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Il «rapporto con il testo»

II.4 Lo stile dei testi e la traduzione

I.1.5 Il «rapporto con il testo»

Nel libro Conversazioni con Petrassi, Luca Lombardi chiede al compositore se gli sia mai capitato, come ad Arnold Schönberg, di musicare un testo spinto dal suono delle prime parole e di accorgersi solo dopo del contenuto dei versi. La risposta di Petrassi è perentoria, non gli è mai capitato poiché il testo poetico non si può ridurre ad un pretesto: «io mi interesso, mi accendo alla lettura del testo e decido poi di farci qualche cosa per musica. Non ho mai pensato a una forma musicale, a una struttura astratta per poi riempirla o di suoni o di parole o di altro»42.

In verità Petrassi non risponde esattamente alla domanda. Schönberg, infatti, nel breve saggio Rapporto con il testo, non si riferisce ad una struttura musicale astratta da dover riempire con delle parole qualsiasi, bensì confessa di essersi lasciato spesso trasportare e guidare dal suono dei versi iniziali di una poesia, dal loro potere evocativo43. Petrassi a ciò non vuole credere e non

vuole neanche lasciarsi “incantare”: se si vuole scrivere una lirica, prima di tutto si sceglie un testo e, affinché la scelta sia consapevole, lo si deve comprendere. La struttura musicale nasce poi soltanto dalla lettura del testo stesso, una lettura che, secondo il compositore, deve avvenire a tutti i livelli: «prima di tutto al livello contenutistico, quello che vuol dire, quale ne è la ragione generale, analisi dal tutto alla parola singola. Questa mi pare l’analisi del testo che il compositore deve assolutamente fare»44. È interessante notare che l’ultimo elemento da considerare per

42 L. Lombardi, Conversazioni cit., p. 67.

43 A. Schönberg, Das Verhältnis zum Text, in Der blaue Reiter, München, Piper Verlag, 1912, pp. 27 segg.; poi col titolo

The Relationaship to the Text, in Id., Style and Idea, trad. inglese dell’autore, New York, Philosophical Library, 1950, pp. 1 segg. Trad. it. in L. Rognoni, La Scuola musicale di Vienna, Torino, Einaudi, 1974 (1966), pp. 394-97.

Petrassi è la parola, non il fonema: l’analisi pertanto si estende all’intera unità lessicale, nell’inscindibile interazione degli aspetti fonologici e semantici.

Il compositore dichiara di non avere mai scelto un testo evasivo, ma sempre indicativo di «pensieri o di emozioni o di altro». Per trasmettere tali emozioni, però, il testo deve restare integro nella composizione, deve cioè essere inteso dall’ascoltatore, anche se nella musica per coro non si può pretendere una comprensibilità assoluta45. A tal proposito Lombardi chiede al

compositore cosa ne pensi delle ricerche di Schnebel sulla fonemizzazione di un testo, e naturalmente la risposta di Petrassi è di totale estraneità a tali sperimentazioni. La poetica di Schnebel, come anche quella di Stockausen o di Ligeti, nelle Nouvelles Adventures, non gli comunica alcunché. In particolare, riferendosi a Luigi Nono, critica la convinzione di quest’ultimo di interpretare un testo nel momento in cui lo frammenta per renderlo intelligibile. Tale interpretazione, infatti, secondo Petrassi, presuppone che l’ascoltatore si sia letto prima il testo e che quindi lo conosca. Anche in questo caso, però, rimane in chi ascolta il desiderio di ritrovare nella composizione il testo come lui lo conosce e non di ricostruirlo attraverso una ricomposizione di suoni, altrimenti ci si chiederà perché sia stato scelto un testo con un determinato contenuto piuttosto che un altro46. Petrassi ritiene che Nono non raggiunga grandi

