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LE COORDINATE DEL PROCESSO EDUCATIVO Maria M ARCHI fma

4. Il punto nodale

Tornando al punto di partenza, non posso non ridimensionare l’iniziale impressione di estraneità fra il tema Maria nell’educazione di Gesù Cristo e del cristiano e l’aggancio a Gv 19,25-27.

Si potrà certo osservare che qui non appare minimamente plausibile la tesi «Maria educatrice di Gesù Cristo»: qui infatti eccelle il suo profilo di discepola nei confronti del Figlio. Ed è pur tuttavia un profilo che non è estraneo all’educatore, se è vero che ogni educatore è tale, cioè magister, in quanto è magis discepolo della verità di quanto non lo sia e lo possa es-sere l’educando; e se è vero, come è vero, che – come ci ricorda la Re-demptoris Mater53 – ogni madre apprende dal figlio, da ciascuno dei pro-pri figli, a essere madre.

In ogni rapporto educativo la naturale a-simmetria tra educatore ed

50 BRAMBILLA F. G., Introduzione, in LIA, Lo splendore di Dio 10.

51 LIA, Lo splendore di Dio 169.

52 Cf ivi 169-170.

53 Cf GIOVANNI PAOLO II, Lettera enciclica sulla Beata Vergine Maria nella vita della Chiesa in cammino: Redemptoris Mater, n. 45, in Enchiridion Vaticanum (EV) /10, Bologna, Dehoniane 1989, 1397.

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educando,54 oggi messa in discussione dal ricordato modello paritario, non fa che evidenziare che tale a-simmetria riposa da una parte sull’im-maturità del soggetto educando e, dall’altra, sull’autorevolezza dell’edu-catore. Tale autorevolezza consiste appunto nella maggiore disponibilità dell’educatore a farsi discepolo della verità.

Ma, sempre sul piano umano, avviene – e dovrebbe appartenere alla norma – una sorta di rovesciamento per il quale il figlio diventa lui stesso punto di riferimento, di confronto, di appoggio, di guida per il padre e/o per la madre. «Guida», nell’accezione forte che il termine assume se rife-rito all’educazione. Penso, per esempio, al rapporto di Elisa Springer con il figlio Silvio. Grazie alla guida discreta e sapiente di lui, Elisa, uscita da quello che lei chiama «il silenzio dei vivi»,55 da quella sorta di tomba nel-la quale si nel-lasciano sovente chiudere i sopravvissuti, come lei, dei nel-lager, riesce ad abbattere il muro del silenzio. È il figlio che, passo dopo passo, conduce la madre a ripercorrere il tunnel dell’orrore, prima, e della rimo-zione, dopo, fino a farle ritrovare la forza e la responsabilità e il coraggio di parlare alle nuove generazioni, perché sappiano, perché devono sapere.

Testimonia lei stessa: «[A] mio figlio […] debbo la mia rinascita. Non è facile raccontare una vita che non è stata una vita. Un’esistenza durante la quale ho dovuto soffocare e seppellire il mio vero ‘Io’, spesso offeso dall’indifferenza e dall’incredulità degli altri. L’ho fatto per oltre cin-quant’anni, finché Silvio, prima come medico e poi come figlio, mi ha ti-rato fuori dall’abisso nel quale ero sprofondata, ridandomi la mia vera identità».56

C’è un verso che esprime efficacemente questo “rovesciamento” o, forse meglio, questa “circolarità: «La vita che mi desti, ecco, ti rendo!»57 Se non fosse già stato scritto verso, questa cifra che ci rivela dove può ar-rivare l’educazione nell’accompagnamento reciproco – sì, qui veramente

54 Cf CARONI V. - IORI V., Asimmetria nel rapporto educativo, Roma, Armando 1989; IORI V., Giovani in famiglia: ascolto reciproco e ridefinizione delle asimmetrie, in PATI L. (a cura di), La giovinezza. Un nuovo stadio per l’educazione, Brescia, La Scuola 2000, 141-149.

55 Cf SPRINGER E., Il silenzio dei vivi. All’ombra di Auschwitz un racconto di mor-te e di resurrezione, Venezia, Marsilio 1997.

56 EAD., L’eco del silenzio. La Shoah raccontata ai giovani, Venezia, Marsilio 2003, 9.

57 È un verso del canto composto da un giovane in occasione della propria ordina-zione presbiterale. Nell’atto di porgere l’Ostia consacrata alla madre, “immagina” di restituirle – certo in forma irrapportabilmente potenziata – il dono della vita.

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reciproco! – tra madre e figlio, tra adulto e giovane, bisognerebbe inven-tarlo.

