A differenza delle precedenti manovre per la riduzione del numero di società, con una portata del tutto innovativa, la nuova riforma prevede delle sanzioni specifiche qualora non vengano rispettati i programmi di razionalizzazione e dismissione, fatta salva la discrezionalità degli enti nella scelta dei provvedimenti da adottare.
Le sanzioni previste dal Testo Unico sono differenti a seconda che si debba svolgere una revisione straordinaria ex art. 24 o la procedura periodica di controllo di cui all’articolo 20. La nuova disciplina assimila quanto era già stato delineato dall’art. 1, cc. 569 e 569-bis, L. n. 147/2013 in materia di dismissione.
Nel caso di revisione straordinaria, l’art. 24 al V comma stabilisce delle sanzioni per inadempimento della revisione straordinaria entro il 30 settembre e dell’invio dell’atto ricognitivo ovvero di omessa alienazione entro un anno dalla conclusione di questo procedimento.
Come prima sanzione è prevista un’interdizione ex lege per il socio pubblico dall’esercizio dei suoi diritti sociali sulla società partecipata.
Pertanto per un soggetto pubblico era molto importante procedere alla revisione straordinaria e comunicare gli esiti al MEF, altrimenti non avrebbe potuto gestire la società ed esercitare la governance su di essa.174
L’inadempienza dell’amministrazione nella “mancata adozione dell’atto ricognitivo” o “mancata alienazione” delle quote azionarie entro i termini indicati dalla legge determina la cessazione ex lege della partecipazione vietata con conseguente obbligo, a carico della società, di liquidarne il valore; l’ente non ha altre soluzione in quanto il V comma non prende più in considerazione l’ipotesi prevista al I comma, alternativa all’alienazione: «sono alienate o sono oggetto delle misure di cui all'articolo 20, commi 1 e 2».
Occorre però notare che tale disposizione si pone in deroga alla disciplina civilistica in materia di società di capitali ove si prevede la liquidazione delle quote azionarie soltanto nelle ipotesi tassative in cui il socio esercita il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437 c.c.
Tuttavia era assai probabile che la mancata dismissione potesse attribuirsi, non ad inadempienze degli enti, ma all’impossibilità di collocare le partecipazioni sul mercato.
174 Della Bella G., Entro fine ottobre la comunicazione al Mef sulla revisione straordinaria delle
Il V comma prevede che la partecipazione debba essere liquidata in denaro sulla base delle regole dettate dall’art. 2437-ter, comma 2 e 2437-quater del c.c., qualora non proceda all’alienazione della partecipazione.
Quest’ultimo articolo trova applicazione sia in caso di società di capitali che in caso di società a responsabilità limitata.175
Il primo articolo del codice civile espressamente richiamato dal Testo Unico al secondo comma stabilisce il procedimento che deve essere seguito per attribuire il valore di liquidazione: «Il valore di liquidazione delle azioni è determinato dagli amministratori, sentito il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell'eventuale valore di mercato delle azioni».
Il richiamo specifico operato dall’art. 24, che non prende in esame l’intera disciplina sul recesso delle società di capitali, ma si limita al richiamo di alcuni articoli, fa sì che non intervengano i limiti al recesso previsti dalla disciplina codicistica agli articoli 2347 e 2473.
Questo permette al socio pubblico di alienare la quota societaria di minoranza, senza preoccuparsi del volere degli altri soci.176
L’articolo 2437-quater delinea come deve essere svolto il procedimento di liquidazione, ossia gli amministratori devono in primo luogo offrire le azioni in proporzione ai soci che restano nella società e solo in seguito collocarle sul mercato. Qualora poi nei successivi 180 giorni nessuno le acquisti la società avrà l’obbligo di acquistare utilizzando gli utili o le riserve disponibili. In caso la società non disponga delle risorse necessarie per acquisire le azioni dovrà essere convocata l’assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale o l’eventuale scioglimento della società.
In realtà, in deroga a quest’ultimo aspetto della disciplina civilistica, sembra prevalere l’interpretazione secondo cui in assenza di utili e riserve disponibili per liquidare il socio
175 Relazione illustrativa del Governo al decreto 175/2016: «la medesima è liquidata in denaro, seguendo,
non solo per le società per azioni ma anche per le S.r.l, il procedimento di cui all'articolo 2437-quater del codice civile.»
176 Sul tema era intervenuta la Corte dei conti, Sez. Reg. Contr. Lombardia, 11 maggio 2016 n.141, in
relazione all’1, comma 569, L. 147/2013: «L’introduzione della disposizione permette al socio pubblico di dismettere le quota societarie di minoranza anche contro il volere degli altri soci. Infatti, come noto, al fine di procedere allo scioglimento della società occorre possedere la maggioranza delle azioni o delle quote (cfr. artt. 2484 cod. civ.). Inoltre, sempre il codice civile prevede dei limiti al recesso del socio dalle società di capitali (cfr. artt. 2347 e 2473 cod. civ.), i cui presupposti concreti (elencati dalla legge, ed ampliabili dallo statuto) potrebbero non permettere al socio pubblico di recedere da una società anche se ritenuta, in base alla norma di finanza pubblica del 2007, richiamata dalla legge di stabilità per il 2015, non inerente al perseguimento delle proprie finalità istituzionali.»
pubblico, la norma imporrebbe coattivamente la liquidazione della società, così come avviene per le società unipersonali.
