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I PRIMI ANNI ’50 ED IL RILANCIO DEL R ASSEMBLEMENT D EMOCRATIQUE A FRICAINE

Durante la prima metà degli anni ’50 emerse con ancora maggiore evidenza la tensione internazionale tra blocco sovietico e blocco occidentale, era evidente che l’Africa sarebbe stato un campo di confronto tra le due superpotenze. Nonostante importanti autori, tra cui lo stesso Martin Thomas, ritengano che questo confronto iniziò fin dalla fine della seconda guerra mondiale87, probabilmente si riferisce in modo particolare al Nord Africa, infatti in Africa Occidentale gli indizi ricollegabili al confronto tra USA e URSS trovano maggiore riscontro in un periodo relativamente distante rispetto al 1945. In realtà Thomas fa risalire a questo periodo, un fenomeno molto particolare, cioè l’internazionalizzazione della guerra fredda, vale a dire l’espansione del confronto tra questi due contendenti a tutto il mondo. Sollevando questa questione, lo stesso Thomas ritiene che siano numerosi gli studiosi convinti del fatto che la crisi dell’impero coloniale fosse causato in primo luogo da una crisi politica interna alla Francia, e che quindi solo in maniera marginale ciò fosse causato da una qualche forma di nascita di una realtà politica africana o, ricollegandoci all’argomento appena incontrato, al fatto che ciò fosse in qualche modo una conseguenza della guerra fredda. Lungo questo capitolo cercheremo di affrontare questo tema, cioè rintracciare la causa dei problemi legati alla perdita di potere e di influenza che visse l’impero durante la prima metà degli anni ’50. Un lustro lungo il

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Martin Thomas, France’s North African Crisis, 1945-1955: cold war and colonial imperatives, The Journal of the Historical Association, Vol.92, 2007

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quale il partito panafricano, il RDA, cercava e riusciva a riaffermare la propria leadership, soprattutto in Soudan attraverso il partito US, e al tempo stesso le sorti dei possedimenti d’oltremare francesi venivano ricollegate a scenari inediti. Tale teoria trova riscontro anche nelle idee di Georges-Henri Soutou, il quale sostiene che la classe politica francese, tendeva a rifiutare, almeno in questo primo periodo, la visione di contrapposizione tra est ed ovest, un punto di vista che invece veniva ampiamente riconosciuto dagli inglesi. Questo veniva comprovato dal fatto che nella politica estera francese, la dicotomia tra blocco comunista e blocco occidentale era tutt’altro che onnipresente88. Il quadro era generato anche dal fatto che dal 1944 al 1947 il governo provvisorio francese era composto da una coalizione tripartitica, composta da comunisti, socialisti e i cristiano democratici del MRP. Per questo motivo era impensabile che la Francia potesse realmente schierarsi per una delle due fazioni, quindi il rifiuto di questo tipo di visione anche nella politica estera. Il progetto politico che venne messo in piedi in quel periodo storico infatti, non era per niente intriso di un’ideologia influenzata da una visione politica che prevedeva la spartizione del mondo in due blocchi. Il rigetto, almeno iniziale, della divisione in blocchi era anche dovuta al fatto che la visione politica francese era maggiormente proiettata verso l’interno, se è vero che il mantenimento dell’impero era un obiettivo fondamentale per il rilancio della Francia, al tempo stesso apparivano più urgenti le istanze legate alla condizione economica e sociale dei cittadini francesi. Ciò che giocherà un ruolo di primo piano e l’esacerbazione della divisione tra est e ovest fu l’applicazione del piano Marshall e la conseguente crescente rilevanza degli Stati Uniti sul piano finanziario mondiale. In particolar modo, fino alla elezioni generali del 1951, la presenza di una fazione di governo di sinistra fece si che la posizione che doveva privilegiare era quella della neutralità. Infatti se durante il governo provvisorio, cioè fino al 1947, c’era uno spazio più che ampio di critica nei confronti delle posizioni americane, anche con riferimento dell’anticolonialismo statunitense, nel periodo successivo, cioè fino alle elezioni del 1951, questo spazio effettivamente si ridusse e la

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Georges-Henri Soutou, France and the Cold war, 1944-63, Volume 12, Issue 4, 2001, Diplomacy and Statecraft

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politica estera francese si avvicinò alle posizioni americane, ma non abbastanza da arrivare ad una vera e propria alleanza. Infatti, non solamente sul mero piano teorico, la Francia fino alla fine degli anni ’40 era un alleato dell’URSS. In ogni caso, sul piano coloniale non vi era, in questo determinato periodo, una vera e propria influenza del quadro politico internazionale, soprattutto della divisione in blocchi, che influisse nelle scelte e nei rapporti con i territori d’oltremare. Ciò era in parte dovuto al fatto che lo stesso Partito Comunista Francese non si era ancora schierato su posizioni anticoloniali, secondo Thomas questo poteva essere dovuto al fatto che la nomenklatura del PCF apparteneva ancora a quell’elite borghese francese, privilegiata e formatasi in ambienti tipici della Terza Repubblica, che proprio a causa della loro estrazione sociale non percepiva la necessita di schierarsi contro le velleità imperiali. In questo contesto, sempre secondo Thomas sul finire degli anni ’40 la Francia vedeva concretizzarsi delle buone chance per l’affermazione per la propria leadership in Europa occidentale, mentre vedeva materializzarsi una crisi nei territori al di là del mediterraneo. Questa situazione andava poi a diventare sempre più critica, dal momento in cui, nella prima metà degli anni ’50 sugli organi di stampa iniziò una campagna di attacco verso le politiche coloniali.