risultati con la fonemizzazione, poiché la sua natura è quella di un lirico: ancor più che nei brani corali, è in quelli solistici che il compositore veneziano trova la sua massima ispirazione, proprio laddove l’atomizzazione della parola non sussiste o è ridotta al minimo. Secondo Petrassi, pertanto: «Nono è apparentemente un musicista di lotta, ma in realtà è un musicista lirico, esprime una sensibilità lirica dell’animo umano, della persona umana […] le parti migliori, quelle che ricordiamo maggiormente, probabilmente non sono le insopportabili apparecchiature elettroniche e le vociferazioni, ma sono i Canti di vita e d’amore, le parti liriche del Canto Sospeso, opere straordinarie proprio per questi valori […] facendo astrazione da tutte le altre considerazioni, rimane questa purezza vocale e lirica, paragonabile alle pagine più sensibili di Dallapiccola, che rappresenta il suo valore autentico. Ascoltando questa zona di sensibilità raffinata dimentichiamo le intenzioni programmatiche dell’autore»47.

Il compositore più anziano è disposto ad ammettere che dalle opere corali di Nono, pur perdendosi il contenuto semantico, emani lo spirito del testo, l’atmosfera poetica globale. Questa però, come riguardo a Schönberg prima, rimane per Petrassi una questione astratta, lontana dal desiderio concreto dell’ascoltatore di capire cosa il testo (e quindi la musica) voglia comunicare. In extremis Petrassi preferisce le sperimentazioni di Aldo Clementi, suo allievo, come il blocco nella Variante A dove vi sono 72 voci soliste in cui veramente la parola non ha più significato.

45 Ibid. È tuttavia evidente l’impegno di Petrassi nel mantenere comprensibile il testo anche nelle composizioni corali. 46 Ivi, pp. 69-70:70.

Clementi, almeno, è coerente con le sue scelte nell’optare per un testo brevissimo, che non ha uno svolgimento o «un seguito di emozioni da illustrare», e ha solo un titolo sufficiente a indicare lo spirito della musica e la sua direzione espressiva48. Nel commentare la poetica dell’allievo,

Petrassi illustra anche la propria: «Clementi ha dichiarato esplicitamente che vuol distruggere la dialettica perché non crede più nella composizione; non è che non creda nella musica, ma non crede più nel modo di comporre come è stato praticato fino adesso; […] la musica è soltanto suono, non è più tensione, non è più dialettica delle parti, non è più dialettica di sezioni, di elementi eterogenei che si scontrano, ma è soltanto una specie di immobilità sonora […] il mio pensiero è un'altra cosa, io credo ancora nella dialettica, credo ancora nella possibilità di urto della musica»49.

Solo una volta, nei Nonsense per coro a cappella del 1950-51, Petrassi ha giocato con le parole, mescolando e creando i fonemi. Il compositore però ci tiene a chiarire che se ciò è avvenuto è proprio perché aveva a che fare con dei nonsense e vi era quindi alla base un intento ironico. In ogni caso, Petrassi ha scelto i testi di Lear, perché, pur giocando sulle parole, essi non sono del tutto evasivi, esprimono ancora dei concetti comprensibili50.

Viene spontaneo un paragone con la lirica Keepsake. Per la poesia di Montale, infatti, che si riduce anch’essa ad un puro gioco verbale, Petrassi si sforza di creare un canto meccanico, caricaturale, straniato. Eppure si è visto con Sablich come, di fronte ad espressioni “comprensibili”, il canto si umanizzi ed esprima quel dato senso: laddove c’è un contenuto, un senso veicolabile, la musica è tenuta a partecipare della sua trasmissione.

