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La gestione del fenomeno migratorio in Puglia e Veneto

3.1 La legislazione regionale veneta in materia di immigrazione

Il Veneto attualmente conta oltre mezzo milione di cittadini stranieri residenti, oltre il 10% del totale regionale della popolazione veneta e della popolazione straniera residente in Italia.

Si tratta di una delle regioni ospitante il maggior numero di migranti, 14.224 secondo dati risalenti alla fine del 2016, dei quali oltre 3.000 alloggiati nei centri di prima accoglienza, circa 500 in posti SPRAR ed i restanti all’interno di strutture temporanee.

Lo Statuto della regione, nella sua versione del 2012, così afferma all’articolo 5, comma 5:

“La Regione, ispirandosi ai principi di civiltà cristiana e alle tradizioni di laicità e di libertà di scienza e pensiero, informa la propria azione ai principi di eguaglianza e solidarietà nei confronti di ogni persona di qualunque provenienza, cultura e religione; promuove la partecipazione e l’integrazione di ogni persona nei diritti e nei doveri, contrastando pregiudizi e discriminazioni; opera per la realizzazione di una comunità accogliente e solidale”.

Anche nella legislazione regionale veneta è evidente come la materia della regolazione dei flussi migratori si sia imposta solo recentemente come rilevante, infatti i primi interventi in tale ambito sono riscontrabili all’interno della legge n.55 del 1982, recante “Norme per l’esercizio delle funzioni in materia di assistenza sociale”.

Nello specifico, l’articolo 4 della norma afferma che essa si applica a tutti i cittadini residenti nel Veneto, senza distinzione di carattere giuridico, economico, sociale, ideologico, religioso, oltre che agli apolidi residenti nel Veneto.

L’articolo estende inoltre l’ambito dei destinatari della norma a stranieri e apolidi presenti nel territorio del Veneto e fino al possibile rientro nella comunità di provenienza, anche se non assimilati ai cittadini e non appartenenti a stati per i quali sussistesse trattamento di reciprocità.

Ma la normativa di riferimento in materia di regolazione del fenomeno migratorio è la legge n.9 del 30 gennaio 1990 “Interventi nel settore dell’immigrazione”.

La norma si apre con la dichiarazione, all’articolo 1, che la regione Veneto nell’ambito delle proprie attribuzioni, in armonia con i principi fondamentali del proprio statuto, con le direttive comunitarie in tema di immigrazione e soprattutto con la legge statale del 30 dicembre 1986 n.943, concernente norme in materia di collocamento e trattamento dei lavoratori extracomunitari

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immigrati, promuove e attua iniziative volte a favorire il superamento delle difficoltà relative alla condizione di immigrato e l’inserimento all’interno della comunità regionale, pur contribuendo al mantenimento della lingua e della identità culturale della persona.

La norma all’articolo 2 specifica di rivolgersi esclusivamente agli immigrati provenienti dai Paesi extracomunitari che dimorano nel territorio della Regione Veneto.

Per quanto riguarda il tipo di network generato da tale norma, si tratta di un network includente, molto vicino anche esso, quindi, all’issue network, in quanto al suo interno vi è un numero consistente di attori con competenze e esperienze tra loro variegate.

Per quanto riguarda gli attori istituzionali politici vi sono la Giunta regionale, il Consiglio Regionale e la Consulta per l’immigrazione, interna alla Giunta regionale. Essi svolgono un ruolo fondamentale di promozione e regia degli interventi di policy nel settore dell’immigrazione.

Per quanto riguarda poi gli attori istituzionali non politici vi sono primariamente gli enti locali, i quali rivestono un ruolo di promozione e attuazione degli interventi di policy.

Ancora, per quanto riguarda gli attori non istituzionali si possono evidenziare i presidi e i servizi ospedalieri territoriali pubblici o convenzionati, con ruolo prevalentemente di attuazione, gli enti privati, con ruolo di implementazione e promozione, le imprese, anch’esse con ruolo di implementazione e promozione, gli istituti di credito nuovamente con ruolo di implementazione e promozione, le associazioni e le cooperative, con ruolo di implementazione promozione e filtro degli interessi, infine le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni imprenditoriali con ruolo di promozione e filtro degli interessi.

Gli strumenti di policy introdotti da tale norma sono tanti e di seguito è opportuno sintetizzarli. In primo luogo la norma prevede all’articolo 3 comma 1, l’emanazione di un Piano triennale degli interventi, predisposto dalla Giunta Regionale dopo aver sentito la Consulta per l’immigrazione.

