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Il carattere monetario dell’economia capitalistica

1.5 La moneta come potere d’acquisto (aggiuntivo): funzione creditizia e monetaria del sistema bancario29

1.5.2 La Teoria del circuito monetario e il finanziamento del processo produttivo

Per la Teoria del circuito monetario, sviluppatasi a partire dagli anni ’70 del secolo scorso, possiamo individuare una matrice keynesiana avente come riferimento il Trattato

della moneta del 1930, tuttavia è in Knut Wicksell di Interesse monetario e prezzi dei

beni del 1898 il riferimento teorico fondamentale in quanto prima completa esposizione del circuito monetario che descrive il modo di produzione capitalistico come processo circolare di merci e moneta. 34 In estrema sintesi i capisaldi teorici di questa dottrina sono costituiti da:

- determinazione endogena della quantità di moneta in circolazione ad opera della funzione monetaria svolta dal sistema bancario;

- rifiuto della teoria marginalista della distribuzione;

- rifiuto dell’individualismo metodologico che è ritenuto il limite maggiore per la costruzione di una teoria economica valida in quanto incapace di costruire un’autentica macroeconomia da fondare, al contrario sulla corretta individuazione dei gruppi sociali che caratterizzano l’economia capitalista distinguendoli relativamente ai loro obiettivi, ai vincoli a cui sono sottoposti e ai conseguenti loro comportamenti (A. Graziani, 1994: 13, 25).

Conseguente a tale impostazione è la rigorosa distinzione tra imprenditori e lavoratori sulla base della loro possibilità di accesso al credito. Per i circuitisti la prospettiva di un reddito futuro da parte dei lavoratori non costituisce condizione sufficiente all’accesso al credito che il sistema bancario eroga in modo preferenziale alla categoria delle imprese le quali, in tal modo, dispongono di un potere d’acquisto aggiuntivo ed autonomo rispetto al reddito guadagnato, in altri termini non sono sottomesse al rispetto del proprio vincolo di bilancio come avviene, al contrario, per i lavoratori salariati. La moneta, pertanto, assume rilevanza reale non tanto quale risultato della preferenza per la liquidità quanto quale conseguenza delle decisioni di finanziamento scaturite dalle trattative tra banche e imprese (A. Graziani, 1994: 24-28).

Come già per Schumpeter, l’analisi monetaria circuitista circa l’influenza della moneta sull’equilibrio macroeconomico sposta l’attenzione dalla moneta in quanto

34 Nata principalmente ad opera di studiosi francesi tra cui Bernard Schmitt, Alain Parguez, Marc Lavoie Francois Poulon, ha in Augusto Graziani il principale esponente nel panorama nazionale. Rimandiamo a A. Graziani, 1994 per una più dettagliata cronistoria e per i relativi riferimenti bibliografici.

domanda di scorte liquide alla moneta in quanto mezzo di pagamento nel suo significato di potere d’acquisto. Un ritorno, come in Schumpeter, al ruolo più autentico di moneta che è domandata e offerta per circolare nel sistema reale quale corrispettivo di merci. Un ruolo che la moneta perde nell’assunzione della funzione keynesiana di riserva di valore a favore di quella di forma particolare di detenzione della ricchezza. Nell’analisi circuitista il merito dell’analisi keynesiana di rendere la moneta una grandezza osservabile è stato colposamente recepito limitatamente al concetto di domanda speculativa di moneta, cioè nella situazione in cui la moneta svolge la sua funzione “non monetario” di riserva di liquidità. In tale funzione essa assume la dimensione di stock di ricchezza perdendo quella di flusso di pagamenti, facilitando in tal modo il mantenimento dell’assunto che l’offerta di moneta sia una grandezza data in termini di stock definito esogenamente dalla Banca Centrale, anziché variabile endogena determinata dalle trattative nel relativo mercato monetario. Per i neoclassici della sintesi l’ipotesi dell’offerta di moneta come grandezza esogena permette di neutralizzare l’effetto reale della moneta sostenuto da Keynes da un lato compensando l’influsso della domanda di moneta per scorte liquide sul livello dell’occupazione con l’effetto Pigou; dall’altro lato spiegando la distribuzione del potere d’acquisto all’interno della società applicando la teoria marginalista della distribuzione (regolata dalla produttività marginale dei fattori produttivi) esautorando sia la moneta sia chi la controlla di ogni influenza “reale”.35 In dettaglio:

- per i neoclassici il potere d’acquisto di ciascuno è determinato da un lato dai capitali reali posseduti (capacità personali o beni capitali che siano), accumulati con i redditi passati e che, in presenza di mercati perfettamente concorrenziali, possono essere in qualsiasi momento convertiti in moneta; dall’altro lato dai redditi futuri come condizione per accedere al credito bancario, la cui concessione è basata sulla capacità di rimborso garantita, appunto, dai flussi di reddito futuri ottenuti dalla vendita sul mercato dei fattori dei servizi dei capitali (rendita, interesse e salario). Anche quest’ultima fonte di potere d’acquisto non

35 Come noto l’ “effetto Pigou” o real balance effect sostiene che le variazioni nei prezzi conseguenti a variazioni nella domanda aggregata (Keynes) determinino variazioni nei consumi compensative delle iniziali variazioni intervenute nella domanda aggregata. Ciò in base all’ipotesi che le scorte liquide siano detenute nei termini reali di potere d’acquisto. Il verificarsi di una crisi da domanda, pertanto, determinando una conseguente caduta dei prezzi (nel paradigma neoclassico, per ipotesi, perfettamente flessibili) genera una indesiderata crescita delle scorte liquide in termini reali che spinge i consumatori a destinare al consumo una maggior quota del loro reddito nominale mediante riduzione delle loro scorte liquide nominali e la conseguente disponibilità monetaria destinata razionalmente ad un maggior consumo.

genera discriminazione nel momento in cui sia realizzata la condizione di piena occupazione (per ipotesi garantita nel L/P nel paradigma neoclassico) che, a sua volta, garantirebbe a tutti i soggetti l’accesso al credito;

- l’acquisizione della funzione keynesiana di riserva di valore da parte della moneta rimanda ad una delle possibili forme in cui può essere detenuta la ricchezza posseduta e risultante (come per i neoclassici) dall’accumulazione di redditi passati. In tale funzione la moneta assume rilevanza economica unicamente in quanto potere d’acquisto “sottratto” alla circolazione dai singoli agenti economici. Conseguentemente, le oscillazioni della domanda globale, le crisi e la disoccupazione risultano fortemente condizionati dalle aspettative degli operatori economici. Una simile interpretazione della teoria monetaria di Keynes contribuisce a relegare il suo contributo ad una teoria della crisi, con una validità e utilità circoscritta alle situazioni congiunturali negative che all’interno del paradigma neoclassico rivestono carattere solo temporaneo.

Ciò si traduce nello studio, da parte dei circuitisti, del circuito monetario dal momento della creazione della moneta a quello finale della sua distruzione che equivale a dire dall’emissione della moneta da parte delle banche, alle quali è riconosciuta e attribuita, pertanto, una funzione monetaria oltre a quella di intermediazione creditizia, fino al suo ritorno alle banche mediante la restituzione dei prestiti concessi ed alla conseguente sua distruzione. (A. Graziani, 1994).

Per i circuitisti il punto dirimente è l’imperfezione del mercato del credito e la presenza di incertezza. L’assenza di incertezza sulla possibilità di ottenere un prestito e sul tasso d’interesse applicato unitamente ad un mercato del credito perfettamente concorrenziale permetterebbe a qualsiasi soggetto economico di chiedere ed ottenere il credito desiderato in qualsiasi momento pagando, ovviamente, il tasso d’interesse monetario corrente. Una simile realtà risulta compatibile con l’ipotesi di esogeneità della moneta. Al contrario, la presenza di un ruolo attivo svolto dal sistema bancario nel decidere quali soggetti siano meritevoli (e quali no) di usufruire di un potere d’acquisto aggiuntivo ed autonomo mediante la concessione di un finanziamento e a quale prezzo, rende endogena l’offerta di moneta attribuendo a chi controlla la liquidità dell’economia il potere di imporre un vincolo finanziario alle decisioni di spesa dei soggetti economici sostenendo che:

“Il sistema bancario svolga un ruolo attivo e che i soggetti ammessi a fruire del credito bancario, e che vengono in tal modo dotati di capacità d’acquisto autonoma e potenzialmente illimitata, non siano indistintamente tutti gli appartenenti alla collettività, bensì soltanto coloro che vengono prescelti dal sistema bancario e che comunque appartengono alla classe degli imprenditori con esclusione totale dei lavoratori salariati.” (A. Graziani, 1994: 24) “Questa ipotesi è strettamente connessa alla definizione di economia capitalistica come economia basata da una parte sul lavoro salariato e dall’altra su imprese che perseguono l’obiettivo del profitto. Se tutti gli operatori avessero indistintamente accesso al credito, verrebbe meno la caratteristica di un’economia capitalistica, che è quella di essere basata sull’impiego di lavoro salariato, e torneremmo all’economia di autoproduttori [...].” (A. Graziani, 1988: XVII-XVIII)