Sulle Due liriche di Saffo, Petrassi si esprime in modo frettoloso e reticente: «non c’è mai stato un testo – forse le Due liriche di Saffo, qualche piccola lirica così, per canto e pianoforte – ma non dei testi che siano impegnativi che io abbia scelto perché soltanto si prestavano alla musica o soltanto perché avevano certe strutture che forse avrebbero favorito qualche cosa. No, ogni testo deve avere, a mio giudizio, una giustificazione, deve avere un perché»51. Il compositore sta

indirettamente affermando che nelle traduzioni di Quasimodo ha trovato qualcosa che si presta alla musica, senza però specificare cosa. Si possono pertanto fare solo congetture. Petrassi nelle sue liriche tende a creare situazioni espressive conchiuse e ben definite. Tramontata è la luna si articola in tre strofe che presentano altrettanti momenti indipendenti. Il primo e il terzo si richiamano perché alludono entrambi alla sofferenza per la vita che fugge. La poesia, pertanto, si offre naturalmente ad una forma musicale tripartita del tipo ABA impiegata da Petrassi. Il testo offre cioè tre momenti, che nel loro susseguirsi soddisfano il bisogno del musicista di contrasto e

48 Ivi, pp. 70-1. 49 Ivi, p. 45.

50 Ivi, p. 67. È significativo peraltro che i Nonsense siano per coro a cappella. L’assenza di strumenti infatti garantisce

una maggiore comprensibilità del testo.

similitudine, l’esigenza di dialettica e di «urto». Non è un caso che Petrassi, come altri compositori, scelga proprio Tramontata è la luna, frutto dell’unione di cinque frammenti. Con questa operazione, Quasimodo ha costruito una drammaturgia, ha creato una narrazione, una storia, una successione di momenti nel tempo che può essere accompagnata e sostenuta dalla musica. Si è visto inoltre, nel capitolo precedente, come Quasimodo personalizzi e forzi il senso del frammento greco, giungendo ad un pathos assente nell’originale, un coinvolgimento emotivo che si presta ad essere intensificato dalla musica.

In Invito all’Eràno, infine, la chiara disposizione in quattro strofe, quattro quadretti, dà lo spunto per una serie di variazioni. Pertanto, quando Petrassi sostiene che queste due poesie hanno qualcosa che si presta alla musica, non crediamo si riferisca al particolare valore musicale delle parole o al tono ermetico delle versioni, ma proprio agli aspetti più tradizionali, ovvero una struttura drammaturgica i cui momenti topici possono essere intensificati dalla musica. Il compositore crede nella collaborazione delle due arti, pur nel rispetto delle loro autonome specificità.

Per Petrassi, come per Dallapiccola, mettere in musica un testo significa compiere una scelta culturale e morale, che per essere artisticamente valida deve nascere da ragioni interne di espressione. Il compositore, cioè, rimane fedele ad una concezione umanistica dell’arte come fatto di cultura universale, resistente alla separazione e alla dissoluzione dei linguaggi. Petrassi ricorda come con il collega ci fosse più che un’affinità musicale, un’affinità culturale, frutto anche dell’essere cresciuti insieme e avere lavorato nello stesso periodo: «E, in fondo, ci univa anche il pensiero che la musica dovesse essere qualche cosa di molto più alto che non l’uso quotidiano di questa musica, insomma che la musica potesse dire ancora all’uomo qualche cosa che fosse speranza, che avesse un senso»52.

Tra l’arte per l’arte, una musica cioè che segue solo una linea estetica e si compiace di sé stessa, e l’arte impegnata, Petrassi si schiera per quest’ultima, ma non impegnata in senso politico, nel senso ancora peggiore di una musica al servizio di un’ideologia (il cui impegno spesso si trova, secondo il compositore, solo nel titolo), ma di una musica impegnata umanamente, che riesca a parlare alla società cui si rivolge (una musica che Petrassi fa discendere dai madrigalisti quattro e cinquecenteschi)53.

Dallapiccola, rispetto al collega, andò più a fondo nella questione e vide nelle versioni di Quasimodo tali novità da giustificare delle strutture musicali insolite nel loro rapporto con il testo e da sposarsi ad un radicale cambiamento del suo linguaggio musicale. Sebastiano Caltabiano, nei

52 Ivi, p. 48. 53 Ivi, p. 53.

Tre canti saffici, e Prosperi, nei Tre frammenti di Saffo, invece, si mossero sulla stessa scia del più anziano compositore romano.