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3. Il riconoscimento del divieto di divieto di doppio processo: work in

3.3. Le ipotesi derogatorie previste dall’art 55 CAAS

Passando adesso all’esame delle clausole derogatorie espresse all’efficacia del

ne bis in idem europeo, queste sono previste dall’art. 55 CAAS e consistono in

altrettante ipotesi in cui gli interessi degli Stati, volti a reprimere “in proprio” determinati illeciti, prevalgono sulle esigenze di tutela dei singoli individui475.

Poiché queste eccezioni al divieto di doppio giudizio hanno un margine applicativo potenzialmente amplissimo, le esigenze di garanzia della persona emergono quasi esclusivamente sul piano pratico-applicativo, espressamente disciplinato dalla Convenzione. In particolare, le deroghe alla preclusione processuale codificate dall’art. 55 CAAS operano solo se lo Stato dichiara,

473

Su cui supra, cap. II, para 4.4.

474

Commissione delle Comunità europee, Libro verde sui conflitti di giurisdizione, cit., 9.

475

In base all’art. 55.1 CAAS, “una Parte contraente può, al momento della ratifica, dell’accettazione o dell’approvazione della presente Convenzione [di applicazione dell’Accordo di Schenge] dichiarare di non essere vincolata dall’art. 54 in uno o più dei seguenti casi: a) quando i fatti oggetto della sentenza straniera sono avvenuti in parte sul suo territorio in tutto o in parte. In quest’ultimo caso questa eccezione non si applica se i fatti sono avvenuti in parte sul territorio della Parte contraente nel quale la sentenza è stata pronunciata; b) quando i fatti oggetto della sentenza straniera costituiscono un reato contro la sicurezza o contro altri interessi egualmente essenziali di quella Parte contraente; c) quando i fatti oggetto della sentenza straniera sono stati commessi da un pubblico ufficiale di quella Parte contraente in violazione dei doveri del suo ufficio”.

176 espressamente ed in via preventiva476, di volersene avvalere; in ogni caso, poi, è fatta salva la possibilità degli Stati di ritirare in ogni tempo le dichiarazione precedentemente rese477. Mentre la mancanza di automatismi all’efficacia delle deroghe e la necessità di una dichiarazione ad hoc evidenziano la natura eccezionale delle disposizioni in commento, la previsione della possibilità per gli Stati di rinunciare ad eccezioni precedentemente accolte, ma non di dichiarare successivamente di volersi avvalere di una determinata eccezione prevista dall’art. 55 CAAS, sembra volta a tutelare gli interessi dei singoli, a scapito di quelli statuali.

Nella medesima prospettiva di tutela dei diritti della persona pare doversi leggere anche il disposto dell’art. 55.4 CAAS, in forza del quale le eccezioni che sono state oggetto di una precedente dichiarazione non trovano applicazione se lo Stato in questione “ha, per gli stessi fatti, richiesto l’instaurazione del procedimento penale all’altra Parte contraente o concesso estradizione della persona in questione”; ed invero, posto che questi atti implicano una rinuncia, per lo meno momentanea, all’esercizio della propria potestà punitiva, un eventuale ripensamento dello Stato in merito all’opportunità di processare “in proprio” certi fatti, non sarebbe in grado di giustificare la lesione delle istanze di garanzia individuale che il rinnovamento del giudizio comporta.

Passando adesso ad analizzare il contenuto e la ratio delle ipotesi disciplinate dall’art. 55 CAAS, queste sembrano riconducibili a due diverse situazioni, che, per differenti motivi, impediscono la risoluzione dei conflitti positivi di giurisdizione e, quindi, l’applicazione della preclusione processuale: si tratta, da un lato, del particolare tipo di criterio giurisdizionale che viene in gioco e, dall’altro, della peculiare tipologia di reato che è stato commesso.

Per quanto riguarda la prima ipotesi derogatoria, questa è prevista dall’art. 55 lettera a), ed è volta a garantire ai singoli Stati la facoltà di giudicare in ogni caso i fatti commessi, in tutto o in parte, sul proprio territorio, a prescindere dal fatto che un altro Paese, in forza di un criterio extraterritoriale di esercizio della giurisdizione, abbia già proceduto per i medesimi fatti. Si tratta di una “classica” ipotesi derogatoria all’efficacia del divieto di doppio processo, su cui abbiamo già

476

Cfr. art. 55.1 CAAS.

