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Il D.Lgs. 16 giugno 2017, n.100, “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 19 agosto 2016, n.175, recante Testo Unico in tema di società a partecipazione pubblica”, ha in parte modificato la disciplina del Testo Unico.

Recentemente la Corte Costituzionale, su ricorso della Regione Veneto, è stata chiamata a valutare la legittimità costituzionale di alcune norme della legge n. 124 del 2015, nello specifico sulla cittadinanza digitale (art.1), sulla dirigenza pubblica (art, 11), sul lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni (art. 17), sulle partecipazioni azionarie delle amministrazioni pubbliche (art. 18) e sui servizi pubblici locali di interesse economico generale (art.19), ossia quelle materie che intaccano non solo competenze statali ma anche regionali e locali.

La Corte ha ritenuto che si dovesse valutare preliminarmente se vi fosse una competenza prevalente dello Stato sulle materie poste alla sua attenzione, in tal caso il fatto non sussisterebbe in quanto non vi sarebbe violazione delle competenze regionali.

Seguendo questo linea è stata esclusa l’illegittimità costituzionale per le norme recanti la delega a modificare e integrare il codice dell’amministrazione digitale (art. 1), ritendo necessario un’uniformità di disciplina su tutto il territorio nazionale anche in vista della realizzazione dell’Agenda Digitale Italiana in linea con le direttive europee.

Per le altre materie oggetto del ricorso la sentenza 251 del 2016 della Corte Costituzionale ha invece stabilito l’illegittimità in quanto non vi è una competenza Stato e Regioni prevalente, per cui ritiene che non basti raggiungere un semplice parere in sede di Conferenza Unificata ma debba essere raggiunta l’intesa nella conferenza Stato-Regioni.77

Il raggiungimento dell’intesa presuppone un accordo, mentre il parere è un’opinione e lascia la libertà di scelta all’iniziativa governativa. Inoltre il parere è collettivo e quindi deliberato a maggioranza, al contrario l’intesa è individuale e pertanto costringe il Governo a trovare il consenso unanime nelle Regioni. In questo modo si viene ad attribuire una sorta di potere interdittivo delle singole amministrazioni, che possono opporsi anche soltanto per ragioni politiche, rallentando in questo modo il percorso intrapreso dal Governo.78

Per la maggior parte delle norme censurate, oltre alla mancata previsione dell’intesa, il problema centrale ricade sulla mancanza del rispetto del principio di leale collaborazione imposto dagli art. 5 e 120 della Costituzione.

77 www.cortecostituzionale.it/documenti/sinossi/2016/2016_251.pdf

78 Pozzoli S., Le società partecipate alla luce della sentenza n. 251/2016 della Corte costituzionale, Aziendaitalia, 1/2017, pag.10

In ogni caso nella sentenza viene esplicitato che rimangono formalmente intoccate tutte le disposizioni attuative della legge 124/15, e di volta in volta, su ricorso delle Regioni interessate, si dovrà valutare se sussiste una lesione cagionata dai singoli decreti attuativi alle competenze regionali79, anche alla luce delle soluzioni correttive che il Governo intende apportare nel

rispetto del principio di leale collaborazione.80

In dottrina molti si sono espressi negativamente riguardo a questa sentenza della Corte Costituzionale, B. G. Mattarella mette in luce i numerosi errori compiuti nella sentenza n. 251, primo tra tutti il procedimento legislativo che la Corte impone con la sentenza discostandosi da quanto fino ad ora stabilito per l’adozione dei decreti legislativi, e introduce una procedura del tutto innovativa.

L’art. 76 della Costituzione si è limitato soltanto a stabilire delle regole sostanziali, ma non ha disciplinato le regole procedurali per adozione dei decreti legislativi, per cui è difficile sostenere la necessità dell’intesa nel procedimento legislativo imponendo un esercizio congiunto della funzione legislativa.

