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Una scelta nella consapevolezza della circolarità tra scienze teologiche e scienze antropologiche

ALLA RICERCA DEL FONDAMENTO Marcella F ARINA fma*

1. Una scelta nella consapevolezza della circolarità tra scienze teologiche e scienze antropologiche

La scelta del tema Maria nell’educazione di Gesù Cristo e del cristia-no. Approccio interdisciplinare a Gv 19,25-27 ha alla base varie motiva-zioni di natura metodologica, contenutistica e prospettica. Ne segnalo al-cune tra quelle fondamentali.

È un testo certamente molto studiato e commentato, non solo oggi, ma in tutta la tradizione cristiana. Si presta ad essere “provocato” da do-mande pedagogiche ed educative, quindi è possibile interrogarlo di nuovo valorizzando l’evoluzione delle scienze in ambito teologico e pedagogico.

Come per ogni brano giovanneo bisogna disporsi a lasciarsi inquieta-re, a ricercare i reconditi significati senza stancarsi, andando sempre più in profondità, orientandosi verso un “sapere” i significati dell’esistenza, aprendosi alla sequela.

1 SCHNACKENBURG R., Il vangelo di Giovanni, Parte terza, Brescia, Paideia 1979, 444.

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L’approccio al testo evangelico in un peculiare intreccio di scienze teologiche e pedagogiche costituisce un’operazione ardita perché da una parte presuppone la conoscenza del testo nelle sue coordinate letterarie storico-critiche, teologico-ecclesiali, dall’altra implica una conoscenza previa delle scienze dell’educazione e la disponibilità a intessere relazioni di reciproca provocazione e arricchimento.

Gv 19,25-27 si presta ad approfondimenti che lo rapportano a tutta la vicenda del Signore e alle sue relazioni salvifiche con la madre, i discepo-li, le folle; illumina la coscienza e la prassi ecclesiale lungo i secoli come un punto di riferimento fondamentale, come compimento, per la fede. La prospettiva è storico-salvifica, quindi dal fatto evangelico, anche se in modo allusivo, rimanda sia all’AT e a tutta la dimensione dell’attesa, sia alla prassi e alla spiritualità della Chiesa.

È un punto di riferimento particolarmente sintetico del messaggio cri-stiano, favorisce un pensare che va ai fondamenti, orienta a ricercare le radici della maternità singolare ed unica di Maria, esplicitandone il ver-sante educativo nei confronti di Gesù Cristo, del singolo credente, della comunità di fede e dell’intera umanità.

È un testo molto noto, ma anche un testo molto difficile, come del re-sto lo sono tanti brani giovannei, per il duplice piano sul quale sono col-locati gli avvenimenti: quello della attualità-realtà storica e quello dei si-gnificati e della simbolicità. Il duplice registro risulta ancora più comples-so se si tiene presente il linguaggio anfibologico tipico di Giovanni: egli ci interpella continuamente a passare dal piano letterario a quello simbo-lico, nella parola offre un vettore che spinge verso il Rivelatore definitivo che si fa carne, divenendo il punto di congiungimento del mondo divino e del mondo creato mediante la collaborazione attiva e puntuale della don-na. Giovanni, quindi, spinge a raccordare la dimensione informativa con quella performativa del linguaggio.

Dal punto di vista contenutistico il brano risulta un tassello fondamen-tale del messaggio cristiano, rimanda alla prospettiva teologico-siste-matica, nella quale Maria

«è la “madre di Gesù”: lo introduce nella storia dell’uomo, lo ascolta, lo com-prende, ne media la presenza come dono. Nella espansione vertiginosa del Cristo post-pasquale, Maria ha la funzione di una seconda maternità che la porta a esprimere nell’ambito della chiesa giovannea, dove viene accolta, il massimo del-la sua pienezza di Cristo. Sotto del-la spinta di Maria, imparando da lei e soprattutto arricchita da lei, la chiesa giovannea – ma dovremmo dire ogni chiesa – ha il compito di sviluppare una maternità attiva nei riguardi di Cristo, di fronte allo

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sviluppo dialettico dello scontro tra bene e male. A questo punto la riflessione teologico-biblica diventa una sfida. Se la chiesa lascia a Maria uno spazio ade-guato per esplicitare la sua maternità si troverà enormemente arricchita di Cristo e diverrà satura di lui. Imparando da Maria, saprà irradiare Cristo in tutti gli spazi della storia. E sarà (Ap 21,5) la venuta di Cristo, quella venuta che l’Apocalisse reinterpreta come espansione al massimo dell’incarnazione. Quando, infatti, tutte le cose saranno state rese “nuove” (Ap 21,5), improntate dei valori di Cristo, si avrà una presenza del Signore risorto in tutti e in tutto. La Parola che “divenne carne e mise la sua tenda in mezzo a noi” (Gv 1,14) porterà, attraverso la sua pe-netrazione nella storia, alla realizzazione escatologica della Gerusalemme nuova.

L’autore dell’Apocalisse presenta questo con termini che richiamano l’incarnazione e ne indicano il compimento escatologico realizzato: “Ecco la ten-da di Dio con gli uomini, e isserà la sua tenten-da con loro, ed essi saranno i suoi po-poli ed egli, Iddio con loro, sarà il loro Dio” (Ap 21,3)».2

La presenza di Maria presso la Croce è una segnaletica che porta a ri-flettere su tutto il mistero della salvezza a partire dal cammino di fede di lei, quindi sulle condizioni di possibilità teologiche e antropologiche della sua maternità nei confronti di Gesù e in Gesù. Simbolicamente, in pro-spettiva euristica, richiama la Nuova Eva, Madre della Nuova Umanità, portando il discepolato che ella inaugura all’Ora del compimento.

Interrogarsi su che cosa significhi questo discepolato e questa materni-tà verso Gesù, verso i discepoli-Chiesa, verso le genti-folle, nelle genea-logie della fede, è fondamentale.

Maria introduce a Cristo, alla conoscenza di Lui, secondo la pedago-gia della Rivelazione divina che si rapporta alla dinamica dell’accoglien-za della creatura umana. La sua guida materna è attestata nei vangeli in maniera discreta ma decisa: in forma narrativa nei sinottici, in forma teo-logico-sistematica nella letteratura giovannea.3

Dal punto di vista delle scienze dell’educazione è legittimo chiedersi se sia possibile individuare un dinamismo nella persona umana, una cre-scita in Gesù fino alla croce. In caso affermativo, l’interrogativo diventa se sia possibile identificare il ruolo educativo svolto da Maria in quanto madre. Collocando il testo nel cammino della Chiesa, la domanda verte sulla fecondità della Nuova Eva nella prassi ecclesiale e concretamente sulla risonanza che in essa ha il testo giovanneo, per considerare

l’indi-2 VANNI U., Maria e l’incarnazione nell’esperienza della chiesa giovannea, in Theotokos 3(1995)2, 325.

3 Cf VALENTINI A., Tracce di venerazione della Madre del Signore nel Nuovo Te-stamento, in PERRELLA S.M. - VALENTINI A. - CASALE U. - SORCI P. -ROSSO S., Ma-ria nella pietà ecclesiale, [Camaldoli], Edizioni Camaldoli 1999, 52-74.

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spensabile presenza materna nella crescita del cristiano.

Più in genere vanno messi in luce il senso e la portata della responsa-bilità educativa nel campo fondamentale e vulnerabile della maternità. Le scienze umane sono interpellate per esplicitare a quali condizioni si attua la maternità, come matura il suo senso, come se ne esprimono le impli-canze e le conseguenze. Si comprende la portata di questa riflessione se si tiene presente il problema della maternità e dell’educazione oggi.

Ancora dal punto di vista delle scienze dell’educazione si può riflette-re sull’indispensabile priflette-resenza di una madriflette-re nella criflette-rescita umana, sul va-lore della maternità come maternità responsabile che comporta l’impegno educativo, sul rapporto maternità-filialità nel suo svolgimento e compi-mento e sulla luce che esse possono ricevere dall’evento proposto in Gv 19,25-27.

Giovanni Paolo II nella Lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae evidenzia tale presenza sottolineando che Maria coinvolge il credente nel-la sua contempnel-lazione operativa del Cristo, dalnel-la sua incarnazione alnel-la sua kenosi e glorificazione.

«La contemplazione di Cristo ha in Maria il suo modello insuperabile. Il volto del Figlio le appartiene a titolo speciale. È nel suo grembo che si è plasmato, prendendo da Lei anche un’umana somiglianza che evoca un’intimità spirituale certo ancora più grande. Alla contemplazione del volto di Cristo nessuno si è de-dicato con altrettanta assiduità di Maria. [Il suo è sguardo di gioia, di fede, di consenso, di luce, di ardore], uno sguardo addolorato, soprattutto sotto la croce, dove sarà ancora, in certo senso, lo sguardo della ‘partoriente’, giacché Maria non si limiterà a condividere la passione e la morte dell’Unigenito, ma accoglierà il nuovo figlio a Lei consegnato nel discepolo prediletto (cf Gv 19,26-27)» (n. 10).

«Maria ripropone continuamente ai credenti i ‘misteri’ del suo Figlio, col de-siderio che siano contemplati, affinché possano sprigionare tutta la loro forza sal-vifica» (n. 11).

Ella segue il figlio da Madre fino ai

«momenti della Passione, culmine della rivelazione dell’amore […], sorgente della nostra salvezza […], fino alla più grande abiezione: Ecce homo! In questa abiezione è rivelato non soltanto l’amore di Dio, ma il senso stesso del-l’uomo.[…] I misteri del dolore portano il credente a rivivere la morte di Gesù ponendosi sotto la croce accanto a Maria, per penetrare con Lei nell’abisso del-l’amore di Dio per l’uomo e sentirne tutta la forza rigeneratrice» (n. 22).

E nella Novo Millennio Ineunte n. 58 afferma:

«Ci accompagna in questo cammino la Vergine Santissima, alla quale,

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che mese fa, insieme con tanti Vescovi convenuti a Roma da tutte le parti del mondo, ho affidato il terzo millennio. Tante volte in questi anni l’ho presentata e invocata come “Stella della nuova evangelizzazione”. La addito ancora, come au-rora luminosa e guida sicura del nostro cammino. “Donna, ecco i tuoi figli”, le ri-peto, riecheggiando la voce stessa di Gesù (cf Gv 19,26), e facendomi voce, pres-so di lei, dell’affetto filiale di tutta la Chiesa».