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La legge delega 124/2015 nell’intento di riorganizzare le partecipate lascia ampio margine al Governo per definire l’ambito di responsabilità risarcibile e il giudice competente. Essa si è solo limitata a dettare alcuni principi sulla mala gestio e sulla relativa responsabilità all’articolo 18 lett. c e d.229

Prima dell’entrata in vigore del Testo Unico, una delle questioni più dibattute è stata la relazione e il rapporto che lega l’amministrazione e le sue società partecipate, nonché gli organi sociali di quest’ultime. Il dibattito nasceva soprattutto in relazione alla natura della responsabilità degli organi delle partecipate per i danni cagionati indirettamente al bilancio della pubblica amministrazione e sul difficile riparto della giurisdizione ordinaria e contabile.230

Erano già state dettate delle norme in materia e sulla base di queste la giurisprudenza contabile e di legittimità aveva già tentato di distinguere le diverse competenze dei giudici e le diverse fattispecie di responsabilità.

Dal 2010 infatti la giurisprudenza aveva delineato le caratteristiche per la sussistenza di una responsabilità erariale tracciando un netto confine tra la relazione che si instaura tra la partecipata e l’ente locale e diversamente quello degli organi sociali, privo del rapporto di servizio. Quindi, nonostante il danno indiretto al socio pubblico per effetto dei danni arrecati dalla mala gestio degli organi sociali e/o dei controllori della partecipata al patrimonio della società, tali soggetti non potevano essere sottoposti a responsabilità erariale e quindi alla competenza del giudice contabile, in quanto mancava appunto il rapporto di servizio tra questi e l’ente pubblico.

La responsabilità erariale e la giurisdizione della Corte dei conti erano solo previste qualora gli amministratori e/o gli organi di controllo della partecipata avessero provocato un danno diretto all’ente pubblico.

A livello normativo era già stato introdotto l’art. 16-bis, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, in sede di conversione del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 il quale prevedeva espressamente in caso di società quotate partecipate da enti pubblici, anche indirettamente, con una quota

229 Art 18 lett c: «precisa definizione del regime delle responsabilità degli amministratori delle

amministrazioni partecipanti nonché dei dipendenti e degli organi di gestione e di controllo delle società partecipate» e alla lett d : «definizione, al fine di assicurare la tutela degli interessi pubblici, della corretta gestione delle risorse e della salvaguardia dell’immagine del socio pubblico, dei requisiti e della garanzia di onorabilità dei candidati e dei componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società, anche al fine di garantirne l’autonomia rispetto agli enti proprietari»

230 P. Cosmai, La responsabilità degli amministratori e dei dipendenti delle società a partecipazione pubblica, Aziendaitalia, 10/2016, pag. 916

inferiore al 50%, che la responsabilità degli amministratori e dei dipendenti fosse regolata dalle norme di diritto civile e sotto la giurisdizione del giudice ordinario.

In ogni caso sono attuabili le azioni di responsabilità civile contro gli organi sociali sia nei confronti della società che dei soci e dei creditori previste all’art. 2393 c.c. per le società per azioni e all’art. 2476 nel caso di società a responsabilità limitata.

Si ritiene pertanto che «il socio pubblico è di regola in grado di tutelare egli stesso i propri interessi sociali mediante l’esercizio delle suindicate azioni civili. Se ciò non faccia e se, in conseguenza di tale omissione, l’ente pubblico abbia a subire un pregiudizio derivante dalla perdita di valore della partecipazione, è sicuramente prospettabile l’azione del procuratore contabile nei confronti (non già dell’amministratore della società partecipata, per il danno arrecato al patrimonio sociale, bensì nei confronti) di chi, quale rappresentante dell’ente partecipante o comunque titolare del potere di decidere per esso, abbia colpevolmente trascurato di esercitare i propri diritti di socio ed abbia perciò pregiudicato il valore della partecipazione. Ed è ovvio che, con riguardo ad un’azione siffatta, vi sia piena competenza giurisdizionale della Corte dei conti».231 In tal caso si vede una responsabilità erariale nei confronti del rappresentante dell’ente partecipante che abbia omesso di esercitare i propri diritti di socio. La responsabilità erariale si differenzia da quella civile in quanto è obbligatoria e richiede il dolo e la colpa grave mentre quella civile è facoltativa e presuppone anche solo la colpa lieve; inoltre mentre la prima è prescritta in 5 anni e il risarcimento può essere inferiore al danno, quella civile nei confronti dei dirigenti e dipendenti è decennale ed è destinata a ristorare l’intero pregiudizio, mentre nei confronti degli amministratori si prescrive in 5 anni dalla cessazione delle carica.232

