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confronti”291. In questa prospettiva, lo Stato nazionale, indipendentemente dal fatto che esso sia stato l’autore del primo giudizio, potrebbe ritenersi abilitato ad agire in via di protezione diplomatica per ottenere la deduzione della pena già scontata dal cittadino292. Nondimeno, se si ritiene che la precedente sentenza straniera funzioni come limite all’esecuzione delle sentenza nazionale solo laddove la persona condannata è uno straniero, riguardo ai propri sudditi lo Stato sarebbe internazionalmente libero di applicare il ne bis in idem esecutivo; in questa prospettiva, dunque, la deduzione della pena già scontata all’estero dai propri cittadini sarebbe una conseguenza non di obblighi internazionali quanto invece di “comprensibili ragioni di equità, non volendosi creare nei confronti dei propri cittadini una situazione di svantaggio rispetto agli stranieri”293.

Anche se la riconduzione del ne bis in idem esecutivo alla protezione internazionale degli stranieri non appare oggi pienamente convincente, questa teoria – ed a maggior ragione quelle che riconducono il divieto di duplice sanzione ad un principio generale del diritto internazionale consuetudinario – ha l’indubbio merito di evidenziare come alla base del principio militino evidenti esigenze di tutela della persona umana. Com’è stato autorevolmente notato alcuni anno orsono, non sembrano infatti esistere dubbi riguardo al fatto che il principio di solidarietà tra gli Stati e il principio di umanità verso l’imputato debbano impedire la doppia espiazione della pena294. Premesso dunque che il ne bis in

idem esecutivo ha il merito di consentire il conseguimento di un livello minimo di

tutela in tutti i casi in cui una persona subisce due processi, in Paesi diversi, per il medesimo fatto, si tratta adesso di meglio analizzare le ragioni della indubbia fortuna che il ne bis in idem esecutivo ha incontrato nella prassi internazionale; in secondo luogo, oggetto di indagine saranno le modalità applicative del ne bis in

idem esecutivo.

3.1.La ratio equitativa di un principio “realista”

291

N. PALAIA, L’efficacia preclusiva, cit., 736 s. cui si rimanda per ulteriori precisazioni ed

indicazioni bibliografiche in merito ai diritti degli stranieri in base al diritto internazionale generale.

292

N. PALAIA, L’efficacia preclusiva, cit., 737. 293

N. PALAIA, L’efficacia preclusiva, cit., 738. 294

G. FOSCHINI – G. LEONE, Effetti internazionali delle sentenze penali, in Riv. it. dir. proc. pen.,

107 Come accennato, la ratio del principio di compensazione deve essere ravvisata in insopprimibili esigenze di giustizia sostanziale, volte ad evitare che il mancato coordinamento delle potestà punitive nazionali si risolva in un’ingiustificata moltiplicazione delle conseguenze sanzionatorie di un unico fatto criminoso. Sennonché, questo fondamento equitativo non pare del tutto sufficiente a spiegare l’ampio consenso che circonda il principio in esame; altrimenti detto, non si comprendono le ragioni per cui gli Stati, naturalmente restii a rinunciare alle proprie potestà punitive, abbiano acconsentito a vincolarsi al rispetto di tale principio, quando non, addirittura, abbiano autonomamente stabilito la vigenza del

ne bis in idem esecutivo nelle ipotesi di mancato riconoscimento della sentenza

penale straniera, limitando così unilateralmente l’efficacia delle norme penali nazionali che collegano al compimento di un atto criminoso una determinata pena. Ebbene, la ragione deve a nostro avviso ravvisarsi nel fatto che il principio in parola si segnala per un marcato realismo nella soluzione dei problemi connessi ai conflitti positivi di giurisdizione295: esso permette di contemperare esigenze di equità e di giustizia materiale – cui ripugnerebbe la duplice punizione di un soggetto per il medesimo fatto – con le istanze di sovranità dei singoli Stati, che trovano espressione nell’esercizio dell’azione penale e che non vengono messe in discussione dallo scomputo della pena già scontata all’estero296. Ed invero, una volta che la garanzia del ne bis in idem si sposta dal piano del procedimento a quello dell’esecuzione della pena, l’ordinamento nazionale non ha nulla da temere con riferimento ai limiti della propria giurisdizione penale: non solo questi non sono messi in discussione dal principio in esame, ma l’affermazione della potestà punitiva nazionale ne esce sostanzialmente rafforzata, poiché la deduzione della sanzione già scontata all’estero opera sul necessario presupposto della (seconda) sentenza di condanna emessa dal giudice nazionale297. In altre parole, l’ampio consenso che il principio incontra sul piano dogmatico e pratico-applicativo

295

Così D. REBUT, Les effets des jugements répressifs, in AA.VV., Les effets des jugements nationaux dans les autres Etats membres de l’Union européenne, Bruxelles, 2001, 186: “La prise

en compte des sanctions subies par leur déduction de celles prononcées est une mesure particulièrement réaliste de protection du principe non bis in idem”.

296

Analog., D. REBUT, loc.ult.cit. 297

Si è perfino sostenuto, specie in passato, che il meccanismo della deduzione della pena significhi in realtà un rifiuto (Ablehnung) del ne bis in idem (W. HASLER, Die Wirkung ausländischer Strafurteile im Inland, Zurigo, 1939, 113.

108 sembra dovuto più alle sue “reticenze” che al suo immediato contenuto precettivo: esso nulla dice in merito al riconoscimento degli effetti – positivi o negativi – del giudicato estero e quindi non incide sulla spinosa problematica dei limiti della giurisdizione nazionale, limitandosi a riflettere il diverso problema della duplice (integrale) esecuzione di due sentenze di condanna pronunciate in Paesi diversi; d’altro canto, il principio di compensazione, affondando le proprie radici in esigenze di giustizia materiale e di congruità tra risposta sanzionatoria e fatto realizzato, del tutto assimilabili a quelle che stanno alla base del ne bis in idem sostanziale negli ordinamenti nazionali, si candida naturalmente a diventare lo strumento privilegiato per rimediare agli effetti iniqui dell’inefficacia del divieto di doppio processo nei rapporti tra ordinamenti diversi. Non stupisce pertanto che alcuni Autori abbiano parlato del ne bis in idem esecutivo in termini di “palliativo”298 o addirittura di escamotage cui ricorrere nelle ipotesi in cui non sia stato rispettato il principio del ne bis in idem processuale fissato come regola dalle disposizioni pattizie299.

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