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Il ricongiungimento familiare come strumento di conciliazione per le famiglie immigrate

CONCILIAZIONE TRA LAVORO E FAMIGLIA QUALI IMPLICAZIONI PER LE DONNE

3. Le politiche di conciliazione in Italia

3.2 Il ricongiungimento familiare come strumento di conciliazione per le famiglie immigrate

Veniamo ora a descrivere con precisione lo strumento del ricongiungimento familiare come esso è stato regolato in Italia. Il “Testo Unico” sull’immigrazione26 prevede che solo i cittadini di Paesi Terzi in possesso di permesso di soggiorno non inferiore ad un anno possano attivare la procedura per il ricongiungimento. Possono essere ricongiunti il coniuge, i figli minori, i figli maggiorenni a carico (che non siano in grado di provvedere alle proprie esigenze a causa del loro stato di salute) e i genitori a carico sopra i 65 anni, solo nel caso i cui non dispongano di un adeguato sostegno familiare nel paese d’origine. Inoltre, rappresentano requisiti minimi la disponibilità di un alloggio e di una determinata soglia di reddito. L’attivazione di questa procedura richiede una trafila burocratica molto lunga e complessa, in cui vengono coinvolti gli uffici delle questure, dei consolati, dei comuni e in cui è necessario fornire tutta la documentazione che comprova i legami di parentela (certificati di nascita, di matrimonio, tutti tradotti e validati dall’autorità consolare), oltre a quella relativa a dimostrare l’adeguatezza igienico sanitaria di un alloggio e dei requisiti di reddito. L’intero procedimento richiede una grande coordinazione tra i membri presenti in Italia e coloro che si trovano nel paese d’origine e si scontra con la lentezza burocratica degli uffici amministrativi italiani se non con l’osteggiamento che in molti casi viene fatto.                                                                                                                

26 Il ricongiungimento familiare è regolato dagli art. 28, 29, 30, 31 del d. lg. 286/1998 con successive modifiche introdotte dalla legge “Bossi-Fini” e dal recepimento della direttiva

Basti pensare che in molte ambasciate e consolati italiani all’estero si aspettano molti mesi (se non addirittura un anno) per un appuntamento in cui esibire la documentazione attestante la parentela; molti altri per aspettare gli esiti delle indagini consolari sulla veridicità delle attestazioni presentate. I parenti nel paese d’origine spesso devono intraprendere lunghi viaggi per arrivare nelle città dove si trovano i consolati e le ambasciate, con un forte dispendio di denaro. Nel corso di questi mesi spesso accade che i nulla osta rilasciati dalle questure in Italia per avviare il procedimento, scadano e che si debba ricominciare l’iter da capo.

E’ evidente che la legge italiana, le caratteristiche dell’iter burocratico, il sistema di welfare producono degli effetti che, di fatto, discriminano le famiglie immigrate che hanno minori possibilità economiche, come se il diritto a migrare e a riunirsi alla propria famiglia spetti solo a chi appartiene ad un determinato ceto sociale e a determinate nazionalità. Il ricongiungimento familiare si profila così come un diritto distribuito in maniera differenziata ed ineguale tra la popolazione immigrata e strettamente vincolato al possesso di determinati requisiti del singolo che ne faccia richiesta. Requisiti che attengono lo status di residenza dell’immigrato (motivi d’ingresso; origine nazionale - comunitaria, neo- comunitaria, non-comunitaria; grado di stabilizzazione nel paese d’immigrazione) accanto a «requisiti di merito declinati in capacità di auto-mantenimento» (possedimento di reddito e alloggio) (Rinaldini, 2011b, p. 84).

Il ricongiungimento familiare dovrebbe rappresentare lo strumento di conciliazione principale per una famiglia immigrata poiché è attraverso questo strumento normativo che è possibile raggiungere l’unità familiare e riportare la questione della conciliazione ad un problema di equilibrio tra i tempi e non più anche tra gli spazi. In realtà, soprattutto per quanto riguarda i figli, l’assetto italiano, caratterizzato come abbiamo visto dalla carenza di servizi sul territorio, dal residuale sostegno pubblico alla genitorialità, dalla discriminazione delle famiglie immigrate all’accesso ai servizi e ai diritti sociali e civili, ostacola la strategia del ricongiungimento, tanto quanto le stesse leggi che lo regolano. Infatti, in Italia, la possibilità di godere di questo diritto fondamentale, tutelato

