7. L’INDUSTRIA ALIMENTARE
7.2. La dinamica dei comparti
7.2.1. Il comparto della macellazione e della lavorazione delle carni Il comparto zootecnico è oramai da diversi anni costretto a convi-vere con un ambiente esterno particolarmente difficile e caratterizzato da un elevato grado di incertezza.
A livello nazionale, questo comparto rappresenta la realtà agro-alimentare più importante, sviluppando quasi il 40% della PLV e oltre 80 mila miliardi al consumo, ma si troverà ad essere ancor più penaliz-zato a causa delle sue caratteristiche, quali una struttura produttiva che non ha saputo ancora completamente modernizzarsi e a causa di crisi provenienti dall’estero che tuttavia influiscono pesantemente sul con-sumatore, si veda il caso BSE. A questa situazione, lo scorso anno, so-no andate aggiungendosi le difficoltà nei mercati di sbocco esteri a causa delle crisi: orientale, russa e brasiliana. A questo proposito l’UE, in seguito alle svalutazioni monetarie, intervenute in alcuni paesi terzi, ha deciso di aumentare le restituzioni alle esportazioni dell’8%.
Al fine di dare una risposta ai problemi connessi al calo dei consu-mi di carne e per valorizzare e qualificare meglio la produzione nazio-nale, dando al contempo maggiore fiducia al consumatore, sono nati diversi consorzi di tutela delle carni bovine documentate.
Nella regione Emilia-Romagna operano numerose aziende leader nella lavorazione e trasformazione della carne e nella produzione e stagionatura dei salumi. Primo fa tutti, con un fatturato che nel 1998 ha superato i 2 mila miliardi, troviamo il gruppo Cremonini fondato nel 1966. A questo gruppo, capitanato da CAFIN, fanno riferimento INALCA (carni bovine e suine), Corte Buona (salumi ed insaccati), la Compagnia delle Spezie (spezie), Agape (ristorazione), Islandia (di-stribuzione di surgelati) e MARR (catering). Il gruppo presenta
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que un elevato grado di diversificazione e di integrazione nel comparto zootecnico a valle degli allevamenti. Fra i più importanti avvenimenti che hanno caratterizzato l’annata trascorsa troviamo l’esordio nella borsa di Milano nel mese di dicembre, che dovrebbe portare dei capi-tali aggiuntivi alle casse del gruppo. Con l’inizio del 1999 dovrebbe aprire i battenti, nel lodigiano, un grosso impianto di macellazione e lavorazione della carne, che a regime dovrebbe produrre 1.200 tonnel-late di carne al giorno e 20 mila vaschette confezionate all’ora. In que-sto stabilimento sono stati investiti quasi la metà dei 400 miliardi de-stinati negli ultimi anni al rifacimento e all’ammodernamento degli impianti. Questa unità operativa affianca quella già operante a Castel-vetro (Modena) che ha una capacità annua di 600 mila capi.
La controllata MARR di Rimini ha acquisito la società Venturi di Cesenatico attiva nella lavorazione del pesce fresco, operazione di po-co successiva all’apertura del Marr-SuperCash&Carry a Rimini che con una superficie di vendita di 7.500 mq è fra i più grandi d’Italia.
Il gruppo di Modena ha anche stipulato nuovi accordi e confermato alcuni dei precedenti consentendo uno sbocco sicuro per i suoi prodot-ti: tra i principali vanno citati quello decennale di fornitura di materia prima a Star, l’aumento del numero di paesi riforniti per MacDonald’s e l’accordo di commercializzazione di salumi con la società brasiliana Piquerobi che, nel 1998, ha fatturato oltre 12 miliardi.
Proprio nella provincia di Modena, MacDonald’s ha deciso la co-struzione del centro logistico che dovrà approvvigionare i circa 200 fast food nazionali. Nel centro verrà inserito anche un panificio auto-matizzato che sfornerà i quasi 115 milioni di panini all’anno, che at-tualmente arrivano dalla Francia. Il gruppo continua nell’opera di per-sonalizzazione alle esigenze italiane dell’offerta mettendo a disposi-zione degli utenti bustine monodose di olio extra vergine e di aceto.
Bisogna infatti sottolineare che l’80% della materia prima utilizzata nei fast food italiani è di provenienza nazionale.
