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Maria di Nazaret Maestra ed Educatrice di Cristo e dei cristiani

LAVORO DI CURA E MATERNITÀ NELLA “WELFARE SOCIETY”

2. Maria di Nazaret Maestra ed Educatrice di Cristo e dei cristiani

2.1. Nelle lingue asiatiche (cinese, coreana e giapponese) il termine

“maestro/a o insegnante” significa letteralmente “nato prima”. Maria nei confronti di Gesù fattosi carne nasce prima non solo cronologicamente, ma anche educativamente. Perciò la sua vita intera è un insegnamento per Gesù che cresce in età e in sapienza alla sua scuola. La sua scuola, pertanto, è comunità formata almeno da tre e non solo da due persone, comunità pienamente cosciente del suo fine e pienamente impegnata per il suo raggiungimento, in modo partecipativo, dialogico e convergente.

2.2. Maria educa Gesù: lo “forma” come uomo. Educare, insegnare, istruire, formare, apprendere sono verbi (alcuni dei quali non solo transi-tivi, ma anche riflessivi) collegati tra loro con la possibilità di essere con-siderati nel loro quadruplice riferimento/significato, ossia come processo – azione (istituzione/sistema) – contenuto – risultato: aspetti tutti da rea-lizzare in modo unitario e convergente.

– L’educazione come atto educativo per l’educando comporta anche un educere (ex-ducere = tirar fuori). Si educe la vitalità interna dell’edu-cando, la si educa liberandola dai condizionamenti negativi (ignoranza, demotivazioni, deviazioni…) e si aiuta a svilupparla nella misura in cui l’educatore vive in primis e costantemente il proprio exodus per/verso un qualcosa/qualcuno atteso con amore, in modo percettibile dagli educandi.

Don Bosco interpreta quest’esigenza esortando a far sì «che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati», e perciò sentano di essere amati.5 Maria, ancella del Signore, ha vissuto l’exodus, il suo spogliamento cercando di fare sempre la volontà di Dio. Gesù

im-4 Già 30 anni fa uno studioso inglese ebbe ad affermare: «Non sarà mai ripetuto abbastanza che gli insegnanti ideali devono essere, oggi, allievi più volenterosi di quelli che essi aiutano ad imparare» (KING E., Insegnanti e società in evoluzione, Ro-ma, Armando 1972, 29).

5 BOSCO G., Lettera da Roma del 10 maggio 1884, in BRAIDO P. (a cura di), Don Bosco educatore. Scritti e testimonianze, Roma, LAS 1997, 364.

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para da lei (e anche da Giuseppe) a fare la volontà di Dio, a fidarsi del Padre che è l’Amore onnipotente. Un educare senza questo ex-ducere è una forzatura.

– Gesù fanciullo che discute con i dottori nel tempio di Gerusalemme deve aver imparato a leggere (da chi?), a istruirsi nella Bibbia (AT), quin-di del patrimonio culturale tramandato dalle generazioni precedenti.

– Maria è rispettosa della tradizione e della propria cultura, e le valo-rizza, ma va anche oltre, le trascende: crede nel progetto di Dio, contro ogni speranza dei suoi connazionali, che aspettano un liberatore politico più che un Salvatore. In tal modo ella co-opera, fattivamente, a dare al-l’Amore un significato completo, cioè insignito del mistero pasquale.

2.3. Maria una persona attenta, aperta alla Verità totale, obbediente alla Verità-Amore.

– L’attenzione, letteralmente “tensione a”, è una forma di attesa ri-spondente ad un’intenzione ed è al servizio della coscienza.6 Maria “pie-na di grazia” è la perso“pie-na aperta e pie“pie-namente trasparente a Dio, ha fatto di sé la Dimora di Dio, cioè l’interlocutrice permanente di Dio, capace di reciprocità da persona a persona.

– Maria è una persona attenta anche nel senso di piena apertura e ade-sione alla verità, quindi anche di ricerca costante di essa «conservava tut-te questut-te cose nel suo cuore e le meditava» (Lc 2,19). Nella sua obbe-dienza alla Verità totale7 ella diviene maestra per eccellenza, non solo di Gesù, ma anche di tutta l’umanità.

2.4. Maria accoglie l’altro e in armonia con gli altri.

– Non considera l’altro come antagonista, come una minaccia alla propria felicità (al proprio io). Maria accoglie il nascituro e si prende cura di lui; rispetta l’anziana (la cugina Elisabetta) e si mette a suo servizio;

accoglie l’altro sesso (Giuseppe) per collaborare con il progetto di Dio.

6 Mialet la chiama “attenzione intenzionale” distinguendola da quella “riflessa”

che corrisponde ad una specie di “all’erta” scatenata dall’imprevisto (cf MIALET J. P., L’attenzione, Cinisello Balsamo [MI], San Paolo 2001). Sul significato di attenzione vedi anche: WEIL S., Attesa di Dio [Attente de Dieu, 1950, Paris, Fayard 1969], Mila-no, Rusconi 19944 (1972).

7 Da questo punto di vista è particolarmente interessante la definizione di inse-gnamento presentata in PALMER P. J., To know as we are known. A spirituality of edu-cation, San Francisco, Harper & Row 1983, XIV, secondo cui «insegnare consiste nel creare uno spazio nel quale è praticata l’obbedienza alla verità» (traduzione mia).

L’Autore sviluppa questo pensiero soprattutto nei capitoli 5° e 6° (cf ivi 69-105).

Un approccio pedagogico-didattico a Gv 19,25-27 149

– Maria vive in armonia con gli altri. A differenza degli altri ebrei (tempo della schiavitù), Maria e Giuseppe nella fuga in Egitto non consi-derano gli egiziani come nemici e si fidano del loro stile di vita organiz-zata e non; e, in questa apertura e armonia, vivono l’interculturalità e non la xenofobia o il razzismo. Maria (con Giuseppe e il bambino Gesù) vive la realtà dell’homo migrans.

