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Lavoro domestico, tempo libero e tempo per sé

LAVORO E FAMIGLIA TRA RAPPRESENTAZIONI E REALTA’

3. Le dimensioni della vita familiare

3.3 Lavoro domestico, tempo libero e tempo per sé

Nel lavoro familiare le attività di cura rivolte ad altri familiari conviventi si mescolano al lavoro domestico ovvero a quelle azioni di manutenzione della casa, del vestiario, la preparazione dei cibi e quant’altro. Le attività di cura e domestiche spesso non possono essere delimitate in maniera lineare, le une presuppongono le altre e viceversa le mansioni domestiche rappresentano tempo che le donne dedicano per gli altri.

Dalla ricerca emerge in maniera generalizzata che le faccende domestiche rimangono prerogativa delle donne della famiglia ed essere una “buona madre” si misura per alcune donne anche nel sapersi occupare di questi aspetti quotidiani. Sono soprattutto le donne disoccupate o occupate a tempo parziale con figli piccoli che dedicano maggiore tempo allo svolgimento di queste attività; la maggior parte della loro quotidianità è rivolta all’esecuzione di mansioni percepite come rivolte alle persone conviventi con cui esiste un legame affettivo. Si può ipotizzare che tanto più queste donne non riescano a realizzarsi a livello professionale tanto più riversino il loro impegno e dedizione nelle attività quotidiane del lavoro familiare, trasferendovi così le attitudini professionali.

[I]: Cos’è per te essere una buona madre?

[Lei]: E’ tutto, la mia vita gira tra mio marito e la mia bambina. Faccio di tutto in casa per tutti e due e tutti i lavori che faccio per loro due. Sono dedica per marito e figlia.

[I]: E ci sono altre persone che ti aiutano nelle faccende domestiche? [Lei]: No e neanche li sopporto, mi sistemo da sola.

(Ester, 29 anni, Romania, coniugata, colf)

Nelle coppie coniugate, spesso gli uomini sono considerati non competenti a svolgerle, in particolar modo, per quanto concerne le pulizie e la cura del vestiario. Agli uomini sono affidate piuttosto le attività di accudimento dei figli e quelle di manutenzione “tecnica” della casa (aggiustare oggetti, ristrutturare parti della casa, curarsi degli impianti). In tal senso, vi è una tendenza da parte di questi ultimi a trasferire le proprie competenze tecniche acquisite nel lavoro retribuito a favore della famiglia e della manutenzione dell’ambiente domestico.

Per le donne che lavorano a tempo pieno, curarsi dell’ambiente domestico richiede uno sforzo organizzativo soprattutto quando i bambini non sono autosufficienti. Se alcune trovano un valido aiuto anche nei propri mariti (in particolare quando questi lavorano meno ore), diverse donne intervistate mettono in evidenza che per riuscire a svolgere queste attività “debbono svegliarsi prima la mattina” o “andare a letto più tardi la sera”. Debbono quindi sacrificare per gli altri, tempi che potrebbero dedicare al riposo o a sé stesse. Si delineano così due modi di intendere l’organizzazione delle attività domestiche: per alcune donne si tratta dell’organizzazione del “proprio” tempo mentre per altre della negoziazione e dell’organizzazione del tempo condivisa tra tutti i membri autosufficienti della famiglia convivente.

[I]: Per fare i lavori domestici come si organizza?

[Lei]: All’inizio mi organizzavo di sera, facevo da mangiare per il domani e programmavo settimana per settimana quando erano bambine. Poi quando sono cresciute, le ho fatto imparare a cucinare, a stirare, a fare le pulizie e anche adesso che sono grandi ho potuto avere la libertà di lavorare di più e una pulisce casa, l’altra la domenica quando è a casa pulisce anche lei.

[I]: Per fare i lavori domestici come si organizza?

[Lei]: C’è una divisione familiare. Per le pulizie mi aiuta mia figlia o per la spesa andiamo sempre insieme o il marito con i figli. Ci organizziamo tutti insieme, un po’ tutti lavorano in casa.

