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CAPITOLO II La moneta di ghiaccio

2.4 L’International Clearing Union di Keynes

Come già ricordato John Maynard Keynes è stato, con Irving Fisher, l’unico grande economista del ‘900 a mostrare interesse per la teoria monetaria di Silvio Gesell al quale dedica l’intero sesto paragrafo del Capitolo 23 della Teoria generale.Tuttavia il debito intellettuale di Keynes nei confronti di Gesell emerge quanto meno in due ulteriori rimandi che qui richiamiamo. Il primo è ancora interno alla Teoria generale e lo ritroviamo in aspetti che esulano dalla teoria monetaria ma si rifanno alla “filosofia sociale alla quale la Teoria Generale potrebbe condurre” come titola Keynes il Capitolo 24 conclusivo della sua opera e in cui troviamo un’ultima esplicita citazione di Gesell. Come Gesell, Keynes conferma che la motivazione della sua opera risiede nell’incapacità dimostrata dalla società economica a garantire la piena occupazione ed un’equa distribuzione della ricchezza e del reddito. Di più, egli richiama la teoria del tasso d’interesse sviluppata nella sua opera, e rispetto alla quale evidente è la vicinanza con

l’analisi di Gesell, per sostenere come dopo aver dimostrato l’indipendenza delle decisioni d’investimento da quelle di risparmio sia venuta meno la giustificazione all’esistenza di un tasso d’interesse monetario, per la teoria classica erroneamente legata alla necessità di offrire un adeguato incentivo al risparmio quale pre-condizione necessaria all’investimento. La sua conclusione è che:

“corrisponde al nostro vantaggio massimo ridurre il tasso d’interesse fino a quel punto, relativamente alla scheda dell’efficienza marginale del capitale, al quale vi è la piena occupazione. Non vi è alcun dubbio che tale criterio porterà ad un tasso d’interesse assai inferiore a quello prevalso finora. […] esso significherebbe tuttavia l’eutanasia del redditiere e di conseguenza l’eutanasia del potere oppressivo e cumulativo del capitalista di sfruttare il valore della scarsità del capitale.” (J. M. Keynes, [1936] 2006: 513)

Non solo, al fine di evitare fraintendimenti Keynes prosegue sottolineando come l’interesse sul capitale e la rendita sulla terra non rappresentino il compenso di alcun sacrificio genuino non trovando giustificazione né in una scarsità della terra né in una scarsità del capitale in quanto non vi sono ragioni intrinseche per la loro scarsità che è artificiosamente costruita rispetto alla domanda espressa dal sistema economico (J. M. Keynes, [1936] 2006: 513-14). Ne deriva pertanto che, nel processo storico delineato quale realizzazione della sua Teoria generale, la presenza del redditiero nel capitalismo costituisce una fase transitoria destinata ad essere superata, così come avviene nella riforma fondiaria e monetaria teorizzata da Gesell con il quale condivide anche il ruolo necessario dello Stato al fine di garantire il libero gioco delle forze economiche (in questo, invece, allontanandosi da Proudhon). La piena realizzazione del laissez-faire al fine di diffondere benessere e prosperità.

L’azzeramento del tasso d’interesse, determinato per Gesell grazie all’introduzione del denaro libero e per Keynes dall’abbondanza del capitale raggiungibile in una situazione di piena occupazione perseguita, se necessario, con l’intervento dello Stato, costituisce per entrambi la via per la distruzione del capitalismo e del capitale come classe. Una risposta che si contrappone e vuole dare una risposta alternativa alla rivoluzione marxiana nello spirito del socialismo anti-marxiano di Proudhon (W. J. Darity, 1995).

Le analogie con Gesell proseguono nella prospettiva futura di pace che entrambi gli autori legano alla transizione verso il nuovo sistema economico. Così come per Gesell la pace tra i cittadini di una nazione è condizione necessaria ma anche sufficiente alla

pace tra le nazioni,60 anche in Keynes ritroviamo questa specifica riflessione sulla relazione tra benessere economico e pace in funzione di una critica esplicita nei confronti del sistema economico vigente foriero, al contrario, di conflitti mondiali. Per Gesell si trattò di una critica espressa con specifico riferimento al sanguinoso primo conflitto mondiale allora in corso, in cui sottolinea la necessità di sacrificare quei privilegi, socialmente ma ora anche economicamente ingiustificabili, che comportano il diritto di vivere dei frutti del lavoro altrui:

“La pace intestina è condizione primaria per chiunque voglia, come vogliamo tutti, godere di pace permanente tra i popoli. Ma da un lato codesta pace, e privilegi, interesse e reddito da non lavoro dall’altro, militano in campi opposti. Rendita ed interesse, il cosiddetto diritto a vivere dei frutti del lavoro altrui devono, se proprio vogliamo puntare prima alla pace interna e poi a quella internazionale, essere sacrificati così da non lasciare traccia alcuna.” (S. Gesell, [1916] 2011: 274-75)

Per Keynes costituiva la coerente conferma della sua posizione assunta in seguito alla sua partecipazione alla delegazione inglese che intervenne nelle discussioni che portarono al Trattato di Versailles.61 Da lui decisamente avversato in quanto ritenuto foriero di nuovi conflitti per l’estrema durezza delle condizioni “di pace” imposte alla Germania, le sue critiche trovarono purtroppo conferma nel successivo scoppio del drammatico secondo conflitto mondiale. Nelle riflessioni di entrambi gli economisti viene sottolineata la relazione biunivoca che si è storicamente imposta tra le condizioni economiche interne ad una nazione e lo scoppio di un conflitto bellico. La realizzazione del benessere sociale corrispondente ad una situazione di piena occupazione perseguita mediante il sostegno alla domanda interna, sottesa ai progetti di entrambi gli autori, costituisce la condizione necessaria e sufficiente a neutralizzare la maggior parte delle cause dello scoppio di un conflitto in quanto in grado di raggiungere il massimo benessere delle nazioni rispettando quello che è ritenuta una condizione dirimente per il mantenimento della pace e costituita dal mantenimento dell’equilibrio nella bilancia commerciale degli stati, da cui discende il ruolo determinante della domanda interna:

“[…] se le nazioni possono imparare a crearsi una situazione di piena occupazione mediante

60 La tesi fu al centro della relazione che Gesell tenne nel 1917 a Zurigo e successivamente integrata nell’Ordine economico naturale quale introduzione alla seconda parte dal titolo emblematico: “Terra franca solido fondamento di pace”.

61 Non si può parlare al riguardo di trattative ma di sole discussioni tra le nazioni vincitrici dato che la partecipazione della delegazione tedesca fu oggetto di costanti mortificazioni e relegata al solo ruolo di portavoce per il governo della Repubblica di Weimar, nata sulle ceneri del Secondo Reich, delle decisioni prese dalle potenze alleate.

la propria politica interna […] non è più necessario che forze economiche importanti siano rivolte al fine di contrapporre l’interesse di un paese a quello dei suoi vicini. […] Il commercio internazionale cesserebbe di essere quello che è attualmente, un disperato espediente per preservare l’occupazione interna forzando vendite di merci su mercati stranieri e restringendo gli acquisti – metodo che, ove avesse successo, sposterebbe semplicemente il problema della disoccupazione nel vicino che ha la peggio nella lotta – ma sarebbe uno scambio volontario e senza impedimenti di merci e servizi in condizioni di vantaggio reciproco.” (J. M. Keynes, [1936] 2006: 520).

Ritroviamo qui una chiara anticipazione del progetto di ricostruzione del commercio internazionale che Keynes, come già tentò Gesell al termine del primo conflitto mondiale, fonda sul perseguimento dell’equilibrio delle bilance commerciali e sulla corresponsabilità di debitore e creditore nella creazione di situazioni di squilibrio e di instabilità economica ma, quindi, anche sociale e politica. È all’analisi di tale progetto che dedicheremo il prossimo paragrafo in quanto ulteriore riferimento teorico fondamentale nella realizzazione di Stanze di Compensazione dei Crediti Commerciali (SCCC), quale è l’International Clearing Union (ICU) di Keynes, da noi ritenute una possibile strada percorribile dal credito cooperativo sia per superare le difficoltà in cui oggi si dibatte come possibile percorso complementare in grado di fronteggiare il rischio oggi concreto di un suo fagocitamento ad opera del capitale, sia per dare una risposta al tessuto economico locale messo a dura prova dalla crisi attuale.