dalla costituzione e dalle convenzioni internazionali, è ancorata a requisiti che le famiglie immigrate raggiungono con numerose difficoltà, come molti sarebbero i problemi da affrontare nel paese d’immigrazione con i figli piccoli ricongiunti. Spesso si applicano strategie di ricongiungimento a più fasi, avvalendosi anche di forme d’ingresso alternative al ricongiungimento familiare de jure (ad esempio i permessi per lavoro, i visti turistici, le prestazioni di garanzia, ecc.): non è raro che i bambini siano gli ultimi ad essere ricongiunti e che venga prima agevolato l’arrivo dei coniugi, dei figli già grandi o di altri parenti da inserire nel mercato del lavoro. Questo permette sia di velocizzare i tempi per l’ottenimento dei requisiti di reddito e di alloggio necessari per ricongiungere anche i figli ma anche di creare una rete di supporto familiare in vista del loro arrivo. In un sistema come quello italiano che lascia alle risorse informali della famiglia estesa gran parte del carico di cura dei bambini, per una famiglia immigrata in cui la donna lavori, la presenza di amici o familiari nel paese d’immigrazione, a sostegno del ruolo genitoriale, appare una risorsa fondamentale.27 Altrimenti la prospettiva rischia di essere quella di un’esclusione della madre dal mercato del lavoro, almeno nei primi anni di vita del bambino. In questo quadro, la scelta di affidare temporaneamente i figli piccoli ai parenti nel paese d’origine rappresenta per lo più una scelta obbligata, tanto più per le donne che partono per prime e in maniera autonoma.

Per le coppie con figli ricongiunte o costituitasi in Italia, il ricongiungimento successivo di genitori anziani o di altri parenti viene utilizzato come strumento per conciliare i carichi di cura dei familiari e gli oneri lavorativi con risvolti talvolta ambivalenti. Alla base del suo utilizzo le famiglie operano primariamente un calcolo dei costi-benefici che esso può produrre. Ad esempio, il ricongiungimento dei genitori anziani può essere attuato con la finalità di avere un aiuto nell’accudimento dei figli piccoli ma anche per assolvere alla cura e all’assistenza dei genitori stessi che ne abbiano bisogno o nella prospettiva futura                                                                                                                

27  Per uno sguardo a diverse esperienze di ricongiungimento attuate da famiglie immigrate in

di una simile responsabilità. Questa strategia, se da un lato permette di diminuire il peso delle rimesse al paese d’origine e di semplificare la gestione e le negoziazioni relative ai guadagni familiari, dall’altro rischia di produrre fenomeni d’impoverimento e vulnerabilità economica dell’intero nucleo familiare che assume su di sé il carico del parente ricongiunto in un paese dove il costo della vita è superiore rispetto a quello d’origine. Inoltre, può portare a tensioni interne ai nuclei conviventi e che toccano gli equilibri di genere ed intergenerazionali, la riorganizzazione della quotidianità nel paese d’immigrazione e l’adattamento dei singoli al nuovo contesto socio-culturale.

Sovente vengono ricongiunti altri parenti della famiglia estesa da inserire nel mercato del lavoro: ad essi, in cambio del vitto e dell’alloggio può essere richiesto un coinvolgimento nell’accudimento dei figli più piccoli. In altri casi, i familiari ricongiunti possono essere assunti dalla famiglia immigrata stessa come collaboratori familiari e svolgere esplicitamente la funzione di aiuto nella cura dei bambini.

Lo spettro delle strategie di ricongiungimento che possono essere messere in atto dalle famiglie immigrate è molto ampio ed è condizionato a vari livelli da più fattori. A livello macro ritroviamo l’influenza determinante delle politiche migratorie dei paesi d’immigrazione che non solo delimitano i canali legislativi e non, attraverso i quali poter praticare il ricongiungimento dei propri familiari ma definiscono i soggetti che ne hanno diritto e quelli esclusi costruendo un sistema di «stratificazione civica» (Morris, 2003) ovvero un sistema di disuguaglianze in merito ai diritti negati e concessi dallo Stato alla popolazione immigrata.

A livello meso il ricongiungimento è frutto della negoziazione, delle reciproche aspettative, dei calcoli economici e di costi-benefici tra i membri familiari che ne sono coinvolti. A livello micro le diverse configurazioni e sequenze del ricongiungimento dipendono in maniera intrinseca dalle risorse economiche e giuridiche degli immigrati che le attuano.

In conclusione, è possibile affermare che per le famiglie immigrate il ricongiungimento familiare - sia esso attuato attraverso forme legali, di fatto o

altre vie legislative - costituisce uno strumento fondamentale per ridurre le contraddizioni che emergono dalla distanza tra spazio della vita lavorativa e spazio della vita familiare dal momento che permette di ricostruire nel paese d’immigrazione una rete di solidarietà familiare. Un network necessario a rispondere alla negazione sistematica di un diritto a conciliare la vita lavorativa e familiare.