• Non ci sono risultati.

3. Il riconoscimento del divieto di divieto di doppio processo: work in

3.2. La condizione dell’esecuzione prevista dall’art 54 CAAS

L’art. 54 CAAS subordina l’efficacia del ne bis in idem alla “condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita”. Sulla condizione di esecuzione come limite all’efficacia del ne bis in idem internazionale si è già detto in precedenza458. In questa sede, pertanto ci limiteremo a tratteggiare l’efficacia di detta condizione alla luce della recente giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee, la quale ha chiarito cosa debba intendersi per “pena eseguita” o “in corso di esecuzione” ai fini dell’art. 54 CAAS.

Innanzitutto i giudici del Lussemburgo hanno affermato che il divieto di bis in

idem opera anche quando un imputato, conformemente al diritto dello Stato che

per primo è addivenuto ad una condanna, è stato condannato ad una pena detentiva condizionalmente sospesa459. A giudizio della Corte, infatti, “una pena

457

Sul punto, A. CIAMPI, La nozione europea di “persona giudicata, cit., 116. 458

Cfr. supra, Cap. II, para 4.4.

459

Cfr. la sentenza della CGCE del 18 luglio 2007, Kretzinger, para 42 e 43: “occorre constatare che una pena detentiva a cui è stata applicata la sospensione condizionale costituisce, per il fatto che sanziona il comportamento illecito di un soggetto condannato, una pena ai sensi dell’art. 54 della CAAS. La detta pena dev’essere considerata come «effettivamente in corso di esecuzione attualmente» fin dal momento in cui la condanna è divenuta esecutiva e durante il periodo di sospensione. Inoltre, una volta che il periodo di sospensione è scaduto, la pena dev’essere considerata come «eseguita» ai sensi di questa stessa disposizione. Questa interpretazione, secondo la quale anche una pena detentiva cui sia stata applicata la sospensione condizionale soddisfa la condizione di esecuzione, è corroborata, come hanno sottolineato in particolare il governo ceco e la Commissione, dal fatto che sarebbe incoerente, da un lato, considerare qualsiasi privazione della

172 detentiva a cui è stata applicata la sospensione condizionale costituisce, per il fatto che sanziona il comportamento illecito di un soggetto condannato, una pena ai sensi dell’art. 54 della CAAS”460. Conseguentemente “detta pena dev’essere considerata come ‘effettivamente in corso di esecuzione attualmente’ fin dal momento in cui la condanna è divenuta esecutiva e durante il periodo di sospensione. Inoltre, una volta che il periodo di sospensione è scaduto, la pena dev’essere considerata come ‘eseguita’ ai sensi di questa stessa disposizione”461.

La Corte giunge a questa conclusione in forza di due differenti argomenti. Il primo, invero non del tutto convincente, seppure supportato dalle conclusioni dell’Avvocato generale462, consiste nel ritenere che anche una pena condizionalmente sospesa sanzioni il comportamento illecito del soggetto condannato463. In realtà, un’analisi delle disposizioni previste negli ordinamenti nazionali, dimostra che non sempre il giudice, nel disporre la sospensione condizionale della pena, impone al condannato l’adempimento di particolari obblighi464. Dal momento che nulla esclude che l’unico obbligo imposto al condannato consista nel divieto di commettere nuovi reati, pena la revoca della sospensione, sembra difficile affermare che una pena condizionalmente sospesa abbia effetti propriamente sanzionatori-afflittivi.

libertà effettivamente subita come un’esecuzione ai sensi dell’art. 54 della CAAS e, dall’altro, escludere che le pene cui sia stata applicata la sospensione condizionale, che vengono normalmente inflitte per reati meno gravi, possano soddisfare la condizione di esecuzione contenuta in tale articolo consentendo così un nuovo procedimento penale”.

460

Sentenza della CGCE del 18 luglio 2007, Kretzinger, para 42.

461

Ibidem.