Ancora, si prevede all’articolo 3 comma 2, un Programma annuale di iniziative e interventi, deliberato dalla Giunta Regionale entro il 31 maggio di ogni anno, sentiti i pareri della Consulta regionale per l’immigrazione e la competente Commissione consiliare.

Gli interventi e le iniziative in questione riguardano, come specificato all’interno dell’articolo 3 comma 3:

• La realizzazione di strumenti di informazione, volti a favorire l’esercizio dei diritti da parte degli immigrati extracomunitari;

• La realizzazione di corsi di apprendimento della lingua italiana e di educazione civica;

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• L’estensione di interventi di orientamento scolastico e professionale, di prima formazione e di riqualificazione a favore degli immigrati extracomunitari, mediante la loro partecipazione a corsi gestiti dai centri riconosciuti ai sensi dell’articolo 8 della legge regionale 13 settembre 1978, n.59 e successive modificazioni e integrazioni, prevedendo all’interno di queste iniziative l’insegnamento della lingua italiana;

• La realizzazione, di intesa con il Ministero degli Affari Esteri e il Ministero del lavoro, di corsi di formazione professionale per il reinserimento degli immigrati nei loro paesi d’origine;

• La realizzazione di iniziative volte a favorire il diritto allo studio, soprattutto universitario, degli studenti extracomunitari e l’inserimento degli stessi nell’ordinamento scolastico nazionale;

• La realizzazione o il patrocinio di iniziative volte alla promozione e conoscenza delle culture delle comunità di immigrati tra i cittadini del Veneto, al mantenimento dell’identità culturale propria dei singoli paesi di provenienza e allo sviluppo dell’incontro tra diverse culture;

• Il concorso e il sostegno dell’attività svolta da enti e associazioni, cooperative e organismi che operano in favore di immigrati;

Inoltre all’articolo 4 è prevista la garanzia dell’erogazione delle prestazioni sanitarie presso i presidi e i servizi ospedalieri e territoriali pubblici o convenzionati, su prescrizione-proposta di un medico dipendente delle strutture regionali del Servizio Sanitario Nazionale, alle stesse condizioni e nei limiti previsti per il cittadino italiano.

Ancora viene stabilita, all’articolo 5, l’attivazione di centri di prima accoglienza da parte di enti locali, singoli o associazioni, mediante appostiti contributi. L’ammontare del contributo però non deve superare il 50 % della spesa prevista e comunque l’importo massimo di lire 50 milioni.

Poi si definisce all’articolo 6 comma 1 la possibilità di assegnazione, da parte dei comuni, di alloggi di edilizia residenziale pubblica agli immigrati extracomunitari residenti da almeno due anni nel territorio della regione.

È prevista inoltre, articolo 6 comma 2, la promozione da parte della Regione della realizzazione di accordi tra enti locali, enti pubblici o privati, imprese, cooperative, istituti di credito e associazioni, volti al reperimento di alloggi da destinare agli immigrati extracomunitari e alle loro famiglie. Questi accordi possono anche prevedere la creazione di un fondo di garanzia a salvaguardia dei diritti dei locatori.

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Oltre a ciò viene specificata, all’articolo 6 comma 3 e 5, l’autorizzazione, per la Giunta regionale, a concedere contributi in conto capitale a soggetti pubblici o privati per opere di risanamento, ristrutturazione o recupero di alloggi per sostenere iniziative e progetti finalizzati alla ospitalità temporanea degli immigrati. Il contributo è apri al 20% della spesa ritenuta ammissibile, fino a un massimo di lire 10 milioni per unità abitativa.

Importante è inoltre la previsione, all’articolo 7 comma 1 e 2, di azioni di promozione e sostegno, da parte della regione, nei confronti delle associazioni che operano con continuità in favore degli immigrati extracomunitari. A tal fine, presso la Giunta regionale, è istituito il registro delle associazioni, enti e organismi operanti nel Veneto.

Ancora, all’articolo 8 comma 1, la norma stabilisce la possibilità di concessione di contributi regionali nei confronti di associazioni, enti e organismi iscritti al registro suddetto.

