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LE SCELTE METODOLOGICHE

PRINCIPI Produttor

1.6 Le interviste individuali semistrutturate: criteri, modalità, strument

Da un punto di vista generale, l’intervista qualitativa rappresenta “il corrispondente, sul versante dell’interrogare, di quanto l’osservazione partecipante rappresenta sul versante dell’osservare. […] l’obiettivo di fondo resta comunque quello di accedere alla prospettiva del soggetto studiato: cogliere le sue categorie mentali, le sue interpretazioni, le sue percezioni ed i suoi sentimenti, i motivi delle sue azioni” (Corbetta, 1999, p. 405). Queste brevi ma molto puntuali considerazioni spiegano perché in questa ricerca l’intervista qualitativa sia stata utilizzata in parallelo all’osservazione partecipante e all’analisi dei documenti e in forte sinergia con esse.

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Da un punto di vista generale, l’intervista qualitativa può essere definita come una conversazione19 caratterizzata da alcuni elementi.

- L’intervista è provocata dall’intervistatore. Non è una semplice conversazione occasionale ma una conversazione richiesta in modo esplicito dall’intervistatore e programmata in modo formale.

- L’intervista è rivolta a soggetti scelti in base a un criterio, a un piano sistematico di rilevazione. Gli intervistati vengono scelti in base ad alcune loro caratteristiche peculiari e il loro numero, la loro distribuzione e le loro caratteristiche devono consentire di ottenere informazioni generalizzabili ad una popolazione più vasta (non si pretende però di avere un campione in senso propriamente statistico).

- L’intervista ha una finalità di tipo strettamente conoscitivo/esplicativo. Essa deve servire a ottenere una conoscenza approfondita e elementi esplicativi della realtà di studio individuata dal ricercatore.

- L’intervista è guidata dall’intervistatore. L’intervistatore definisce l’argomento e controlla, attraverso opportune strategie e interventi, che lo svolgimento corrisponda ai fini conoscitivi che si è proposto.

- La guida dell’intervistatore si realizza, con diversi gradi di direttività, in base ad uno schema di interrogazione non standardizzato. Sempre però con un certo grado di flessibilità e nel rispetto della libertà dell’intervistato di strutturare la propria risposta e di esprimere il proprio pensiero.

Lo scopo dell’intervista qualitativa non è quello di far rientrare la persona intervistata entro schemi concettuali prestabiliti dal ricercatore. L’obiettivo è invece quello di individuare le categorie mentali dell’intervistato, senza partire da idee predefinite,

di capire come i soggetti studiati vedono [il mondo], di apprendere la loro terminologia ed il loro modo di giudicare, di catturare la complessità delle loro individuali percezioni ed esperienze […]. L’obiettivo prioritario dell’intervista qualitativa è quello di fornire una cornice entro la quale gli intervistati possano esprimere il proprio modo di sentire con le loro stesse parole. (Patton, 1990, p. 290 - corsivi nell’originale)

Nell’intervista qualitativa, fermo restando che compito dell’intervistatore è di impostare i temi della conversazione, la voce sovrastante resta quella dell’intervistato. Nella situazione ideale, l’intervistatore parla il meno possibile, si impegna a stimolare e incoraggiare l’intervistato. Gli dà modo di raccontare il più liberamente possibile le proprie motivazioni e i propri pensieri. L’obiettivo è di accedere al punto di vista del soggetto intervistato e per conseguire questo risultato sono necessarie alcune condizioni: il rapporto che si genera nell’intervista deve essere unico; la raccolta delle informazioni deve essere flessibile e non standardizzata; l’intervista e l’intervistatore devono esser flessibili ed adattarsi all’intervistato (personalità) e all’andamento dell’intervista (situazioni); l’intervistato deve avere ampia libertà di espressione per essere in condizioni di far emergere e risaltare il proprio punto di vista, utilizzar e le proprie categorie e il proprio linguaggio.

