bis della sentenza
Quanto detto finora in merito alla ratio del ne bis in idem esecutivo non è probabilmente sufficiente per affermare che il principio in discorso – spesso anche denominato Anrechnungsprinzip – abbia natura ancipite, costituendo uno strumento di garanzia dell’individuo ed insieme di tutela, ancorché indiretta, della potestà punitiva nazionale. Tuttavia, la prassi applicativa del principio evidenzia come le stesse pressanti esigenze di tutela della sovranità nazionale che hanno impedito per decenni il riconoscimento del ne bis in idem internazionale in senso stretto, abbiano concorso a plasmare anche le fattezze del ne bis in idem esecutivo, facendo sì che esso fosse relegato ad una posizione di tendenziale sussidiarietà rispetto al ne bis in idem internazionale e che ne venisse così compromessa la naturale forza espansiva che gli deriva dal suo fondamento lato sensu equitativo. Il ne bis in idem esecutivo sembra infatti costituire una sorta di “fratello minore”
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A. BARBEY, De l’application internationale de la règle “Non bis in idem” en matière répressive, thèse, Lausanne, 1930, 170.
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109 dell’omonimo principio internazionale, derivante anch’esso dall’autorità negativa del giudicato penale e che tuttavia, lungi dal riflettere il problema della procedibilità in idem, si limita a risolvere quello della eseguibilità in bis300: un’autorità dunque “mitigata” della cosa giudicata301, ma sempre legata a doppio filo con gli istituti del processo.
Le ragioni di questa parziale amputazione dell’ambito applicativo del principio devono essere individuate nel fatto che la deduzione della pena già scontata opera sul presupposto di una duplice sentenza di condanna da parte di giudici di Stati differenti. Questa circostanza ha fatto sì che le disposizioni che lo prevedono fossero configurate come norme di chiusura, a carattere residuale, destinate ad operare tutte le volte in cui le disposizioni che sanciscono il divieto di doppio processo – tanto a livello nazionale che a livello sopranazionale – non trovano applicazione per motivi attinenti esclusivamente a ragioni di sovranità statuale302. Più precisamente, il ne bis in idem esecutivo, quando è previsto dalle legislazioni penali nazionali, opera sul necessario presupposto del rinnovamento del giudizio e quindi del mancato riconoscimento dell’efficacia preclusiva del giudicato penale estero concernente i medesimi fatti; analogamente, quando è previsto da norme internazionali, esso opera in via del tutto sussidiaria rispetto al
ne bis in idem internazionale, vale a dire quando uno Stato contraente decide di
procedere ad un nuovo giudizio in idem, fondando la propria giurisdizione su uno dei criteri che le convenzioni stesse individuano come possibili cause di deroga all’operatività del divieto di doppio processo nei rapporti tra gli Stati parte303. In questo modo, il ne bis in idem esecutivo finisce per essere subordinato ai
300
Cfr. N. GALANTINI, Il principio del “ne bis in idem”, cit., 21 e s.
301
Di “autorità mitigata” della cosa giudicata parla, richiamandosi alla letteratura tedesca, C. VAN DEN WYNGAERT, The transformation of International criminal law in response to the challenge of
organized crime, in 70 Rev. int. dr. pénal, 1999, 172. 302
Analog. F. ALICINO, Il ne bis in idem comunitario e la cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri dell’Unione europea: due facce di una stessa medaglia, in Diritto pubblico comparato ed europeo, 2005, 1516, il quale sottolinea che il ne bis in idem esecutivo “assume le caratteristiche di
un mero escamotage cui far ricorso nel caso in cui non sia stato applicato il principio del ne bis in
idem processuale, la cui incisività sul riconoscimento dei diritti e delle garanzie individuali è ben
maggiore rispetto allo scomputo della pena già subita; soprattutto nelle ipotesi in cui il primo giudizio è stato assolutorio”. Inoltre, a giudizio questo Autore, le ipotesi di ne bis in idem esecutivo devono “considerarsi come norme di chiusura a carattere residuale, idonee a soddisfare esigenze minime di giustizia per i casi in cui il divieto di rinnovamento del processo, sancito dalla regola generale del ne bis in idem, non trovi concreta applicazione”.
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110 medesimi presupposti applicativi che stanno alla base del divieto di doppio processo, con l’unica – e fondamentale – differenza, che quando la preclusione processuale vincola diversi ordinamenti giuridici, la detrazione della pena già scontata avviene se sussistono le condizioni in presenza delle quali gli Stati possono derogare al ne bis in idem internazionale.
L’esito ultimo dell’operazione, dunque, è che la tutela di fondamentali esigenze di equità, come quelle sottese al principio di compensazione, viene subordinata alle stesse condizioni elaborate con riferimento alla preclusione processuale, rischiando così di pervenire a risultati paradossali, quando non addirittura profondamente iniqui. Da una parte, infatti, il giudice nazionale dovrà procedere alla detrazione della pena già scontata all’estero ogni volta che i fatti oggetto delle due sentenze costituiscono i “medesimi fatti” ai sensi della norma che afferma l’efficacia negativa del giudicato; e questo anche quando la norma che prevede la preclusione proceesuale accoglie una nozione estremamente ampia di idem, cui potrebbero non corrispondere identiche esigenze di giustizia sostanziale. Dall’altra, e di converso, ogni volta che non sussistono i presupposti applicativi del ne bis in idem internazionale, il giudice dovrà applicare per intero la pena comminata nella sentenza, senza poter prendere in considerazione quelle circostanze che stanno alla base del ne bis in idem sostanziale e che giustificherebbero invero uno scomputo della pena. Questo stato di cose non sembra costituire una conseguenza ineluttabile dell’accoglimento del principio di compensazione nei rapporti tra gli Stati, quanto invece il frutto di una ben determinata concezione del ne bis in idem esecutivo: quella di un principio volto a garantire, in via mediata, l’esercizio del potere punitivo statuale e dunque concernente esclusivamente la “eseguibilità in bis” della sentenza, anziché, come parrebbe più in linea con il suo fondamento, come principio in forza del quale non
bis poena in idem304.