2.4.1 Il bancor

Gli anni tra le due guerre mondiali costituiscono il periodo in cui Keynes struttura la sua analisi del sistema economico capitalistico dedicando tutte le sue energie ad identificare le cause delle violente fluttuazioni economiche che lo caratterizzano alla ricerca di possibili soluzioni a partire da una diagnosi che resta attuale nell’identificazione delle sue cause nel cronico eccesso dell’offerta sulla domanda e dei risparmi sugli investimenti (L. Fantacci, 2010).62 Emerge dai suoi scritti come a fronte di una vulgata keynesiana che prescrive politiche economiche espansive finanziate in deficit di bilancio accettate gioco-forza (ma non sempre come è per questa crisi) in situazioni di congiuntura negativa come la cura per il superamento di difficoltà di un sistema economico fondato,

62 A partire da Le conseguenze economiche della pace del 1919 la sua riflessione sul tema prosegue con La riforma monetaria del 1923, Il Trattato sulla moneta del 1930, La Teoria Generale del 1936 ed ha la sua coerente conclusione nella sua proposta di una International Clearing Union per una riforma monetaria internazionale elaborata nel periodo 1940-1943 e ora raccolti in Eutopia, solo per citare le opere principali.

al contrario, su rigore fiscale e monetario, le sue indicazioni di politica economica consistono in una profonda riforma strutturale del sistema a partire da quella monetaria che tolga alla moneta la funzione di riserva in sintonia con quanto già formulato al riguardo da Gesell qualche decennio prima. Conseguentemente, alla luce di quanto tradotto dell’insegnamento di Keynes in politica economica dal secondo dopoguerra ad oggi, affrontiamo i cicli economici come un aspetto congiunturale anziché comprendere come mai il sistema economico sia strutturalmente instabile, con un approccio che definiamo keynesiano ma nel realizzare il quale probabilmente “siamo tutti keynesiani – tranne Keynes” (L. Fantacci, 2010: 6).

Già a partire dalla fine del primo conflitto mondiale Keynes condannò apertamente il ritorno del gold standard causa della crisi deflativa esplosa nei primi anni Venti alimentata dalla sottrazione della moneta-merce dalla circolazione. Questa critica si concretizzò nella sua proposta di riforma monetaria presentata alla Conferenza di Genova del 1922 e poi confluita nel suo volume La riforma monetaria del 1923, in cui proponeva il superamento di un sistema basato sull’oro (quindi su una moneta-merce che incorporava anche la funzione di riserva di valore) allo scopo di circoscrivere la funzione della moneta al solo mezzo di scambio, per evitare che si consolidassero situazioni di squilibrio con i Paesi in surplus accumulassero moneta, ovvero oro, sottraendo potere d’acquisto al commercio internazionale in termini di mancate loro importazioni in prodotti e servizi dei Paesi in deficit (L. Fantacci, 2011: 34). Dopo i vani tentativi condotti negli anni Venti l’occasione di riproporre il suo progetto di riforma si ripresentò nel 1941 su iniziativa del ministro degli esteri inglese, Sirn Kingsey Wood, che lo incaricò di redigere una proposta in merito alla riorganizzazione del commercio internazionale al termine, in tale occasione, del secondo conflitto mondiale.63

Per Keynes il problema finanziario di un sistema economico deve ridursi alla necessità di far incontrare i bisogni insoddisfatti con le risorse disponibili. Questo vale sia all’interno di una nazione, dove dovrebbero assolvere a tale compito il sistema bancario e la borsa, sia a livello di sistema globale, dove la questione diventa come finanziare il commercio internazionale. Partendo dalla specifica esigenza storica di aiutare ciascuna nazione a rimettere in sesto la propria economia al termine del conflitto,

63 Per una dettagliata ricostruzione del lungo percorso che si è concluso con il progetto di una International Clearing Union presentata da Keynes ai rappresentanti dei paesi alleati rimandiamo al volume Eutopia, curato da Luca Fantacci, in cui sono raccolte le relazioni presentate da Keynes nel periodo 1941-1943 alle diverse istituzioni nazionali ed internazionali in cui si è articolata la costruzione della sua proposta che, nella sua versione finale, sarà presentata alla conferenza di Bretton Woods nel 1944.

