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L A LEGGE QUADRO E L ’ INSODDISFAZIONE DEI POLITICI AFRICAN

Terzo Capitolo

L A LEGGE QUADRO E L ’ INSODDISFAZIONE DEI POLITICI AFRICAN

L’opposizione rispetto a quanto veniva previsto dal nuovo impianto legislativo era tale da portare i membri del Gran Consiglio a non votare l’approvazione per il budget generale del 1957. In questo modo, essi cercavano di manifestare in modo aperto la loro volontà di ridiscutere i termini dei rapporti tra Francia e territori d’Oltremare. Grazie alla mediazione di numerosi ministri e di alcuni gruppi politici dell’Assemblea Nazionale, il budget venne poi votato; rimaneva comunque un importante segnale per il Ministro della Francia d’Oltremare. L’accusa più dura che veniva mossa nei confronti del titolare del dicastero era quella di volere la fine della federazione dei territori e quindi la balcanizzazione dell’intera regione. Da parte sua, il Ministro, rispondeva che la legge in realtà era stata proposta ed approvata dal governo precedente e che comunque ribadiva l’idea che l’obiettivo della legge Defferre non era certo la caduta della federazione. I

e territori, eliminando la divisione verticale introdotta nel 1950.

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Dunque all’interno della serie di riforme introdotte dalla loi-cadre, il settore amministrativo occupava un posto di particolare importanza, in particolar modo poiché i funzionari impiegati in questo settore, erano i più forti sostenitori di un avvicinamento tra la legge della Francia metropolitana e quella d’Oltremare. In altre parole, questi chiedevano da lungo tempo che l’impianto legislativo dei territori coloniali francesi fosse lo stesso a cui dovevano sottostare i cittadini francesi, Le Layec era convinto che in questo modo anche la remunerazione potesse essere la stessa dei funzionari amministrativi francesi.

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G. Le Layec, Application de la loi-cadre dans les territoires d’outre-mer en matier de fonction publique, in Archives Nationales Françaises Paris, 2000002/140

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portavoce di tale protesta ritenevano che, seppur fosse vero il fatto che la creazione dell’AOF era all’origine qualcosa di artificiale, era però ormai diventata una entità vera e propria e quindi non era tollerabile che questa potesse essere sciolta attraverso un decreto. Dunque la discussione non riguardava le criticità sul piano strutturale, tantomeno il problema della trasformazione dei governi generali in strutture di coordinamento, bensì la natura stessa della legge154. I deputati africani ed i rappresentanti locali ritenevano che l’obiettivo del governo francese fosse quello di far fallire la federazione, in modo tale da indebolire i singoli territori, magari in vista di una imminente indipendenza da parte di questi ultimi. Insomma essi rigettavano l’idea che si stesse portando avanti un semplice piano di decentramento del potere, come invece ritenevano i politici francesi e anche i mezzi di informazione di tutto il mondo155. Per quanto concerne questo aspetto, Apithy, leader del Dahomey, propose di ammendare il testo originale delle riforme, convinto del fatto che l’autonomia dei singoli territori fosse qualcosa di più importante, rispetto alla sopravvivenza di un’organizzazione che unisse i vari territori. In tal senso, trovò l’immediata opposizione di Senghor, convinto che il rischio della balcanizzazione fosse il peggior male per l’Africa Occidentale. Nonostante ciò, il clima della discussione fu alquanto apatico, i deputati africani si mostrarono comunque inclini ad accordarsi con la madrepatria, erano preoccupati ma non fecero una chiara opposizione. Quello che offriva la legge quadro, in quel determinato contesto storico, venne visto come un passo in avanti, anche a causa del fatto che ciò che stava per essere concesso nella riforma, era stato al centro del dibattito politico per lunghi anni156. Da questo punto di vista, il vice- presidente del Mouvement Socialiste Africain (MSA), il deputato soudanese Fily Dabo Sissoko, riteneva che il titolo VIII della Costituzione andasse modificato seguendo principalmente tre punti. Il primo, riguardava l’associazione tra Francia e territorio d’Oltremare e il fatto che il legame che li univa dovesse essere liberamente consentito e

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Van Ros R.L., Opposition du Grand Conseil de l’A.O.F. aux décrets d’application de la Loi-cadre, 29 gennaio 1957, in Archives du Ministère des Affaires étrangères du Royaume de Belgique Bruxelles, AF- 71956/1957

155 France moves Forward, The Times, 29 gennaio 1957

156 Cooper F., Citizenship between Empire and Nation: remaking France and French Africa, 1945-1960,

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dovesse basarsi su un’uguaglianza di diritti. Punto secondo, il governo dei territori doveva essere responsabile della gestione degli interessi comuni e quindi dotata di poteri legislativi. L’ultimo punto era inerente alla natura legislativa delle disposizioni che regolavano i rapporti tra Francia metropolitana e territori, non si doveva dunque trattare di una legge ordinaria bensì di una legge di rango costituzionale. In questo modo si rendevano più stabili e duraturi questo tipo di disposizioni, in modo tale che le conquiste ottenute dai politici africani non potessero essere perse dall’oggi al domani. Tra le file del MSA, nel quale era confluito il Parti Progressiste Soudanais, vi era la volontà di assumere delle posizioni molto ferme al riguardo di questi tre punti che vennero divulgati dal presidente del partito, Lamine Gueye157.

