Il MAXXI: un flusso nella contemporaneità
3.1 Il Maxxi: “dalle armi alle arti”, dalla ex Caserma Montello al “Museo Nazionale per le arti del XXI secolo”
La storia del Maxxi ha origine nel 1997 quando Walter Veltroni, Ministro per i Beni Culturali dell’epoca, acquisiva dal Ministero della Difesa la ex zona militare dismessa della Caserma Montello, nel quartiere Flaminio di Roma, da destinare a nuovo polo museale nazionale dedicato alle arti contemporanee. L’area, compresa tra Via Guido Reni, Via Masaccio e Viale Pinturicchio, è localizzata in un importante settore urbano della città, interessato da interventi di riqualificazione architettonica ed urbanistica, quali l’edificio di Pier Luigi Nervi, realizzato per le Olimpiadi del 1960 ed il vicino Auditorium Parco della Musica di Renzo Piano del 1994, e, a più ampio raggio, da presenze naturali ed architettoniche di rilievo (a Est il Tevere, il Foro Italico e la quinta della collina di Monte Mario, a Ovest Villa Glori e il Monte Parioli). La proposta trovava la sua ragione nella volontà di risvegliare interesse verso le multiformi manifestazioni dell’arte contemporanea, in una città dal grande passato artistico che, pur sembrando inviolabile dall’attacco del futuro, non poteva, invece, esimersi dal compiere un passo in avanti verso una modernità attesa da tempo, in una prospettiva di ricercata continuità. Il Ministero per i Beni e le Attività Culturali, da sempre orgogliosamente impegnato nella conservazione e nella difesa di un patrimonio artistico unico ed ineguagliabile, ampliava, così, il perimetro del suo interesse, assegnando a nuove forme di creatività, ricerca e sviluppo, il compito di prolungare, nel presente, le espressioni artistiche e culturali delle epoche passate e di proiettarne le rinnovate tensioni estetiche nel futuro.
Nel 1998 veniva bandito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali il Concorso Internazionale di Idee in due fasi per la progettazione del “Centro Nazionale per le Arti Contemporanee”, che prevedeva una struttura "diffusa",
un sistema museale complesso, costituito da un centro per l’architettura ed uno per le arti del XXI secolo, per le produzioni sperimentali e per gli eventi dal vivo, una biblioteca, spazi didattici e un auditorium. Tra i quindici progetti selezionati per la seconda fase, quello dell'architetto anglo-‐irachena Zaha Hadid ‘vince perché convince’ per l’originale soluzione architettonica proposta, in grado di rappresentare appieno le finalità dell’istituzione (un campus pluridisciplinare e multifunzionale che compone e integra spazi articolati e complessi in un sistema dinamico e continuo) e di integrarsi nel tessuto urbano ridisegnandone un inedito paesaggio ed anticipando, attraverso le sue forme, gli sviluppi urbani del futuro. Il progetto risultava essere, infatti, quello che meglio interpretava uno dei criteri adottati dalla Commissione Giudicatrice per la valutazione e cioè la “capacità di stare nella città, sia come contesto fisico e simbolico, che come luogo urbano specifico, i cui problemi di accesso, viabilità, servizi e relazione con gli spazi pubblici condizionano il progetto”75.
A seguito della nomina del vincitore veniva emanata la legge 237 del 12/07/1999 che all’art. 1 istituiva il “Centro per la documentazione e la valorizzazione delle arti contemporanee con il compito di raccogliere, conservare, valorizzare ed esporre le testimonianze materiali della cultura visiva internazionale, favorire la ricerca, nonché svolgere manifestazioni e attività connesse. Il Centro è sede del Museo delle arti contemporanee. Nell'ambito del Centro è istituito il Museo dell'architettura con il compito di raccogliere, conservare, valorizzare ed esporre disegni, progetti, plastici, modelli ed ogni altro elemento significativo della cultura architettonica del Novecento e contemporanea”. Ciò consentiva, tramite uno stanziamento di fondi (centoventicinque miliardi di vecchie lire), di affidare l’incarico al vincitore del Concorso e di dare, quindi, avvio alla progettazione preliminare.
Nel 1999 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali dava inizio al restauro di alcuni padiglioni della ex Caserma Montello, il cui recupero era previsto nel progetto, in modo tale da consentire, in attesa della realizzazione del complesso museale che avrebbe richiesto anni, di sperimentare la programmazione culturale del futuro Centro, anticipando l’esposizione negli
75 M. AVAGNINA, M. GUCCIONE, S. LA PERGOLA, MAXXI materia grigia, Electa, Milano 2010,
spazi dei padiglioni riqualificati a cui, efficacemente, venne dato il nome di “Centro prima del Centro”: il compito dell’Istituto non era solo quello di promuovere e diffondere la cultura del contemporaneo in Italia, ma anche quello di dare avvio all’acquisizione delle opere d’arte e di architettura che avrebbero costituito le future collezioni dei due nascenti Musei76.
