CAP 2 LA FUNZIONE DI AIUTO E CONTROLLO
2.4 RICERCA DI UN EQUILIBRIO Come far coesistere le due funzion
L'utilizzo del semplice controllo non può essere sufficiente a far prendere coscienza l'utente della necessità di cambiare, modificare i propri comportamenti, attivare risorse personali, trovare modalità differenti di affrontare e vivere la propria vita, e le difficoltà che vi risiedono; una volta allentato il controllo, se questo non è accompagnato da processi di crescita personali, dalla consapevolezza e volontà di superare le problematiche, nell'utente tenderanno a ripresentarsi gli stessi comportamenti che lo hanno portato all'obbligo di essere monitorato, indirizzato e seguito, nonché sanzionato.
La funzione di controllo potrà essere collocata solo all'interno
dell'aiuto e potrà costituire essa stessa un'azione di supporto solo se compatibile con i principi della professione, ossia volta alla graduale riconquista dell'autonomia dell'utente; le due funzioni si dimostrano operativamente integrate e non attuabili separatamente.
La presenza e validità della funzione di controllo trae legittimità dall'assunto che una “maggiore autonomia delle persone sia inscindibilmente legata ad una maggiore assunzione di responsabilità nei confronti della collettività”; nelle “situazioni di conflitto”, tra interessi personali e sociali, “il prevalere delle soluzioni di contenimento e di limitazione delle libertà individuali, volte alla difesa della stessa persona o della collettività, andranno sempre valutate rispetto all'obiettivo ultimo del recupero e del potenziamento della capacità di esercitare i propri diritti, nel rispetto di quelli altrui”.77
C. Marzotto78 utilizza la metafora della professione di carabiniere per
spiegare la possibilità di uno sbilanciamento delle funzioni dell'assistente sociale verso un preminente ricorso a tecniche di vigilanza, all'assunzione del ruolo di “addetti all'ordine pubblico, garanti e custodi di un sistema precostituito”; operatore che “interviene nelle vite altrui quale detentore della conoscenza di ciò che è considerato bene e di ciò che è male”. Tramite il ricorso al paragone con il settore metallurgico viceversa pone in risalto la compresenza delle due funzioni, “l'abilità di estrarre oro dal metallo” è usata per indicare la capacità di “trasformare in leve per il cambiamento persone abitualmente emarginate dalla società”, aumentare il loro potere di scelta e le competenze relazionali; obiettivi perseguibili con l'utilizzo di molteplici mezzi, strumenti conoscitivi ed informazioni, tra cui anche provvedimenti giudiziari; percorso in cui includere la collaborazione con le altre professioni operanti nel settore sociale e
77 Cipriani R., Ossicini Ciolfi T., Valle Pittaluga M. (1995), pp. 17-18. 78 Marzotto C. (2002), pp. 189-190, 192-194.
sanitario.
Alla vigilanza l'operatore, e l'équipe di cui fa parte, dovrà affiancare azioni di supporto, che possono comprendere misure assistenziali, fino a veri e propri interventi terapeutici, in grado di svelare le motivazioni soggiacenti al comportamento, far intravedere agli utenti possibilità di cambiamento, immaginarsi un possibile futuro, in cui si avranno a disposizione, se aiutati, i mezzi per affrontarlo.79
Allo stesso modo è impensabile con il solo aiuto riuscire sempre a tutelare e proteggere tutti i componenti della famiglia; l'operatore nella sua attività troppo spesso si trova ad affrontare persone che negano l'esistenza stessa di un problema, che si indignano per la richiesta di ricevere chiarimenti sui propri comportamenti, percepiti come pericolosi per loro stessi o per gli altri, che si rifiutano di sottostare a qualsiasi intervento volto a vigilare sulla loro condotta.
Come è messo in luce da A. Zilianti e B. Rovai80 il “controllo è
comunque parte dell'aiuto, non sono attività antinomiche”, al contrario, nel servizio sociale professionale, “ogni forma di aiuto comprende un'area più o meno sfumata di controllo, necessaria per rendere la relazione costruttiva e maieutica”, indispensabile per sostenere processi di crescita ed autonomia.
Appurare che devono coesistere non rende meno problematica la questione delle difficoltà, a cui si è sottoposti, nell'esercitarle in modo congiunto, della necessità di far coesistere funzioni di vigilanza con azioni volte allo sviluppo dell'autodeterminazione e delle capacità personali degli utenti.