Il 10 maggio del 1957 ai microfoni di Radio-Dakar si tenne un interessante incontro tra l’Alto Commissario dell’AOF, Gaston Cusin e i tre rappresentanti dei principali partiti: d’Arboussier per l’RDA, Boissier-Palun per il BPS e Bonifay per l’MSA. Il dibattito riguardò i temi della legge quadro e soprattutto le sue criticità, sulle quali i rappresentanti politici si trovarono spesso d’accordo. Vennero discusse principalmente cinque questioni: la prima riguardava la volontà della Francia Metropolitana di continuare a sostenere la crescita dell’Africa francese; il secondo punto invece verteva sull’ineguaglianza del budget a disposizione per i vari territori; il terzo era inerente al comportamento, spesso fuori dalle regole, degli europei presenti in AOF; il quarto punto158, uno dei più delicati, aveva a che fare con il trattamento che sarebbe stato riservato ai funzionari francesi

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Spaak R.L., Problèmes examinés par le Comité Directeur du M.S.A., 11 febbraio 1957, in Archives du Ministère des Affaires étrangères du Royaume de Belgique, Bruxelles, AF-71956/1957

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Per quanto riguarda il Soudan vi era un importante azienda della Germania Ovest che era interessata ad investire nel settore delle infrastrutture, decisa ad aprire una fabbrica specializzata nella produzione di prodotti cementifici. Oltre ad essere un settore industriale che ancora non era stato sviluppato nel territorio, l’azienda tedesca era disposta a costruire un importante tratto di rete stradale a sue spese per far si che l’investimento venisse realizzato.

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ancora presenti in Africa e di come sarebbero stati sostituiti da esperti africani; l’ultimo punto interessava le prospettive di investimento degli altri Paesi europei, vista anche l’esperienza maturata dalle aziende francesi. Per quanto riguardava il tema della solidarietà finanziaria tra Francia e Africa, Cusin parlò chiaro e sostenne l’idea che una liberazione politica non corrispondeva certamente ad un disimpegno economico. Nonostante fosse noto a tutti il fatto che le nuove istituzioni politiche, previste dalla legge quadro, dovessero pesare in modo meno pesante sull’economia francese, era comunque chiaro che la Francia si sarebbe fatta carico dei suoi impegni. D’Arboussier, come rappresentante dell’RDA, sosteneva l’idea che la cosiddetta liberazione politica doveva essere soppiantata dall’idea di una comunità franco-africana, sostenendo quindi il progetto tracciato da Houphouet-Boigny. D’altro canto, Boissier-Palun, in veste di rappresentante del partito di Senghor (il BPS), sollevò il delicato problema dell’ineguaglianze finanziare determinate dai budget di spesa per i singoli territori, chiedendo in tal modo che lo Stato francese si facesse carico della situazione creata dalle decisioni prese dal Gran Consiglio159. La sezione locale del Dahomey (UDD) dell’RDA, riteneva che gli appartenenti al movimento erano in qualche modo frenati dall’esprimere il proprio pensiero nei confronti della legge Defferre. In particolare era Houhpouet- Boigny ad ordinare questa cautela, a causa del fatto che lui stesso aveva fatto parte del governo di Guy Mollet che aveva varato tale riforma. L’UDD criticò la riforma su tutta la linea, partendo dal fantomatico ampliamento dei poteri dei Consigli di governo fino al fallimento che riguardava l’africanizzazione dei quadri dirigenti. Insomma, l’atteggiamento di numerose sezioni locali era di totale ostilità nei confronti di quanto veniva previsto dalla loi-cadre, nonostante le raccomandazioni del leader ivoriano160. Insomma, la critica mossa dai politici africani nei confronti della loi-cadre del 1956, in

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Van Ros R. L., Echange de vues sur l’application de la Loi-Cadre en A.O.F., 11 maggio 1957, Dakar, in Archives du Ministère des Affaires étrangères du Royaume de Belgique Bruxelles, AF-71956/1957

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qualche modo era una critica indiretta per Houphouet-Boigny, cofirmatario della legge e sostenitore della politica francese.

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