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L’insonnia etica e la de-posizione dell’Io

3. L’INCONTRO DELL’ALTRO E LA DISFATTA DELL’INTENZIONALITÀ, DEL

3.2 L’insonnia etica e la de-posizione dell’Io

Il malgrado sé dell’insonnia, che abbiamo analizzato nel saggio Dall’esistenza all’esistente, annunciava la passività del soggetto esperita nell’impossibilità di ordinarsi di dormire; negli scritti successivi la nozione di insonnia si mantiene ma, al contempo, si riempie di un significato più ampio: l’insonnia diviene etica. 237

L’insonnia etica è quella che il Medesimo prova per la miseria dell’Altro, che lo ossessiona e che gli impedisce di dormire sonni tranquilli e di vivere felice nel proprio egoismo. In essa ritroviamo il senso originale della passività come soggettività, come trauma e come incubo che non lasciano dormire il Medesimo.

La preoccupazione per se stessi che nel Dasein heideggeriano si esprime come cura e preoccupazione del proprio Io, in Levinas diviene cura e preoccupazione per l’altro, abnegazione e sospensione di sé. 238 Ma, la responsabilità a cui è chiamato il Medesimo

verso i problemi che riguardano la vita materiale dell’altro uomo richiede un’azione concreta: la passività deve diventare “attività per l’altro”239. Al soggetto è richiesta

237 Agata Zielinski, Levinas, La responsabilité est sans pourquoi; pp. 11-24.

238 Tra Noi; cit. p. 28 : L’avventura esistenziale del prossimo è per l’io più importante della propria (…). Tutto accade come se

l’apparizione dell’umano nell’economia dell’essere rovesciasse il senso, l’intrigo e il rango filosofico dell’ontologia(…).

l’attività in quanto Altri lo concerne in tutta la sua miseria fisica e materiale; il Medesimo deve essere attivo per procurare all’Altro ciò di cui necessita.

La passività è il motore stesso delle azioni del Medesimo; soltanto grazie ad essa è possibile la concretezza dell’aiuto e la buona azione: donare il pane all’affamato, l’acqua all’assetato, ecc.

L’insonnia del Medesimo riguarda, pertanto, una libertà di scelta e una volontà come presa in carico del misero ma, come sostiene Agata Zielinski, essere responsabili dell’Altro non significa solo essere caritatevoli e compiere azioni benevole, significa primariamente “donner de soi”, donare se stessi.240 Paradossalmente, l’insonnia è anche un risveglio del Medesimo, l’irruzione dell’Altro sveglia il Medesimo, mette in moto l’attività e la bontà dello stesso: lo apre a nuove possibilità.

L’assunzione di responsabilità del Medesimo è primaria rispetto al suo egoismo: il fatto stesso che l’Altro preceda il Medesimo nel processo di costituzione dello stesso ci riporta al segreto pre-originario della passività. Il dovere di rispondere dell’Altro e all’Altro sono precedenti alla costituzione della coscienza, non derivano da una riflessione né da una intuizione, ma dalla passività con cui il Medesimo riconosce l’inviolabilità dell’Altro. I limiti dell’intenzionalità sono ben evidenziati proprio nella non-intenzionalità della chiamata alla responsabilità che mette in questione la coscienza nel suo statuto d’essere.

La coscienza levinassiana risulta un’inversione della coscienza intenzionale husserliana: l’una subisce e l’altra agisce, l’una è passiva e l’altra è attiva. L’intenzionalità e la rappresentazione, che si delineano come pura attività che oggettiva la realtà, non hanno potere sull’Altro.

L’altro uomo si pone oltre la visibilità e la sensibilità del Medesimo, nella dimensione che, secondo Cristine de Bauw, è quella dell’affettività. 241 Il significato che primariamente ci viene dall’affettività è quello dell’interdizione ad uccidere. Infatti, mentre la sensibilità potrebbe riportare il soggetto a relativizzare il mondo in base a se stesso e alle sue conoscenze, l’affettività no, perché non deriva da alcuna conoscenza preliminare. L’idea di un’inversione dell’intenzionalità, originata da una tale concezione, avrebbe lo scopo, secondo la studiosa, di mostrare concretamente in che modo il soggetto perda la propria sovranità di coscienza autonoma.242 Il subire della coscienza, convocata dall’Altro, si configura come un’assunzione di responsabilità e come un’immediata messa in questione del proprio Io.

Il risveglio etico della coscienza sarebbe, dunque, il movimento che ci dirige verso il prossimo, il traumatismo che ci colpisce segretamente e che proviene dal volto d’altri,243 la consapevolezza che il primato del proprio Io è ingiustificato.

L’Io indietreggia di fronte all’affermazione della propria identità, si domanda se non sia la causa della sofferenza del prossimo, se il pasto che mangia non sia stato tolto dalla bocca di altri e se, come si chiede Pascal, il suo “posto al sole” non sia un ingiustificato privilegio o l’usurpazione del posto di qualcun altro. La posizione dell’Io è di fatto una de-posizione.