Le aziende regionali operanti nel comparto dei salumi si caratteriz-zano per la loro posizione di leader non solo locali o pluriregionali, ma nazionali. E’ questa l’evoluzione di società che, inserite in un ambito in cui le tradizioni di salumeria sono importanti e sono state opportu-namente valorizzate tramite marchi DOP o IGP, hanno saputo crescere ed espandersi anche sui mercati esteri. La valorizzazione e protezione delle produzioni locali tocca oramai tutta la filiera partendo dal suino
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che, sulla base di specifiche caratteristiche e tecniche produttive, come per esempio il fatto che non può essere allevato a sud dell’Emilia-Romagna, potrà fregiarsi del marchio di qualità europeo IGP “suino pesante padano” e, a dieci mesi e 160 kg, verrà avviato alla trasforma-zione sia in salumi che in prodotto fresco.
Particolarmente attiva in questi anni, anche a seguito del riassetto societario che ha portato Unicarni e Italcarni ad acquisirne il controllo, è stato il gruppo Unibon. Il fatturato, che per il 1997 si aggira attorno ai 250 miliardi, è realizzato tramite le vendite operate sia sul territorio na-zionale, utilizzando diversi canali distributivi attratti da un portafoglio prodotti ricco di 400 referenze, che all’estero, in particolare con la linea
“appena affettati”. La vitalità dell’azienda, dimostrata anche dal lancio di diverse nuove linee, è stata premiata in termini di quote di mercato in particolare nei prodotti da banco preconfezionati a marchio. Nelle stra-tegie future del gruppo è previsto il lancio di nuove linee produttive.
Un’altra azienda emiliana specializzata nei salumi è Ferrarini, fon-data nel 1956 ed operante a Reggio Emilia: nel 1998, ha superato i 260 miliardi di fatturato principalmente attraverso la vendita di prosciutto;
infatti nei suoi due stabilimenti, uno per la produzione del cotto e uno per il crudo di Parma, lavora rispettivamente 25 mila e 3 mila pezzi ai quali si aggiungono 15 mila stagionati Mec. In particolare nel segmen-to del cotsegmen-to detiene una posizione importante con una quota del 24%
nel canale della grande distribuzione. L’azienda opera in tutta la filie-ra, compreso l’allevamento, e completa il suo portafoglio prodotti con vino e aceto balsamico. In futuro l’azienda dovrà sempre più confron-tarsi con un mercato interno oramai saturo e con un elevato numero di operatori, destinati però a ridursi: per questo sta rivolgendosi al merca-to estero, anche tramite acquisizioni ed accordi, per fare crescere la quota esportata, che ora si attesta poco al di sotto del 10%.
Del segmento del prosciutto crudo con marchio DOP è tornata nuovamente ad occuparsi l’Autorità Garante sulla Concorrenza e sui Mercati dopo la richiesta avanzata dai due principali consorzi, quello di Parma (44% di quota di mercato) e di San Daniele (14%), di rinno-vo dell’autorizzazione ad operare fino al 2001 in regime di quote di produzione in deroga alla normativa vigente. La risposta dell’Autorità è stata negativa e la deroga scaduta lo scorso 31 dicembre 1998 è stata prorogata solo alla fine del 1999. In positivo per il segmento, che vale oltre 9 mila miliardi se si includono i salumi, è il maggior grado di
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pertura del mercato giapponese, che attualmente importa oltre 50 mila prosciutti crudi per un controvalore di quasi 23 miliardi di lire, contro le quasi 70 mila cosce importate dagli Stati Uniti. La differenza sta nel fatto che il mercato giapponese è una realtà solo da alcuni anni, al con-trario degli USA, e che il consumatore non è rappresentato da emigrati italiani ma da locali spinti anche dall’esplosione della moda dei risto-ranti italiani.
Infine sempre in tema di prodotti tutelati va sottolineato che a parti-re dal mese di luglio la mortadella di Bologna è entrata nella lista dei prodotti IGP.
7.2.2. Il comparto lattiero-caseario
Il comparto lattiero-caseario nazionale continua a mostrare sintomi di fermento e i principali operatori sono continuamente a caccia di o-perazioni che gli consentano di rinforzare la loro posizione. Durante lo scorso anno due leader nazionali, Granarolo e Parmalat, con sede sociale nella nostra regione, si sono particolarmente distinte.
Il gruppo Parmalat dopo una lunga trattativa ha concluso l’acquisizione del ramo latte del gruppo Cirio, la Polenghi Latte.
L’operazione che parte da un valore di 780 miliardi di lire prevede che venga dedotto l’indebitamento finanziario netto consolidato al mo-mento del passaggio e sommato il saldo tra attività e passività correnti.