Vista la complessità degli interventi, l'impegno professionale richiesto e le difficoltà di gestione sia tecniche che emotive, la modalità di
79 Argomento analizzato in dettaglio nel paragrafo 2.5 UTILIZZO DEL CONTESTO COATTO COME RISORSA .DI CAMBIAMENTO: Da agenti di controllo ad agenti di cambiamento. 80 Zilianti A., Rovai B. (2007), pp. 118, 248.
conduzione ottimale prevederebbe di assegnare ed attribuire il coordinamento delle funzioni ad operatori o servizi distinti, uno impegnato nelle funzioni di tutela, verifica dei trattamenti attuati e della loro efficacia, costituente l'apparato di controllo, e l'altro preposto all'aiuto ed al supporto del nucleo familiare; i due apparati, pur se separati, dovranno essere uniti nella definizione degli obiettivi e delle priorità, agire in modo integrato, tra di loro dovrà esserci la massima trasparenza e circolazione delle informazioni; condivisione che dovrà essere ben chiara all'utente, per evitare che si inneschino possibili intenti manipolatori e contrapposizioni tra operatori dovute a schieramenti con l'uno o l'altro membro del sistema.81
L'unità dell'intervento dovrà essere sempre garantita dalla stretta collaborazione dei servizi implicati; il modello di una équipe
interistituzionale, che definisce un progetto di lavoro, suddividendosi
compiti e ruoli, permetterebbe un'azione integrata e condivisa tra i vari operatori, avendo cura di nominare al loro interno un referente
principale, custode e garante della coordinazione della presa in carico,
punto di riferimento per gli utenti e gli altri soggetti coinvolti.
La realtà dei servizi non sempre permette l'attribuzione delle funzioni ad operatori differenti, cause strutturali, mancanze di risorse, scelte politiche, carenze di personale e sovraccarico di lavoro, si frapporranno tra l'assistente sociale ed il suo operato; anche nel caso di gestione unica fondamentale risulta la chiara demarcazione del contesto di controllo da quello di aiuto; creare barriere in grado di connotare e differenziare gli interventi, in modo da non permettere all'operatore di farsi trasportare ed oscillare tra opposte identificazioni.
81 S. Cirillo parla della necessità di superare la concezione di un “operatore onnipotente”, solitamente attribuita all'assistente sociale, visto in grado di gestire da solo la progettazione, l'attivazione e la verifica degli interventi, non adeguata alla complessità degli stessi; rispondente a una “logica di urgenza e di necessità puramente assistenziali”. Cirillo S. (1987), p.119.
Il fatto di essere supportati ed inseriti in una équipe di lavoro, permette all'assistente sociale di non assumersi, e dover sopportare in solitudine, il peso di scelte così difficili da prendere, per le ripercussioni che hanno sulle vite delle persone; il dialogo, la collaborazione ed il confronto con i colleghi servirà a diminuire l'incertezza degli interventi, l'improvvisazione lascerà così il passo alla ponderazione, all'analisi e alla scelta delle risposte e delle azioni il più possibile adatte ed in linea con i bisogni espressi.
Nella supervisione inoltre è possibile trovare un aiuto, una possibilità per riflettere, per elaborare e cogliere le implicazioni del proprio operato, acquisire consapevolezza dei propri compiti, uno spazio dove affrontare i propri sentimenti e le sensazioni provate, non ignorare le difficoltà ma comprenderle ed imparare a gestirle.
Nel campo della presa in carico coatta, figure appartenenti al sistema giudiziario, come avvocati e magistrati, fanno il loro ingresso nel “mondo dell'assistente sociale” e, qualora differenti professionalità si incontrano e si trovano a dover lavorare insieme, ognuna con un proprio linguaggio, dei compiti e delle finalità, che le caratterizzano, delle difficoltà di interazione possono produrre una reciproca diffidenza, impedendo la prosecuzione di un cammino comune ed una proficua collaborazione per il bene dei cittadini.
Le divergenze spesso sono causate da una mancanza di informazioni e di conoscenza sulle modalità di azione e sul funzionamento dei reciproci sistemi; un modo per superare eventuali problemi di comunicazione, e stimolare un'interazione produttiva, potrebbe consistere nell'acquisire la consapevolezza che “in entrambi i soggetti istituzionali sono presenti tanto funzioni di aiuto quanto di controllo”; il Tribunale, rivolgendosi al servizio sociale ed “incoraggiando percorsi riabilitativi delle famiglie”, va oltre la sua funzione
normativa, facendosi “promotore di interventi a carattere terapeutico, assistenziale” e di sostegno; così come qualora l'assistente sociale, ravvisando la necessità di coinvolgere la Magistratura, segnali nuclei a rischio, situazioni di pregiudizio, reati ed inadeguatezze genitoriali, non fa altro che “assolvere” ad una vera e propria “azione di vigilanza e controllo” sulla comunità.82
2.5 UTILIZZO CONTESTO COATTO COME RISORSA DI