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La natura delle società in house è stata oggetto di molti dibattiti negli anni; definita talune volte una semi-amministrazione e addirittura per alcuni in dottrina è equiparabile ad un ufficio interno della pubblica amministrazione. Tali definizioni sono dovute allo stretto collegamento sul piano operativo e organizzativo della società con gli organi della pubblica amministrazione. Il dibattito nazionale se tali società potessero essere titolari di affidamenti diretti dei contratti pubblici e se dovessero partecipare alle gare pubbliche per gli affidamenti dei servizi, è stato risolto dall’ordinamento comunitario ad opera della giurisprudenza della Corte di Giustizia europea. La Corte con la sentenza “Teckal”200, ha stabilito i requisiti per destinare ad una società gli affidamenti diretti: il primo requisito è che la società deve essere a capitale interamente pubblico; il secondo requisito è che deve sussistere una condizione di controllo analogo da parte del socio pubblico; infine la società deve svolgere l’attività prevalente per l’ente pubblico.201

Direttive successive in materia di appalti e concessioni (2014/24/UE, 2014/24/UE) hanno recepito gli indirizzi espressi dal giudice europeo, modificandoli solo in parte, anche per disciplinare quanto già avveniva convenzionalmente.

Da tali direttive viene fissata espressamente la soglia, già osservata nella prassi, per cui le società che svolgono l’attività di esercizio e gestione dei servizi pubblici devono produrre in favore di tali società una parte prevalente di fatturato pari o superiore all’80%.

Viene ammessa la partecipazione privata alla società in house purché di minima entità ed entro i limiti che i soggetti privati non esercitino il potere di veto o l’influenza dominante.

In ambito nazionale tali società sono state coinvolte nei processi di razionalizzazione avviati nel corso degli anni passati.

In particolare sono state introdotte: misure per ridurre il costo di tali società prevedendo limiti al numero e ai compensi degli amministratori; norme anti-elusive; norme volte ad evitare distorsioni della concorrenza, tra cui la Legge Bersani D.L. 223/2006 in cui viene stabilito che

200 Sentenza della Corte di Giustizia europea, V sezione, 18 novembre 1999, causa C-107/98

201 I requisiti sono quindi stati recepiti in ambito nazionale dall’art. 113, co. 4, lett. a), D.Lgs. n. 267/2000,

lettera modificata dall'art. 14, co. 1, lett. c), D.L. 30 settembre 2003, n. 269. E in seguito dall’art. 149-bis, co. 1, secondo periodo D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sostituito dall’art. 1, co. 615, l. n. 190/2014, secondo cui «L'affidamento diretto può avvenire a favore di società interamente pubbliche, in possesso dei requisiti prescritti dall'ordinamento europeo per la gestione in house, comunque partecipate dagli enti locali ricadenti nell'ambito territoriale ottimale».

le società strumentali non possono svolgere attività extra moenia ma solo un’attività esclusiva in favore degli enti costituenti o affidanti; leggi che fanno divieto alle amministrazioni di costituire o partecipare a società con attività non strettamente necessarie alle proprie finalità istituzionali; infine qualora le imprese svolgano servizi pubblici o operino in regime di monopolio devono comunicare preventivamente all’AGCM l’istituzione di nuove società.202

Il nuovo processo di razionalizzazione previsto dal Testo Unico coinvolge anche tali società; in particolare gli enti, in sede di ricognizione e monitoraggio dell’assetto complessivo delle partecipazioni pubbliche, devono verificare innanzitutto che le società in house possedute rispettino i requisiti previsti dalla normativa europea nonché dall’art.16 del Testo Unico rubricato appunto “Società in house” e inoltre dovranno svolgere un’analisi sulle modalità alternative «di gestione diretta o esternalizzata del servizio affidato» ai sensi dell’art. 5, comma 1 del D.Lgs. 175/2016.

La disposizione ammette la possibilità per le amministrazioni di costituire e mantenere le società in house che ricevono affidamenti diretti di contratti pubblici, qualora tali società rispettino le condizioni già in precedenza stabilite dall’ordinamento europeo.

La partecipazione di capitali privati è prevista solo qualora avvenga in forme che non comportino controllo o potere di veto, né l'esercizio di un'influenza determinante sulla società controllata, salvo quella prescritta da norme di legge.