Anche per fare fronte a questa operazione l’assemblea straordinaria del gruppo di Parma ha deciso un aumento del capitale di 300 miliardi di lire che servirà per lanciare un prestito obbligazionario convertibile.
Con l’acquisizione della Polenghi Latte, che detiene numerosi marchi ed il 75% della Centrale del latte di Roma, Parmalat rinforza ulterior-mente la sua leadership nel latte Uht e diventa leader in quello pasto-rizzato. Il gruppo parmense con le ultime acquisizioni ha decisamente superato la soglia dei 10 mila miliardi di lire di fatturato consolidato:
alla fine degli anni ’80 non raggiungeva i mille. L’interesse del grup-po, oramai multinazionale, coinvolge tutti i continenti: le ultime ope-razioni hanno visto l’acquisizione in Spagna di Clesa, in Argentina di Lactona e Union Gandarense, in Colombia di Proleche, negli Usa di Farmland Dairies, in Canada di Astro, nel Sud Africa di Bonita, ed ha rivolto i propri interessi anche in Australia.
Sul fronte dei prodotti commercializzati molte novità sono state
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trodotte, ad esempio il latte e lo yogurt contenente Omega 3, la linea Crema dessert di yogurt che dovrebbe contrastare l’ascesa di Muller.
Il gruppo Granarolo Felsinea ha proseguito l’operazione di riorga-nizzazione societaria interna e dopo aver, lo scorso anno, acquisito il controllo della Sail di Gioia del Colle ha comperato l’azienda di Tera-mo Latte Cerulli, rinforzando così la sua presenza sulla costa adriatica, e stipulato un accordo con la Cooperativa Prealpina di Varese. Per in-crementare le sue capacità produttive il gruppo bolognese ha investito oltre 10 miliardi nell’ammodernamento dello stabilimento di Novara, che potrà ora lavorare 75 mila tonnellate di latte. Per coprire il suo fabbisogno di materia prima per la produzione di latte pastorizzato sa-rà necessario aumentare il numero di allevatori locali e lombardi con-ferenti, mentre per il latte Uht il latte arriverà anche dalla Francia.
Il fatturato del gruppo si è chiuso a quota 815 miliardi, in aumento rispetto allo scorso anno, e a 830 miliardi per quanto riguarda il conso-lidato. Il 46% deriva dalla vendita di latte fresco, il 28% dal latte Uht e la rimanente parte dagli yogurt e dagli altri prodotti lattiero-caseari. La soglia dei mille miliardi è oramai vicina e, anche per il raggiungimento della quale, sta intervenendo sul suo portafoglio prodotti offrendo una gamma sempre più estesa di referenze a base di latte fresco ad alta qualità, accolta favorevolmente dal consumatore.
Inoltre Granarolo ha raccolto risorse finanziarie per 150 miliardi per fare fronte a possibili acquisizioni, tra le quali evidenzia un forte interesse per la Centrale del Latte di Milano, ed attivato contatti con altre cooperative europee tra cui la finlandese Valio, che fornisce al gruppo bolognese, che nel frattempo ha cambiato nome in Granlatte, un fermento alla base del latte fresco probiotico ViviVivo. Questo prodotto mira in particolare alla fascia di consumatori compresa tra i 25 e i 42 anni che non costituiscono certamente il target ideale per le vendite del latte addizionato al cacao, alla vaniglia e alla fragola.
Il rischio futuro per Granlatte è legato alla tendenza del consumato-re a pconsumato-refericonsumato-re il consumo di latte Uht a discapito di quello fconsumato-resco, su cui ha puntato maggiormente l’azienda bolognese. Questa tendenza inter-viene nonostante un vissuto positivo e nonostante le caratteristiche in-trinseche che avvicinano maggiormente il latte pastorizzato al latte i-deale voluto dal consumatore. Una ulteriore difficoltà prevista per i prossimi anni deriverà dalla diminuzione numerica delle famiglie con bambini, quelle che attualmente sono più disposte alla scomodità di
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acquisti settimanali ripetuti e obbligati dalla scadenza limitata del latte pastorizzato. Anche per questo l’associazione di aziende Frescolatte e Granlatte sta facendo pressione per allungare la vita scaffale del pro-dotto al di là degli attuali quattro giorni previsti dalla legge.
