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La sentenza T-970/14: precisazioni terminologiche, contenuto

3. Il riconoscimento del diritto fondamentale ad una morte dignitosa

3.2. La sentenza T-970/14: precisazioni terminologiche, contenuto

Nei diciannove anni successivi alla decisione pioneristica del 1997 nessuno dei quattro tentativi fatti dal legislatore per disciplinare il diritto ad una morte dignitosa o l’accesso all’eutanasia attiva ha avuto successo. Il mancato accordo tra le forze politiche ha comportato il protrarsi di una situazione di vuoto normativo che ha impedito di fatto l’esercizio del diritto fondamentale riconosciuto.

La sentenza T-970/1412, del 15 dicembre 2014, procede alla decisione

sull’acción de tutela di una donna malata terminale di cancro cui era stata negata Di fronte a richieste di questo tipo, la Corte costituzionale insiste sul dovere dei giudici di accertare la realtà dei fatti, distinguendo tra una situazione drammatica ma sopportabile ed altre situazioni tragiche che impongano alla persona oneri eroici per sopportare sofferenze che compromettono gravemente la possibilità di vivere dignitosamente.

Il testo della decisione è reperibile on line alla pagina

http://www.corteconstitucional.gov.co/relatoria/2017/t-322-17.htm.

12 Il testo della decisione è reperibile on line alla pagina

l’applicazione dell’eutanasia proprio per quel vuoto. La donna era deceduta prima della pronuncia della Corte costituzionale, ma questa non ha dichiarato la sopravvenuta carenza di oggetto del ricorso per il suo interesse costituzionale e per evitare il riprodursi di situazioni simili in futuro.

Per inquadrare meglio la questione, la Corte costituzionale analizza i termini più utilizzati nei dibattiti sul diritto ad una morte dignitosa, affrontando lo studio del concetto di eutanasia per distinguerlo da altre pratiche mediche. Si riferisce così a: eutanasia attiva o negativa, diretta o indiretta, volontaria, involontaria e non volontaria, accanimento terapeutico (dinastasia), omissione di trattamenti straordinari o sproporzionati che mantengono in vita il paziente (adistanasia), suicidio assistito13, cure palliative14 e terapia del dolore (ortotanasia).

In seguito, la Corte si sofferma sulla natura del diritto ad una morte dignitosa, un diritto autonomo e di contenuto complesso. Dichiara che è un diritto fondamentale per il suo collegamento diretto con la dignità umana e perché può tradursi in un diritto soggettivo, soffermandosi su come sia avvenuto il suo riconoscimento nel diritto comparato15.

La constatazione che l’assenza di disciplina sul diritto di morire dignitosamente ha impedito di fatto il suo esercizio, porta la Corte costituzionale ad identificare i contenuti normativi minimi che garantiranno immediatamente il godimento effettivo di questo diritto fondamentale fin quando il Congresso della Repubblica non lo disciplini.

13 La Corte costituzionale prende in considerazione esclusivamente la posizione dei medici. L’intervento del medico non è diretto, fornisce i mezzi perché la persona (malata o meno) provochi la sua morte; il soggetto attivo e quello passivo si confondono.

14 La sentenza C-233/14, del 9 aprile 2014, ha dichiarato la legittimità delle cure palliative pronunciandosi sul progetto di quella che sarebbe diventata la legge Consuelo Devis. Il testo della decisione è reperibile on line alla pagina http://www.corteconstitucional.gov.co/relatoria/2014/C- 233-14.htm.

15 Dalle esperienze di Olanda, di alcuni stati membri degli Usa e del Belgio, si desume che, nonostante in alcuni casi il suo riconoscimento sia avvenuto mediante meccanismi di democrazia diretta quali i referendum, o ad opera del legislatore, nella maggior parte dei casi la dimensione soggettiva del diritto è avvenuta per via pretoria.