Sui requisiti occorre fare alcune osservazioni, in particolare riguardo alla c.d. “attività prevalente”, in quanto l’articolo 16 sulle modalità di calcolo della percentuale dell’80%, appare più restrittivo della normativa europea.

Per soddisfare il requisito dell’attività prevalente, le disposizioni comunitarie prevedono nel computo dell’80% non solo lo svolgimento di compiti affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici che esercitano il controllo analogo, ma anche le attività effettuate per “altre persone giuridiche controllate” dalle stesse amministrazioni aggiudicatrici o dagli enti pubblici che esercitano il controllo analogo sulla società in house.

Le persone giuridiche controllate dall’ente quindi possono attribuire affidamenti diretti in favore della società in house.

Il decreto 175/2016 ribadisce quanto viene stabilito nel Codice dei contratti pubblici, D.Lgs. n. 50/2016, nel quale vengono recepiti i tre requisiti stabiliti dalle disposizioni comunitarie.

202 Lacchini M., Mauro C. A., La gestione delle società partecipate pubbliche alla luce del nuovo Testo Unico, 2017, pag.108-111

L’articolo 16, al comma 3 si discosta almeno testualmente dalla disciplina dettata dall’art. 5 del D.Lgs. n. 50/2016, menzionando nel computo dell’80% solamente il fatturato derivante dallo «svolgimento dei compiti a esse affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci».

L’articolo in esame non fa alcun riferimento a quello derivante da attività affidate da persone giuridiche controllate dall’ente pubblico socio o dagli enti pubblici soci, per cui sembra che le attività svolte dalla società in house in favore di questi soggetti non possano essere inserite nel calcolo del raggiungimento della soglia.

Tale previsione però sembra contrastare con la ratio della norma di delega 124/2015 in forza della quale il Testo Unico doveva raccogliere e coordinare le norme vigenti in materia di partecipazioni societarie delle pubbliche amministrazioni al fine di creare un sistema normativo chiaro e coerente.
Pertanto, se si ritenesse che l’art. 16, comma 3, D.Lgs. n. 175/2016 abbia introdotto degli elementi innovativi, si configurerebbe come un eccesso di potere del Governo nonché costituzionalmente illegittimo.

Tanto più che tali profili innovativi non sono giustificabili con esigenze di coordinamento o di coerenza del sistema, ma che al contrario contrastano con l’art. 5, comma 1, lett. b), D.Lgs. n. 50/2016.

Il regime più restrittivo inoltre, imposto dal III comma rispetto a quello stabilito dalle direttive comunitarie, risulterebbe incostituzionalmente illegittimo per la violazione del principio dettato dall’art. 32, comma 1, lett. c), L. n. 234/ 2012203, nonché il divieto di gold plating, stabilito dall’ordinamento comunitario.

Pertanto, nonostante la norma sia testualmente riferita solo al fatturato realizzato nello svolgimento di compiti affidati dall’ente pubblico, per legittimità costituzionale va aggiunto al conteggio della soglia anche il fatturato maturato nell’espletamento di attività affidate dalle persone giuridiche controllate dagli stessi enti pubblici soci.204

È in ogni caso previsto dall’articolo 16 che tale soglia può essere derogata in ragione di economie di scala o altri recuperi di efficienza sull’attività principale delle società.

Qualora manchi il rispetto di tale soglia, ad eccezione della deroga, costituisce irregolarità ai sensi dell’art. 2409 c.c. e del controllo e monitoraggio previsto all’art.15 del T.U.

203 Secondo cui: «gli atti di recepimento di direttive dell’Unione europea non possono prevedere

l’introduzione o il mantenimento di livelli di regolazione superiori a quelli minimi richiesti dalle direttive stesse»

204 Calcagnile M., La razionalizzazione delle società a partecipazione pubblica, Giornale di diritto amministrativo, 4/2017, pag. 450-451

Tale irregolarità è sanabile dalle amministrazioni se, entro tre mesi da quando si è rilevata, la società receda da rapporti contrattuali con soggetti terzi o dagli affidamenti da parte dei soci pubblici.

