DAL REFERENDUM DEL 1958 ALLA FINE DELL’AFRIQUE OCCIDENTALE FRANÇAISE
La durata del governo di Pierre Pfimlin, appena quindici giorni, è l’emblema della debolezza dei governi francesi che si sono succeduti nella seconda metà degli anni ’50. Un susseguirsi di governi che, per incapacità e per mancanza di tempo, non riuscirono ad affrontare i grandi problemi che interessavano la federazione in quel periodo. La situazione politica nel continente africano sembrava essere decisamente più stabile, nel segno della continuità, ma con qualche eccezione. Ad esempio, per quanto riguarda il PPS, negli ultimi giorni del 1957 si tenne il nono congresso annuale del partito che vide la rielezione di Fily Dabo Sissoko come presidente e la riconferma di Ya Doumbia come segretario generale. La vittoria della parte più conservatrice del partito, non deve far pensare che la corrente più progressista, quella guidata da Hammadoun Dicko, si facesse da parte e non provasse comunque ad inserire elementi innovativi nel programma politico del PPS. Infatti, la crisi del partito era sotto gli occhi di tutti e dunque non era più possibile stare a guardare, ma era bensì necessario mettere in piedi un’ideologia capace di aumentare il consenso intorno al partito. Un congresso che servì solo a recepire una parte delle disposizioni dettate dal Mouvement Socialiste Africain, ma in modo assolutamente limitato246. In tal senso, gli alti commissari francesi che governarono in Africa, sembravano essere gli unici a garantire una certa stabilità di governo. Infatti, nel maggio del 1958, l’Alto Commissario Gaston Cusin, pronunciò un importante discorso che
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sembrava quasi un ringraziamento all’ennesima fiducia manifestata da Senghor e da Houphouet-Boigny, così come da tutti gli altri leader, nei confronti del loro legame con la Francia. In questo clima si inseriva una tappa fondamentale nella storia dell’Africa e non solo, un referendum che avrebbe cambiato le sorti della Francia d’Oltre-mare. Per certi versi, il clima politico era ancora relativamente disteso, mentre il conflitto in Algeria stava per entrare nella sua fase più cruenta, questo sembrava influenzarlo solo in maniera marginale. Cusin, invitava tutti i partiti africani, a rimanere uniti al fianco della Francia poiché, secondo il suo punto di vista, solo con l’unità sarebbe stato possibile raggiungere gli obiettivi prefissati. In quei giorni di maggio, dove si manifestò tutta la fragilità del sistema francese, l’Alto Commissario fu costretto a misure straordinarie per evitare che l’ordine pubblico venisse messo a repentaglio. A pochi giorni dalla data fissata, si vide quindi costretto ad introdurre il divieto di qualsiasi tipo di manifestazione nei territori africani così come nella Francia metropolitana. Decretando lo stato di emergenza e ammettendo che la situazione rischiava di diventare fuori controllo, se non fossero state prese queste decisioni preventive247.
Alla fine di luglio del 1958, Pierre Messmer assunse il ruolo di Alto Commissario dei territori d’Oltremare e nel suo discorso di insediamento fece richiamo al senso di responsabilità per tutti i governatori dei territori. Messmer, ribadendo la sua conoscenza delle difficoltà nel governare questi territori acquisita in anni di lavoro sul campo, affermò che avrebbero trovato in lui un grande alleato. Dunque Messmer cercò di avvicinarsi fin da subito ai governatori poiché era convinto del fatto che, solo in questo modo, avrebbe avuto la certezza che nessuno remasse contro all’interno dell’AOF. Ribadì questo concetto al vicepresidente, così come ai membri del consiglio di governo ed al presidente dell’assemblea territoriale, cercando di segnare una cesura rispetto alla gestione dei precedenti commissari. Il messaggio lanciato era quello di una costante e costruttiva collaborazione tra gli attori, in modo tale da sopperire alle carenze del sistema amministrativo. Il neo nominato Alto Commissario ricevette la risposta da parte del
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consiglio di governo del Soudan nel quale si affermava il fatto che la popolazione del Soudan da tempo aspettava di poter godere dell’autonomia completa nella gestione del proprio territorio. Autonomia che non avrebbe comunque influito negativamente nella solidarietà reciproca tra i territori, poiché base fondante della comunità.
De Gaulle, prima del referendum del 1958, compì un importante tour delle città dell’Africa, nei territori dove si sarebbe votato. Il suo viaggio toccò Antananarivo, Brazzaville, Abidjan, Conakry e Dakar. Bamako non fu scelta tra le mete dove De Gaulle avrebbe fatto tappa, forse anche a causa del fatto che il voto positivo del Soudan era qualcosa di quanto mai scontato. Queste furono delle occasioni nelle quali il generale spiegò le ragioni che dovevano portare gli elettori ad esprimersi positivamente, al tempo stesso riuscì quindi ad alimentare dei timori nel caso in cui avesse invece vinto il no. Inoltre, ebbe modo di spiegare la sua idea di comunità franco-africana, una soluzione che avrebbe permesso alla Francia di continuare la sua opera in Africa e permettere di ottenere uno sviluppo sul piano culturale ed economico248. La tappa più rilevante fu sicuramente quella di Conakry dove il generale ben sapeva quale clima e quale ardua missione lo attendesse, come abbiamo visto Sékou Touré era già uno degli uomini politici dell’RDA che più si era contraddistinto per il suo atteggiamento poco amichevole nei confronti della Francia. Il leader guineano ed il presidente francese si trovavano su posizioni troppo distanti e dunque era alquanto improbabile che un loro incontro potesse cambiare questa situazione249.
I primi mesi del 1958 si contraddistinsero per una grande stabilità sul piano politico africano, malgrado nel mese di gennaio venissero discusse le approvazioni del budget dei territori, uno dei momenti più delicati dell’attività delle assemblee. La riunione del comitato di coordinazione dell’RDA, tenutosi a Parigi, aveva concentrato le attenzioni dei politici africani che dovevano fare il punto della situazione rispetto proprio a quanto
Française, 15 maggio 1958, in ANOM, 1AFFPOL/2198
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Viard R., La fin de l’empire clonial français, 1963, GP Maissonneuve et Larose, Paris
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Boloka M.M., Du non guinéen au référendum de 1958 jusqu’à la réconciliation avec la France, 1987, ULB, Bruxelles