462

L’Avv. generale Sharpston nelle sue conclusioni relative alla causa Kretzinger (para 46 ss.) afferma che “la sospensione di una pena detentiva è sempre subordinata al rispetto, da parte del reo, di alcune condizioni imposte dal giudice competente per il periodo di sospensione […]Dal punto di vista sostanziale, una condanna detentiva sospesa racchiude in sé una pena in corso di esecuzione. Una persona soggetta a una pena detentiva sospesa è stata processata, condannata e punita. Per effetto del periodo di sospensione, durante il quale tale persona deve rispettare alcune condizioni obbligatorie, la sua normale libertà di agire è temporaneamente limitata. La suddetta persona è inoltre consapevole che, qualora violi le condizioni della sospensione, sarà probabilmente tradotta in carcere per scontare la pena detentiva. Essa vive con questa spada di Damocle pendente sopra la testa. È quindi chiaro che una pena detentiva sospesa «penalizza» effettivamente il reo, anche se in misura minore rispetto a una pena detentiva di immediata applicazione. Di conseguenza, essa dev’essere considerata, per tutta la sua durata, come una pena che è «stata eseguita o [è] effettivamente in corso di esecuzione attualmente» ai sensi dell’art. 54 della CAAS”.

463

Sentenza della CGCE del 18 luglio 2007, Kretzinger, para 42.

464

Cfr. ad esempio la disciplina prevista dal codice penale italiano (art. 163 ss.), in base al quale il giudice, nell’ordinare che l’esecuzione della pena rimanga sospesa, non sempre è obbligato ad imporre al condannato l’adempimento di particolare obblighi.

173 Il secondo argomento addotto dalla Corte attiene alla coerenza logico- sistematica della garanzia prevista dall’art. 54 CAAS, una volta introdotta all’interno degli ordinamenti penali nazionali. Più precisamente, a giudizio della Corte, sarebbe incoerente considerare come un’esecuzione della pena qualsiasi privazione della libertà effettivamente subita e, allo stesso tempo, “escludere che le pene cui sia stata applicata la sospensione condizionale, che vengono normalmente inflitte per reati meno gravi, possano soddisfare la condizione di esecuzione contenuta in tale articolo [54 CAAS] consentendo così un nuovo procedimento penale”465. Anche questo argomento pare poco convincente, poiché la Corte confonde il piano della gravità dei reati con quello dell’esecuzione della pena, senza considerare che una pena condizionalmente sospesa potrebbe essere considerata “eseguita” o “in corso di esecuzione” ai sensi dell’art. 54 CAAS per il solo fatto che gli ordinamenti che prevedono l’istituto della sospensione condizionale attribuiscono alla mancata commissione di reati durante il periodo di sospensione efficacia estintiva della pena466. Non solo: nelle ipotesi di pena condizionalmente sospesa, poiché il condannato non si è volontariamente sottratto all’esecuzione della pena, non sembra sussistere la ragione principale che ha spinto gli Stati a subordinare il ne bis in idem internazionale alla c.d. condizione dell’esecuzione, vale a dire un rischio di impunità467.

In secondo luogo, a giudizio della Corte di giustizia la pena inflitta non può considerarsi “eseguita” né “in corso di esecuzione” quando l'imputato è stato posto brevemente in stato di arresto di polizia e/o di custodia cautelare e quando, secondo il diritto dello Stato di condanna, di tale privazione della libertà si deve tener conto nell'esecuzione successiva della pena detentiva468. A sostegno di

questa tesi milita il fatto che nel corso di un procedimento giudiziario, tanto l’arresto di polizia che la custodia cautelare si collocano in un momento

465

Sentenza della CGCE del 18 luglio 2007, Kretzinger, para 43.