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177 avuto modo di soffermarci in precedenza478. Sia qui sufficiente evidenziare come in forza dell’art. 55.1, lett. a), secondo periodo, questa eccezione, fondata sulla supposta primazia del principio di territorialità, non può operare quando i fatti in discorso sono avvenuti, in tutto o in parte, anche sul territorio del primo Stato che ha proceduto.

Per quanto concerne la seconda situazione legittimante una deroga al divieto di doppio processo, questa, come accennato, è costituita dalla commissione di due particolari ipotesi delittuose, rispetto alle quali è più forte l’interesse dello Stato a giudicare “in prima persona” l’autore dell’illecito.

Una prima tipologia criminosa è quella prevista dall’art. 55.1 lett. b) della CAAS, che richiama, con una formula ormai divenuta tralaticia479, non meglio specificati reati “contro la sicurezza o contro altri interessi egualmente essenziali” dello Stato, attribuendo così al c.d. principio della personalità passiva una valenza derogatoria del tutto analoga a quella riconosciuta al principio di territorialità; e se è vero che, per espresso disposto della Convenzione, gli Stati, nel momento in cui dichiarano di volersi avvalere dell’eccezione in parola, devono precisare le categorie di reati per le quali quest’ultima può trovare applicazione, è parimenti indubitabile che, stante l’assoluta indeterminatezza dell’art. 55.1 lett. b), questo limite ha potenzialità applicative dirompenti, in grado di paralizzare l’efficacia della preclusione processuale nella stragrande maggioranza delle ipotesi in cui potrebbe venire in gioco480.

La secondo tipologia criminosa è descritta, con una maggiore attenzione per le esigenze di tassatività, dall’art. 55.1 lett. c), che attribuisce rilevanza all’ipotesi in cui i fatti oggetto della sentenza straniera sono stati commessi da un pubblico ufficiale dello Stato che intende procedere in idem, in violazione dei doveri del suo ufficio. Ebbene, poiché si tratta di un’ipotesi palesemente speciale rispetto a quella prevista dalla lettera b), essa avrebbe potuto spiegare analoga efficacia derogatoria rispetto al divieto di doppio processo anche se non fosse stata fatta

478

Cfr. supra, Cap. II, para 4.3.

479

La formula solitamente contenuta nei trattati internazionali è “atti diretti contro l’interesse dello Stato”; cfr. sul punto L. CORDÌ, Il principio del ne bis in idem nella dimensione, cit., 789.

480

L’esigenza di porre argini applicativi maggiormente determinati a questa particolare ipotesi derogatoria al principio del ne bis in idem si è palesata numerose volte in sede di redazione di trattati internazionali; sul punto, L. CORDÌ, Il principio del ne bis in idem nella dimensione, cit.,

178 oggetto di una previsione ad hoc; il profilo maggiormente interessante di questa disposizione sembra pertanto risiedere nel fatto che essa introduce una sorta di presunzione relativa nei rapporti tra gli Stati, in forza della quale i singoli ordinamenti hanno sempre interesse a giudicare “in proprio” i delitti dei propri funzionari commessi in violazione dei doveri d’ufficio, a prescindere dalle risultanze processuali del giudizio estero. Questa disposizione sembra quindi implicitamente riconoscere che i conflitti di giurisdizione tra gli Stati, quando hanno ad oggetto determinati delitti, non possono essere risolti, poiché gli Stati sono “naturalmente” mossi da interessi differenti nell’accertamento del reato, quando non addirittura contrapposti; ed invero, se in via generale gli ordinamenti nazionali non hanno nessun interesse ad accertare i profili di responsabilità del pubblici ufficiali stranieri verso la Pubblica Amministrazione di un altro Stato, in alcune ipotesi, come ad esempio nei casi di corruzione internazionale, essi possono avere persino interesse a concludere il processo con un’assoluzione o con una condanna oltremodo blanda.

4. Il ne bis in idem configurante un limite alla cooperazione giudiziaria

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