prioritario risulta essere nel piano di Keynes, e coerentemente con quanto già indicato in chiusura della Teoria Generale (richiamato nel paragrafo precedente), stabilire nuove regole che impediscano a qualsiasi Paese di trovarsi nella situazione di poter prevaricare gli altri, ponendo i propri interessi dinnanzi a quelli della comunità internazionale. Esplicito il riferimento e la relativa condanna delle riparazioni di guerra richieste alla Germania al termine del primo conflitto mondiale che avevano posto le basi per lo scoppio delle successive crisi inflazionistiche e deflazionistiche creando le condizioni per un ulteriore drammatico conflitto mondiale. Per Keynes è prioritario, quindi, definire il ruolo che ciascuno Stato deve svolgere all’interno della nuova Unione Monetaria Internazionale - UMI - a partire da una condizione necessaria che è essenziale per il suo corretto funzionamento alla luce degli errori commessi nel recente passato. Terminato il conflitto, nell’UMI non ci devono essere né vincitori né vinti. L’equiparazione dei ruoli svolti all’interno dell’UMI da parte di tutti gli stati aderenti presuppone poi l’adozione di una moneta internazionale accettata da tutti i Paesi come mezzo di pagamento, da lui denominata provvisoriamente bancor, che ha una parità stabile (ma rivedibile) con l’oro al fine di poter stabilire la sua parità con tutte le valute nazionali dei paesi aderenti all’UMI (sulla base del gold standard allora ancora ufficialmente il regime di cambio di riferimento e che Keynes non mette in discussione per contenere il più possibile la prevedibile opposizione al suo progetto da parte deli USA). Tale unità di conto internazionale era destinata esclusivamente a regolare i saldi debitori e creditori generati dagli squilibri nella bilancia dei pagamenti dei paesi aderenti all’UMI che avrebbe evitato gli aggiustamenti valutari richiesti dal gold standard ai paesi in disavanzo con un corrispondente deflusso di oro e il conseguente processo deflativo interno per rispettare il vincolo del valore aureo della propria moneta (A. Terzi, 2008).

Come per Gesell, anche per Keynes la gestione della nuova moneta internazionale richiedeva uno specifico organo di controllo super partes che Keynes individua in una

International Clearing Bank. Una Banca di Compensazione Internazionale il cui compito fondamentale doveva essere quello di gestire i meccanismi di aggiustamento delle bilance commerciali dei Paesi aderenti sulla falsa riga di quanto avviene ad opera delle banche centrali nei confronti delle banche commerciali all’interno di ciascun paese.

Ancora una volta, come già in Gesell, l’UMI assume la struttura di una ICU, una stanza di compensazione multilaterale e intertemporale degli scambi commerciali tra i paesi, in cui cioè vengono scomposti i rapporti di debito/credito bilaterali, potenziali generatori di asimmetrici rapporti commerciali tra i paesi, e sostituiti da un’unica

posizione debitoria (in caso di disavanzo commerciale netto) o creditoria (in caso di avanzo commerciale netto) netta nei confronti della ICU il cui saldo complessivo è, per definizione, sempre pari a zero. L’International Clearing Bank che avrebbe curato la registrazione delle transazioni in bancor tra gli stati membri doveva avere anche poteri di intervento sugli stati al fine di garantire/perseguire il riequilibrio delle bilance commerciali da parte di tutti i paesi aderenti. Un obiettivo a cui è riferita anche la modalità di funzionamento della ICU che impone un limite alla possibilità d’indebitamento di ogni Paese commisurata all’importanza del suo commercio estero e quantificato in un’apertura di credito ad esso accordata:64

“Lo scopo dell’apertura di credito è principalmente quello di dare tempo perché possano essere effettuati i necessari aggiustamenti. […] È essenziale, dunque, che vi sia un meccanismo per operare tali aggiustamenti. La proposta effettiva che viene presentata qui […] assegna parziale responsabilità all’aggiustamento sia al Paese creditore sia a quello debitore. […] Il fatto è che non si dovrebbe consentire al creditore di rimanere del tutto passivo. In questa maniera, infatti, il Paese debitore potrebbe essere gravato da un compito impossibile.” (J. M. Keynes, [1941] 2011: 65-66)

Keynes elabora nel corso dei tre anni che precedono Bretton Woods una lista di disposizioni da lui stesso definite come base di discussione, che dovevano costituire una prima bozza del regolamento dell’ICU, che ne delineano le caratteristiche a loro volta significative degli obiettivi che Keynes intendeva perseguire. Di particolare interesse le seguenti che qui richiamiamo parzialmente:

“[…]

2) Il Consiglio direttivo della Clearing Union sarà nominato dai governi dei vari stati membri […].