Risulta pertanto evidente da quanto detto fino ad ora che, ai fini dell’identificazione della giurisdizione competente, è rilevante la tipologia del danno: la Corte dei conti è ritenuta competente per i danni subiti dal socio pubblico, mentre il giudice ordinario per quelli patiti dalla società.

Il Testo Unico, nell’intento di riordinare la disciplina sparsa nelle varie leggi e spesso prevista solo nella prassi, introduce l’art. 12 rubricato “Responsabilità degli enti partecipanti e dei componenti degli organi delle società partecipate”; anzitutto l’articolo ribadisce l’applicabilità delle norme ordinarie per le azioni civili di responsabilità previste quindi dagli articoli 2393 e

231 Cassazione, Sez. U., 15 gennaio 2010, n. 519

232 Cosmai P., La responsabilità degli amministratori e dei dipendenti delle società a partecipazione pubblica, Aziendaitalia, 10/2016, pag. 917-919

2476 del codice civile, in seguito si premura di dettare alcune disposizioni in tema di responsabilità erariale.

Infatti oltre a dettarne la definizione al II comma del presente articolo: «Costituisce danno erariale il danno, patrimoniale o non patrimoniale, subito dagli enti partecipanti, ivi compreso il danno conseguente alla condotta dei rappresentanti degli enti pubblici partecipanti o comunque dei titolari del potere di decidere per essi, che, nell’esercizio dei propri diritti di socio, abbiano con dolo o colpa grave pregiudicato il valore della partecipazione» ne attribuisce il sindacato alla giurisdizione della Corte dei conti, facendo un distinguo a seconda che si tratti di società in house o meno.

Per quest’ultime società l’articolo limita tale responsabilità a seconda della quota di partecipazione dell’ente pubblico, per cui l’area di cui sarà competente la giurisdizione contabile deve essere limitata alla sola quota pubblica.

In caso di società in house, infatti, confermando la tesi già in essere nel decennio precedente, l’articolo attribuisce una responsabilità erariale “totale” che deve essere valutata dalla Corte dei conti per i danni procurati al patrimonio sociale dagli amministratori e dai dipendenti considerandoli quindi come “agenti pubblici” con un rapporto di servizio nei confronti dell’ente pubblico e ritenendo inesistente il filtro della separazione patrimoniale.233

Oltre a questo articolo il Testo Unico ha previsto all’articolo 13 per le amministrazioni pubbliche socie la legittimazione a presentare denuncia al tribunale ai sensi dell’art. 2409 anche in deroga alla disciplina Comune quando posseggano una partecipazione inferiore al decimo del capitale sociale. Il presupposto è che gli enti pubblici soci riscontrino nella gestione della società a controllo pubblico gravi irregolarità, anche qualora esse siano a responsabilità limitata (II comma).

L’articolo è da ritenere applicabile alle sole società a controllo pubblico, non quotate e non partecipate dalle quotate salvo il caso in cui l’amministrazione pubblica abbia una partecipazione diretta in queste ultime.

Tale procedimento inoltre deve ritenersi applicabile anche quando sia già stata avviata la fase di liquidazione della società oppure quando siano in atto procedure concorsuali mentre il fallimento preclude tale iter.