In un’economia monetaria i pagamenti devono avvenire, per definizione, in moneta e conseguentemente il processo economico può essere avviato soltanto da chi possa disporne. Le imprese, quindi, sono individuate come il beneficiario privilegiato del sistema bancario in termini di finanziamenti necessari all’avvio del processo economico. A tale riguardo netta è la distinzione tra finanziamento dell’intera produzione e

finanziamento degli investimenti, il primo legato all’avvio di un’attività produttiva indipendentemente dalla natura merceologica dei beni prodotti (beni di consumo o beni d’investimento), il secondo destinato a finanziare l’acquisto dei beni capitali di nuova produzione. L’analisi macroeconomica condotta dai circuitisti porta a sostenere che, per il settore delle imprese nel suo complesso, l’attività monetaria delle banche è coinvolta esclusivamente nella prima forma di finanziamento che fornisce alle imprese la finanza

iniziale necessaria all’avvio dell’attività produttiva mediante il pagamento del monte salari, il solo acquisto che deve essere effettuato all’esterno da parte degli imprenditori, essendo tutti gli altri scambi, compreso quello dei beni capitali di nuova produzione, interni al settore delle imprese.36 Perde di significatività nell’impostazione circuitista la relazione tra credito bancario e innovazione, volendo dare giustificazione non tanto alla domanda di moneta quanto alla quantità di moneta in circolazione che trova spiegazione nella mancata chiusura del circuito monetario delle imprese dato anche che “i lavoratori-consumatori vengono in possesso di moneta soltanto vendendo il loro lavoro, e quindi non possono fare altro che spendere un ammontare di moneta che è stato già immesso in precedenza nel circuito economico” (A. Graziani, 1981: 222). La finanza iniziale così determinata assume la natura di transitoria nella misura in cui il settore imprese realizza: da un lato al termine del processo produttivo la vendita dei beni di consumo prodotti in

36 Ciò permette di evidenziare la stretta relazione esistente tra mercato del lavoro e mercato del credito in quanto ogni variazione del costo del lavoro si riflette in una corrispondente variazione del fabbisogno di credito delle imprese che comporta una rinegoziazione del loro rapporto con le banche determinando una dipendenza della politica salariale dalla politica creditizia del sistema bancario (A. Graziani, 1994: 77).

corrispondenza della quota dei salari destinata ai consumi dai lavoratori e, dall’altro lato, la vendita dei titoli emessi per raccogliere la quota dei salari destinata dai lavoratori al risparmio. I flussi monetari così realizzati dalle imprese vanno a costituire la finanza

finale raccolta sui due mercati dal settore delle imprese e destinata a rimborsare il finanziamento iniziale ottenuto dal sistema bancario. Differentemente, la finanza iniziale si trasforma in finanziamento forzato permanente in corrispondenza di quella parte di reddito che è destinato dai lavoratori a scorta liquida detenuta sotto forma di moneta legale o depositi bancari e che non permette al settore delle imprese di estinguere il finanziamento iniziale a causa del corrispondente venir meno di domanda di beni di consumo e/o di titoli. Le imprese rimangono così indebitate nei confronti del sistema bancario per un ammontare pari alle scorte liquide detenute dai salariati che impediscono la chiusura del circuito monetario. La moneta inizialmente creata non è interamente distrutta e determina un aumento della moneta in circolazione al riavvio del circuito monetario successivo. Una volta raggiunto il livello desiderato di scorte liquide da parte dei salariati la finanza iniziale viene regolarmente distrutta al termine del ciclo grazie alla finanza finale raccolta dalle imprese e la quantità di moneta in circolazione rimane costante in corrispondenza delle scorte liquide detenute.37

Il finanziamento degli investimenti è, al contrario di tutt’altra natura. La posizione circuitista distingue innanzitutto la fase della produzione dei beni capitali da quella del loro acquisto. La prima rientra nella generica attività produttiva sopra descritta e finanziata del credito bancario; la seconda, invece, prevede che gli investimenti siano sempre e interamente finanziati da un equivalente ammontare di risparmio. In questo caso la decisione di risparmio può essere sia dei salariati sia delle imprese. Lo sbocco alla produzione di nuovi beni capitali che può avvenire attraverso due canali: i) il primo è la vendita indiretta ai risparmiatori mediante l’emissione di titoli azionari ed obbligazionari collocati sui mercati finanziari (risparmio volontario dei salariati); ii) il secondo è interno al settore delle imprese e finanziato dagli extra-profitti realizzati dalle imprese (risparmio