In primo luogo, i giudici, dall’interpretazione sistematica dei diritti alla vita, alla dignità umana ed all’autonomia personale hanno sostenuto che era possibile che una persona decidesse autonomamente, a certe circostanze, di provocare la propria morte. In secondo luogo, hanno deciso di depenalizzare l’eutanasia come un modo di garantire la vigenza dei diritti fondamentali, ponendo condizioni senza le quali provocare la morte di una persona sarebbe ritenuta reato. Successivamente, il legislatore è intervenuto con due propositi: dotare di maggiore certezza giuridica e precisione tecnica alcuni concetti e blindare legislativamente la volontà del paziente, vero pilastro delle leggi in materia.

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I presupposti per rendere effettivo il diritto a morire in maniera dignitosa sono i seguenti:

i) avere una malattia terminale che produca dolore intenso. Da una prospettiva

obiettiva, la malattia deve essere qualificata tale da uno specialista e l’elemento soggettivo è costituito dal dolore che causa una sofferenza intensa al paziente. Il ruolo del medico in queste procedure è essenziale, ma non assoluto, in quanto prevale la volontà del paziente;

ii) prestare un consenso libero, informato ed inequivocabile, il che implica che

non vi sia alcuna pressione da parte di terzi sulla decisione del paziente. Gli specialisti devono fornire al paziente ed alla sua famiglia tutte le informazioni oggettive necessarie per evitare decisioni affrettate. Il consenso non deve essere il prodotto di episodi di estemporanei o di crisi depressive.

Per garantire che il consenso sia prestato alle anzidette condizioni, la Corte costituzionale:

1) ordina al Ministero della sanità che emani entro trenta giorni le norme necessarie per istituire nei centri medici dei comitati scientifici interdisciplinari, cui spetti, tra gli altri compiti, quello di accompagnare il paziente e la sua famiglia, garantendo loro assistenza costante in tutte le fasi della procedura. Inoltre, devono controllare che l’intera procedura si svolga nel rispetto delle direttive contenute in questa sentenza e che le persone coinvolte siano imparziali. Nel caso in cui rilevino delle irregolarità, devono sospendere la procedura e, se del caso, informare le autorità competenti della possibile commissione di un delitto.

Il ministero dovrà inoltre suggerire un protocollo medico che funga da riferimento per i procedimenti volti a garantire il diritto a morire in maniera dignitosa;

2) stabilisce un procedimento volto a garantire il rispetto della volontà del malato.

Quando si constati che la persona ha una malattia terminale che causa un dolore intenso, questa avrà il diritto di esprimere al medico la volontà inequivocabile di morire. Il medico dovrà allora convocare il comitato scientifico interdisciplinare. Entro un tempo ragionevole, che non potrà superare i dieci giorni, il medico o il comitato dovranno chiedere al paziente se confermi il desiderio di morire. In tal caso, la procedura di eutanasia verrà programmata nel minor tempo possibile, nel giorno indicato dal paziente (se possibile) o entro quindici giorni dal momento in cui abbia confermato la sua volontà di morire.

In qualsiasi momento il paziente può revocare la sua decisione e far attivare altri trattamenti sanitari, come le cure palliative.

Il consenso può essere previo o successivo alla malattia, formale (ad esempio, per iscritto) o informale (espresso verbalmente); la famiglia può prestarlo per sostituzione, nel caso il paziente sia impossibilitato a farlo personalmente (il che esigerà, ovviamente, il controllo rigoroso del comitato interdisciplinare).

Dopo lo svolgimento della procedura, il comitato deve inviare al Ministero della salute una informativa contenente i fatti e le condizioni cui si è avvenuta, affinché questo possa realizzare i controlli necessari.

Si riconosce il diritto all’obiezione di coscienza16 dei professionisti della

sanità, che tuttavia non può diventare un ostacolo per la piena vigenza dei diritti fondamentali del paziente. Entro ventiquattro ore dal momento in cui il professionista manifesta la volontà di obiettare, il centro deve assegnarne un altro per portare avanti il procedimento. Al verificarsi altri ostacoli di fatto, il cittadino potrà presentare una accion de tutela dinanzi agli organi giurisdizionali;

3) la pratica dei procedimenti volti a garantire il diritto fondamentale ad una morte dignitosa deve essere guidata dai criteri di prevalenza dell’autonomia del paziente, celerità ed opportunità, e imparzialità dei professionisti della salute coinvolti.

4. La risoluzione n. 1216 del 2015 del Ministero della salute