dell’attività privata: il loro differente significato, pratico e teorico, in ambito nazionale e comunitario.
La differenziazione richiamata innanzi tra
144 Volendo essere rigorosi in realtà non è del tutto corretto
affermare che questo tipo di sovvenzioni siano del tutto estranee alle finalità di direzione dell’economia, in quanto comunque tendono ad incentivare attività che altrimenti non sarebbero state poste in essere. Al riguardo è possibile differenziare in base alle modalità secondo cui viene concessa la sovvenzione, che può atteggiarsi come agevolazioni a favore degli imprenditori che costruiscano case popolari, ed allora risponderà senza dubbio allo scopo di incentivazione di una certa attività, o come forme di aiuto rivolte direttamente a favore di coloro che non possiedono alcuna abitazione, ad esempio mediante attribuzioni a fondo perduto accordate a chi intenda acquistare la prima abitazione, ed in questo caso sarà possibile rinvenire nella sovvenzione uno scopo sociale più che di incentivazione di un determinato settore economico.
La Sovvenzione nel contesto nazionale e nel contesto europeo.
sovvenzioni che corrispondono a delle leggi incentivo e sovvenzioni che non coincidono con esse può essere ulteriormente, e meglio, specificata soffermandosi ad esaminare le differenziazioni che la dottrina italiana ha evidenziato fra leggi-incentivo, leggi di mero conferimento e leggi meramente condizionatrici in senso favorevole dell’attività privata. L’importanza delle suddette differenziazioni assume maggiore rilevo se si esamina il contenuto di tali atti normativi non solo in un’ottica nazionale ma anche comunitaria, ed ancora di più se si confrontano i due differenti punti di vista.
Innanzitutto occorre chiarire nella prospettiva nazionale i concetti di legge di mero conferimento e di legge condizionatrice dell’attività privata. Le leggi di mero conferimento sono quelle leggi che si limitano ad attribuire un vantaggio ad alcuni soggetti privati in considerazione di una situazione già in atto o che, comunque, si produrrebbe ugualmente, indipendentemente dalla esistenza della legge. Tali atti normativi, quindi, non hanno per fine quello di stimolare lo svolgimento di una specifica attività, ma anzi prescindono totalmente da essa: sono una sorta di “rimedio” a delle situazioni svantaggiose già in atto. Caratteristica di tale leggi è, pertanto, il carattere non volontario delle circostanze dalle quali dipende il conseguimento del vantaggio, anche perché di frequente tali circostanze sono anteriori alla stessa legge. Le leggi di mero conferimento si risolvono, all’atto pratico, in quelle forme di sovvenzione che vengono attribuite semplicemente al fine di appianare determinate divergenze economiche e/o sociali tra gli individui o di risolvere situazioni svantaggiose (tipico esempio ne sono, infatti, la legislazione sui danni di guerra e le leggi che risarciscono i danni causati da
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catastrofi naturali di vario genere)145. Le leggi
meramente condizionatrici dell’attività privata sono, invece, quelle leggi che, pur non conseguendo alcuna finalità incentiva, costituiscono una occasione di vantaggi per determinati privati. Un esempio tipico di una legge meramente condizionatrice può essere un atto normativo che elimini le restrizioni al commercio con l’estero; tale legge, pur determinando senza dubbio degli effetti favorevoli in capo ad alcuni soggetti privati, viene qualificata dalla normativa nazionale in modo differente rispetto alle leggi incentivo.
Se esaminando le due fattispecie – legge incentivo e legge meramente condizionatrice dell’attività privata – dal punto di vista della dottrina nazionale, le differenze sostanziali appaiono evidenti, non lo sono altrettanto se l’analisi delle due leggi viene fatta in ambito comunitario. Le differenziazioni, infatti, dipendono dal punto di vista: mentre in ambito nazionale esistono svariate differenze tra questi due “tipi” di atti normativi, dal punto di vista comunitario le leggi meramente condizionatrici e le leggi incentivo si equivalgono, perchè entrambe sanciscono un qualcosa i cui effetti si ripercuotono necessariamente sul mercato e sul suo funzionamento, o, meglio, entrambi attribuiscono un vantaggio, in capo ad un imprenditore privato, che potrebbe alterare il normale funzionamento del mercato concorrenziale.
Dal punto di vista nazionale vi è una netta
145 L. BENADUSI, Attività di finanziamento pubblico aspetti
costituzionali e amministrativi, in Riv. trim. dir. pubbl., 1966, pg.
900, sottolinea come nel caso delle sovvenzioni di mero conferimento “l’interesse pubblico (che giustifica l’erogazione
patrimoniale) praticamente si identifica con l’interesse del sovvenzionato alla percezione della somma di denaro (o di altra prestazione equivalente), perché allo Stato altro non importa che favorire certi soggetti, o gruppi di soggetti, versanti in particolari situazioni di bisogno”.
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separazione tra i due ambiti, leggi incentivo da un lato e leggi meramente condizionatrici dall’altro. La prima è un mezzo di direzione dell’economia, la seconda è semplicemente una legge che produce, anche effetti economici, favorevoli per alcuni e pregiudizievoli per altri soggetti. Dal punto di vista comunitario, invece, costituiscono entrambe forme di aiuto di Stato: un aiuto diretto nel caso delle leggi incentivo, una sorta di aiuto indiretto o sotto forma di agevolazione nel caso delle leggi meramente condizionatrici.
La stessa disciplina delle due leggi è completamente differente nell’ordinamento nazionale: le leggi incentivo determinano il sorgere di un rapporto sinallagmatico e comportano, di conseguenza, un’esigenza di irrevocabilità del loro contenuto, al fine di assicurare la certezza del diritto e la tutela del legittimo affidamento146 dell’imprenditore privato che,
146 Sul punto cfr.: G.GRECO, Sovvenzioni e tutela dell’affidamento,
testo rivisto della Relazione presentata al X Colloquio italo-tedesco
di diritto pubblico, tenutosi a Firenze dal 27 al 29 maggio 1999,
pg. 377, il quale evidenzia come la tutela dell’affidamento, ove si riferisca ad un soggetto che abbia già intrapreso l’attività incentivata, debba riconnettersi più che ad una vaga esigenza di tutela della certezza del diritto, proprio ad un dovere dell’azione amministrativa di coerenza e non contraddittorietà; l’Autore, infatti, sottolinea come “l’affidamento, correlato all’azione
amministrativa, evoca anzitutto la pretesa del soggetto in buona fede alla stabilità dei rapporti costituiti dagli stessi atti amministrativi, nonché la tutela delle aspettative formatesi in capo ai consociati sulla base della stessa amministrazione, allorché questa abbia preregolato la sua azione futura: sicché nel primo caso l’istituto risulta strettamente correlato con il principio della certezza del diritto; nel secondo, con il principio della coerenza e non contraddittorietà dell’azione amministrativa”. Anche la
giurisprudenza comunitaria ha evidenziato lo stretto legame esistente tra legittimo affidamento e certezza del diritto, precisando come “il principio della tutela del legittimo affidamento
costituisce il corollario del principio della certezza del diritto, (…) ed è diretto a garantire la prevedibilità delle situazioni e dei rapporti giuridici rientranti nella sfera del diritto comunitario” (Corte di
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confidando nel conseguimento del vantaggio promesso, abbia intrapreso l’attività incentivata, le leggi meramente condizionatrici non creano alcun rapporto sinallagmatico, ma si limitano a sancire un qualcosa, in relazione al quale il privato non vanta alcun diritto147, e pertanto la legge meramente
condizionatrice può essere liberamente revocata, abrogata o modificata nel suo contenuto da un qualsiasi atto normativo.
Dal punto di vista comunitario tanto le une
Giustizia, 18 maggio 2000, causa C-107/97, Rombi e Arkopharma
in Racc., pg. I-3367, punto 66). Circa la applicabilità dei principi civilistici dell’affidamento e della buona fede nei rapporti tra p.A. e privati l’opinione della dottrina e della giurisprudenza è sempre stata controversa; storicamente si ricordano le opinioni di M.S. GIANNINI, L’interpretazione dell’atto amministrativo e la teoria
giuridica generale dell’interpretazione, Milano, 1939, pg. 373, che
esclude la buona fede dall’interpretazione e dall’integrazione dell’atto amministrativo, in quanto la ritiene legata all’equivalenza delle parti tra le quali essa ha una delicata funzione regolatrice del “gioco degli interessi contrapposti”; parimenti GUICCIARDI,
Recensione a Schmitt K. H., in Arch. Dir. pubbl., 1936, pg. 561 e
ss.; contra invece l’ALLEGRETTI, L’imparzialità amministrativa,
Padova, 1965, pg. 274 e ss., secondo il quale il principio di buona fede dimensiona i rapporti di collaborazione fra amministratori e amministrati, e non è incompatibile con il valore che ha per l’amministrazione l’interesse pubblico, ma anzi la buona fede e l’affidamento (buona fede determinata dall’apparenza) operano tanto più fortemente nei riguardi dei soggetti imparziali, e valgono anche innanzi alla legge, legandosi alla fiducia del cittadino nella sua stabilità e certezza. Parimenti a favore dell’applicabilità di tali principi nei rapporti con la P.A. anche F. BENVENUTI,
L’ordinamento repubblicano, Venezia, 1961, pg. 151, il quale
collega la buona fede all’imparzialità della parte.
147 G. GUARINO, Sul regime costituzionale delle leggi di
incentivazione e di indirizzo, op. cit., pg. 140, effettua una vera e
propria differenziazione tra leggi incentivo e leggi meramente condizionatrici in senso favorevole dell’attività privata affermando che il rapporto che intercorre fra di esse “è sostanzialmente
analogo a quello che intercorre tra legge attributiva di diritti soggettivi perfetti e quella creatrice di interessi legittimi”.
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quanto le altre sono forme di aiuti di Stato ed in quanto tali devono essere sottoposti alle procedure di verifica della loro compatibilità con il mercato comune da parte della Commissione. Mentre la normativa nazionale differenzia tra efficacia delle leggi incentivo ed efficacia delle leggi meramente condizionatrici, attribuendo una particolare forza alle prime in ragione del rapporto sinallagmatico da esse creato, in ambito comunitario non sussiste alcuna di queste diversità di trattamento: entrambe vengono considerate degli aiuti nuovi. Ne consegue che entrambe, in quanto “aiuti nuovi”, vengono presunte incompatibili e, comunque, vagliate al fine di verificarne la compatibilità o meno con la concorrenza nel mercato: ove ritenute discriminatorie, e, quindi, incompatibili, i loro effetti dovranno necessariamente venire meno, ed a nulla rileverà la posizione giuridica del privato che se ne sia giovato.
Si giunge a conclusioni simili a quelle precedenti considerando le leggi incentivo e le leggi di mero conferimento dal punto di vista nazionale e da quello comunitario: secondo l’ordinamento nazionale si tratta di atti normativi aventi contenuto e caratteristiche molto differenti (anche se in realtà si tratta di atti simili dato che entrambe possono essere attuate mediante l’erogazione di una sovvenzione), nell’ordinamento comunitario sono considerati entrambi delle forme di aiuto di Stato, ma in realtà la prospettiva di analisi sarà comunque differente. Le leggi di mero conferimento, infatti, comportano un’attività di sovvenzionamento rivolta esclusivamente al fine di rimediare ad una situazione pregiudizievole preesistente (ad esempio sanciscono l’erogazione di denaro da parte dello Stato, o degli enti locali, a favore degli abitanti di zone colpite da gravi catastrofi naturali) e servono a porre rimedio, anche solo parziale, ad una situazione di grave disparità in cui si
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sono venuti a trovare, per cause di forza maggiore, alcuni soggetti. Ne consegue che la valutazione circa la compatibilità o meno delle leggi di mero conferimento con il mercato unico verterà principalmente sulla loro reale consistenza, posto che potrebbero configurare delle distorsioni della concorrenza solo ove avessero un’incidenza tale da non limitarsi a porre rimedio ad una situazione pregiudizievole ma, ad esempio, determinassero un forte incentivo ad investire in una determinata zonaT148, al contrario le leggi incentivo
verranno sempre e comunque sottoposte ad un serio ed approfondito esame da parte della Commissione, posto che il loro carattere incentivante è di per sé contrario con quella che è la politica concorrenziale vigente nel mercato comune.
6. Lo “scontro” di civiltà: le due differenti