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II. 4 «Sulla strada della dodecafonia»

II.7 Le Liriche greche

I tre fascicoli delle Liriche greche possono essere eseguiti in concerto singolarmente; l’esecuzione integrale, tuttavia, è preferibile, anche per via della serie in comune, che ricorre nel quinto frammento di Saffo, nella seconda lirica di Anacreonte e nel primo frammento di Alceo. Non è consentita invece l’esecuzione singola delle liriche di un fascicolo.

L’analisi che segue si sofferma sull’organizzazione seriale di ciascun brano e, riguardo soprattutto agli ultimi due fascicoli, sui procedimenti contrappuntistici. Si evidenziano infine quelle che sembrano realizzazioni pratiche di riflessioni teoriche di Dallapiccola sulla tecnica dodecafonica.

Cinque frammenti di Saffo

I Cinque frammenti di Saffo sono per canto e orchestra da camera di 15 strumenti: flauto, ottavino, oboe, clarinetto in Mi bemolle, 1° clarinetto in Si bemolle, clarinetto basso (sostituito

80 Lettera di Laura Dallapiccola a Mila del 12 marzo 1977, in Luigi Dallapiccola-Massimo Mila cit., pp. 352-53: 353. 81 Mila, La missione teatrale di Dallapiccola, in Luigi Dallapiccola-Massimo Mila cit., pp. 408-13. 409.

nel secondo e quarto frammento da un 2° clarinetto in Si bemolle), fagotto, corno in Fa, tromba in Do, arpa, celesta, pianoforte, violino, viola, violoncello, contrabbasso. Prevale il timbro del clarinetto, il registro vocale non è specificato, ma di norma i brani vengono eseguiti da un soprano.

I testi non presentano ricorrenze tematiche e non sembrano accostati secondo un programma o un percorso poetico particolari.

Quanto disperse la lucente aurora Vespro tutto riporti quanto disperse la lucente aurora:

riporti la pecora, riporti la capra, riporti il figlio alla madre.

Gongila

O mia Gongila, ti prego: metti la tunica bianchissima e vieni a me davanti: io sempre

ti desidero bella nelle vesti. Così adorna, fai tremare chi guarda;

e io ne godo, perché la tua bellezza rimprovera Afrodite.

Muore il tenero Adone

«Muore il tenero Adone, o Citerea: e noi che faremo?»

«A lungo battetevi il petto, fanciulle, e laceratevi le vesti».

Sulla tenera erba appena nata Piena splendeva la luna quando presso l’altare si fermarono:

e le Cretesi con armonia sui piedi leggeri cominciarono, spensierate, a girare intorno all’ara

sulla tenera erba appena nata.

Io lungamente Io lungamente

Nella prima poesia, Quanto disperse la lucente aurora, versione del fr. 120, spicca il procedimento dell’anafora, con una chiusa ad effetto nell’ultimo verso: dopo la «pecora» e la «capra», infatti, il «ritorno del figlio» suona inaspettato e accresce lo spessore emotivo del testo82.

La seconda lirica (vers. del fr. 36) è un elogio alla bellezza di Gongila, la fanciulla amata e venerata da Saffo. Dai versi spira anche un’aura di erotismo, per il contrasto tra l’immagine candida ed eterea di Gongila, avvolta in una «tunica bianchissima», e il desiderio che divampa in Saffo e fa tremare «chi guarda». Il terzo frammento (107) è dedicato ad Adone, il giovane amato da Citerea (appellativo di Afrodite) e ucciso da un cinghiale per volere di Artemide. Questo testo è l’unico in forma di dialogo: le fanciulle chiedono a Citerea cosa fare ora che Adone è morto (primi due versi) e Citerea risponde alle fanciulle di battersi il petto e lacerarsi le vesti (ultimi due). La quarta poesia è la traduzione di due frammenti distinti (88 e 93), che Quasimodo unisce per restituire un solo componimento, con uno spazio bianco tra la fine del primo frammento e l’inizio del secondo83. Molto suggestiva l’ultima lirica (vers. del fr. 87), la cui atmosfera evocatrice si aggiunge all’allure speciale che circonda gli antichi testi greci. Come le immagini sfasate e poco nitide del sogno riportano alla luce frammenti di vita psichica nascosti nei profondi recessi dell’animo, così dai frammenti greci emergono immagini sfocate di un tempo lontanissimo, di cui restano solo voci sparse. Dietro ciascun frammento sembra celarsi un profondo dolore, un senso di inadeguatezza: la poetessa guarda le altre fanciulle danzare, nella loro bellezza e leggiadria, ma non vi partecipa; è una spettatrice, che si rivolge rassegnata alla dea Afrodite. L’aggettivo superlativo – «bianchissima» nella seconda lirica – o le forme avverbiali – «lungamente» nell’ultima – intensificano l’espressione. Se il poeta avesse tradotto «A lungo ho parlato con Afrodite» non avrebbe sortito lo stesso risultato: l’immagine si sarebbe impressa nella mente con meno forza e incisività84.

Ciascuna lirica presenta al suo interno una suddivisione formale piuttosto netta: la prima e la quarta sono dei rondò in miniatura – la prima sezione di Quanto disperse la lucente aurora e la prima battuta di E sulla tenera erba appena nata ritornano, nel corso del pezzo, altre due volte, secondo una struttura simmetrica del tipo ABA’CA’’ – la seconda ha una forma tripartita, con ripresa della sezione iniziale (ABA), e la terza è costruita a specchio – da b. 54 sono riproposti a ritroso gli elementi precedenti, in modo tuttavia non rigido. Solo il quinto frammento non mostra definite ripartizioni.

82 Nell’edizione del 1944 la versione cambia notevolmente; l’ultimo verso diventa «non riporti il figlio alla madre».

Quasimodo in tal modo traduce il greco ουκ che aveva volutamente omesso nella traduzione del 1940.

83 Per questo frammento cfr. qui parte I, cap. II, § 4.

84 Si è detto, peraltro, come la forzatura dell’immagine sia una cifra stilistica delle versioni di Quasimodo, che si

Nel primo fascicolo delle Liriche greche Dallapiccola impiega per ogni singolo brano più serie; nella parte vocale queste ultime s’identificano assai spesso con i versi85.

La serie comune ai tre cicli – e che d’ora in avanti indicheremo con la lettera L – compare nelle due battute d’avvio del primo frammento, organizzata in bicordi di quinta giusta, affidata a più strumenti. È un primo accenno di L, che, più avanti nel corso delle Liriche greche, assume una più chiara fisionomia. Il quinto frammento di Saffo, ad esempio, si basa su questa serie, presentata fin dalle prime battute nella dimensione orizzontale (es. 3).

Es. 3, serie del Quinto frammento di Saffo

Già Kämper fa notare che nel quinto frammento di Saffo la serie si rivela come la trasposizione sul piano orizzontale di quel «campo dodecafonico» che si trova all’inizio, al centro e alla fine del primo frammento86. Un tale modo di procedere è esemplificato a posteriori da

Dallapiccola, nello scritto Sulla strada della dodecafonia: «Prima di arrivare alla definizione ritmica e melodica della serie, potremo trovarla condensata in aggregati sonori, differentissimi fra di loro e per densità e per timbro. È tuttavia verosimile che in alcuni di essi sarà percepibile il senso della polarità, quasi per stabilire un primo contatto tra il compositore e l’ascoltatore»87.

Potremmo scorgere, pertanto, nelle battute introduttive delle Liriche greche l’intento di Dallapiccola di stabilire un primo contatto con l’ascoltatore (es. 4). In che consiste però il senso della polarità? Forse nell’intervallo prevalente di quinta giusta o magari anche nella seconda minore finale che assume rilievo proprio in quanto rompe la ripetizione di quinte.

85 Durante l’analisi, nei Cinque frammenti di Saffo, le serie verranno indicate con lettere maiuscole tra parentesi, seguite

dalla lettera maiuscola O, per l’originale, R, per il retrogrado, I, per l’inverso, RI per il retrogrado inverso. Le cifre poste alla fine da 1 a 12 indicheranno le dodici possibili trasposizioni. Nel caso della serie L, quindi, l’originale s’indicherà con (L) O1, il retrogrado trasposto di tre semitoni con (L) R4, etc. Per quanto riguarda le trasposizioni, indicate dalle cifre 1-12, la trasposizione 1 corrisponderà alla prima apparizione della serie nel pezzo. Negli altri due fascicoli, basandosi ogni lirica su una sola serie, si ometterà la lettera maiuscola iniziale tra parentesi.

86 D. Kämper, Luigi Dallapiccola cit., p. 100.

87 L. Dallapiccola, Sulla strada della dodecafonia cit., p. 459. Il primo fr. di Saffo non è certo l’unico caso in cui una serie

dodecafonica deriva da una successione di accordi. Un esempio classico di questa tecnica è l’introduzione delle Variazioni per orchestra op. 31 di Schoenberg.

Es. 4, Cinque frammenti di Saffo, bb. 1-2, soli archi

La prima ipotesi verrebbe avallata da un’altra affermazione di Dallapiccola secondo cui nella serie un intervallo tende più di altri ad imprimersi nella memoria, grazie alla sua ripetizione

88. Dallapiccola infatti tende, in questa prima fase, a creare delle serie che si basano

prevalentemente su un intervallo. Nel I frammento, oltre ad L, pure la seconda serie impiegata (che indichiamo con la lettera C) è costituita per lo più da terze minori. Peraltro C presenta una chiara suddivisione in tre sottosezioni (x, y, z), in cui spicca il riferimento alla cantabile e dolce quinta diminuita (es. 5).

Es. 5, Cinque frammenti di Saffo, bb. 3-5, particolare del canto

Nella prima lirica emergono procedimenti comuni anche agli altri brani: la voce intona il testo sulle quattro forme della serie, riprese in imitazione dagli strumenti. Nell’accostare le varie forme possibili, Dallapiccola focalizza alcune altezze, scegliendo le trasposizioni che presentano le medesime altezze in posizione vicina. (C) RI2, ad esempio, le cui ultime due note sono Si bemolle e Do diesis, è seguita da (C) I5, le cui prime due note sono Mi, Do diesis e La diesis (sia questo espediente sia l’impiego di serie che ripropongono lo stesso intervallo denotano una ricerca di cantabilità). Tramite la frammentazione e l’accumulo dei tre segmenti della serie C (es.

5) Dallapiccola realizza a circa tre quarti della composizione il climax musicale, corrispondente a quello testuale89.

La poesia è leggermente alterata dal compositore con delle ripetizioni testuali – qui evidenziate in corsivo – che sottolineano l’informazione più importante del frammento: «riporti il figlio».

riporti la pecora, riporti la capra, riporti,

riporti il figlio, riporti il figlio alla madre

Prima di «riporti il figlio, riporti il figlio alla madre» affidato al canto sulla forma inversa della serie, (C) I5, gli strumenti anticipano i tre segmenti di questa, due semitoni sotto, in ordine sparso, come se l’esposizione di (C) I3, frammentata tra gli strumenti, anticipasse e preparasse la definizione di (C) I5 e del verso principale. Inoltre, mentre le forme della serie C al canto impiegate precedentemente, O1, R8 e RI2, sono imitate le prime due dal flauto e la terza dall’oboe, (C) I5 è ripresa a spezzoni da più strumenti: clarinetto piccolo e violino riprendono I5 (x), seguiti da clarinetto e viola con I5 (y) e, in ultimo, dal flauto con I5 (z). In tal modo, l’imitazione dell’ultima forma della serie al canto è distribuita tra cinque strumenti, con effetto cumulativo. È probabile che l’anafora degli ultimi tre versi abbia suggerito al compositore l’accentuazione della latente suddivisione della serie in tre gruppi. L’esposizione di (C) I3 (x, y, z) prima di (C) I5, ha lo scopo di preparare il climax sul verso principale, dove significativamente si raggiunge l’unico fdel pezzo (es. 6).

Es. 6, Cinque frammenti di Saffo, bb. 13-15, particolare del canto

Un altro aspetto tipico di questo come degli altri frammenti di Saffo e delle liriche degli altri fascicoli è l’abbondanza di segni dinamici, con gradazioni, alle volte, talmente sottili da risultare impercettibili. Nella prima misura si passa dal poco f di fagotto e corno al poco f; sost. di clarinetto e clarinetto basso, al f; sost. dell’arpa, al quasi f; sost. di viola e violoncello, al quasi f del contrabbasso: cinque indicazioni di dinamica in un solo passaggio, la cui precisa esecuzione, e

89 Cfr. in proposito quanto Dallapiccola sostiene circa la frequenza con cui il climax viene a collocarsi intorno ai tre

soprattutto percezione, è molto difficile se non impossibile. Sul battere della seconda misura, gli strumenti, che prolungano l’accordo della battuta precedente, sono raggruppati in quattro dinamiche differenti: gli archi in mf, l’arpa in meno f, corno e fagotto in p, clarinetto e clarinetto basso in mp. In questo caso le gradazioni di dinamica sono meno sottili, ma se è facile distinguere tra il p del fagotto e del corno e il mf degli archi, altrettanto facile non è distinguere tra il mf di questi ultimi e il meno f dell’arpa. Alla notevole varietà di indicazioni dinamiche, si aggiungono le tante sfumature di agogica e di espressione, più frequenti queste ultime nei frammenti successivi.

La seconda lirica, ad esempio, è in Tempo Mosso; scorrevole e molto flessibile; in più per il canto si legge pp quasi parlato; semplice, ma insinuante. La scrittura in terzine dona al brano un carattere leggero e scorrevole; fin dalle prime battute, si ha la sensazione di un fluido scorrere di parole, calmo e tranquillo. Il carattere insinuante del canto, inoltre, vien fuori in corrispondenza di una linea melodica che costantemente impenna verso l’acuto e subito discende (es. 7).

Es. 7, Cinque frammenti di Saffo, bb. 21-24, particolare dei clarinetti

Nella seconda lirica l’uso delle serie è più complesso. Ve n’è una – serie A – che viene esposta fin da subito nelle sue quattro forme; tutto il restante materiale melodico è derivato da questa.

Nella prima sezione (bb. 21-30) 90, il clarinetto piccolo presenta la serie (A) O1, seguita dal

suo retrogrado, inverso e retrogrado-inverso esatti (R1, I1, RI1), affidati rispettivamente al 1º clarinetto in Si bemolle, al 2º clarinetto in Si bemolle, e di nuovo al clarinetto piccolo. Nelle bb. 3- 4 il 1º clarinetto in Si bemolle è contrappuntato dal clarinetto piccolo con una seconda serie (B), che nel corso del pezzo si presenta anche nelle sue varie forme. Le serie A e B hanno lo stesso profilo melodico, divergono solo nell’ampiezza degli intervalli. Il canto, peraltro, nella sua testa sembra proporre l’inverso di B, ma nel prosieguo, col sostegno del violoncello flautando, stende un arco ascendente-discendente di otto suoni, che richiama la solita figurazione di quattro note ascendenti o discendenti con a capo una 3ª m, impiegata di frequente dal compositore.

90 La numerazione in battute, nei Cinque frammenti di Saffo come negli altri due fascicoli, non ricomincia da capo ad

La prima sezione si chiude con la serie originale, (A) O1, alla viola dolciss, ma in rilievo. Lo sfondo dello strumento ad arco immette nella sezione successiva, costruita su «Così adorna fai tremare chi guarda» (bb. 31-35), il verso topico del testo, valorizzato da un crescendo che porta all’unico f del pezzo. Dallapiccola indica che il profilo della voce deve essere più “cantato” (con emozione) e il tempo un po’ più lento. Il canto, accompagnato dal tremolo degli archi che diffonde agitazione, esegue una nuova serie – la serie C – che si basa sull’elaborazione e ripetizione dell’incipit di quarta giusta e seconda minore della serie B (bb. 3-4) e del canto, nelle prime due battute della lirica. C, come le altre serie, consta di quattro terzine: la prima è costituita dagli intervalli di 4ª giusta e 2ª maggiore, la seconda da 2ª minore e 4ª giusta, la terza da 4ª giusta e 2ª minore, la quarta da 2ª minore e 2ª Maggiore.

L’ultima sezione ripropone le tre serie, fungendo così da ripresa conclusiva. Lo staccato degli archi riconduce a un’atmosfera calma e tranquilla, come se allo svanire dell’eccitazione provocata dalla vista di Gongila, Saffo si calmasse. Sulle ultime terzine suonate dal clarinetto piccolo e dal 1º clarinetto in Si bemolle, Dallapiccola scrive (scomparendo), il glissando dell’arpa in ppp e i rintocchi dolcissimi della celesta dissolvono il tutto. Per la prima volta il compositore, sull’ultima corona del pezzo, scrive perdendosi, posto alla conclusione di tutti i Frammenti di Saffo, eccetto il primo.

Nel terzo frammento la struttura dialogica del testo condiziona la struttura della lirica, che si compone di due parti speculari, così come la poesia è costituita da domanda e risposta. Il materiale melodico si riconduce a due serie: una affidata per lo più agli strumenti (serie S) e l’altra al canto (serie C). Su ciascun verso è costruita una sezione musicale autonoma; il pezzo, inoltre, è introdotto e concluso da due sezioni strumentali simili che espongono l’originale della serie S e che sembrano svolgere la funzione di alzata e calata del sipario sulla scena dove interloquiscono i personaggi. Nella parte centrale la voce intona il testo, secondo lo schema (C) O1 (S) O4 (S) R4 (C) R1 (ogni serie corrisponde ad un verso). La seconda metà dello schema (S) R4 (C) R1 è lo specchio della prima (C) O1 (S) O4. Il sostegno strumentale di ciascuna serie affidata al canto esaurisce anch’esso il totale cromatico: l’accompagnamento di (C) R1 peraltro è il retrogrado di (C) O1.

All’inizio del pezzo vi sono due indicazioni, rispettivamente di tempo e di carattere: Lento; vagamente. L’avverbio vagamente, spesso impiegato da Dallapiccola nelle Liriche greche richiama alla memoria le varie occasioni in cui il compositore ha parlato della “vaghezza” del verso come una delle qualità più apprezzabili delle traduzioni di Quasimodo91.

Si nota ancora una volta la ricchezza di segni dinamici, con sottilissime gradazioni. Nell’introduzione strumentale S è spartita fra tre strumenti: oboe, flauto e clarinetto basso; il

clarinetto piccolo (che raddoppia alcune note della serie) ha un La bemolle in pp (b. 47), seguito da un Fa in più pp, che, prolungato alla misura successiva, tramite la legatura di valore, diventa un ppp. Una cura minuziosa del dettaglio, laddove in luogo dei tre segni dinamici si sarebbe potuto scrivere un semplice diminuendo. L’arpa, nelle prime due misure, esegue tre ottave di Sol, insieme a viola e violoncello con l’armonica artificiale di doppia ottava sulla medesima nota. L’ottava di Sol, in una successione ritmica sempre cangiante e in un’accurata variazione dinamica, è una costante del pezzo; essa non cade quasi mai sull’accento metrico (ad eccezione di b. 59), creando così un effetto destabilizzante, poiché disturba la percezione del tempo di battuta (es. 8).

Es. 8, Cinque frammenti di Saffo, bb. 46-50, particolari del pianoforte e dell’arpa

A b. 49 entra la voce f; con grande accento con la serie (C) O1 sul primo verso «Muore il tenero Adone, o Citèrea», sostenuta da alcuni strumenti che, nell’insieme, esauriscono anch’essi il totale cromatico, sotto l’indicazione quasi f, pesante. Per il secondo verso «e noi che faremo?» il canto riprende l’originale trasposto una 3ª minore sopra della serie S, (S) O4, in pp; vagamente smarrito. Il cambiamento di dinamica e di espressione da un verso all’altro è il frutto dell’interpretazione di Dallapiccola delle differenti immagini suggerite dai versi. «Muore il tenero Adone, o Citèrea» è un’enunciazione: le fanciulle comunicano ad Afrodite la triste notizia della morte di Adone, e, pertanto, la voce canta f

;

con grande accento; la domanda «e noi che faremo?» è più personale, è la spia di un dolore intimo e di un sincero timore delle conseguenze, e, quindi, Dallapiccola scrive vagamente pp; smarrito (es. 9).

Il secondo verso è peraltro accompagnato da tre accordi di quattro suoni, ottenuti dalla divisione in tre nuclei di (C) O12. È questo uno dei pochi casi di uso verticale della serie nelle Liriche greche: un uso ancora non ortodosso, poiché negli accordi non viene rispettato l’ordine di successione delle note. Si cita un ultimo particolare che denota la cura estrema di Dallapiccola nella strumentazione: per mantenere il ppp, il compositore scrive il Re nell’armonica naturale, evitando in tal modo al violinista un cambio di posizione che avrebbe reso più difficile il rispetto della dinamica. Il frammento termina in un perdendosi, con l’ottava di Sol lasciata vibrare in pppp dall’arpa.

La quarta lirica si basa su una serie (serie A) che può essere frazionata in quattro accordi di tre suoni ciascuno: triade maggiore, triade minore, accordo formato dall’intervallo di 6ª e di 7ª, triade diminuita (es. 10).92

Es. 10, serie del Quarto frammento di Saffo

Nella prima battuta all’ascolto, si percepisce la linea melodica dell’ottavino seguito dal clarinetto piccolo e dal 1º clarinetto in Si bemolle, sulla base della celesta che stacca in pp delle note giocando (con fantasia; tranquillo). In tre parole Dallapiccola ha riassunto l’atmosfera dei versi di Quasimodo: il crepitio leggero dei passi delle fanciulle prossime all’ara (giocando), la magia di una notte di luna piena splendente (con fantasia) che avvolge tutto in un placido silenzio (tranquillo).

La voce, per la prima volta, non ha una propria serie, ma intona il testo ripetendo alcune note dei quattro nuclei armonici. Il Sol al canto (b. 66), ad esempio, è la terza della triade di Mi bemolle maggiore, le cui tre note costituenti l’accordo, in ordine dalla fondamentale, sono eseguite rispettivamente dal corno, dalla viola e dalla tromba. Questi tre strumenti eseguono la serie A (bb. 66-69) mentre ognuna delle quattro note della voce (Sol-Fa diesis-Do Si) raddoppia una delle note costituenti i quattro accordi ed è ripresa in eco (con un effetto molto efficace, quasi come se i raggi della luna rischiarassero alcuni momenti del canto) dagli armonici di violino e violoncello.

Anche nel quarto frammento, pertanto, in modo più continuo che nella lirica precedente,