Le elezioni legislative del 1951 crearono un grande clima di incertezza in Africa, una prova di questo fatto emerge da documenti confidenziali del Foreign Office. Infatti, proprio nel 1951, venne nominato il nuovo vice-console inglese a Dakar, Douglas Pirie, il quale per prendere un primo contatto con le autorità politiche dell’Africa occidentale, decise di compiere un breve tour. Questo viaggio ufficiale, oltre ad essere stato funestato dalle sempre difficili condizioni delle strade e degli aeroporti della regione, venne anche ripetutamente modificato proprio a causa delle allora imminenti elezioni francesi. Londra aveva pianificato, per il nuovo vice-console, tutta una serie di incontri con le autorità francesi, per continuare la strada intrapresa della cooperazione tra potenze coloniali. La cooperazione tra Francia e Gran Bretagna però doveva essere in parte taciuta, almeno da parte britannica, infatti quando nel 1951 uscì un articolo sul quotidiano ‘Daily Telegraph’

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di Ivor Thomas89, le autorità inglesi non apprezzarono che si parlasse in modo così entusiastico della cooperazione tra francesi ed inglesi. Proprio a questo riguardo, il Foreign Office sconsigliò a Douglas Pirie di impegnare troppo tempo del suo viaggio in incontri con autorità francesi, non per il fatto che Londra avesse perso interesse a dialogare con loro, bensì proprio per le imminenti elezioni. Infatti, il rischio era quello che gli eventuali incontri e qualsiasi conseguente decisione potesse essere inutile proprio a causa del clima di incertezza che regnava in Francia. Non solo per il fatto che probabilmente i francesi sarebbero stati restii da assumere delle decisioni in quel determinato momento, ma anche che le decisioni prese potessero essere stravolte dal nuovo governo che si sarebbe insediato a breve. Inoltre, Paul Béchard, governatore francese dell’Africa occidentale, nonché uomo politico del SFIO, e quindi uno degli uomini francesi più importanti in Africa in quel momento, fu costretto a tornare in Francia per portare avanti la campagna elettorale con il suo partito. Béchard non tornerà più a ricoprire quella carica dopo le elezioni, in seguito alla decisione di evitare che quella posizione venisse ricoperta da un politico, andando così ad indebolire ulteriormente il potere dei socialisti, che in quel periodo vedevano ridursi il loro elettorato. Dunque, le autorità britanniche sconsigliarono ogni coinvolgimento con chi ricopriva quelle cariche in quel determinato momento poiché, usando le parole ufficiali dei funzionari del Foreign Office, ‘una spada di Damocle si trova al di sopra delle loro teste’. Gli unici incontri si tennero con Claude Valluy che governava il Dahomey in quel periodo e che, proprio come previsto dalle autorità britanniche, vide quella spada di Damocle cadere sulla sua testa subito dopo le elezioni del 1951. Valluy, nel suo colloquio con Pirie, si mostrò interessato a far si che il dialogo franco-britannico riprendesse e che potesse essere rafforzato dopo il periodo elettorale, lo spirito di Valluy era fortemente filo-britannico ma lo stesso Pirie sottolineò come tutti i funzionari francesi che incontrò

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in quel suo primo tour dell’Africa Occidentale si mostrassero fortemente interessati a questo tipo di cooperazione90.

Il clima di incertezza dopo le elezioni del 1951 che riguardava l’Africa, era determinato da una situazione analoga che coinvolgeva la Francia metropolitana. Il tracollo e la definitiva uscita dal governo dei socialisti, aveva avuto delle ripercussioni non solamente tra le file della sinistra, ma aveva aperto ad un lungo periodo di instabilità cronica. Si susseguiranno tutta una serie di governi che ebbero una durata sempre così corta da non riuscire ad imprimere una vera e propria politica di governo, questa debolezza influiva soprattutto su quei settori che in realtà avevano bisogno di politiche di riforme, proprio come l’amministrazione coloniale. Lo stesso RPF, partito politico guidato da De Gaulle di cui parleremo più avanti, incontrò gravi difficoltà a portare avanti le proprie posizioni indipendentiste, arrivando poi a costringere il generale a dare libertà di voto ai singoli parlamentari.

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