Bisognava attendere il 20/03/2003 per l’inizio dei lavori di realizzazione del Centro (che prendeva il nome definitivo di MAXXI – Museo Nazionale per le arti del XXI secolo) ed il 28/05/2010 per l’inaugurazione ufficiale del Museo (dal 29 Luglio 2009 gestito da una Fondazione costituita dal Ministero) con le mostre “Spazio. Dalle collezioni di arte e architettura del Maxxi; Gino De Dominicis: L'immortale; Kutluğ Ataman. Mesopotamian Dramaturgies; Luigi Moretti. Dal Razionalismo all'informale”.
Mentre si scrive il presente elaborato, è in corso una rifondazione del Museo annunciata dal Presidente della Fondazione Giovanna Melandri nell’intervista del 25/09/2016 rilasciata al Corriere della Sera, così ribadita nel corso della Conferenza del 25/01/2017 – “dopo il lavoro di crescita e consolidamento di questi anni, sono particolarmente lieta di annunciare il grande progetto di riorganizzazione, rilancio e valorizzazione della Collezione, anima del Museo. Pensiamo al MAXXI come a una piattaforma civica, un luogo di aggregazione, confronto, sperimentazione. Un laboratorio di futuro dove il pubblico è protagonista tanto quanto gli artisti. Le mostre raccontano i maestri del nostro tempo e fanno riflettere su temi universali. Per dirla con Maurizio Nannucci, la cui grande opera al neon campeggia sulla facciata del MAXXI: more than meets the eye” – e concretizzatasi con la Grand Opening del 05/05/2017, inaugurazione del “MAXXI ReEvolution”, un progetto fortemente voluto dal Presidente, dal Direttore artistico Hou Hanru e dai Direttori del MAXXI Architettura e del MAXXI Arte, Margherita Guccione e Bartolomeo Pietromarchi, curatori di “The Place to be”, il nuovo allestimento della collezione permanente intorno cui ruotano tutti i cambiamenti e le novità.
3.2 Il MAXXI e la trasformazione della città
Il luogo del progetto è un grande isolato di forma irregolare nel quartiere Flaminio, compreso fra Via Guido Reni, Via Masaccio e Via Pannini. Qui convivono, oggi, la memoria dei primi stabilimenti industriali degli inizi del ‘900, poi riconvertiti ad usi militari in occasione del primo conflitto mondiale, ed il nuovo complesso museale del MAXXI, il campus di Zaha Hadid.
Fino alla fine del XIX secolo la zona occupata oggi dal quartiere era rimasta pressoché disabitata, poiché soggetta alle piene ed alle inondazioni del Tevere: il rettilineo della Via Flaminia, attraversando un’ampia distesa agricola di campi spesso allagati, conduceva al Ponte Milvio, lambendo, lungo il suo tracciato, presenze architettoniche monumentali realizzate dai Papi del Rinascimento – Palazzo Borromeo, Villa Giulia, la Chiesa di Sant’Andrea77. In questo territorio vergine, nel 1905, la “Società Automobili Roma” decise di localizzare i suoi impianti di produzione industriale, dando corso ad un preliminare processo di bonifica ed innescando, di conseguenza, una progressiva urbanizzazione dell’ampia ansa del Tevere che si completerà, negli
77 Per le trasformazioni urbane dell’area flaminia dagli inizi del Novecento a oggi si veda: A.
VITTORINI (a cura di), Dalle Armi alle arti – Trasformazione e nuove funzioni urbane nel
quartiere Flaminio, Ministero BBCC, Direzione Generale per l'Architettura e l'Arte contemporanee, Gangemi Editore, Roma 2004 e A. VITTORINI, Contesto, in MAXXI -‐ Materia Grigia, op.cit.
“Con questo progetto tagliamo il traguardo di una maratona iniziata anni fa – dice Giovanna Melandri –. Vogliamo arricchire costantemente l’offerta culturale del museo e lo facciamo a partire dalla collezione permanente, cuore identitario del museo e patrimonio pubblico offerto gratuitamente dal martedì al venerdì. Abbiamo lavorato e continueremo a farlo per arricchirla, conservarla e renderla sempre più accessibile. Questa è la “re-‐
evolution” di una grande istituzione
culturale, laboratorio di futuro e memoria della contemporaneità”