All’articolo 17 si specifica infine che all’onere di lire 1000 milioni derivante dall’attuazione della presente legge si provvede mediante prelevamento di pari importo, per competenza e per cassa, dal fondo globale per le spese correnti, capitolo 80210, partita n. 1 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l’esercizio finanziario 1990 e contemporanea istituzione nel medesimo stato di previsione della spesa del capitolo 61356 denominato “Interventi regionali nel settore dell’immigrazione” con lo stanziamento di lire 950 milioni per competenza e per cassa, e del capitolo 61358 denominato “Spese per la Consulta regionale per l’immigrazione” con lo stanziamento di lire 50 milioni per competenza e per cassa.

Questo dunque il quadro delineato dalla legge regionale n.9 del 1990.

In questo quadro si inserisce la legge regionale n.10 del 2 aprile 1996. La norma, che disciplinava l’assegnazione e la fissazione dei canoni degli alloggi di edilizia residenziale pubblica, al suo articolo 2 estendeva la fruizione di questa particolare prestazione di carattere sociale a:

a bis) cittadini di Stati appartenenti all’Unione europea regolarmente soggiornanti in Italia, e loro familiari, ai sensi del decreto legislativo 6 febbraio 2007, n. 30 “Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri”; a ter) titolari di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo ai sensi del decreto legislativo 8 gennaio 2007, n. 3 “Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo”;

a quater) titolari dello status di rifugiato e dello status di protezione sussidiaria ai sensi del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251 “Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione a cittadini di Paesi terzi o apolidi della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta”; a quinquies) stranieri regolarmente soggiornanti in possesso di permesso di soggiorno almeno biennale e che esercitano una regolare attività di lavoro subordinato o di lavoro autonomo ai sensi dell'articolo 40, comma 6, del decreto

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legislativo 25 luglio 1998, n. 286 “Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero;

Qui appare evidente come vi sia un’intersezione tra due politiche, quella dell’edilizia residenziale pubblica e quella dell’immigrazione.

La norma in particolare definiva un tipo di network, quello relativo alla materia dell’edilizia residenziale, escludente e nettamente vicino alla policy community in cui gli attori sono pochi, i loro legami stretti e che è caratterizzato da una certa costanza nella membership. Inoltre gli attori coinvolti condividono un insieme di valori e convinzioni di base e si scambiano continuamente risorse.

Gli attori che costituiscono il network sono in primo luogo i Comuni, i quali, come specificato all’articolo 3, svolgono principalmente la funzione di promozione degli interventi di policy.

Essi infatti pubblicano il bando di concorso per accedere all’edilizia residenziale pubblica all’albo pretorio e ne assicurano la massima pubblicità.

I comuni svolgono anche un importante ruolo di implementazione, infatti come si legge all’articolo 5, il Comune che ha indetto il bando procede all'istruttoria delle domande verificando la completezza e la regolarità delle stesse e della documentazione richiesta.

Entro novanta giorni dalla data di scadenza del bando poi, il Comune provvede all'attribuzione dei punteggi e alla formazione e approvazione di una graduatoria provvisoria.

Per l'esecuzione delle suddette funzioni i Comuni possono avvalersi, previa convenzione, delle Aziende territoriali per l’edilizia residenziale (ATER) territorialmente competenti o delle Aziende comunali ove esistano. Nell'ipotesi di avvalimento delle Aziende Territoriali per l'Edilizia Residenziale l’istruttoria è demandata ad apposita commissione istituita presso l’ATER territorialmente competente, costituita dal Presidente della Giunta regionale.

La Giunta regionale invece svolge una funzione di indirizzo e regia, infatti si occupa, come specificato all’articolo 4, di predisporre il modello della domanda da presentare per accedere al concorso suddetto.

All’articolo 24 poi si specifica come i Comuni e gli enti gestori promuovano e favoriscano la partecipazione degli assegnatari alla gestione degli alloggi e assicurino le necessarie informazioni agli utenti e alle loro organizzazioni sindacali, anche attraverso apposite conferenze periodiche. Il diritto all'informazione degli utenti è garantito inoltre attraverso la definizione di protocolli d'intesa tra gli enti interessati e le organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli assegnatari, i quali svolgono una funzione di filtro di interessi.

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La stessa Regione favorisce la partecipazione dell'utenza alla formazione dei programmi di edilizia residenziale pubblica, tramite una preventiva consultazione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori e degli assegnatari.

Tra gli strumenti di policy istituiti tramite la legge regionale 10 del 1996 si può evidenziare all’articolo 21 un fondo sociale istituito presso i comuni e destinato agli assegnatari in gravi difficoltà economico-sociali, nonchè ai concorrenti all’assegnazione di un alloggio, utilmente collocati in graduatoria.