Scopo primario dell’intervista qualitativa non è quindi quello di raccogliere dati e informazioni sulle persone, ma di farle parlare e di capirle dal di dentro, vedere con lo sguardo degli intervistati il fenomeno studiato. Questa precisazione si basa evidentemente sulla distinzione introdotta da Reichenbach (1951) fra contesto della scoperta (legato alla concezione di una nuova idea) e

contesto della giustificazione (legato alla messa alla prova di una idea attraverso il controllo

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Non semplicemente come una interrogazione standardizzata volta alla raccolta intensiva di dati, come caratteristico invece dell’intervista quantitativa.

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empirico). Mentre nell’intervista quantitativa l’aspetto dominante è quello della giustificazione, nel caso dell’intervista qualitativa l’obiettivo primario è quello della comprensione del fenomeno, e i dati quantitativi raccolti costituiscono una specie di prodotto incidentale e secondario.

L’intervista qualitativa può produrre effettiva conoscenza proprio perché genera una interazione sociale particolare e ogni volta unica tra intervistatore ed intervistato. Più che un atto di osservazione essa è un atto di interazione attraverso cui il ricercatore accede in modo diretto e molto simile a quello dell’osservazione partecipante al mondo dell’intervistato. Egli partecipa della sua realtà vitale e riesce a costruire quella visione dal di dentro che per il paradigma interpretativo è l’unica vera forma di conoscenza sociale.

L’intervista qualitativa, inoltre, non viene condotta su un campione costruito in modo da poter essere rappresentativo di una popolazione complessiva, non ha cioè come obiettivo quello di riprodurre su scala ridotta le caratteristiche di una popolazione. Ciò non significa naturalmente che nello scegliere le persone da intervistare il ricercatore non segua un criterio; “egli sceglierà i casi non […] per la loro diffusione nella popolazione, ma per l’interesse che gli sembrano esprimere , interesse che peraltro può modificarsi nel corso della ricerca stessa”. (Corbetta, 1999, p. 410)

Come nota Herbert Blumer, uno dei più noti teorici della ricerca qualitativa, “Un numero limitato di individui – purché siano nello stesso tempo ben informati e acuti osservatori – […] è di gran lunga più utile di un campione rappresentativo. Un tale gruppo […] contribuirà a sollevare i veli che nascondono la realtà sociale più di qualsiasi altra tecnica […]” (Blumer, 1969, p. 41). Il fatto di utilizzare un campione non rappresentativo non costituisce perciò un limite per la ricerca qualitativa. Ne è anzi una condizione essenziale, dal momento che l’obiettivo è quello di ricostruire delle storie e degli sguardi su una realtà specifica, punti di vista unici particolarmente rilevanti proprio per la posizione che esprimono. Nelle analisi delle interviste qualitative non si frammentano gli individui in variabili, né si ricercano frequenze e correlazioni tra variabili. Si lavora invece per ricostruire un’immagine complessiva del soggetto, per “capire le manifestazioni nella loro individualità” (Corbetta, 1999. p. 411) attraverso il racconto di esperienze vissute.

Da un punto di vista generale, l’intervista è uno strumento di rilevazione aperto, flessibile, adattabile ai diversi contesti e modificabile nel corso della sua utilizzazione. Le interviste qualitative si differenziano però per il loro grado di flessibilità o standardizzazione, vale a dire per il diverso grado di libertà/costrizione concesso agli attori, vale a dire all’intervistato e all’intervistatore (Fages, 1990).