In tempi che vedono anche la lingua della pedagogia e dell’educazio-ne, e la lingua della pedagogia e dell’educazione cristiana afflitte in ma-niera non lieve dalla frammentazione e dalla con-fusione tipica della cul-tura post-moderna, riscoprire la forma della vita umana e la forma della vita cristiana e impegnarsi a svilupparla – in se stessi prima di tutto, e nel-le nuove generazioni – è arduo, ma anche bello. Bello di quella belnel-lezza che non allude ad un inconcludente estetismo, ma «si riferisce al disporsi bello della realtà cristiana verso lo sguardo semplice che si fa guidare dal manifestarsi della verità. Al cuore dell’identità cristiana, quale forza che ne plasma la forma, sta la rivelazione di Dio, il suo splendore, apparso una volta per sempre nella Pasqua di Gesù. Nel Figlio, nella sua sorprendente vicenda terrena, Dio realizza l’intenzione di far conoscere la propria veri-tà. In rapporto a questa figura acquistano collocazione sensata e ordinata le linee essenziali che costituiscono l’identità cristiana»58 e, conseguen-temente, l’identità dell’educazione cristiana. Scoprendo e seguendo Cri-sto, l’Uomo perfetto, l’uomo diventa più uomo.59

Nessuno più di Lei, la Madre, può introdurci «a riscoprire l’insieme inviolabile del mistero cristiano»; nessuno più di Lei può consegnarci la cifra di quel diventare figli nel Figlio che è tutto il senso della creazione e della redenzione. E diventa per ciò stesso tutto il senso dell’educazione.

Essa, se riscoperta nella sua verità – diciamolo ancora una volta – «prima ancora di costituire un dovere arduo, è un evento che strappa al-l’affannosa ricerca di sé, schiudendola a quella dedizione che è il segreto di una vita riuscita. Educare si può, e forse è il compito più grato che pos-sa accadere a un uomo e a una donna».60

Maria eccelle in quest’arte. Non è massimalismo affermarlo: il Conci-lio Vaticano II insegna che il FigConci-lio di Dio «nascendo dalla Vergine Ma-ria, […] si è fatto veramente uno di noi, in tutto simile a noi fuorché nel peccato».61 «Ha lavorato con mani d’uomo, ha pensato con mente d’uo-mo, ha agito con mente d’uomo».62 «Sulle ginocchia [della Madre] e poi

58 LIA, Lo splendore di Dio, risvolto di copertina.

59 Cf CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo: Gaudium et Spes (GS), n. 41 (7 dicembre 1965), in EV/1, (19708), 1446.

60 ANGELINI, Educare si deve, risvolto di copertina.

61 GS, n. 22, in EV/1, 1386.

62 L. c.

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ascoltandola, nel corso della vita nascosta a Nazaret, questo Figlio, che era l’Unigenito del Padre pieno di grazia e di verità, fu da lei formato alla conoscenza umana delle Scritture e della storia del disegno di Dio sul suo popolo, nell’adorazione del Padre».63

E Paolo VI precisa: «Come, infatti, ogni madre umana non può limita-re il suo compito alla generazione di un nuovo uomo, ma deve estenderlo alle funzioni del nutrimento e dell’educazione della prole, così si compor-ta la beacompor-ta vergine Maria. Dopo di aver partecipato al sacrificio redentivo del Figlio, ed in modo così intimo da meritare di essere da Lui proclamata madre non solo del discepolo Giovanni, ma – sia consentito l’affermarlo – del genere umano da lui in qualche modo rappresentato, Ella continua adesso dal cielo a compiere la sua funzione materna di cooperatrice alla nascita e allo sviluppo della vita divina nelle singole anime degli uomini redenti».64

Alla luce di testi tanto autorevoli, l’iniziale impressione di estraneità fra il tema Maria nell’educazione di Gesù Cristo e del cristiano e la peri-cope di Gv 19,25-27, assunta come fonte di riferimento in questa fase del nostro cammino di ricerca, sembra dissolversi. Si ha anzi il sentore di aver individuato il punto nodale della questione. Tutta relativa a Cristo e al suo mistero, Maria si presenta come «il modello della nostra “con-formità a Cristo” (cf Rm 8,29; Fil 3,10.21). La sua immagine sta e deve stare quindi davanti agli occhi dei cristiani quando si tratta di esaminare le condizioni di questa conformazione. […] Nel modello mariano [infatti]

appare sia la possibilità di trasporre la forma di Cristo, che il modo di questa trasposizione».65

Di qui bisognerà ripartire per mettere in piena luce e per assumere da adulti responsabili la missione educativa. Essa costituisce una mediazione imprescindibile, che rientra in pieno nell’economia della salvezza, entro la quale «in nessun uomo l’immagine di Cristo viene impressa ad opera della forza dell’uomo, ma in nessuno anche senza la sua volontà e la sua collaborazione».66

Si potrà, si dovrà continuare in questo non facile cammino, anche se

63 GIOVANNI PAOLO II, Esortazione apostolica sulla catechesi nel nostro tempo:

Catechesi Tradendae, n. 73 (16 ottobre 1979), in EV/6 (1980) 1939.

64 PAOLO VI, Esortazione apostolica sulla Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa: Signum Magnum, n. 1 (13 maggio 1967), in EV/2 (1977) 1179.

65 VON BALTHASAR H. U., Gloria, vol. I, La percezione della forma, Milano, Jaca Book 1985, 528. 527.

66 Ivi 528.

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con passi piccoli e incerti. Si tratta di esplorare ulteriormente una pista di lavoro che metterà a prova l’effettiva capacità di dialogo interdisciplinare.

Senza mai dimenticare che Dio «chiama l’uomo a pensieri più alti e a ri-cerche più umili».67

67 GS, n. 21, in EV/1, 1381.

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