Anche la crisi del Parmigiano Reggiano, che lo scorso hanno è to insignito da parte di una rivista specializzata enogastronomica sta-tunitense del titolo di miglior formaggio al mondo, pesa fortemente su tutta la filiera lattiero-casearia regionale. La perdurante crisi che ha fat-to scendere il prezzo al produtfat-tore sotfat-to le 14 mila lire al Kg, dalle 20 mila di pochi anni fa, rischia nuovamente di incidere sulla struttura produttiva con l’espulsione di numerosi operatori, come era già avve-nuto nel 91/92. Tuttavia alcune aziende del segmento permangono vi-vaci e cercano sbocchi all’estero oppure, percorrono la via della diffe-renziazione immettendo sul mercato prodotto ottenuto seguendo la metodologia del prodotto biologico, dunque mediante l’abolizione di qualunque additivo chimico lungo tutta la filiera. Sarà necessario a-spettare la risposta del consumatore per capire se il mercato, nell’attuale stato di crisi, potrà assorbire e soprattutto ripagare i mag-giori costi di produzione, valutati attorno al 25%.
7.2.3. Il comparto ortofrutticolo
Il comparto ortofrutticolo italiano, 17 mila miliardi di fatturato nel 1997 e un saldo commerciale positivo per 1.600 miliardi di lire, è stato pesantemente influenzato dalle gelate del 1997 che hanno causato una forte riduzione della produzione di alcune varietà di frutta. A questo fenomeno naturale si è affiancata la diminuzione strutturale delle su-perfici coltivate, in particolare per quelle destinate alle cultivar richie-ste dall’industria di trasformazione. Particolari condizioni di mercato, ma soprattutto la concorrenza di altri produttori mediterranei con costi di produzione sensibilmente più bassi, spingono a destinare i campi a varietà che consentano un maggior guadagno o quantomeno permetta-no di ripagare i costi. Per questo motivo il consorzio Conserve Italia per contrastare il calo dei contributi UE ha stanziato degli incentivi, 2,5 milioni ad ettaro, destinati a quegli agricoltori che impiantano frut-teti da destinare alla produzione di frutta per sciroppi e che si impe-gnano a conferire la loro produzione al Consorzio. Anche l’ammini-strazione comunale di Codigoro darà un contributo del 10% al
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pianto di frutteti con lo scopo di mantenere vitale un settore agricolo considerato indispensabile per l’occupazione locale.
I problemi del comparto ortofrutticolo non sono legati solo al sem-pre più difficile reperimento della materia prima e al suo costo di pro-duzione, ma conseguono anche da un mercato interno sostanzialmente stagnante e dall’andamento delle esportazioni che stanno segnando il passo: lo scorso anno sono addirittura diminuite. Inoltre numerose a-ziende non presentano i requisiti necessari per rispondere positivamen-te alle richiespositivamen-te del mercato e della distribuzione.
Potrebbe essere questa la chiave di lettura della strategia della Del Monte Italia, che dovrebbe chiudere il 1998 con un fatturato in crescita rispetto ai 220 miliardi dello scorso anno. La società ha deciso il lancio di un marchio ad ombrello, Sanafrutta, che dovrà evidenziare tutte le referenze prodotte con frutta coltivata seguendo le direttive della pro-duzione integrata. Lo sviluppo di questa nuova linea dovrebbe essere favorito dalla sempre maggiore attenzione che il consumatore presta alla “naturalezza - ecologicità” del prodotto che acquista: si consideri, per esempio, il “boom” dei consumi di prodotti biologici e lo spazio che la distribuzione dedica loro.
La cooperativa ortofrutticola di Cesena, Aprofruit non sembra aver risentito del momento difficile essendo riuscita a chiudere il bilancio dello scorso anno con un fatturato in forte crescita: da 142 a 170 mi-liardi di lire (+20%). Il fatturato del gruppo si è attestato a 208 mimi-liardi consentendo di pagare ai 4 mila soci conferenti 23,5 miliardi di lire per le 98.500 tonnellate di materia prima consegnate e lavorate dalla coo-perativa. I buoni risultati sono anche il frutto degli accordi di commer-cializzazione con numerose catene distributive nazionali ed estere, in particolare tedesche ed inglesi. In questa ottica la cooperativa cesenate ha oramai da diversi anni avviato una politica di collaborazione con produttori pugliesi, casertani e laziali attraverso i quali è stata in grado di ampliare la gamma e la periodicità della sua offerta.