In particolare, si distinguono di solito tre forme base di intervista: strutturata, semi-strutturata e non-strutturata (Taylor & Bogdan, 1984; Anguera & altri, 1998; Corbetta, 1999). Nel caso di questa ricerca è stata scelta l’intervista individuale semi-strutturata per le seguenti ragioni.

a. Le caratteristiche della popolazione studiata (adulti, membri di gruppi informali, con profili culturali, sociali, ecc. molto diversificati) e il tema (le concezioni della sostenibilità, l’orientamento temporale al futuro) consigliavano di non proporre uno

stimolo uguale a tutti gli intervistati, di non proporre le stesse domande nella stessa

sequenza, di lasciare ampia libertà agli intervistati di esprimere il proprio pensiero e nello stesso tempo grande libertà all’intervistatore di adattare le domande alla persona intervistata e all’andamento dell’intervista stessa.

b. L’intervista strutturata appariva una modalità inadeguata perché, obbligando a porre le stesse domande nello stesso ordine, avrebbe introdotto nella dinamica dell’intervista un forte elemento di rigidità e impedito di andare adeguatamente in profondità nella conoscenza di un fenomeno sociale le cui caratteristiche generali erano già state

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ricostruite ampiamente attraverso l’analisi dei documenti, l’osservazione partecipante e il secondo questionario somministrato. Del resto, la standardizzazione dei risultati (raccolta di dati per descrivere anche quantitativamente la situazione) non era tra gli obiettivi individuati.

c. L’intervista non-strutturata (definita anche intervista libera, intervista ermeneutica o intervista non direttiva), nella quale non è prestabilito nemmeno il contenuto delle domande (e a volte nemmeno il tema), appariva inadeguata alla popolazione studiata e, soprattutto, ai temi oggetto di indagine (ben definiti e teoricamente delimitati).

A partire da una riconcettualizzazione dell’intervista come “processo sociale provvisto di un suo itinerario emergente e non prevedibile (Arendell, 1986, p. 184), si è scelta la modalità dell’intervista semi-strutturata. È stata quindi elaborata una traccia (figura 11) per individuare i focus tematici dell’intervista, per fissare un perimetro all’interno del quale l’intervista si sarebbe dovuta sviluppata, per aiutare l’intervistatore a stimolare l’intervistato ed evitare quanto più possibile di interferire con il suo filo di pensiero.

La traccia è stata utilizzata per garantire “che tutti i problemi di rilievo fossero toccati in un punto o nell’altro dell’intervista” (Arendell, 1986, p. 184). Si è invece lasciato alla valutazione e alla sensibilità del ricercatore la decisione sull’ordine delle domande, su come formularle e su quali aspetti approfondire di volta in volta in modo particolare.

Per ognuno degli argomenti da affrontare, è stata formulata una lista di domande, di carattere piuttosto generale, che avrebbero potuto essere proposte nel corso dell’intervista. Se e in che ordine proporle è stato invece lasciato alla sensibilità e all’esperienza del ricercatore.

EDUCAZIONE SOSTENIBILITA’ FUTURO

Obiettivo: ricostruire l’identità del GAS come agente educativo (rispetto al proprio interno e

all’esterno); ricostruire alcuni aspetti della concezione dell’apprendimento caratteristica del GAS; identificare gli obiettivi e le finalità (culturali, sociali, economiche, politiche, ecc.) dell’azione educativa informale svolta dal GAS; identificare il modello di convivenza/interazione/integrazione tra culture e saperi caratteristico del GAS; identificare il modello di integrazione territoriale di riferimento per il GAS sul piano educativo.

Obiettivo: ricostruire la visione condivisa

della sostenibilità caratteristica dei GAS; identificarne le matrici concettuali (teoriche) e culturali di riferimento; identificarne le matrici etico-valoriali di riferimento; verificare se vi sia un rapporto tra concezione della sostenibilità condivisa e impegno ad immaginare il futuro.

Obiettivo: ricostruire il rapporto specifico che

il GAS (e i suoi membri) ha con il futuro, il suo eventuale impegno a immaginare il futuro, visualizzare possibili situazioni alternative all’esistente qui ed ora, a mettere a confronto immagini alternative del futuro e costruire una visione comune condivisa.

• Credi che il tuo GAS svolga una funzione educativa? Se sì, come si realizza questo impegno e quali ne sono i destinatari?

• Chi apprende? Cosa apprende? Quando apprende? Come apprende?