3) Gli stati membri concorderanno fra loro i valori iniziali delle rispettive valute in termini di bancor. Uno Stato membro non potrà successivamente alterare il valore della propria valuta in termini di bancor senza l’autorizzazione del Consiglio direttivo […].

4) Il valore del bancor in termini di oro sarà fissato dal Consiglio direttivo. Gli stati membri non potranno acquistare o acquisire oro, direttamente o indirettamente, ad un prezzo che, in termini della propria valuta nazionale, ecceda la parità corrispondente al valore della propria valuta in termini di bancor e al valore di bancor in termini di oro […].

5) A ciascuno Stato membro sarà assegnata una quota, che determinerà la misura della sua responsabilità nella gestione dell’Unione e del suo diritto di beneficiare delle aperture di credito concesse dall’Unione. Le quote iniziali potranno essere fissate in proporzione alla somma delle esportazioni e delle importazioni di ciascun Paese, per esempio […] potrebbero corrispondere al settantacinque per cento di tale importo […].

6) Gli stati membri concorderanno di accettare come pagamento dei propri saldi in valuta, dovuti da altri membri, un trasferimento di bancor a proprio credito nei libri della Clearing Union […].

7) Ciascuno Stato membro pagherà al Fondo dei Riserva della Clearing Union una commissione dell’uno per cento sul saldo medio in bancor, che sia creditorio o debitorio,

64 Nel progetto VAI di Gesell la disponibilità di valuta internazionale – UMI – era, invece, commisurata alla massa monetaria nazionale in circolazione.

eccedente un quarto della propria quota. Così, soltanto un Paese che si mantenga il più vicino possibile a una posizione di equilibrio internazionale, in media nell’arco dell’anno, potrà sfuggire alla contribuzione […].

8) Uno Stato membro non può incrementare in un anno il proprio saldo debitorio di più di un quarto della propria quota senza l’autorizzazione del Consiglio direttivo. Se il saldo debitorio sarà stato, in media, superiore ad un quarto della sua quota per almeno due anni, esso avrà la facoltà di ridurre il valore della propria valuta in termini di bancor, purché tale riduzione non superi il cinque per cento […].

10) Uno Stato membro avrà facoltà di ottenere un saldo creditorio in termini di bancor, versando oro sul proprio conto dell’Unione. Nessuno Stato, tuttavia, avrà la facoltà di richiedere oro all’Unione in cambio di un saldo in bancor poiché tale saldo è disponibile soltanto per effettuare trasferimenti a favore di altri conti all’interno dell’Unione. […] 16) I membri avranno la facoltà di recedere dall’Unione con un preavviso di un anno.” (J. M. Keynes, [1943] 2011: 105 – 111)

Vi è, infine, una peculiarità essenziale che il bancor deve avere in quanto indispensabile al corretto funzionamento della stanza di compensazione e che è costituita dalla sua inconvertibilità in valuta nazionale: “Nessuna banca centrale avrebbe la facoltà di richiedere oro alla Clearing Bank, in cambio del proprio saldo attivo in Bancor” (J. M. Keynes, 2011: 74). Se tale convertibilità fosse infatti possibile verrebbe meno l’efficacia del sistema keynesiano, costruito anche con lo scopo di limitare la funzione della moneta al solo mezzo di scambio e di pagamento, poiché garantirebbe al bancor anche la funzione di riserva di valore e si tornerebbe alla tesaurizzazione dell’oro da parte dei Paesi in surplus, che toglierebbero in tal modo dalla circolazione le risorse necessarie ai Paesi in deficit (l’oro).

Keynes nel descrivere il meccanismo di funzionamento dell’ICU pone enfasi sull’importanza che il sistema garantisca il raggiungimento dell’equilibrio nel lungo periodo da parte di tutti i Paesi aderenti e a tale scopo introduce la corresponsabilità tra paesi creditori e paesi debitori. A nessuno Paese è consentito accumulare né un saldo creditore né un saldo debitore oltre un limite pre-definito (pari ad un quarto della quota di bancor attribuita a ciascun paese e, quest’ultima, definita indicativamente da Keynes nella misura del 75% del volume import/export realizzato dal Paese all’interno dell’ICU) dato che ciò è all’origine degli squilibri strutturali del commercio internazionale. Risulta