Il termine gravoso dell’anno solare entro cui devono essere dismesse le partecipazioni può comportare un deprezzamento sia per il vantaggio attribuito in fase di contrattazione ai potenziali acquirenti sia per la vendita simultanea.177
Riguardo agli obblighi di alienazione previsti dall’art.3, comma 27 della legge 244/2007 la Corte dei Conti in precedenza si era espressa ritenendo: «La predetta disposizione deve però essere correttamente interpretata, nel senso che le pubbliche amministrazioni, entro il termine fissato per legge, devono avviare la procedura di dismissione, ma non obbligatoriamente completarne l’iter. E ciò per evitare svendite o speculazioni dei soggetti privati nella determinazione del prezzo di acquisto della partecipazione o della società in mano pubblica.»178 Infine occorre osservare che l’art. 18, comma 1, n. 5), della legge 7 agosto 2015, n. 124 dispone per le sole società partecipate dagli enti locali l’ «introduzione di un sistema sanzionatorio per la mancata attuazione dei principi di razionalizzazione e riduzione di cui al presente articolo, basato anche sulla riduzione dei trasferimenti dello Stato alle amministrazioni che non ottemperano alle disposizioni in materia»; mentre il comma 5 dell’articolo 24, prevede l’applicazione di sanzioni a qualunque società partecipata, sul quale il Consiglio di Stato si è espresso ritenendo che ci possa essere «un eccesso di delega, che andrebbe corretto tramite la delimitazione di detta norma alle società partecipate dagli enti locali.»
Il V comma dell’articolo 24 pone comunque alcuni problemi interpretativi; infatti, relativamente al presupposto della “mancata adozione del provvedimento di ricognizione”, risulta difficile pensare ad una cessazione ex lege della partecipazione societaria, in quanto non verrebbe fatta la ricognizione delle partecipazioni e quindi non si evidenzierebbe l’esistenza di una partecipazione non detenibile secondo le norme del Testo Unico.
Inoltre, anche in sede di verifica degli adempimenti e delle partecipazioni alienate, la Corte dei conti non potrebbe compiere la verifica di cui all’art. 24, comma 3, senza l’atto di ricognizione. Oltre a ciò in ordine al presupposto della “mancata alienazione”, occorre capire se la cessazione ex lege si verifichi esclusivamente quando, nonostante la pubblicazione della procedura ad evidenza pubblica, non si è presentato nessun acquirente oppure anche nel caso in cui la procedura di vendita non sia stata avviata o anche solo conclusa entro un anno dall’adozione del provvedimento di ricognizione.
177 Meo G., Nuzzo A., Il testo unico sulle società pubbliche, 2016 178 Corte dei conti, Sez. Reg. Contr. Lombardia, 8 luglio 2008, n.48
Sembra corretto ritenere che il legislatore abbia voluto limitare la possibilità per le amministrazioni di avvalersi del beneficio previsto dall’art. 24, comma 5, D.Lgs. n. 175/2016, ossia la cessazione ex lege e la liquidazione della quota azionaria a carico della società, solo qualora gli enti concludano la procedura di alienazione entro i termini indicati dalla legge. Tra l’altro l’articolo 24, relativamente alla fattispecie della cessazione ex lege con conseguente liquidazione della quota azionaria a carico della società, nonostante un rinvio generale alle precedenti norme in materia di dismissioni delle partecipazioni pubbliche, non riporta il con- tenuto del comma 569 bis dell’art. 1 della L. n. 190/2014 in cui è previsto che all’assemblea dei soci venga assegnato un potere di approvazione sulla decisione dell’ente pubblico socio di dismettere la propria partecipazione e ciò poiché il recesso di un socio può arrecare pregiudizi economici e finanziari al patrimonio sociale ed agli altri soci.179
Nel caso della revisione periodica, da effettuare annualmente a partire dal 2018, sono previste maggiori sanzioni in caso di inadempimento degli enti locali.
Gli enti infatti sono chiamati ad adottare annualmente un atto ricognitivo, ed eventualmente anche un piano di razionalizzazione qualora vengano deliberate delle misure necessarie, per cui nel caso questi non adempiano agli obblighi o non ne trasmettano le relative comunicazioni alla Corte dei conti e alla Struttura competente del MEF, sono previste sanzioni pecuniarie oltre a quella prevista per la revisione straordinaria, richiamata dall’art. 20, comma 7 per il processo di revisione periodica.
Le sanzioni amministrativa pecuniarie possono variare da un minimo di 5.000 a un massimo di 500.000 euro e a queste si aggiunge l’eventuale danno rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile.