Secondo il Consiglio di Stato per la partecipazione dei privati si doveva fornire «una chiara esplicazione delle ragioni» che la giustificavano, inoltre l’attività in extra moenia in ragione di economie di scala o altri recuperi di efficienza sull’attività principale delle società, non essendo prevista né dal legislatore né dalla giurisprudenza europea, doveva essere eliminata e tanto più doveva eliminarsi la possibilità di sanatoria, in quanto in tal caso avrebbe perso significato l’articolo 4 del Testo Unico.

Il Governo però non ha accolto tali osservazioni specificando solo che salvo l’articolo 4, la sanatoria non era riferita all’attività extra moenia ma al rispetto della soglia del fatturato. La Corte dei conti ha chiarito che anche qualora la società in house svolga servizi in favore di enti territoriali non soci è da ritenersi attività aggiuntiva.

Alle società in house, tramite il comma 3 e introdotto il comma 3-bis, viene data quindi la possibilità di svolgere una produzione aggiuntiva a favore di non soci, anche fuori dall’ambito territoriale di riferimento, con l’unico vincolo di prevedere da tale attività un beneficio economico, ossia finalizzata a ridurre i costi dei servizi affidati direttamente dai soci pubblici.205 Gli enti locali possono acquisire o mantenere partecipazioni in società che producono servizi di interesse generale a rete anche al di fuori dell’ambito territoriale di riferimento, a condizione che l’affidamento avvenga con gara ai sensi dell’articolo 4, comma 9-bis; tale norma è posta tra le deroghe previste all’articolo 4, II comma, ossia i vincoli di attività.

Quindi anche qualora la società sia affidataria dei servizi del proprio ambito mediante il modulo in house, per i servizi extraterritoriali deve partecipare alla gara per l’affidamento e lo svolgimento di tale attività non rientra nell’attività prevalente per cui le amministrazioni dovranno verificare che non si determini il superamento della soglia dell’80%.

Tra l’altro tali società svolgendo servizi di interesse generale sono sottratte agli obblighi di razionalizzazione delle aziende in perdita strutturale, nonostante l’ambito extraterritoriale e la forma di affidamento in house providing.206

Questi vincoli presuppongono un monitoraggio costante e una verifica almeno annuale dei livelli di attività.207

205 Pozzoli S., Una prova di apertura al mercato, Il Sole 24 ore, 12 giugno 2017 206 Barbiero A., Servizi a rete fuori Ato con gara, Il Sole 24 ore, 19 giugno 2017

Gli enti, nella predisposizione e adozione dei piani di razionalizzazione, devono valutare per decidere se mantenere la configurazione in house di una società, verificare la sussistenza dei requisiti ivi descritti, essenziali per poter mantenere tale modello organizzativo, e valutare i vantaggi che tale tipologia di società comporta per l’ente.

Inoltre gli enti devono compiere una valutazione e relazionare ex art. 20 e 24 le ragioni di interesse pubblico sottese alla scelta di partecipare ad una società in house e le implicazioni tecniche ed economiche ai sensi dell’articolo 5, comma 1.

L’ente dovrà anche svolgere un’analisi sulle modalità alternative di gestione del servizio e valutarne le conseguenze in termini di costi-benefici rispetto alla modalità di gestione attualmente avviata.208

Nel piano dovrà essere evidenziato quale tipo di controllo ha l’ente sulla società, per cui se è un controllo analogo o analogo congiunto così come definiti dall’art.2, comma 1, rispettivamente previsti alle lettere c e d.

Il controllo analogo o analogo congiunto da parte del socio pubblico è l’ultimo requisito previsto per poter costituire o mantenere partecipazioni in società in house.

Per quanto concerne il “controllo analogo” è noto che si tratta di un controllo effettivo e strutturale da parte dell’ente pubblico.

A tale riguardo la Corte costituzionale nella sentenza 46/2013 ha affermato che questo controllo è configurabile in mancanza di «un rapporto contrattuale intersoggettivo tra aggiudicante e affidatario, perché quest’ultimo è, in realtà, solo la longa manus del primo».

La società in house costituisce articolazione sostanziale dell’ente, nonostante sia organizzata nelle forme del diritto privato; su questa l’ente deve esercitare i controlli sulla struttura e sull’organizzazione, sugli atti ovvero sulle azioni e sui comportamenti.