Inoltre, all’articolo 32 vengono previsti dei Piani particolari per il recupero degli alloggi, ovvero si prevede che i Comuni, d’intesa con le ATER, previa autorizzazione della Giunta regionale, possano predisporre piani di recupero per assegnare alloggi che, a causa delle condizioni di degrado, non siano abitabili. Per l’assegnazione di tali alloggi si procede attraverso l’emanazione di bandi speciali che contengano, quale requisito aggiuntivo rispetto a quelli previsti all’articolo 2, la stipula di apposita convenzione.

Questo il network e le risorse stanziate dalla legge regionale 10 del 1996, che successivamente è stata abrogata dalla legge regionale 39 del 2017.

Prima di passare all’esame di quest’ultima è importante ricordare la legge regionale del 23 novembre 2006, n.25.

La legge in questione al suo articolo 1 istituiva una commissione tecnica per lo studio sull’impatto territoriale e sociale dei flussi migratori nella Regione del Veneto, con sede presso il Consiglio Regionale.

La Commissione aveva il compito di acquisire dati e informazioni riguardanti l’articolazione e la mobilità della presenza sul territorio della popolazione straniera, le modalità di inserimento abitativo di questa in relazione all’assetto territoriale, alle strutture produttive, ad accentramenti e concentrazioni etniche, alla durata della permanenza, alla presenza di nuclei familiari e alle tipologie di alloggi, le dinamiche derivanti dalla coesistenza di più etnie sia all’interno della componente straniera che in relazione alla popolazione autoctona, i livelli di istruzione e formazione dei lavoratori immigrati e delle loro famiglie, i tassi di disoccupazione, sottoccupazione e le tipologie di rapporti di lavoro posti in essere.

Inoltre la Commissione, sulla base dei dati acquisiti, provvede ad analizzare studi e modelli di sostenibilità e gestione del fenomeno migratorio volti ad elaborare strategie regionali praticabili e coerenti con il modello veneto di sviluppo, volte a sostenere l’integrazione urbana e sociale e a prevenire l’insorgere di situazioni di squilibrio e conflitto.

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All’articolo 5 si precisa come agli oneri derivanti dall’attuazione della legge, quantificati in euro 50.000.00 per ciascuno degli esercizi 2007 e 2008, si provveda con le risorse allocate sull’upb U0001 “Consiglio regionale” del bilancio pluriennale 2006-2008.

Quest’ultima norma, come ben specificato al suo articolo 1, ha avuto il merito di riordinare e semplificare la disciplina regionale in materia di edilizia residenziale pubblica.

Sempre allo stesso articolo viene evidenziato come la Regione svolga la funzione di dettare gli indirizzi e le modalità per l’esercizio delle funzioni di edilizia residenziale pubblica, da parte delle aziende territoriali di edilizia residenziale (ATER) e dei comuni.

All’articolo 2 vengono poi definite più nello specifico le funzioni svolte dalla Regione, che possono essere sintetizzate efficacemente in funzioni di indirizzo, promozione e monitoraggio. Essa infatti si occupa in primo luogo di determinare le procedure di rilevazione del fabbisogno abitativo tenendo conto di quale sia la consistenza del patrimonio edilizio esistente e delle sue possibilità di integrazione, in questo utilizzando l’azione coordinata e sinergica dei soggetti sociali ed economici presenti nel territorio regionale.

Inoltre definisce, nel documento di economia e finanza regionale (DEFR), gli indirizzi ed obiettivi che devono essere raggiunti dalle ATER e approva i piani e i programmi generali, nei quali va garantita la partecipazione degli enti locali.

Ancora, individua gli obiettivi di settore e le tipologie di intervento, anche mediante programmi complessi tra cui quelli integrati di recupero urbano, di riqualificazione urbana e di rigenerazione urbana e stabilisce la ripartizione delle risorse finanziarie tra le varie categorie di operatori. Monitora poi il fabbisogno, l’attuazione degli interventi programmati e la spesa.

Inoltre determina i limiti di costo e i requisiti oggettivi da rispettare nella realizzazione degli interventi di edilizia residenziale, determina e aggiorna i parametri per l’individuazione delle condizioni per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica, le procedure per l’assegnazione e la gestione degli alloggi oltre alla determinazione dei canoni.

Ha poi il compito di autorizzare la vendita degli alloggi e delle relative pertinenze di edilizia residenziale pubblica e di definire i criteri per il reinvestimento dei proventi nell’acquisizione e costruzione di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero nel recupero e nella manutenzione straordinaria di quelli esistenti.

Infine vigila sulla gestione amministrativa e finanziaria delle cooperative edilizie che usufruiscono dei contributi pubblici.

All’articolo 3 invece vengono delineate le funzioni svolte dai Comuni nell’ambito della politica di edilizia residenziale pubblica, le quali sono essenzialmente di implementazione delle direttive regionali, di promozione e di monitoraggio.

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I Comuni infatti, in primo luogo rilevano il fabbisogno locale di edilizia residenziale pubblica, secondo le procedure stabilite dalla Giunta regionale.

Inoltre si accertano del rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 16, comma 3, e 43 della legge 5 agosto 1978, n. 457 “Norme per l’edilizia residenziale” nella realizzazione di interventi di edilizia residenziale fruenti di contributi dello Stato o della Regione, da parte delle cooperative edilizie di abitazione e loro consorzi e delle imprese di costruzione e loro consorzi, oltre ad accertare il rispetto dei requisiti soggettivi per accedere ai finanziamenti di edilizia residenziale da parte dei beneficiari di contributi pubblici.

Sono poi di competenza dei Comuni le procedure di selezione per l’accesso all’edilizia residenziale pubblica e quelle relative all’assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà. Inoltre è di loro competenza applicare le sanzioni amministrative nei casi previsti dalla legge 39 del 2017.

Infine, il Comune può delegare all’ Azienda territoriale per l’edilizia residenziale (ATER) competente per territorio gli adempimenti connessi all’assegnazione e alla gestione del proprio patrimonio di edilizia residenziale pubblica.

Altro attore coinvolto nella politica di edilizia residenziale pubblica, come definito all’articolo 6, sono le Aziende territoriali per l’edilizia residenziale (ATER).

Esse sono enti pubblici economici strumentali della Regione operanti nel settore dell’edilizia residenziale pubblica, dotati di personalità giuridica e di autonomia organizzativa, patrimoniale e contabile, hanno sede nel comune capoluogo di ogni provincia e nella Città Metropolitana di Venezia ed operano nel territorio della stessa.

Le ATER hanno essenzialmente compiti di implementazione e promozione, ma in particolare, come specificato all’articolo 7, esse provvedono a: attuare interventi di edilizia residenziale sovvenzionata, agevolata e convenzionata tramite l’acquisto, la costruzione e il recupero di abitazioni e di immobili di pertinenza anche attraverso programmi integrati e programmi di recupero urbano, utilizzando le risorse finanziarie proprie o di altri soggetti pubblici; progettare programmi complessi, tra cui programmi integrati, di recupero urbano, di riqualificazione urbana e di rigenerazione urbana; progettare ed eseguire opere di edilizia, infrastrutturali e di urbanizzazione a servizio della residenza, per conto di enti pubblici; eseguire opere di interesse pubblico con particolare riferimento all’edilizia scolastica, universitaria, sociale, culturale ed alla sicurezza; svolgere attività per nuove costruzioni e per il recupero di immobili già esistenti, collegate a programmi di edilizia residenziale pubblica; gestire il patrimonio proprio e di altri enti pubblici realizzato, acquisito o conferito a qualunque titolo, nonché svolgere ogni altra attività di edilizia residenziale pubblica rientrante nei fini istituzionali e conforme alla normativa statale e regionale;

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stipulare convenzioni con gli enti locali e con altri operatori di settore per la progettazione e l’esecuzione delle suddette azioni; svolgere attività di consulenza ed assistenza tecnica nei confronti di operatori pubblici e privati; intervenire, previa autorizzazione della Giunta regionale, con fini calmieratori sul mercato edilizio; formulare proposte sulle localizzazioni degli interventi di edilizia residenziale pubblica; assegnare gli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà; applicare le sanzioni amministrative previste dalla presente legge.

All’interno di ogni ATER è poi istituito l’Osservatorio per la legalità e la trasparenza, con il compito di analizzare, studiare e approfondire i temi inerenti alle occupazioni abusive, alla morosità, colpevole o incolpevole e alle assegnazioni degli alloggi.

All’interno del network assumono un ruolo rilevante anche le organizzazioni sindacali degli inquilini, le quali svolgono funzioni essenzialmente di filtro degli interessi. Infatti, come previsto all’articolo 22, la Regione favorisce la partecipazione dell’utenza alla formazione dei programmi di