Che questa sia una strategia vincente lo dimostra anche il consorzio Conserve Italia, che creerà tre nuovi impianti per la lavorazione del pomodoro e della frutta nell’area della Puglia e della Basilicata. In questo modo otterrà la duplicazione delle sue capacità di trasformazio-ne del pomodoro e arriverà meglio a stringere rapporti di fornitura con gli agricoltori locali. Il gruppo, che ha chiuso il suo bilancio con un fatturato in crescita superiore ai 1.200 miliardi di lire, durante il 1997 e
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il 1998 ha compiuto notevoli sforzi per consolidare e rinforzare la sua posizione di primo gruppo conserviero europeo. In particolare la coo-perativa Conserve Italia, oltre 740 miliardi di fatturato, ha raddoppiato il suo giro di affari, rispetto all’anno precedente, in quanto con l’ultimo esercizio è diventata effettivamente operante, da un punto di vista fiscale e civilistico, la fusione per incorporazione di Massalom-barda Colombani e Agri Italia. Durante il 1998, la sua controllata Kon-serva Polska ha acquisito un nuovo stabilimento di produzione a Lodz, in Polonia, che sta ristrutturando per adeguarlo alle esigenze del grup-po in quanto era specializzato nella produzione di bevande. Durante il mese di maggio, sempre dello scorso anno, il consorzio bolognese ha siglato con l’ARSIAL, della regione Lazio, un accordo che prevede la gestione dello stabilimento conserviero di Tarquinia (VT), che ha una capacità produttiva di oltre 40 mila tonnellate annue e che si affianca a quello di Albinia. Nel mese di giugno è stato preso in gestione lo stabi-limento di Gaudiano di Lavello (PZ), di proprietà del MIPA, che de-tiene una quota di 60 mila tonnellate annue di pomodoro; naturalmente Conserve Italia si augura che l’accordo annuale venga rinnovato.
Durante lo stesso mese, le assemblee di due società controllate fran-cesi, Otra e Verjame, acquisite lo scorso anno, hanno deciso la fusione e la nascita di una nuova società denominata Conserves France. La ca-pacità complessiva di lavorazione di 155 mila tonnellate ha fatto si che nascesse la più grossa realtà conserviera del sud della Francia. A soste-gno dei numerosi programmi di investimento, produttivi, logistici e commerciali, il consorzio ha stipulato accordi finanziari per l’apertura di due linee di credito a medio termine per circa 120 miliardi.
Infine Generalfruit, una cooperativa ortofrutticola ravennate, che ha chiuso il bilancio ‘97 con circa 56 miliardi di lire, vede i suoi 1.600 soci distribuiti in otto regioni italiane: strategia che consente di amplia-re la gamma e allungaamplia-re la periodicità dell’offerta.
7.2.4. Il comparto della pasta e dei prodotti da forno
L’International Grain Council (IGC) prevede, per il 1998, un calo del 3% della produzione mondiale di frumento destinato alla alimenta-zione umana. La motivaalimenta-zione principale risiede nella diminualimenta-zione del-le superfici che nel mondo sono destinate a cereali, in particolare negli USA e in Canada: le semine complessive interesserebbero circa 224
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milioni di ettari. Se queste stime fossero confermate, la produzione non dovrebbe essere in grado di coprire i consumi complessivi che, a livello planetario, dovrebbero attestarsi sui 600 milioni di tonnellate.
I produttori italiani di pasta già da diversi anni sono costretti a con-frontarsi con un mercato critico che presenta tassi di sviluppo molto limitati. L’unica strada percorribile sembra essere quella dell’affermazione sui mercati esteri, strategia utilizzata dalle principali imprese del settore tra le quali Barilla. In particolare il mercato statuni-tense sembra essere il più interessante, infatti, se è vero che i consumi italiani di pasta superano le 1,6 milioni di tonnellate, è altrettanto vero che gli Stati Uniti si pongono al secondo posto con 1,1 milioni di ton-nellate. Barilla, in particolare, sta strategicamente puntando a realizza-re il 40% del suo fatturato sui mercati esteri. Il mercato USA, vale at-tualmente, il 7% del fatturato di Barilla, ma è destinato a crescere con forza dopo che l’azienda parmense ha destinato 200 miliardi di lire per la realizzazione di un grande impianto di produzione ad Ames, nello stato dell’Iowa, cuore dell’area cerealicola del Midwest.
La produzione dovrà naturalmente sottostare alle leggi locali, ma consentirà di sfuggire alle potenti lobby dei produttori locali che in ogni occasione hanno cercato e cercano di frenare le importazioni di
La produzione dovrà naturalmente sottostare alle leggi locali, ma consentirà di sfuggire alle potenti lobby dei produttori locali che in ogni occasione hanno cercato e cercano di frenare le importazioni di