È previsto inoltre che entro l’anno dall’entrata in vigore del Testo Unico, il Conservatore del Registro delle Imprese avvii le procedure per la cancellazione d’ufficio delle società a controllo pubblico che per più di tre anni consecutivi non abbiano depositato il bilancio d’esercizio ovvero non abbiamo compiuto atti di gestione.
Per avviare tale procedura ai sensi del IX comma dell’articolo 20, il Conservatore ne comunica l’avvio agli amministratori o liquidatori della società i quali, nei 60 giorni successivi, possono presentare formale e motivata domanda di prosecuzione dell’attività ai sensi dell’articolo 5, corredata dell’atto deliberativo delle amministrazioni pubbliche socie.
Qualora la domanda sia presentata correttamente non si procederà con la cancellazione.
179 Art. 1, comma 569 della L. n. 190/2014 «le disposizioni di cui al comma 569, relativamente alla cessazione
della partecipazione societaria non alienata entro il termine ivi indicato, si interpretano nel senso che…la competenza relativa all’approvazione del provvedimento di cessazione della partecipazione appartiene, in ogni caso, all’assemblea dei soci»
Per la revisione ordinaria, secondo quanto stabilito dalla Corte dei conti nella relazione180, sono previsti degli incentivi fiscali per lo scioglimento o l’alienazione delle partecipazioni tramite il richiamo fatto dall’art. 20, co. 6, D.Lgs. n. 175/2016 a quelli introdotti all’art. 1, co. 568-bis, L. 27 dicembre 2013, n. 147 e già attuati per i piani operativi di razionalizzazione ex art. 1, co. 614, L. n. 190/2014.
Questi incentivi secondo la Corte dei conti sono da ritenersi estesi alla procedura straordinaria, tanto più che questa consiste nell’aggiornamento del piano operativo di razionalizzazione adottato dall’ente ai sensi della legge di stabilità 2015 dagli enti locali; in tal senso secondo la Corte deve interpretarsi il richiamo, contenuto nell’art. 24, co. 8, alle misure previste dall’art. 1, co. 614, L. n. 190/2014.
L’art. 1, co. 568-bis considera due fattispecie: nella prima esenta da imposizione fiscale, limitatamente a Ires e Irap, le operazioni in favore di pubbliche amministrazioni conseguenti allo scioglimento di società partecipate; la seconda riguarda, invece, l’alienazione di partecipazioni a soggetti terzi e la contestuale assegnazione del servizio per cinque anni, a condizione che venga svolta una gara ad evidenza pubblica.
Infine l’articolo riconosce al socio privato detentore di una quota maggiore del 30% un diritto di prelazione.
Anche in questo caso sono previsti incentivi fiscali in quanto è stabilito che le plusvalenze non concorrono alla formazione del reddito ai fini dell’Ires e dell’Irap, mentre le minusvalenze sono deducibili per cinque anni.
Per favorire l’adozione del piano di razionalizzazione la legge di stabilità del 2015 aveva inserito questi sconti fiscali per lo scioglimento di società, consorzi o aziende speciali; tali sconti cancellavano imposte sui redditi e Irap, applicando in misura fissa quelle di registro e ipocatastali per l’anno oggetto della manovra e i 2 successivi.
In verità la questione degli sconti fiscali nei mesi precedenti alla revisione straordinaria era assai dubbia; già allora molti sostenevano la tesi relazionata ora dalla Corte dei conti, secondo cui si potrebbero applicare gli sconti fiscali, in quanto ritenevano che i piani di razionalizzazione previsti dalla Riforma Madia fossero un “aggiornamento” di quelli previsti nella disciplina precedente dato anche il richiamo all’art.1, comma 568-bis della legge 147/2013 fatto sia dall’articolo 20 al comma 6 e 8 che dall’articolo 24 al comma 8.
Ma nei giorni precedenti l’obbligo di revisione del 30 settembre il viceministro dell’Economia Luigi Casero, in Commissione Finanze alla Camera, aveva riferito che l’Agenzia delle Entrate non ammetteva sconti fiscali con i tagli alle partecipate.
L’Agenzia delle Entrate motivò la sua scelta ritenendo che l’attuale normativa si differenzia dalla precedente, in quanto l’ambito applicativo, riguarda tutte le pubbliche amministrazioni e non solo gli enti territoriali, porti e università; inoltre, secondo l’Agenzia sarebbe «incoerente» con le sanzioni previste in caso di non adempimento dei piani.
Per questo motivo le chiusure delle società partecipate, in attuazione degli attuali piani di razionalizzazione, non potrebbero essere agevolate dagli sconti fiscali che erano stati predisposti in applicazione della precedente normativa in caso di razionalizzazione volontaria.181
Ulteriori incentivi alla dismissione delle partecipazioni societarie sono stati previsti anche in ambito di procedure di mobilità e di gestione del personale eccedentario.182
181 Trovati G., Niente sconti fiscali sul taglia-partecipate, Il Sole 24 ore, 29 settembre 2017 182 Corte dei conti, Gli organismi partecipati dagli enti territoriali, 24 novembre 2017