Seguendo le indicazioni della sentenza sembrerebbe che in caso di concorrenza con materie di competenza regionale il potere legislativo possa essere esercitato unilateralmente dal Parlamento, mentre, qualora venga delegato al Governo, debba essere negoziato con le Regioni e gli enti locali. In questo modo si altera però il potere legislativo e si limita la forza della delega, creando inoltre un forte disincentivo dovuto all’aggravamento procedurale della delega legislativa.81

L’intesa richiesta alle Regioni conferirebbe loro un potere perfino maggiore di quello attribuito al Parlamento, in quanto, nel caso dei decreti legislativi, alle Commissioni Parlamentari viene richiesto solo un parere, anche se normalmente se ne tiene adeguatamente conto soprattutto in sede di seconda approvazione; il Governo ha comunque la facoltà di non osservarlo, alla condizione che ne venga data adeguata motivazione.82

79Il Consiglio di Stato con parere della Commissione speciale, 17 gennaio 2017, n.83, precisa che la sentenza della Corte costituzionale riguarda l’illegittimità della legge delega, per cui «pur riguardando un vizio di procedura che è confluito nell’iter di adozione dei decreti legislativi, non si estende immediatamente anche ai medesimi», inoltre «tali decreti restano validi ed efficaci fino a una eventuale pronuncia della Corte che li riguardi direttamente, e salvi i possibili interventi correttivi che nelle more dovessero essere effettuati.»

80www.promopa.it/approfondimenti/1552-portata-sentenza-251-2016-legge-124-2015-riforma-pa-

madia.html

81 Mattarella B. G., delega legislativa e principio di leale collaborazione, in Aziendaitalia, 2/2017, pag.183 e

ss.

82 Pozzoli S., Le società partecipate alla luce della sentenza n. 251/2016 della Corte costituzionale, Aziendaitalia, 1/2017, pag.10

In dottrina numerosi sono stati gli interventi che hanno espresso un’opinione sulla sentenza, tra i più autorevoli: «Se il legislatore nazionale vuole intervenire in quelle materie, che lo faccia con legge parlamentare o con decreto legislativo non dovrebbe avere alcun rilievo ai fini del rapporto con le Regioni e del riparto della potestà legislativa. Infatti, se il coinvolgimento delle Regioni è necessario, non si vede perché esso debba avvenire nel momento dell’esercizio della delega e non nel momento del conferimento della delega: dato che l’incrocio di materie deriva da scelte del delegante, si potrebbe sostenere che dovrebbe essere il delegante stesso a mettersi d’accordo con le Regioni, prima di delegare la funzione legislativa.


Perfino un antico giudice americano come me si rende conto che questa soluzione avrebbe conseguenze devastanti sull’attività legislativa del vostro Parlamento, che sarebbe continuamente costretto a negoziare tutte le proprie leggi più importanti con le Regioni (senza condizione di reciprocità). Dunque, se dovessimo sviluppare coerentemente il ragionamento della Corte, questa sentenza comporterebbe di fatto una modifica della vostra forma di Stato».83 Vengono inoltre evidenziate delle questioni legate ai limiti di funzionamento delle Conferenze e all’impropria attribuzione di funzioni legislative ai Presidenti delle Regioni e perfino ai Sindaci e ai Presidenti delle Province.

Perciò la sentenza ha comportato per le deleghe ancora da attuare, come quella per il nuovo Testo Unico sul lavoro pubblico, un forte disincentivo al riordino normativo, infatti al Governo spetterebbe rinegoziare tutte le disposizioni già vigenti in materia approvate senza il consenso delle Regioni e degli enti locali per poter emanare un nuovo Testo Unico.

Mentre per le deleghe scadute senza essere state esercitate, con riferimento in particolare a deleghe in materia di dirigenza amministrativa e quelle in materia di servizi pubblici locali, il Consiglio di Stato ha espresso un parere suggerendo di valutare non più una delega ma l’ipotesi di un disegno di legge in modo tale da sottrarsi all’ aggravamento procedurale imposto dalla sentenza della Corte Costituzionale.84

Per le deleghe esercitate si pone il problema della “sanatoria” dei decreti legislativi già in essere. Secondo il parere del Consiglio di Stato n. 335/2017, per sanare il vizio procedimentale rilevato dalla Corte Costituzionale spetterebbe al Governo raggiungere un’intesa con le Regioni ed emanare dunque dei decreti correttivi che incidano direttamente sui decreti legislativi già

83 Marshall J., La Corte costituzionale, senza accorgersene, modifica la forma di Stato?, in Aziendaitalia,

6/2016, pag. 706

84 Mattarella B. G., Delega legislativa e principio di leale collaborazione, in Aziendaitalia, 2/2017, pag.183

vigenti; inoltre, secondo il parere del Consiglio, l’intesa deve essere ottenuta sul complessivo decreto e non limitarsi a singole disposizioni.85

