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I Lirici greci e la scelta dodecafonica di Dallapiccola

II. 4 «Sulla strada della dodecafonia»

II.5 I Lirici greci e la scelta dodecafonica di Dallapiccola

Nel maggio del 1940, pochi mesi prima della pubblicazione dei Lirici greci, Luigi Dallapiccola, a proposito della sua opera teatrale Volo di notte, afferma che la poesia, in quanto fatto spirituale, è eterna: «cambiano soltanto le circostanze e le forme in cui si esplica. E se oggi noi dobbiamo fare della poesia, mi par giusto scegliere le forme più aderenti all’epoca nostra»56.

Il compositore ritiene, pertanto, che la propria opera, il cui libretto si fonda sull’opera omonima di Antoine de Saint-Exupéry, abbia una presa maggiore sul pubblico, si “senta” di più, perché tratta un tema contemporaneo come l’aviazione. Quando riprenderà la lirica greca, Dallapiccola preferirà la moderna rilettura di Quasimodo, giacché l’interpretazione ermetica, restituendo i lirici greci al nostro tempo, ne ha facilitato la comprensione. Le affermazioni di Dallapiccola al riguardo – «Mi era avvenuto, naturalmente, anche in passato, di leggere versioni di poeti greci. Ma la massima parte di esse, disgraziatamente, pur ostentando professorali patenti di classicità, poco o nulla conservavano dell’autenticità, della vibrazione dell’ispirazione originaria»57 – mostrano quanto la recezione di Dallapiccola dei Lirici greci di Quasimodo sia stata

influenzata dal saggio di Luciano Anceschi. Quando il compositore sostiene che il poeta,

53 L. Dallapiccola, Di un aspetto della musica contemporanea, in Parole e musica cit., p. 211. 54 L. Dallapiccola, Sulla strada della dodecafonia cit., p. 455.

55 Ibid.

56 L. Dallapiccola, Per la prima rappresentazione di «Volo di notte», in «Letteratura», Firenze, VI, nº 3, luglio-dicembre

1942, ora in Parole e musica cit., pp. 385-397: 392.

«permeato di spirito greco», è riuscito finalmente a rendere i lirici greci in italiano «per sua e per nostra fortuna rinunciando al morto linguaggio archeologico cui troppi altri ci avevano abituati»58 sta riprendendo concetti espressi da Anceschi nel saggio introduttivo.

Dallapiccola non ha soltanto elogiato l’alto valore letterario dei Lirici greci di Quasimodo, ma è arrivato a sostenerne l’importanza per l’adozione della dodecafonia: «un’adozione ancora alquanto libera […] e rivolta soprattutto a un esame e a uno sfruttamento di nuove possibilità melodiche»59.

Con «adozione alquanto libera» Dallapiccola vuole intendere che non ha rinunciato del tutto a elementi del sistema tonale. In questo scritto, peraltro, il compositore si limita ad accennare alla coincidenza tra l’incontro con le traduzioni di Quasimodo e l’impiego della dodecafonia, ma non a una relazione tra i due eventi. In un altro passo è, al contrario, più esplicito: «Già nel 1937, al tempo della composizione delle Tre Laudi, avevo cominciato a interessarmi alle possibilità melodiche insite nelle serie dodecafoniche; ma soltanto coi tre fascicoli delle Liriche greche mi avvenne di prendere una più radicale decisione. Molte sono le ragioni di una siffatta decisione […] La lettura dei Lirici greci, il ripensamento poetico di Salvatore Quasimodo, così essenziale e sfrondato di ogni residuo di quel linguaggio retorico e archeologico cui precedenti “dotte” traduzioni ci avevano abituati, mi ha suggerito l’idea di ripensarle in musica e soprattutto melodicamente»60.

Nei due passi citati, Dallapiccola afferma di essere stato attratto soprattutto dalle nuove possibilità melodiche della dodecafonia. Sostiene, infatti, come si è già accennato, che nelle “melodie dodecafoniche”, cioè nella serie, si creano dei rapporti tra i suoni più raffinati e molto meno evidenti di quello, per esempio, dominante-tonica nella musica tonale61. Sembra dunque

che, rispetto al sistema tonale, si sia guadagnata una più ampia libertà.

Asserendo che i capolavori dell’antichità non debbono essere imitati servilmente, bensì «filtrati attraverso altre e più recenti esperienze»62, Dallapiccola propone un moderno

ripensamento dei grandi del passato. Con le traduzioni di Quasimodo, il compositore si trova di fronte alla realizzazione di tale ideale: una rilettura contemporanea dei lirici più antichi della nostra civiltà, in cui i modi della poesia ermetica hanno dato al linguaggio un’immediatezza sconosciuta alle precedenti traduzioni, rovinate, a suo dire, da un eccessivo gusto per l’espressione enfatica, pesante e retorica. Per le traduzioni del poeta siciliano, così radicalmente nuove, Dallapiccola sente la necessità di rivolgersi a una diversa organizzazione del materiale melodico, una nuova melodia non più soggetta alle rigide regole del sistema tonale, in cui non

58 Ivi, p. 490. 59 Ibid.

60 L. Dallapiccola, A proposito delle «Due liriche di Anacreonte» cit., pp. 440-41. 61 L. Dallapiccola, Sulla strada della dodecafonia cit., pp. 448-463: 455. 62 Luigi Dallapiccola, Prime composizioni corali cit., pp. 372-384: 376.

prevalgano le note costituenti l’accordo maggiore o minore costruito sul primo grado della scala, cessi di esistere il vecchio «filo conduttore dominante-tonica» e s’instaurino dei rapporti tra i suoni più «raffinati» e meno «evidenti» di quelli dell’antico sistema tonale. Il compositore, dunque, nelle Liriche greche, impiega il metodo dodecafonico per raggiungere una diversa espressione: la nuova organizzazione melodica, rompendo con i nessi “codificati” da tre secoli di linguaggio tonale, acquista verginità e purezza, così come le nuove traduzioni di Quasimodo, influenzate dall’ermetismo, hanno reso in maniera più profonda e autentica le voci dell’antica Grecia.

Per Dallapiccola la dodecafonia non è soltanto un linguaggio o una tecnica, ma è anche uno «stato d’animo». Un’espressione simile, impiegata in Sulla strada della dodecafonia, è chiarita dal compositore nello stesso saggio: «Personalmente ho adottato tale metodo perché è il solo che, a tutt’oggi, mi permetta di esprimere quanto sento di dover esprimere»63. E a proposito di Arnold

Schönberg, padre della dodecafonia, si augura che la definizione del compositore viennese nuova logica riesca un giorno tanto soddisfacente quanto la definizione seconda pratica, adottata da Monteverdi tre secoli prima64.

L’ammirazione che Dallapiccola nutre per Schönberg è totale. In una conferenza tenuta al conservatorio di Firenze, l’otto marzo 1936, Dallapiccola cita il XXI capitolo dell’Harmonielehre, intitolato Accordi per quarte,65 in cui il vero musicista è dipinto alla ricerca di nuove sonorità, al fine

di esprimere sentimenti sconosciuti e inauditi che sorgono nell’animo: «una sonorità nuova è un simbolo trovato involontariamente: esso preannuncia l’uomo nuovo, che in esso si esprime».66

Dallapiccola, pertanto, nella conferenza del 1936, cita un capitolo dell’Harmonielehre che, per l’accento sul nuovo, ha una rilevante portata ideologica in un periodo in cui il richiamo alla restaurazione artistica era molto pressante.

La lettura dell’Harmonielehre, del resto, era stata per Dallapiccola una rivelazione sin da quando, nel 1921, aveva acquistato il volume e non aveva più voluto separarsene, portandolo con sé anche in viaggio67. Se si considera che il compositore istriano aveva sempre esaltato

l’incrollabile fede di Schönberg nel seguire la propria strada, nonostante i pesanti insuccessi, l’impiego della dodecafonia nei Lirici greci assume una tinta ancora più forte. Alla nuova e sincera classicità proposta da Anceschi, infatti, Dallapiccola, legato al mondo greco fin dall’infanzia, partecipa adottando il linguaggio di un artista che, pur fiducioso nel futuro, aveva rispettato più di tutti la tradizione, emulandola e non imitandola, un artista che, nonostante le avversità (anche politiche), aveva continuato con coraggio e coerenza lungo la propria strada.

63 L. Dallapiccola, Sulla strada della dodecafonia cit., p. 459. 64 Ibid.

65 L. Dallapiccola, Di un aspetto della musica contemporanea, Atti dell’Accademia del R. Conservatorio di musica «Luigi

Cherubini», Firenze, La Stamperia, 1938. Ora in Id., Parole e musica, cit., pp. 207-24.

66 A. Schönberg, Manuale di armonia, a c. di Luigi Rognoni, traduzione italiana di Giacomo Manzoni, Milano, Il

Saggiatore, 1963, p. 500. Ed. originale, Wien, Universal, 1922.

Il fatto che Dallapiccola abbia impiegato per la prima volta in maniera coerente il metodo dodecafonico in una composizione per voce e strumenti, cioè basata su un testo letterario, deve far riflettere. Alla base vi è l’esigenza di una nuova “espressione”, nuove sonorità che annuncino un uomo nuovo, per parafrasare il Manuale di armonia di Schönberg, letto e riletto da Dallapiccola. In Sulla strada della dodecafonia, dopo aver asserito che il sistema tonale cominciava ad essere inadeguato a quanto i musicisti avevano urgenza di esprimere, il compositore rivela di aver adottato il metodo perché «il solo che, a tutt’oggi, mi permetta di esprimere quanto sento di dover esprimere»68.