– Rispetta la tradizione e partecipa, insieme agli altri, ai riti e alle usanze della tradizione (al Tempio, alle nozze…).

2.5. Maria solidale

– La sua solidarietà ha una visione e un timbro universale, verticale e orizzontale. Ella, infatti, è solidale con Dio e con il suo progetto di amo-re/salvezza, quindi accoglie e coopera a tale realizzazione; è solidale con il popolo/umanità di cui è membro nell’attesa del Salvatore e della libera-zione; conosce la storia del popolo ebraico e coopera per la sua trasfor-mazione; è solidale con i bisognosi del suo aiuto (del nascituro Ge-sù/Salvatore, dell’anziana parente Elisabetta, degli sposi a Cana, ecc.). El-la, dunque, abbraccia con misericordioso amore tutto il mondo e tutte le generazioni (cf Lc 1,46-55).

– Maria, ovviamente, è solidale anche con Giuseppe nel partecipare alla celebrazione dei riti religiosi, nella conduzione della vita familiare e quindi anche nell’educazione del figlio Gesù.

– Ella, inoltre, deve aver vissuto in piena armonia anche con la natu-ra. Se Gesù parla del creato e delle sue leggi – tanto da attingere spesso dalla natura gli esempi delle sue parabole – è molto probabile che, fin da piccolo, sia stato educato da Maria e da Giuseppe ad osservarla, a tener conto dei proverbi e quindi a valorizzare la saggezza umana.

2.6. Maria persona libera, non accetta supinamente il messaggio del-l’angelo; non pretende di liberarsi dalla tradizione, dalla famiglia e dalla maternità e non si ribella, ma vive con serenità e impegno la sua specifici-tà femminile. È autonoma. Anzi, proprio perché vive tutto ciò in piena consapevolezza e libertà, trabocca di felicità nelle cose di Dio «L’anima mia magnifica il Signore» (Lc 1,46).

3. Conclusione

Maria Maestra ed Educatrice per eccellenza: strada di Dio verso

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l’uomo e strada dell’uomo verso Dio (realizzazione umana), perciò meto-dologa dell’educazione cristiana, non nel senso di un “teorico” comune-mente inteso, ma nel senso di eccellenza e di paradigma universale.

Maria di Nazaret, con la sua piena apertura alla Verità, ha capito il mi-stero dell’Amore e in questo Amore sconfinato è divenuta Madre di Dio, Madre dell’Autore della vita, Regina dell’universo, cittadina planetaria e formatrice di ogni cittadino planetario e celeste. Dunque, con la sua ma-ternità spirituale Maria è:

– il luogo dell’incontro tra Dio e l’Uomo, il modello di ogni creatura che riconosce l’Assoluto/Dio e crede in lui e alla sua parola e che acco-glie Colui che vuole farsi prossimità salvatrice, divenendo ella stessa “au-siliatrice” e “co-salvatrice”. È perciò anche il modello del farsi uomo da parte di Dio in ogni creatura umana e del farsi “divino” di ogni uomo che lo accoglie. In Maria si realizza l’incontro paradigmatico tra Dio e l’uomo; Maria diviene così la figura paradigmatica della creatura aperta alla Trascendenza e modello di ogni cristiano e del farsi cristiano;

– il modello di ogni educatore/educatrice, in quanto Ella, costante-mente ancorata a Dio, diviene educatrice di Cristo, lasciandosi “educare”

– formare come tale – da Dio che le affida il Bambino-Dio, che Ella ac-coglie coscientemente e liberamente, accompagnandolo nei suoi bisogni formativi di “umanizzazione”, ponendolo al centro delle sue cure;

– il modello/paradigma di ogni “umanizzazione”, vale a dire la sua

“maternità” diviene il paradigma di ogni azione/impegno educativo a fa-vore dell’uomo come della donna, sia in quanto l’educazione – come pro-cesso e come atto – è una gestazione umana e umanizzante, sia perché la capacità di educare è proporzionale allo sforzo impegnato nell’au-toeducarsi”.8 La maternità fisica di Maria, pertanto, richiama gli educatori alla necessità di un pieno coinvolgimento personale centrato su Dio e sui propri destinatari e postula di conseguenza la ineludibile dedizione educa-tiva. Va da sé la necessità di una formazione degli educatori all’altezza del loro compito, in una prospettiva permanente.

Maria, dunque, attraverso l’eccellenza della sua vita, non solo educa Gesù ma anche arricchisce il patrimonio culturale storico mondiale, anzi conferisce ad esso una novità incomparabile, una prospettiva nuova da cui guardare all’uomo e a Dio, compresa la realtà educativo-didattica.

Nella consegna di Gesù nella sua ultima ora Maria è riconosciuta madre ed educatrice universale, quindi dei cristiani, di ogni uomo. Con Maria di

8 SPRANGER E., La vita educa, Brescia, La Scuola 1965, 105.

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Nazaret, dunque, viene instaurata una nuova paideia, cristocentrica: «Fa-te quello che vi dirà»; l’amore/agape è riconosciuto come regola suprema di ogni relazione umana che deve animare e permeare ogni impegno edu-cativo-didattico, non sostituibile dalla tecnologia e dalla “virtualità” in-formatizzata.

Il didattico e l’educativo si trovano così di fronte al paradosso dell’In-carnazione che ne diventa un paradigma inscindibile per ogni atto di aiuto alla crescita umana.

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L’ARTE RI-ESPRIME IL BRANO DI Gv 19,25-27: