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La gestione del fenomeno migratorio in Puglia e Veneto

POLITICHE DI INTEGRAZIONE

3.5 La migrazione umanitaria

È importante distinguere due grandi tipi di flussi migratori che interessano l’Italia, un flusso caratterizzato da migrazione umanitaria e uno da migrazione economica. È sul primo di questi due flussi che si concentra la nostra attenzione, in quanto le politiche di seconda accoglienza che

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trovano espressione attraverso il sistema SPRAR riguardano esclusivamente questa forma migratoria.

La migrazione umanitaria è regolata da norme interne all’ordinamento italiano ma anche e sempre più da norme internazionali ed europee, per cui pare opportuno specificare quale sia il contesto normativo entro cui si delineano i soggetti a cui spetta il diritto di accedere a tale seconda accoglienza e in cui si articola il sistema SPRAR.

A livello nazionale all’articolo 10 comma 3 della Costituzione si legge:

Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione Italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge.

A livello internazionale invece rileva la Convenzione di Ginevra Onu sui rifugiati e i relativi protocolli, adottata nel 1951 ed entrata in vigore nel 1954, la quale rappresenta il principale strumento giuridico internazionale a tutela dei rifugiati (Calamia, Di Filippo, Gestri, 2012, p.92-93). La Convenzione all’articolo 1 definisce “rifugiati” coloro che si trovino fuori dai confini del proprio Paese e che non vogliano o possano tornarvi a causa di un fondato motivo di essere perseguitati per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un gruppo sociale o opinioni politiche.

A livello europeo rileva l’articolo 78 del TFUE (Trattato sul Funzionamento dell’UE), il quale afferma l’esistenza di una competenza concorrente tra stati membri e Unione Europea in materia di asilo, protezione sussidiaria e protezione temporanea.

Sempre in ambito europeo occorre ricordare due importanti direttive.

In primo luogo la direttiva 2004/83 poi sostituita dalla direttiva 2011/95, che stabilisce criteri e definizioni comuni riguardo all’attribuzione ai richiedenti asilo della qualifica di rifugiato, ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione di Ginevra. Tale direttiva inoltre definisce la nozione di “atti di persecuzione” all’articolo 9, specifica i diversi “motivi di persecuzione” all’articolo 10 e definisce i relativi responsabili all’articolo 6, oltre a eliminare le differenziazioni precedentemente esistenti in merito ai diritti riconosciuti ai rifugiati in senso stretto e ai beneficiari di protezione sussidiaria.

In secondo luogo rileva la direttiva 2001/55 sulle norme minime per la concessione della protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati e sulla promozione dell’equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi (Calamia, Di Filippo, Gestri, 2012, op.cit.,pp..47-48).

Tale normativa europea è stata recepita a livello nazionale dal decreto legislativo 251 del 2007, riguardante lo status di rifugiato e protezione sussidiaria, e dal decreto legislativo 85 del 2003 per la protezione temporanea.

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Il decreto legislativo 251 del 2007, riprendendo la definizione della su citata Convenzione di Ginevra del 1951, specifica all’articolo 2 comma 1 lettera e) che si intende per rifugiato:

[…] cittadino straniero il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale o opinione politica, si trova fuori dal territorio del Paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di tale Paese, oppure apolide che si trova fuori dal territorio nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, ferme le cause di esclusione di cui all’articolo 10;

E sempre lo stesso decreto legislativo all’articolo 2 comma 1 lettera g) definisce come “persona ammissibile alla protezione sussidiaria”:

[…] cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto Paese;

Dalla normativa interna, internazionale ed europea emerge quindi chiaramente l’esistenza di una serie di figure che hanno diritto a una particolare protezione, si tratta in primo luogo dei rifugiati, poi di coloro che pur non avendo i requisiti per vedersi riconosciuto lo status di rifugiato possono accedere alla protezione sussidiaria, poi ancora di coloro che possono accedere alla protezione temporanea e infine di coloro a cui può essere riconosciuto un permesso di soggiorno per motivi umanitari. Quest’ultimo è uno speciale permesso di soggiorno rilasciato dal questore previo parere delle Commissioni Territoriali, ovvero previa acquisizione della documentazione attestante i motivi della richiesta, i quali devono essere relativi a oggettive e gravi situazioni personali che non consentono l’allontanamento dello straniero dal territorio nazionale.

Le Commissioni Territoriali sono gli organi presso cui si svolge il procedimento per il riconoscimento dello status di rifugiato o protezione sussidiaria e sono insediate all’interno delle Prefetture. Sono composte da quattro membri di cui due appartenenti al Ministero dell’Interno, un rappresentante del sistema delle autonomie e un rappresentante dell’Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (Acnur/UNHCR). All’audizione del richiedente asilo partecipa anche un interprete.

Le Commissioni Territoriali sono state originariamente istituite in numero di dieci, oltre alla Commissione Nazionale con compiti di indirizzo, coordinamento, formazione dei componenti delle Commissioni Territoriali ed esame per i casi di cessazione e revoca degli status concessi.

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La Commissione Territoriale può riconoscere lo status di rifugiato, rilasciando quindi un provvedimento che permette al richiedente di ritirare in Questura il permesso di soggiorno per asilo, di durata quinquennale e rinnovabile.

Laddove la Commissione Territoriale decida di non riconoscere lo status di rifugiato ma di concedere in luogo di questo la protezione sussidiaria, in quanto ritiene che sussista un rischio effettivo di subire un grave danno in caso di rientro nel Paese di origine, essa informa il richiedente che può ritirare il permesso di soggiorno per protezione sussidiaria negli uffici della Questura. Si tratta di un permesso triennale e rinnovabile previa verifica della sussistenza delle circostanze che hanno portato al suo rilascio e può essere convertito successivamente in permesso di soggiorno per motivi di lavoro.

Laddove la Commissione non riconosca la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria tuttavia, può comunque ritenere che sussistano gravi motivi di carattere umanitario e pertanto chiedere alla Questura il rilascio al richiedente di un permesso di soggiorno per motivi umanitari.

La Commissione può non riconoscere lo status di rifugiato o rigettare la domanda per manifesta infondatezza e contro tali decisioni della Commissione Territoriale il richiedente può ricorrere di fronte al Tribunale del capoluogo di distretto della Corte d’Appello dove ha sede la Commissione Territoriale.

Infine, la Commissione nazionale per il diritto di asilo individua le linee guida per la valutazione delle domande di asilo, collabora con gli altri organismi istituzionali nonché con gli analoghi organismi dei paesi membri dell’UE e provvede ad aggiornare una banca dati informatica contenenti le informazioni utili per il monitoraggio del fenomeno delle richieste d’asilo in Italia.

L’accesso alla seconda accoglienza e dunque alla rete SPRAR, (SISTEMA DI PROTEZIONE PER RICHIEDENTI ASILO E RIFUGIATI) è consentita a coloro che si vedono riconosciuto lo status di richiedente asilo o protezione internazionale.

L’organizzazione e il funzionamento della rete SPRAR verrà analizzato in dettaglio nel capitolo successivo.