Si configura, in tal modo, un esercizio di poteri pubblicistici più intensi di quelli spettanti al socio in base al regime civilistico anche quando la partecipazione è totalitaria, perché le decisioni più importanti devono essere sottoposte al vaglio preventivo dell’ente affidante, al quale spetta una valutazione preventiva in termini di efficacia ed economicità, quali corollari del principio di buon andamento dell’azione amministrativa. Tale controllo può anche essere esercitato da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata dall’ente pubblico.

208 Il Consiglio di Stato, sezione V, nella sentenza 5437/2017, ha ritenuto la scelta dell'amministrazione sul

modello dell’in house legittima in quanto supportata da una valutazione basata sull'analisi comparativa con il mercato, che ha evidenziato i vantaggi in termini di economicità derivanti dall'affidamento alla propria società controllata. Secondo il Consiglio le condizioni meno onerose costituiscono motivo adeguato per fare ricorso all'in house.

In ogni caso deve essere garantito ai soci pubblici l’esercizio di penetranti poteri di indirizzo, vigilanza idonei ad incidere sulle modalità e le condizioni di erogazione dei servizi e sulla gestione della società stessa, anche tramite patti parasociali o clausole statutarie ai sensi del II comma dell’articolo 16.

L’art. 2, co. 1, lett. d), D.Lgs. n. 175/2016, ha aggiunto la nozione di “Controllo analogo congiunto” ossia la situazione in cui su una società in house il controllo non è esercitato singolarmente da una amministrazione, ma è esercitato da più amministrazioni: «Questa situazione si verifica al ricorrere delle condizioni di cui all’articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50». Per cui anche al fine del coordinamento tra le norme il legislatore fa rinvio all’elenco delle condizioni previsto nel Codice dei contratti pubblici. Le amministrazioni oltre alla ricognizione del totale delle partecipazioni al 30 settembre hanno un’ulteriore scadenza in caso utilizzino il modello delle società in house; infatti a partire dal 15 gennaio 2018209 devono presentare all’ANAC la domanda di iscrizione nell’Elenco di cui all’art. 192, comma 1, del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.

La domanda di iscrizione costituirà presupposto legittimante l’affidamento in house; per l’iscrizione sarà valutato se la società rispetti o meno i requisiti richiesti dall’art. 5 del Codice dei contratti pubblici ovvero dagli artt. 4 e 16 del D.Lgs. 175/2016.210

Nelle linee guida presentate da ANAC è previsto in caso di controllo congiunto la presentazione di una sola domanda da parte del “socio di riferimento”; l’auspicio era di poter utilizzare questa previsione anche in ambito di revisione prima straordinaria e poi periodica, in modo tale da alleggerire in parte i piani di revisione degli enti, ma fino ad ora tale accortezza non è stata presa in considerazione.211

La Corte dei conti ha precisato che nel piano di razionalizzazione straordinario l’ente deve includere anche le società indirettamente partecipate per il tramite di proprie società in house evidenziando, come nel caso in esame in cui si è richiesto il parere della Corte, che qualora «un Comune detenga quote minoritarie del capitale sociale delle due società direttamente partecipate, ma eserciti su di esse un controllo analogo riconducibile alla gestione in house delle

209 La scadenza originaria era fissata al 27 giugno scorso, ci sono state in seguito 4 proroghe. Dal 30 novembre

2017 la data è slittata al 15 gennaio 2018 per problemi legati all’applicativo informatico dell’Elenco.

210 ANAC, Linee guida n. 7, Linee Guida per l’iscrizione nell’Elenco delle amministrazioni aggiudicatrici e degli enti aggiudicatori che operano mediante affidamenti diretti nei confronti di proprie società in house previsto dall’art. 192 del d.lgs. 50/2016, approvate dal Consiglio dell’Autorità con delibera n. 235 del 15

febbraio 2017 e aggiornate al D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56 con deliberazione del Consiglio n. 951 del 20 settembre 2017

medesime» si ritengono applicabili per analogia le disposizioni previste dall'articolo 24 del Dlgs 175/2016.

In altre parole, nel piano di revisione straordinaria delle partecipazioni, l'ente deve includere anche le società indirettamente partecipate per il tramite di partecipazioni dirette non di controllo alla condizione che su quest’ultime si eserciti un controllo analogo.212