Nell’immediato sentimento di colpevolezza, che precede qualsiasi presa di coscienza, riflessione e colpa concreta, anteriore all’azione e all’attività, emerge la dimensione costitutiva della passività del Medesimo. Il pensiero della passività si contrappone a quello della fattualità heideggeriana proprio nel fatto che il Medesimo si mette fin da subito in questione: rispondere del proprio diritto d’essere, sentirsi invasore del posto di

241 Per un approfondimento sul tema dell’affettività in Levinas vedi Cristine de Bauw, L’envers du sujet; lire autrement

Emmanuel Levinas, Èdtions Ousia, Brussels, 1997.

242 Ivi, pp. 74-75.

qualcun altro e cercare una giustificazione dei propri privilegi significa mettere in dubbio la posizione stessa del Da. L’Io egoista, il Dasein che si preoccupa solo di se stesso e della propria cura, è odiabile e detestabile, e si contrappone ai sentimenti di disprezzo del sé e di colpa provate dal Medesimo.

Il Dasein agisce sempre in vista di se stesso e della propria cura; al contrario, il Medesimo, che si mette fin da subito in questione e si interroga sui propri privilegi, ridefinisce la sua identità in vista dell’Altro: “l’umano è il ritorno all’interiorità della coscienza non intenzionale, alla cattiva coscienza (...)”244. L’inversione della costituzione della coscienza, in quanto de-posizione dell’Io, deve essere interpretata come una sublimazione, un innalzamento etico, un’elevazione e una nobilitazione del soggetto stesso.

L'investitura da parte dell’Altro e la sua indicibilità e inconoscibilità non rappresentano uno scacco del Medesimo o della conoscenza, ma un superamento dei limiti del pensiero, un sollevamento etico che non può essere riportato ad una dimensione terrena.

L’Infinito, l’Invisibile, l’Incontenibile e il sovrappiù etico che ci vengono dal volto dell’Altro rilevano un’eccedenza rispetto agli strumenti conoscitivi dell’Io, ma non in negativo. Questo fallimento dell’Io è positivo perché è un oltrepassamento dell’Io stesso verso un percorso superiore. La negazione dell’Io, nell’uscita di sé per l’Altro, eleva il soggetto e lo sublima all'attitudine etica.

Come rileva lo studioso Jan De Greef245: la negazione del sé, intesa come de-posizione dell’Io, annuncia un’elevazione secondo il modello dialettico di negazione-superamento che non solo conserva e preserva ciò che nega, ma lo eleva.

244 Dall’uno all’altro. Trascendenza e tempo, in Tra Noi; cit. p. 185.

245 Jan de Greef, D’une substitution qui ne soit pas une usurpation, in Michel Dupuis, Levinas en contrastes, Préface de Paul

Secondo lo studioso, la positività della negazione, che non elimina ciò che viene negato, avvicina Levinas alla dialettica hegeliana, con una differenza: che nella negazione del pensiero hegeliano è racchiusa un’affermazione che si traduce in una presa di posizione, diversamente da Levinas. Il soggetto hegeliano si pone, quello levinassiano si de-pone. Il metodo levinassiano, infatti, non è un metodo dello sviluppo progressivo che potrebbe far pensare ad un metodo dialettico, ma è un metodo del disdire e del detto altrimenti, in un’alternanza di dire e di detto che non trova una sintesi.

La passività dell’Io deve essere allora pensata in questi termini: come de-posizione etica che si accompagna alla sublimazione e che muta il movimento dialettico di negazione- oltrepassamento hegeliano in movimento di negazione-elevazione che non trova mai una conclusione, una sintesi e un punto di arrivo.

La posizione del soggetto viene gradualmente meno per poi scomparire completamente: la virilità e la sovranità del godimento si mutano in impossibilità radicale di porsi, di dominare e di potere. Nell’apertura verticale all’accoglienza dell’Altro si rivela allora l’esperienza radicale dell’impotenza del Medesimo e del capovolgimento supremo dell’attività in passività ed esposizione all’Altro.

Anche nel caso dell’investitura alla libertà troviamo lo stesso metodo di oltrepassamento- elevazione. È infatti grazie alla nostra passività che possiamo essere investiti alla libertà.246 La dimensione passiva del Medesimo, anteriore alla libertà, oltrepassa la costituzione stessa dell’Io per fondarsi nell’altezza dell’Altro, per rovesciare il per-sé in per-altri, per innalzarsi alla responsabilità e all’autentica condizione umana.

In conclusione, nel metodo levinassiano è escluso ogni ricorso alla dialettica come posizionamento dell’Io, ogni momento si innalza eticamente de-posizionando l’Io: il patire diviene pazienza, la vicinanza diviene prossimità, l’incontenibile diviene Infinito, l’insonnia diviene inquietudine per l’altro, la passività diviene responsabilità etica.

246 Emmanuel Levinas, in Autrement que savoir, Les entretiens du Centre Sèvres: Subire (…) implica un più di essere libero

La dimensione di passività che finora abbiamo analizzato a diversi livelli intimamente connessi tra loro, primariamente quello corporeo e secondariamente quello esistenziale, ci ha finalmente fatto risalire allo stadio supremo: quello etico.

Levinas dovrà, pertanto, partire dallo stadio più elevato per fondare un nuovo terreno d’indagine, per cercare in esso il modo di sciogliere l’impasse heideggeriana e per abbandonare definitivamente la vecchia filosofia.