466

Così ad esempio l’art. 167 del codice penale italiano. Discorso sensibilmente diverso è quello svolto dall’avv. generale Sharpston nelle sue conclusioni relative alla causa Kretzinger, cit., para 51 : “Rilevo inoltre che nel contesto nazionale, di regola, si ritiene che una persona condannata a una pena sospesa possa invocare il principio ne bis in idem. Essa è già stata esposta a un rischio una volta e non deve poter essere perseguita una seconda volta per i medesimi fatti . Non vedo alcun motivo per cui la conclusione dovrebbe essere diversa nel contesto dell’Accordo di Schengen”.

467

Cfr. supra Cap. II, para 4.4.

468

174 antecedente alla sentenza definitiva e rispondono ad esigenze cautelari; di contro, la ratio della condizione dell’esecuzione è quella di “evitare che un soggetto che è stato giudicato con sentenza definitiva in un primo Stato contraente non possa più essere perseguito per i medesimi fatti e resti quindi, alla fine, impunito quando il primo Stato di condanna non ha fatto eseguire la pena inflitta”469. Stante la diversità di rationes applicative, argomenta la Corte, sarebbe illogico considerare il fermo di polizia e la custodia cautelare in carcere alla stregua di una pena eseguita o in corso di esecuzione, come tale rilevante ai fini dell’esistenza della preclusione processuale.

Infine, in una recente sentenza i giudici del Lussemburgo hanno chiarito cheil presupposto di esecuzione di cui all’art. 54 CAAS “è soddisfatto quando si constati che, nel momento in cui il secondo procedimento penale viene avviato nei confronti della medesima persona per i medesimi fatti che hanno già dato luogo ad una condanna nel primo Stato contraente, la sanzione applicata in tale primo Stato non può più essere eseguita secondo le leggi di quest’ultimo”470. In particolare, a giudizio della Corte, la condizione dell’esecuzione non deve essere interpretata nel senso che la pena irrogata avrebbe dovuto essere passibile di esecuzione quantomeno alla data della sua irrogazione in base alla normativa dello Stato contraente di condanna. Ed invero, l’art. 54 CAAS non stabilisce che la sanzione dovesse essere direttamente eseguibile, ai sensi del diritto di detto Stato di condanna, ma richiede soltanto che la sanzione applicata da una decisione definitiva «non possa più essere eseguita». I termini «non (…) più» si riferiscono pertanto al momento in cui iniziano nuovi procedimenti penali, in merito ai quali il giudice competente del secondo Stato contraente deve verificare se ricorrano i presupposti previsti all’art. 54 della CAAS471. In altre parole, il divieto di bis in

idem opera anche quando la pena inflitta nel primo Stato non abbia mai potuto

essere direttamente eseguita a causa di peculiarità procedurali, come quelle esistenti nel caso oggetto di esame da parte della Corte472.

469

Sentenza della CGCE del 18 luglio 2007, Kretzinger, para 51.

470

Sentenza della CGCE dell’11 dicembre 2008, Bourquain, para 48.

471

Sentenza della CGCE dell’11 dicembre 2008, Bourquain.

472

175 Questa interpretazione “restrittiva” della condizione dell’esecuzione, diretta ad ampliare l’ambito applicativo del divieto di doppio giudizio, pare tanto più opportuna alla luce dello scarso fondamento razionale assunto oggi dal presupposto in discorso473. A premere per una lettura minimalista di questo presupposto applicativo del divieto di bis in idem sembrano infatti esserci le stesse esigenze di politica criminale che hanno spinto la Commissione ad augurarsi che in un prossimo futuro l’esecuzione della prima sentenza non figuri più tra i presupposti della preclusione processuale contenuta nell’art. 54 CAAS; ed invero, mentre la condizione dell’esecuzione può trovare giustificazione in un sistema di cooperazione giudiziaria di tipo tradizionale, è quantomeno dubbio, a giudizio della Commissione, che essa mantenga la propria ratio essendi all’interno dello spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, dove regna un elevato livello di fiducia tra gli Stati membri e sussistono diversi strumenti normativi diretti a facilitare l’esecuzione della sentenza estera474.

Outline

Documenti correlati