• Si tratta di un impegno sistematico o episodico e tutto sommato secondario?

• Qual è l’aspetto che caratterizza in modo forte l’azione educativa promossa dal tuo GAS (i contenuti, le modalità e i metodi, le finalità)?

• Attraverso quali attività il GAS svolge questa funzione? Quali metodologie vengono utilizzate?

• Quali competenze (integrazione di conoscenze, capacità, consapevolezze, padronanze) è impegnato a costruire il GAS?

• Sei soddisfatto/a di come l’azione educativa promossa dal GAS si integra con l’offerta educativa presente sul territorio? Se sì, perché? Se no, come dovrebbe essere?

• Puoi descrivermi come dovrebbe essere un mondo sostenibile secondo il tuo GAS?

• Quali sono i valori, i principi etico- valoriali di riferimento, condivisi dal GAS? In che modo il GAS si impegna nella loro promozione?

• Quali tra le seguenti dimensioni della sostenibilità rientrano nella definizione condivisa dal tuo GAS: sostenibilità ambientale, sostenibilità economica, sostenibilità sociale?

• Quali sono secondo te le fonti di ispirazione dell’idea di sostenibilità condivisa dal GAS e dai suoi membri?

• Pensi che nella idea della sostenibilità condivisa dal GAS l’orientamento verso il futuro, l’impegno ad immaginare un futuro possibile e desiderabile, sia importante?

• Pensi che i rapporti interpersonali all’interno del GAS siano sostenibili? Che cosa li rende sostenibili? Che cosa

• Pensi che la riflessione sul futuro sia un tema importante per l’attività del GAS?

• Pensi che i membri del GAS abbiano un rapporto particolare, speciale, con il futuro (diano una importanza particolare al futuro e al proprio rapporto con esso)? In che cosa consiste la specificità di questo rapporto?

• L’espressione “pensare a lungo termine” ti sembra adatta a descrivere lo stile dei gasisti? Cosa pensi che possa significare “pensare a lungo termine” per un gasista?

• Esiste, secondo te, una visione del futuro sostenibile condivisa per la cui realizzazione il GAS intende impegnarsi? Se sì, qual è?

• In che modo l’attività del GAS contribuisce a costruire questa idea condivisa?

• Nella vita e nelle attività del GAS, ci sono momenti/aspetti specificamente dedicati a riflettere, confrontarsi, su quale sia il futuro che il GAS è impegnato a

158 • Credi che quello del GAS sia uno spazio

dove le persone hanno la possibilità di esprimere, articolare, dare valore alle proprie conoscenze, esperienze e capacità?

• In che modo si confrontano le diverse culture e i saperi presenti all’interno dei GAS?

• Qual è, secondo te, lo scopo ultimo dei processi di apprendimento promossi dal GAS?

non li rende sostenibili? costruire?

Figura 11 Traccia predisposta per la realizzazione delle interviste semi-strutturate

Si è inoltre ritenuto opportuno lasciare all’intervistatore la libertà di sviluppare temi che potevano emergere nel corso dell’intervista e che potevano essere interessanti per la ricerca, anche quando non fossero previsti dalla traccia o non fossero stati proposti nelle altre interviste. Questa strategia è stata ritenuta necessaria per permettere all’intervistatore di cogliere ed esaltare dei sotto- temi che potevano emergere in modo imprevisto durante l’intervista.

Si è infine lasciata libertà all’intervistatore di decidere quanto tempo dedicare in ogni intervista ai diversi nuclei tematici a seconda delle caratteristiche dell’intervistato e dell’andamento dell’intervista.20

1.6.1 La realizzazione delle interviste

Nel periodo compreso tra febbraio e marzo 2011 sono state intervistate dodici persone, tre per ognuno dei GAS coinvolti nella ricerca. In quanto gasisti, le persone intervistate erano esse stesse parte dell’oggetto di studio. Al tempo stesso, le persone intervistate sono state scelte in quanto profondi conoscitori ed esperti del fenomeno studiato, persone cioè che avevano una visione diretta, profonda, costruita in un arco di tempo prolungato. Sono stati individuati cioè degli “osservatori privilegiati” (Zeldicht, 1962; Corbetta, 1999, p. 420), dei key informants che si trovavano in una posizione privilegiata di osservazione e che avevano nella popolazione oggetto di studio una posizione particolare (promotori, referenti per acquisti, responsabili delle attività educative, ecc.)21. Questi osservatori privilegiati sono stati scelti perché possedevano una conoscenza particolarmente approfondita dell’oggetto di studio, avevano quindi la capacità di rispecchiare le opinioni del gruppo di appartenenza (Blumer, 1969, p. 41). In alcuni casi, ovviamente, questi osservatori privilegiati sono stati individuati tra le persone che avevano fatto da tramite tra il ricercatore e il GAS e che avevano svolto una funzione importante per l’accettazione della ricerca da parte del GAS e/o per la conoscenza iniziale del GAS da parte del ricercatore nella fase esplorativa di definizione della struttura della ricerca o nella fase di osservazione partecipante e analisi dei documenti.

Le persone intervistate sono state individuate dal ricercatore in collaborazione con i referenti e, quando esistevano, con gli organi direttivi dei GAS. I criteri di scelta sono stati i seguenti:

- conoscenza approfondita e prolungata nel tempo del GAS di appartenenza; - ruoli e responsabilità all’interno del GAS svolti nel corso del tempo; - peculiarità dello sguardo sul fenomeno studiato;

- conoscenza del fenomeno GAS nel suo complesso e/o di altri GAS;

20

Alcuni intervistati sono infatti più aperti, altri più chiusi; alcuni più espansivi, altri più diffidenti; alcuni entrano in sintonia più facilmente, altri hanno più difficoltà a creare un rapporto di fiducia. Le interviste sono cioè esperienze uniche, molto diverse tra di loro, sia per gli argomenti affrontati che come gestione dei tempi.

21 La figura dell’osservatore privilegiato ha, come noto, un’importanza particolare nella ricerca di tipo etnografico. Si

tratta del cosiddetto informatore, cioè di figure con ruoli di guida o di responsabilità particolare nel contesto sociale osservato.

159 - disponibilità.

Come abbiamo visto, un’intervista qualitativa non è una semplice raccolta di informazioni standardizzate. È invece un vero e proprio rapporto di interazione sociale tra due soggetti. Non esistono perciò regole generali invariabili per la preparazione e la realizzazione di un’intervista qualitativa. Essa si costruisce e si realizza attraverso delle circostanze assolutamente uniche, sulle quali esercitano una influenza importante componenti di tipo soggettivo (tanto dal punto di vista dell’intervistatore che dell’intervistato).

Nel caso dell’intervista qualitativa, l’intervistatore non può limitarsi semplicemente ad ottenere la disponibilità dell’intervistato. Ha bisogno invece di una collaborazione piena, indispensabile per poter accedere ai suoi pensieri più genuini; deve riuscire a stabilire una relazione profonda, un rapporto di fiducia, certamente come professionista ma anche come persona. (Corbetta, 1999, p. 423)

In questa ricerca questo rapporto di fiducia è stato costruito progressivamente, nel corso di alcuni mesi, assistendo alle riunioni periodiche, partecipando ad alcuni momenti conviviali ed attività sociali organizzate dai GAS, ma soprattutto approfondendo la conoscenza personale con alcune figure chiave, veri e propri mediatori tra il ricercatore e i GAS. Sono stati mesi importanti per lo scambio di opinioni, la condivisione di prospettive, il confronto sulle modalità di sviluppo della ricerca e, soprattutto, per consolidare rapporti profondi che, in alcuni casi, sono diventati solidi legami di amicizia.