(Liliana, 35 anni, Moldova, coniugata, colf)

In tutte le testimonianze, quando le figlie crescono, le madri possono trovare in loro un valido aiuto. Nel corso della giovinezza, le figlie apprendono le modalità di svolgimento del lavoro familiare e vengono in tal modo socializzate a questo ruolo della donna nella famiglia. Nell’adolescenza iniziano a mettere in pratica quanto hanno appreso e a partecipare personalmente, alleggerendo il carico familiare delle madri che si possono così dedicare maggiormente al lavoro professionale e al sostentamento economico.

[I]: Come si organizza per i lavori domestici?

[Lei]: Mia figlia quasi quasi fa tutto lei. Quando sono anche alla mattina a lavorare, a pranzo è anche tutto pronto. Ovviamente faccio anche io quando sono libera.

(Anna, 53 anni, Moldova, divorziata, operatrice socio-sanitaria)

[Lei]: I lavori di casa cerco di farli la sera, mi stanco sì. Mi sento un po’ stanca ma cerco di fare tutto la notte. Sono la prima che mi alzo e vado a letto per ultima. Non importa, sistemo tutto anche spolverare che è l’unica cosa che mi piace.

(Aisha, 34 anni, Marocco, coniugata, assistente familiare)

Per quanto riguarda il tempo libero, il discorso diventa ancor meno lineare, soprattutto se teniamo conto dei diversi significati che vi si possono attribuire. Infatti, per le donne è particolarmente difficile distinguere le attività di cura da quelle più prettamente del loisir (ovvero le attività al di fuori del lavoro retribuito scelte liberamente e dedicate al piacere e al divertimento personali) all’interno del cosiddetto tempo libero (Calabrò, 1996). Se il tempo libero rappresenta il tempo non impegnato nelle attività lavorative retribuite, non è detto che rappresenti anche un tempo libero dal lavoro familiare, soprattutto quando i figli sono piccoli.

Siano esse temporaneamente casalinghe o lavoratrici occupate a tempo pieno, in tutti i casi costituisce una risorsa rappresentata come scarsa nell’arco della giornata, se non della settimana. Le donne incontrate faticano a definire quantitativamente il tempo libero in una giornata, parlano di una, due, tre ore mentre la domenica è individuata sovente come “il giorno del tempo libero” (se esente da turni di lavoro).

Seguendo la classificazione di Calabrò A. (1996) potremmo suddividere il tempo libero femminile nel tempo per agli altri, con gli altri e per sé stesse.

Le donne incontrate descrivono un tempo libero (per gli altri) dedicato alla cura dell’ambiente domestico, all’accudimento dei figli ma anche di un tempo libero (con gli altri) condiviso primariamente con la famiglia, poi con i parenti della famiglia estesa e le amiche.

[I]: Quanto tempo libero ha? Come le piace passarlo?

[Lei]: La domenica. Mi piace andare a trovare la figlia, la sorella e adesso che arriva l’estate andare al mare insieme.

(Anna, 53 anni, Moldova, divorziata, operatrice socio-sanitaria)

[I]: Quanto tempo libero hai in un giorno o in una settimana?

[Lei]: Quattro ore massimo in un giorno e in una settimana una domenica ogni tanto.

I: Come ti piace passarlo?

[Lei]: Mi piace stare con le mie amiche, mi piace comunicare, mi piace acqua, mare, nuotare, se inverno mi piace cucinare.

(Alina, 51 anni, Bosnia-Erzegovina, coniugata, operatrice socio-sanitaria)

[I]: Quanto tempo libero ti rimane in un giorno o in una settimana? [Lei]: Poche ore, molto poche.

[I]: Come ti piace passarle?

[Lei]: Io quando apro la porta di casa mia per me sento pace, ho aperto il paradiso. Quando ho questa pausa, per esempio, mi trovo con mia figlia, mangiamo qualcosa fuori. Per me è il momento per stare insieme sennò non ci vediamo mai perché ha i corsi all’università, studia architettura a Udine… è un momento per condividere… e trovo tempo anche per trovare le amiche.

Per Aisha il tempo libero è anche il momento per la partecipazione alla vita sociale della comunità di appartenenza (che in questo caso fonda la propria solidità sul legame religioso) ma rivolta anche all’integrazione con la società ospitante.