L’adozione del D.Lgs. n. 100/2017 discende dunque dalla necessità di adeguarsi alla sentenza della Corte Costituzionale del 25 novembre 2016, n. 251, per la dichiarata illegittimità costituzionale di buona parte dell’art. 18 della L. 7 agosto 2015, n. 124, in forza della quale è stato emanato il Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica.86

Il Governo, dopo aver ottenuto il parere favorevole del Consiglio di Stato (Commissione speciale n. 638, 14 marzo 2017), ha sopposto alla Conferenza Unificata lo schema di decreto e ne ha ottenuto la necessaria intesa il 16 marzo 2017, con la richiesta di alcune modifiche. L’intesa viene acquisita sia per il decreto correttivo che per le disposizioni già introdotte con il Testo Unico su cui ha un’efficacia sanatoria in considerazione del fatto che l’art. 1 recita: «per quanto non disciplinato dal presente decreto, restano ferme le disposizioni del decreto legislativo n. 175 del 2016», mentre l’art. 18 fa salvi gli effetti già prodotti dal decreto precedente.87

Il D.Lgs. 100/2017, dopo aver ottenuto l’intesa in Conferenza Unificata, è stato adottato dal Consiglio dei Ministri. In questo modo il decreto correttivo ha permesso un consolidamento della disciplina contenuta nel T.U. apportando solamente alcune modifiche marginali.

L’intesa rappresenta la volontà delle istituzioni di trovare una disciplina certa e omogenea con cui poter rapportarsi, riuscire a stabilizzare e riordinare la disciplina previgente, ma mette in luce anche l’esigenza consolidata di voler intraprendere anche una revisione straordinaria ed un controllo periodico delle partecipazioni pubbliche.

Il decreto correttivo si compone di 22 articoli, molti dei quali vanno a incidere direttamente sul decreto 175/2016 mentre altri hanno portata indipendente e innovativa rispetto al precedente decreto.

85 Consiglio di Stato, adunanza della Commissione speciale del 8 marzo 2017

86 Calcagnile M., La razionalizzazione delle società a partecipazione pubblica, Giornale di diritto amministrativo, 4/2017, pag. 441

2 Riordino della disciplina

Nell’ultimo decennio si è cercato di tutelare maggiormente il mercato e di conseguenza ricercare l’efficienza delle società pubbliche tramite la loro razionalizzazione, al fine di contrastare la crisi e accrescere l’economia.88

Il Consiglio di Stato nel parere n.968 del 21 aprile 2016 ha evidenziato come «l’efficacia e la certezza delle regole» possano contribuire «al migliore utilizzo delle risorse pubbliche e possono costituire un’importante leva economica di sviluppo del Paese in un contesto di crisi finanziaria».

Nel precedente quadro normativo disomogeneo e disatteso dalle pubbliche amministrazioni, si inserisce la disciplina introdotta dal Testo Unico. In primo luogo con la ratio di omologare e di sistematizzare la disciplina delle società a partecipazione pubblica, il decreto ha previsto che le norme si applichino a tutte le amministrazioni pubbliche definite per richiamo all’art. 1, comma 2, D.Lgs.165/2001 come «tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti i del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300» e alle quali si aggiungono per espressa previsione normativa i consorzi, le associazioni, gli enti pubblici economici e le autorità di sistema portuale89 (art. 2, comma 1, lett. a, Testo Unico).

In secondo luogo in un’ottica di complessivo riordino della materia, il legislatore ha previsto l’avvio del processo di razionalizzazione delle partecipazioni pubbliche.

In passato si era già tentato di ottenere una razionalizzazione, ma i risultati sono sempre stati insoddisfacenti; per questa ragione il legislatore introduce sia dei forti vincoli per la costituzione

88 Meo G., Nuzzo A., Il testo unico sulle società pubbliche, 2016, pag. 91

89 Il decreto correttivo 100/2017 sostituisce il termine autorità portuali con quello di “autorità di sistema

portuale” (art. 4, comma 1, lett. a)), in conseguenza all’entrata in vigore del decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169 concernente la riorganizzazione, razionalizzazione e semplificazione della disciplina concernente le Autorità portuali. Tale decreto ha dato attuazione all’art. 8, comma 1, legge n. 124/2015.

di nuove società e per il mantenimento o l’acquisto di partecipazioni in quelle già esistenti, sia dei meccanismi di controllo e monitoraggio sull’osservanza di detti limiti.90

2.1 Le caratteristiche delle partecipate locali tracciate ai fini del riordino