37 Questa descrizione del circuito monetario fornisce una possibile soluzione alla diatriba circa la definizione della quantità di moneta da parte di Keynes nella Teoria generale in cui è trattata come grandezza data non in quanto in linea con la tesi neoclassica di esogeneità bensì nell’ipotesi di stazionarietà del sistema che, in equilibrio, comporta una stazionarietà dell’esposizione del settore delle imprese nei confronti del sistema bancario e, conseguentemente, una quantità costante di moneta in circolazione la cui natura è, però, endogena in quanto viene determinata dal fabbisogno del settore produttivo, mentre le autorità monetarie possono solo esercitare un controllo indiretto imponendo dei vincoli di riserva (A. Graziani, 1994 : 83).

forzato dei salariati).38 Sebbene a livello micro le singole imprese possono avere la necessità di ottenere un finanziamento bancario, essendo destinato nel suo intero ammontare a favore di un’altra impresa produttrice di beni capitali, l’indebitamento bancario dell’impresa acquirente sarà esattamente compensato dalla riduzione dell’indebitamento bancario dell’impresa venditrice. Resta così confermata la tesi che il finanziamento degli investimenti proviene interamente dal risparmio di salariati e imprese (extra-profitti).

Possiamo ora dare una rappresentazione grafica del circuito monetario secondo i circuitisti:

Figura 1.5: Il rapporto triangolare in un’economia di puro credito

Legenda:

(1) = Finanziamento iniziale ⇒ creazione di moneta bancaria : F=wN (2) = Pagamento del monte salari monetario : wN=W (3) = Apertura di depositi bancari dai salariati : =W

(4) = Trasferimento di depositi bancari per Consumi e Titoli : =C+T=cW+tW (5) = Estinzione/riduzione del finanziamento iniziale

⇒ distruzione di moneta bancaria : C+T<F

con;

w = salario nominale medio unitario c = propensione media al consumo

t = quota media di W destinata all’acquisto di Titoli emessi dalle imprese f = quota media di W trattenuta come scorta liquida

W = C+T+MD=cW+tW+fW

c+t+f=1 comporta che il circuito abbia solo una chiusura parziale: le imprese restano indebitate con il sistema bancario per la MDespressa dai lavoratori, corrispondente alla moneta in circolazione in quanto non distrutta

Ipotesi semplificative:

- economia chiusa senza settore pubblico

- il processo produttivo è avviato dall’insieme delle imprese con l’acquisto del solo lavoro - le imprese richiedono moneta SOLO come mezzo di pagamento (non come scorta liquida) - le banche incassano gli interessi in termini reali acquisendo beni prodotti dalle imprese

38 Concetti e meccanismi macroeconomici ripresi dalla teoria keynesiana esposta nel Trattato della moneta del 1930, principale opera keynesiana di riferimento per i teorici del circuito.

Il paradigma circuitista può essere, quindi, così sintetizzato:

a) la moneta moderna non può essere una moneta-merce (che riporta ad un’economia di baratto indiretto) bensì una moneta-segno di natura creditizia. Due caratteristiche che sono comuni alla moneta legale e alla moneta bancaria in quanto entrambe realizzano una transazione triangolare che assume la natura di

credito indiretto. La triangolazione è condizione necessaria a garantire potere liberatorio alla moneta evitando situazioni di signoraggio da parte del debitore che, al contrario, è possibile in un’economia di credito diretto.39

b) La moneta creditizia creata dal sistema bancario non è condizionata dai depositi raccolti in quanto la tesi sostenuta è che siano gli impieghi realizzati dal sistema bancario a creare i corrispondenti depositi (come risultato dei pagamenti realizzati dalle imprese con i finanziamenti ottenuti), il che implica una capacità sostanzialmente illimitata di creare moneta da parte del sistema bancario nel suo complesso. Solo per la singola banca resta confermato l’ordine causale che ha nei depositi raccolti la condizione necessaria a definire il livello massimo degli impieghi offerti, data la necessità (nonché l’obbligo) di salvaguardare un adeguato grado di liquidità.