233 La Commissione del Senato in commento all’articolo ha evidenziato: «In tali società i diritti speciali di

amministrazione conferiti al socio pubblico sono tali da escludere qualsivoglia autonomia della società rispetto all'ente pubblico titolare della partecipazione. Chi cagiona un danno al patrimonio della società partecipata determina un danno al patrimonio dell'ente pubblico» Dossier Testo Unico sulle società a partecipazione pubblica, settembre 2017

Il procedimento deve essere avviato tramite denuncia al tribunale qualora vi sia anche solo un fondato sospetto, non serve la piena prova, che gli amministratori abbiano compiuto gravi irregolarità e queste possano provocare un danno alla società o alle controllate.

Tra le gravi irregolarità oltre ai comportamenti o alle omissioni nella regolare gestione di una società, occorre per le partecipate pubbliche considerare anche quelle prescritte da alcuni articoli del decreto 175/2016, tra cui: (art. 14, III comma) in caso di segnali di crisi l’organo amministrativo non adotta gli opportuni provvedimenti; (art. 16, IV comma) la società in house deve svolgere almeno l’80% del fatturato nei compiti affidati dall’ente pubblico; (art. 25, VI comma) sul tema del rispetto delle disposizioni nell’ambito del personale, ecc…

L’omissione della denuncia al tribunale può comportare la responsabilità dei funzionari pubblici ai sensi dell’articolo 12, II comma, e tale procedimento di verifica potrebbe creare sovrapposizione e conflitti tra il controllo giudiziario ex art. 2409 e quello amministrativo e contabile che deve svolgere la Corte dei conti anche per determinare l’eventuale risarcimento. In questo caso bisogna quindi considerare l’art. 2545-quinquiesdecies c.c. il quale privilegia il procedimento che per primo ha attivato provvedimenti ispettivi o che ha attribuito l’amministrazione a un commissario o ad un amministratore giudiziario, risolvendo in tal modo le possibili sovrapposizioni tra i due controlli.234

Oltre a questi articoli (12 e 13) specifici in tema di responsabilità, nel Testo Unico sono previsti altri casi che prescrivono una responsabilità civile o erariale:

− L’art. 6 comma III riguardo la responsabilità civile degli organi di amministrazione e dell’eventuale ufficio di controllo interno a causa della mancanza della relazione sull’andamento gestionale da presentare all’organo di controllo e all’assemblea dei soci; nonché la responsabilità erariale, prevista al medesimo comma, per i rappresentanti dei soci pubblici e titolari del potere decisionale di tali soci nonché degli organi preposti al controllo analogo qualora non attuino le adeguate misure per ridurre i danni sorti da un andamento negativo della società e segnalati dagli organi sociali della partecipata. È inoltre prevista una responsabilità civile per gli amministratori dirigenti e dipendenti della società qualora non rispettino i codici di condotta oppure violino le norme o i contratti di lavoro.

− L’art. 11, commi 6 e 10 prevede una responsabilità civile per gli organi di amministrazione e/o di controllo quando violino i limiti per compensi e indennità di fine mandato o eroghino trattamenti accessori quando i risultati negativi di bilancio dipendono da una responsabilità dell’amministratore. Prevede inoltre una responsabilità

erariale qualora i rappresentanti dei soci pubblici e titolari del potere decisionale di questi nonché degli organi preposti al controllo analogo non controllino il rispetto di tale divieto.

− Art. 14, commi 2 e 3 prevede una responsabilità civile per gli organi amministrativi che non adottino tempestivamente le misure per evitare che si aggravi la crisi.

− L’art. 20, comma 7 prevede una responsabilità erariale per i rappresentanti dei soci pubblici e titolari del potere decisionale di questi nonché degli organi preposti al controllo analogo qualora non esercitino i diritti di socio per ridurre i danni o non attuino un adeguato controllo analogo da relazionare al titolare del potere decisionale del socio pubblico. È prevista invece una responsabilità amministrativa per il socio pubblico quando non adempia ai suoi obblighi di razionalizzazione annuale delle partecipate e alla relativa comunicazione alla Corte dei conti a cui spetta il compito di comminare un’ammenda tra i 5.000 e i 500.000 €, oltre all’eventuale danno rilevato in sede di giudizio amministrativo-contabile.235

235 Cosmai P., La responsabilità degli amministratori e dei dipendenti delle società a partecipazione pubblica, Aziendaitalia, 10/2016, pag. 925