitiva, la sua responsabilità618.
Gli interpreti e gli operatori si sono domandati quali possano essere le conseguenze di un’adozione tardiva di un modello postumo o di un’adozione nei termini ma che non sia accompagnata dalla realizzazione delle altre due condizioni (quelle previste dall’art. 17, richiamo dall’art 49).
Si ritiene opportuno che, in tali casi, il giudice possa comunque disporre la revoca della misura cautelare interdittiva venendo meno il pericolo cautelare della reiterazione619.
618 A. PRESUTTI, Le misure cautelari interdittive, in Manuale della responsabilità degli enti, cit., , p. 281. Per un approfondimento in tal senso, si veda H. BELLUTA, op. cit., pp. 112-115, secondo il quale «la compatibilità con i referenti costituzionali va ricercata nella volontarietà del contegno dell’ente incolpato, il quale, valutata liberamente l’alternativa tra la pena subita e il processo agito, abbia optato per questa seconda strada».
619 M.F. ARTUSI - P. VERNESO, Modelli organizzativi: oltre la prevenzione, l’affronto dell’emergenza-reato, in Riv. resp. amministrativa soc. ed enti, 2016, n. 4, p. 275; A. BERNASCONI, Le misure cautelari interdittive, cit., p. 283; G. FIDELBO, Le misure cautelari, cit., p. 506; G. LASCO, op. cit., p. 543.
Le condotte riparatorie ed in particolare l’adozione postuma di un modello possono esplicare i propri effetti anche in momenti successivi; in particolare, nel caso in cui l’ente chieda di provvedere ai sensi dell’art. 17 e dimostri di non averlo potuto fare precedentemente, il giudice può, secondo quanto disposto dall’art. 65, sospendere il giudizio, determinando una somma a titolo di cauzione.
Ma gli effetti delle condotte riparatorie possono interessare anche la fase esecutiva; l’art. 78, infatti, dispone la conversione delle sanzioni interdittive in sanzioni pecuniarie se l’ente, entro venti giorni dalla notifica dell'estratto della sentenza, effettua una richiesta in tal senso, allegando documentazione «attestante l'avvenuta esecuzione degli adempimenti di cui all'articolo 17».
Il comma 3 dell’art. 78 decreta che «entro dieci giorni dalla presentazione della richiesta, il giudice fissa l'udienza in camera di consiglio e ne fa dare avviso alle parti e ai difensori; se la richiesta non appare manifestamente infondata, il giudice può sospendere l'esecuzione della sanzione»; parte della dottrina riconosce a carico del giudice, in presenza dei presupposti indicati, un dovere e non una facoltà di sospensione620.
Ecco che si può, in maniera ancora più giustificata e fondata, sostenere l’ineluttabile importanza assunta dal modello di organizzazione e gestione per le odierne società, le quali, anche tardivamente, possono fruire dei vantaggi dal punto di vista organizzativo e, sopratutto, sanzionatorio conseguenti alla predisposizione di un idoneo ed efficace MOG.