c) La moneta ha, conseguentemente, natura endogena essendo la sua quantità in circolazione definita dalle forze di mercato di domanda, espressa dai soggetti economici (imprese in primo luogo), e di offerta espressa da un sistema bancario ritenuto “accomodante” rispetto alla domanda di credito espressa dalle imprese. Le autorità monetarie potranno solo modificare indirettamente la sua quantità agendo sulla struttura dei tassi d’interesse che influenzano le decisioni di risparmio dei lavoratori (nella loro decisione circa la quota di scorta liquida detenuta). Nessun potere, invece, per il sistema bancario che può solo decidere l’ammontare dei nuovi finanziamenti e gestire quelli già erogati;40

39 La moneta legale ha origine dall’indebitamento dello Stato, debitore-acquirente di beni e servizi, presso la Banca Centrale, che svolge il ruolo di terzo intermediario creditizio, utilizzato per saldare i propri debiti ai fornitori – creditori, mediante consegna di moneta legale, allo stesso modo che l’indebitamento di un soggetto privato, debitore-acquirente di beni e servizi, presso una banca ordinaria, terzo intermediario creditizio, è utilizzato per saldare i propri debiti ai fornitori mediante trasferimento di moneta bancaria (assegno, bonifico, …). L’utilizzo della moneta-spezza il rapporto di credito diretto tra debitore e creditore in cui il rapporto di debito e credito fra i due soggetti è sostituito da rapporti di credito e debito fra ciascuno dei due soggetti da un lato e la banca dall’altro. (A. Graziani, 1994: 61).

40 Per Graziani la coesistenza di moneta legale e moneta bancaria non modifica la natura endogena della moneta. Per i circuitisti, infatti, la funzione svolta dalla moneta legale non è quella di rendere possibile l’erogazione dei prestiti da parte del sistema bancario rendendo possibile la costituzione di riserve bancaria garanti della liquidità del sistema, bensì quella di rendere definitivi i pagamenti interbancari garantendo la

d) La società è suddivisa in funzione dell’accesso al credito tra imprese, ammesse in via privilegiata al credito bancario, e lavoratori-consumatori sottoposte al proprio vincolo di bilancio (spendere ciò che si è guadagnato) e il cui accesso al credito è condizionato dai propri flussi di reddito futuri pre-determinati dalla loro dimensione tendenzialmente costante;

e) La diversa distribuzione del credito bancario determina una modifica del potere d’acquisto dei soggetti che si riflette sul sistema dei prezzi smentendo il teorema della neutralità della moneta: la moneta è fonte sul piano economico di (extra)

profitti e sul piano sociale di potere (da parte delle imprese);

f) Il credito bancario è destinato al solo finanziamento della produzione, mentre il finanziamento degli investimenti avviene sempre con la formazione di un equivalente ammontare di risparmio: i) volontario da parte dei lavoratori-risparmiatori che acquistano titoli di debito emessi dalle imprese; ii) forzato (nella sua definizione kaleckiana-keynesiana) costituito dagli extra-profitti realizzati dalle imprese e destinati all’acquisto di beni capitali. Non rientra, pertanto, nei compiti e tanto meno nelle possibilità delle banche garantire la corrispondenza tra risparmi ed investimenti essendo i depositi determinati simultaneamente agli impieghi.

g) In linea con l’analisi keynesiana, il volume degli investimenti non è univocamente determinato dal livello del tasso d’interesse ma è condizionato principalmente dalle aspettative, pertanto si sostiene la necessità di adeguate politiche fiscali espansive a sostegno della domanda aggregata necessarie al perseguimento della piena occupazione condizionata dal livello della domanda effettiva definita dalle decisioni d’investimento delle imprese. Lo stato di equilibrio del sistema economico non è né unico né stabile bensì il risultato di volta in volta del rapporto dialettico tra banche ed imprese.

h) Un’economia monetaria rivela due ulteriori motivi di crisi derivanti dall’interruzione del circuito monetario: 1) in apertura di circuito previsioni pessimistiche sui profitti futuri possono spingere le imprese a ridurre il volume della produzione e parallelamente il sistema bancario a rifiutare la concessione di nuovi finanziamenti sulla base di tale peggioramento delle aspettative; 2) in chiusura di circuito può verificarsi un razionamento del credito da parte del

triangolazione del credito indiretto mediante lo scambio di moneta legale tra banche (Cfr. M. Passarella, 2008: 236).

sistema bancario in seguito all’incremento dell’indebitamento permanente delle imprese quale conseguenza delle decisioni dei lavoratori di incrementare le proprie scorte liquide;

i) la teoria economica deve sapere spiegare il “circuito” svolto dalla moneta: il percorso dalla sua creazione mediante la concessione di credito da parte delle