[Lei]: Ho fatto questa associazione che vuole aiutare le donne del mio paese qui ad uscire di casa, a far conoscere anche la nostra cultura sul territorio. Tutto è nato anche attraverso moschea. Un giorno ho parlato della mia idea all’Imam, che volevo fare qualcosa per aiutare le donne e lui ha detto che stava pensando anche lui che si doveva organizzare qualcosa così. Attraverso moschea ho raccolto un po’ di donne e adesso ci troviamo insieme per parlare, per aiutarci l’una l’altra. Poi c’è stata festa in parrocchia e io ho un bel rapporto con il parroco e abbiamo pensato di fare un banchetto con i piatti del nostro paese, per far conoscere nostra cultura agli italiani. Così abbiamo fatto, abbiamo cucinato, la gente era curiosa e contenta. E’ importante aprire al mondo fuori, aiutare le nostre donne a aprirsi, a partecipare fuori casa. […] No, non devo stare ferma là e aspetto che mi cada qualcosa. Glielo dico sempre (alle altre donne), muoviti, fai qualcosa da parte tua e vedi cosa ti trovi.

(Aisha, 33 anni, Marocco, coniugata, assistente familiare)

Nel complesso, eccetto l’esperienza di Aisha, è emersa nella ricerca la tendenza tra le donne intervistate a condividere il loro tempo con i familiari, una tendenza più accentuata nelle coppie coniugate con figli piccoli in cui entrambi i genitori lavorino. Di conseguenza si è andato delineando un modello prevalente di famiglia chiusa in sé stessa, che si allarga a comprendere le relazioni amicali ma sostanzialmente esclusa dalle realtà partecipative ed associative (riconducibili sia alle attività promosse da connazionali sia a quelle promosse dagli autoctoni) attive sul territorio. I motivi possono essere molteplici: in alcuni casi si riflettono le dinamiche individualistiche e di esclusione presenti nella società del paese d’immigrazione; in altri l’impegno nel lavoro tende ad essere talmente totalizzante che il tempo libero è visto come indispensabile per rinsaldare i legami affettivi con i propri familiari, in particolar modo i figli, ribadendo così una visione di famiglia quale nucleo di legami di solidarietà prioritario rispetto ad altri.

Infine, il tempo per sé rappresenta quella parte del tempo libero (sempre definito scarso) cui le donne non rinunciano. Rappresenta quello spazio temporale di cui ci si riappropria, sul quale si può avere il pieno controllo e attraverso il quale poter riprendere contatto con la propria individualità, rigenerarsi, soddisfare piaceri, interessi e desideri volti unicamente al proprio soddisfacimento personale e non a quello di altri. Costituisce anche il momento dedicato all’autoriflessione. Si tratta di un tempo che le donne intervistate dedicano alla cura del proprio corpo e a svolgere i propri hobby, tra i quali leggere, viaggiare, fare shopping, meditare ma anche studiare o semplicemente riposarsi e riflettere.

[I]: Dedica del tempo solo a sé stessa?

[Lei]: Anche, una volta no, adesso di più. Sono una donna che mi sono sempre truccata, vestita bene. Non dedicavo tempo come a Sarajevo ma sempre ho cercato di curarmi. Le nostre donne devono essere belle sempre anche sul lavoro.

(Alina, 51 anni, Bosnia Erzegovina, coniugata, operatrice-socio sanitaria)

[Lei]: Faccio meditazione e leggo tanto, quelli sono i miei momenti da mezzanotte alle due.

(Dolores, 41 anni, Perù, divorziata, impiegata)

[Lei]: Sì, quello mi piace da morire. Mi metto sul divano, chiudo gli occhi perché vorrei pensare solo a me perché nella vita ho pensato solo ad altri. Vorrei a pensare, dedicare qualche tempo solo a me. Che facevo anche quando lavoravo, non è che è difficile fare questa cosa.

(Samira, 51 anni, Iran, divorziata, assistente familiare)

Comparando le testimonianze delle donne più giovani con quelle delle donne più adulte e quindi con figli adolescenti ed autonomi, il tempo libero con gli altri e per sé rappresentano tempi di cui, nel corso della vita, ci si tende a riappropriare. Nel contempo, però, si tratta di un tempo che non è vincolato solo ai pesi delle responsabilità di cura ma anche alle necessità economiche che portano a continuare ad essere presenti sul mercato del lavoro.

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