Questa preparazione preliminare, prolungata, dell’intervista ha permesso di evitare quelle diffidenze, quelle insicurezze di fronte ad una situazione nuova, sconosciuta e avvertita come potenzialmente problematica e stressante, che caratterizzano di solito la presa di contatto con l’intervistato. Le finalità e le modalità di svolgimento dell’intervista, le ragioni della scelta di alcune persone e non di altre sono state chiarite prima ancora dello svolgimento effettivo delle interviste attraverso interventi diversi e ripetuti (documenti scritti, interventi nel corso delle riunioni, contatti personali, materiali condivisi nei forum on line dei GAS). Molta attenzione è stata perciò dedicata a cercare di sciogliere preliminarmente gli eventuali dubbi e motivi di diffidenza, sia da parte dei gruppi GAS che delle persone intervistate. Attraverso un contatto preliminare prolungato e approfondito si è cercato quindi di superare la possibile diffidenza dell’intervistato e di fargli capire cosa volevamo da lui.

1.6.2 Il setting delle interviste

Come sappiamo i soggetti intervistati in questa ricerca erano soggetti adulti appartenenti a gruppi informali. Questi gruppi erano in tutti i casi privi di una sede propria stabile e agevolmente accessibile. Le loro attività periodiche si svolgevano presso sedi messe a disposizione da altre organizzazioni, spesso a pagamento. Le interviste non potevano perciò svolgersi presso sedi ufficiali messe a disposizione dal GAS.

D’altro canto, come sappiamo l’intervista qualitativa non è una semplice raccolta di dati ma un processo di interazione sociale il cui successo dipende dalla possibilità di stabilire un clima di empatia e quindi di comunicazione tra intervistato e intervistatore. Il setting diventa perciò un fattore importante per il successo dell’intervista: l’ambiente deve essere familiare, accogliente, adatto alle finalità. (Appel, 2005)

Tenendo conto di queste due esigenze, le interviste sono state realizzate in luoghi diversi (a volte nell’abitazione dell’intervistato, altre in quella dell’intervistatore, altre ancora negli spazi utilizzati per le distribuzioni periodiche dei prodotti). Le interviste si sono svolte cioè in luoghi tranquilli,

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familiari, dove gli intervistati potessero sentirsi a proprio agio e parlare liberamente, e in momenti opportuni, nei quali ci fosse ampia disponibilità di tempo e nessuna pressione esterna di disturbo.

1.6.3 La conduzione delle interviste

L’avvio di ogni intervista, il momento del contatto iniziale, è stato dedicato a: - ricordare gli scopi generali della ricerca e quelli specifici dell’intervista; - ribadire il perché della scelta dell’intervistato;

- indicare quali sarebbero stati i nuclei tematici fondamentali dell’intervista; - riassumere le modalità di svolgimento dell’intervista;

- giustificare la necessità di registrare l’intervista e chiedere l’autorizzazione ad utilizzarne degli estratti.

Ispirandosi alle indicazioni offerte dalle ricerche di Kahn & Cannell (1967; trad. it., 1968, p. 300), nel corso delle interviste si è fatto uso di due tipologie di domande.

- Domande primarie: finalizzate ad introdurre un tema, che aprono un nuovo

interrogativo.

- Domande secondarie: finalizzate ad articolare ed approfondire l’argomento della domanda primaria.

Facendo poi riferimento alla classificazione elaborata da Spradley per l’intervista etnografica (1979, p. 59), sono state utilizzati tre tipi differenti di domande primarie.

- Domande descrittive: domande che chiedono la descrizione generale di un problema o

di un aspetto.

- Domande strutturali: domande utili per scoprire come l’intervistato struttura la propria conoscenza e/o rappresentazione di un problema.

- Domande contrasto: basate su un confronto tra problemi o aspetti di versi di un fenomeno.

Un’intervista qualitativa non consiste però semplicemente nel porre domande e registrare risposte. L’intervistatore deve padroneggiare ed utilizzare una serie di strumenti e di tecniche per

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